00 26/07/2010 21:47
L'EVOLUZIONISMO DEGLI IGNORANTI
Maurizio Blondet - 15/11/2005 - (EFFEDIEFFE Giornale-on-line)
Varie osservazioni di lettori