00 14/05/2010 09:48
SIMMETRIA E ASIMMETRIA NELLA COPPIA UMANA
1. Nella vita dell'essere umano c'è una legge fondamentale: quella riproduttiva, che si esprime sulla base della simmetria imperfetta (asimmetria). La simmetria perfetta (come nell'omosessualità) non solo è innaturale, perché impedisce la procreazione, ma è anche illusoria, perché al proprio interno riproduce inevitabilmente gli schemi del rapporto uomo/donna, che sono più universali.
2. E' la asimmetria (biologica) dell'uomo (il cromosoma Y) che permette la riproduzione, ma la vera asimmetria dell'uomo (quella ontologica) è la "donna".
3. Per quale ragione l'essere umano non si riproduce come i "batteri" o come i "vermi", per semplice scissione binaria, in cui ciascuna delle due parti suddivise vive di vita propria? In realtà la separazione dell'uomo dalla donna fa parte, in un certo senso, di tale scissione binaria. E' solo la riproduzione di entrambi che comporta la ricomposizione degli elementi divisi.
4. La formazione dell'essere femminile esula, in un certo senso, dalla riproduzione sessuale, poiché è intrinseca alla natura stessa dell'uomo. Il concetto di "donna" è nel concetto di "uomo" come una potenzialità latente, che, ad un certo punto, quasi per necessità, viene alla luce, diventando atto.

5. Ma perché avviene questa produzione del "femminile"? Semplicemente perché questo è il modo migliore di sopravvivere senza perdere la qualità "umana". E' anzi l'unico modo di conservare l'imperfezione, che è fonte di vita, senza finire nel "non-umano". Chi ama il genere femminile, ama il lato asimmetrico dell'essere umano e sa ritrovare se stesso, la propria umanità in questa " imperfezione" , che è all'origine di tutta la vita dell'universo.

PANEGIRICO DELLA SIMMETRIA

La simmetria è il senso dell'universo. Ma la simmetria dell'universo è imperfetta, altrimenti vi sarebbero delle copie, mentre la copia, in realtà, in nessuna parte dell'universo esiste, come non esiste il vuoto assoluto. La ricerca d'una simmetria perfetta è indice di ingenuità, di idealismo platonico, ma anche di nevrosi, di follia, come nel mito di Narciso o negli esperimenti biologici del nazismo, quando si voleva creare una "razza pura".
La simmetria perfetta non ha riscontro nella realtà: essa fa parte delle costruzioni deliranti, fantastiche, di un soggetto che non sa accettarsi e che ha una concezione formalista, estetica, cioè astratta, della perfezione. L'ingegneria genetica, se mai abbia un senso, dovrebbe muoversi entro questi limiti etici.
L'esigenza di una simmetria è segno di naturalezza, di normalità - se vogliamo, di perfezione, come nei cromosomi xx e xy. E' la riprova che il singolo non si giustifica mai (in quanto individuo isolato). La perfezione infatti sta nel senso d'incompletezza o di debolezza, che ad un certo punto l'individuo avverte e che con sua grande soddisfazione riesce a superare mediante la simmetria, che è appunto segno di una "alterità", di una "discontinuità concorde", la cui presenza pone in essere la "reciproca dipendenza". La debolezza non è "colpevole", essendo parte integrante della perfezione umana.
La simmetria quindi è, a un tempo, indice di debolezza e suo relativo superamento. Il singolo che pretende di autogiustificarsi come tale è un illuso, quindi è ancora più debole. Il singolo che ammette invece la propria debolezza, cioè l'esigenza della diversità, è umano. La simmetria infatti lo aiuterà a superare la propria limitatezza.
Ma la simmetria non può mai essere perfetta, perché proprio la sua imperfezione rende possibile una diversa identità. Cioè lo sviluppo dell'identità è il prodotto di una simmetria imperfetta, nel senso che l'imperfezione dell'identità rende possibile il formarsi di una diversa identità. L'imperfezione è una ricchezza, è una garanzia di riproduzione.
Quando si dice "a immagine e somiglianza" si deve necessariamente escludere la copia. Desiderare la copia, come simbolo di perfezione, per riprodurre una determinata identità, significa impoverire l'originale, oltre che escludere la realtà di una nuova identità. La caratteristica principale dell'identità è appunto quella di essere unica, irripetibile, soggetta a simmetria, ma in modo relativo. La simmetria assoluta è la morte dell'identità. Essa, al massimo, può essere ricercata da due diverse identità, che aspirano a unirsi senza confondersi, ma una copia perfetta non esisterà mai.
Il motivo per cui un'identità avverte il bisogno di riprodursi (anche non in modo necessariamente biologico) non è cosa facilmente spiegabile; al massimo potremmo chiederci se sia possibile un superamento assoluto della debolezza. Se sì, quando lo sarà e fino a che punto? Se no, perché? Il superamento assoluto è possibile solo a condizione che avvenga nella consapevolezza che la simmetria è necessaria. Il superamento cioè è possibile se il singolo ammette la necessità della simmetria. Questo ragionamento è tautologico, ma nella tautologia, quella profonda, sta la vera sapienza.

METAFISICA DELLA FISIOLOGIA

L'essere umano, con i medesimi organi genitali, svolge due funzioni completamente diverse: sessuale e metabolica. La seconda è univoca (nutrizione = assimilazione + deiezione). La prima invece è ambivalente: edonistica e riproduttiva. Di queste ultime due, quella riproduttiva è limitata nel tempo, avendo, nella vita di una persona, un inizio e una fine. Nell'uomo questo periodo è più lungo che nella donna, il che contrasta, statisticamente, col fatto che la donna vive più di un uomo. In pratica le uniche due funzioni a non avere alcun limite di tempo sono quella metabolica e quella edonistica.
Detto così, sembra tutto chiaro ed evidente. Ma è sufficiente porsi delle semplici domande, ed ecco che la matassa s'ingarbuglia in maniera inestricabile. Perché, ad es., delle funzioni piacevoli, come quelle edonistiche, sono strettamente correlate a quelle ripugnanti, come appunto le metaboliche, o a quelle onerose, come quelle riproduttive? Per quale motivo la natura s'è preoccupata di fare una cosa che ha tanto il sapore di un accorgimento psicopedagogico preventivo, quello cioè di ridurre il rischio che un uso eccessivo della libido possa rompere un equilibrio ancestrale, che appare persino di tipo etico? E, anche dando per scontato che di precauzione educativa si tratti, che importanza può avere essa per il mondo animale, dominato dagli istinti? Che senso recondito può avere il fatto di stemperare delle esigenze edonistiche (estetiche) con lo strumento della dissuasione oggettiva (etica)? Come può la natura avere delle astuzie così sofisticate, tipiche dell'essere umano?
Se non esistesse la specie umana, si potrebbe pensare che la suddetta correlazione non abbia tanto una funzione etica, quanto piuttosto una funzione tecnica. Infatti, rendendo polivalenti gli organi genitali, la natura ha indubbiamente compiuto un efficace risparmio di risorse, dimostrando già da questo una notevole intelligenza.
Tuttavia se le funzioni degli organi genitali fossero state separate (come si tende a fare oggi con la fecondazione artificiale), probabilmente la riproduzione sarebbe stata avvertita come una necessità, poiché sarebbe apparso anomalo il non uso di un organo strutturale alla fisiologia dell'essere umano. Invece, il fatto che vi sia un certo margine di libertà di scelta nell'uso delle funzioni genitali è indicativo dell'esigenza di far convivere pacificamente etica ed estetica, due condizioni esistenziali destinate a integrarsi, in quanto l'una svolge la funzione di alleggerire il peso dell'altra, il cui rigore oggettivo potrebbe risultare poco sopportabile (è noto che l'eccessiva perfezione può diventare meno umana dell'istintiva debolezza).
Ma se è così, vien quasi da pensare che in natura le funzioni etiche e tecniche siano in un certo senso equivalenti. La moralità, in natura, non sarebbe altro che un equilibrio dinamico di elementi tecnici opposti, relativamente autonomi, cioè in grado di agire, di muoversi da soli all'intero di determinati parametri (range). Quindi l'immoralità non sarebbe altro che uno squilibrio a danno di uno dei due elementi. E quando un elemento pretende d'essere indipendente dall'altro, lo squilibrio si manifesta con la violenza (distruzione dell'alterità, che, ad un certo punto, comporta anche l'autodistruzione della propria identità).
Ma se l'etica si basa su un presupposto tecnico di equilibrio, potremmo anche dire il contrario, e cioè che l'equilibrio tecnico si basa su una qualche fondamentale eticità, di cui ignoriamo, al momento, alcune caratteristiche di fondo. Infatti, quel che più ci risulta incomprensibile è come sia possibile che la tecnica si basi su presupposti etici, quando il significato profondo dell'etica può essere colto (compreso, intuito) soltanto dalla specie umana.
Nel mondo animale l'etica ha basi molto primitive, connesse alla tutela della prole e, al massimo, all'aiuto reciproco tra membri appartenenti alla stessa specie o comunque tra loro non in competizione. Di regola tra gli animali vige la legge del più forte o della gerarchia e della selezione naturale tramite adattamento...
Viceversa, nell'essere umano l'etica non è basata su principi evidenti. Cioè il fatto che nella nostra specie esistano dei principi etici non sta di per sé a significare ch'essi vengano applicati; anzi, il fatto di doversi dare dei principi può anche significare che la pratica, ad un certo punto, ha perduto la propria eticità, rischiando di causare squilibri insopportabili per la convivenza. E in ogni caso quando l'etica ha la pretesa di apparire con evidenza (come p.es. nella legge, nella polizia, nell'esercito), la sua importanza, per l'essere umano, non è molto diversa da quella del primato della forza fisica che si verifica nel mondo animale.
Dagli esseri umani la profondità dell'etica viene colta solo sul piano della coscienza, i cui limiti di agibilità sono alquanto indefiniti. Il livello di eticità presente nell'essere umano ha delle connotazioni che nessun animale è in grado neppure lontanamente d'immaginare. E il fatto che tra tutte le specie animali esse si siano sviluppate solo in quella che ha portato alla nascita del genere umano, è sul piano logico poco comprensibile, in quanto una cosa così importante meritava senza dubbio d'essere vissuta dalla maggior parte delle specie animali.
Anche quando un cane si sacrifica per salvare il suo padrone, lo fa sempre per istinto: questo perché gli manca la coscienza, che è quella facoltà che permette di scegliere tra il bene e il male, quella che permette di compiere il bene o il male anche contro ogni evidenza opposta, quella che permette di compiere il male pur sapendo che cos'è il bene. Nell'essere umano coscienza e volontà possono essere tenute unite o separate liberamente, benché la separazione appaia, ad un certo punto, come qualcosa di "innaturale".
Dunque la natura, dotando l'essere umano di organi genitali dalla duplice funzione: metabolica (autoriproduttiva) e sessuale (quest'ultima a sua volta suddivisa in edonistica e riproduttiva), non ha operato solo sui versanti del risparmio di risorse (tecnica) e dell'astuzia psicopedagogica (etica), ma anche su quello, che potremmo definire ontologico, del rispetto della libertà di coscienza.
Notiamo ad esempio che la riproduzione sessuale, nell'essere umano, anche a prescindere dalla contraccezione meccanica, è sì qualcosa di volontario, ma sino a un certo punto. L'istinto riproduttivo è oggettivo, ed è più sentito in un certo periodo della vita (quello fertile) e, per quanto oggi sia molto difficile stabilirlo, è probabile che anche per la specie umana sia più forte in alcuni periodi dell'anno (primavera-estate).
Quindi esiste una pulsione oggettiva e una volontà soggettiva, esiste un istinto ancestrale che ci paragona agli animali e una sua gestione che ce ne differenzia, sia quando essa è positiva (finalizzata alla riproduzione), sia quando è negativa (il sesso fine a se stesso). E' difficile dire che la specie umana avverta forte il bisogno di riprodursi in senso fisiologico, certamente avverte forte il bisogno di avere relazioni sessuali. Quanto alla riproduzione, essa può avvenire anche in forme culturali o spirituali.
La differenza tra la nostra specie e quella animale è che in quest'ultima il desiderio sessuale è quasi sempre finalizzato alla riproduzione. Quindi questo significa che all'origine della formazione della natura vi è un istinto forte alla riproduzione, che però nell'essere umano viene vissuto all'interno di una facoltà di scelta. Anche le femmine degli animali scelgono i maschi meglio dotati, ma non possono certo scegliere di non volersi riprodurre.
L'essere umano ha la facoltà di controllare i propri istinti e di poter decidere se e quando accondiscendervi. Il senso comune dice che chi cede senza ritegno ai propri istinti si comporta peggio di un animale, in quanto negli animali gli istinti, di regola, non li portano ad essere contronatura. Se essi mostrano d'avere comportamenti innaturali, spesso non dipende da loro, ma da circostanze avverse (p.es. la mancanza di cibo o di sufficiente territorio), a monte delle quali non è raro trovare l'azione devastatrice dell'uomo.
Ma tutto ciò porta a credere,  che all'origine dei processi naturali vi sia in realtà un'intelligenza, manifestatasi progressivamente, partendo dal semplice (concreto) per arrivare al complesso (astratto), partendo sì dal fisiologico ma solo per svelare in maniera evolutiva la preminenza dell'ontologico. La coscienza è il vertice della scienza, è scienza consapevole di sé, cioè consapevole di quel processo psicopedagogico che l'ha portata ad essere quel che è.
Uno sviluppo progressivo di determinazioni quantitative non è in grado di spiegare il sorgere della libertà di coscienza, che è caratteristica esclusivamente umana.

IL SENSO DELL'ATTRAZIONE RECIPROCA

Perché un uomo si sente attratto da una donna? Certo non per motivi riproduttivi, essendo questi derivati, non originari, e neppure per far valere la propria caratteristica di "maschio dominante", frutto di un condizionamento di valori sub-culturali.

Al tempo delle monarchie assolute ci si sposava per assicurare una discendenza regale: l'attrazione reciproca era del tutto casuale, anzi poteva anche non esserci mai. L'eticità del rapporto era assicurata dalla politica e, per questa ragione, non necessariamente l'etica includeva l'amore.

In ogni caso per l'uomo la riproduzione sessuale è sicuramente meno onerosa che per la donna, per cui questa, sapendolo, potrebbe anche non considerare sufficiente il motivo riproduttivo per decidere se accettare o no la relazione. Anche la donna potrebbe considerare conveniente per sé l'idea di accettare la riproduzione in cambio di un vantaggio materiale: quello della sicurezza personale e dei propri figli.

D'altra parte se un uomo sapesse che l'attrazione dipende unicamente dal desiderio di dimostrare la propria virilità, potrebbe anche rinunciare a qualunque relazione eterosessuale, temendo di apparire umanamente poco civile o poco democratico o poco "femminista". Preoccupazione, questa, tipica del mondo contemporaneo.

Se l'uomo fosse convinto che la donna, vedendo il suo tentativo di approccio, lo interpreta come una forma di sopruso, di prevaricazione, potrebbe anche entrare in depressione. Poiché se è vero che la cultura maschilista finisce giustamente per infondere nelle donne un atteggiamento di sospetto preventivo nei confronti di qualunque uomo intenzionato a stabilire una relazione, è anche vero che un tale atteggiamento alla lunga rischia di deprimere l'ego maschile, che può anche preferire un rapporto omosessuale.

Dunque, nella dinamica dell'attrazione reciproca deve esserci qualcosa di più profondo e ancestrale, qualcosa che va al di là della fisicità delle persone, nonché della loro cultura. Questo aspetto ontologico è alla base della struttura stessa dell'esserci, ed è l'esigenza di confrontarsi con la diversità.

L'uomo si sente attratto dalla donna perché in lei vede o percepisce inconsciamente qualcosa che gli manca. Se questo è vero, lo è anche il fatto che l'attrazione è reciproca, per cui, in definitiva, è di tipo genetico, e probabilmente non riguarda solo l'essere umano ma tutte le specie viventi, tutta la natura, organica e inorganica, dell'universo.

Se dunque all'origine di ogni cosa vi è l'assolutezza dell'uno, bisogna specificare che il destino di questa unità è quello di sdoppiarsi. Gli elementi di questa unità hanno la consapevolezza di doversi scindere e, nel contempo, di non poter vivere separatamente. Unità e Diversità coincidono, si attraggono e si respingono, per mostrare insieme un aspetto e il suo contrario dell'essenza della vita.

A va a cercare B e B va a cercare A perché l'identità originaria è AB. Qualunque filosofia di vita che voglia anzitutto porre un primato di uno dei due elementi, considerando l'altro un prodotto derivato, è una forma di abuso intellettuale, di forzatura soggettivistica.

[Modificato da Coordin. 19/07/2012 23:32]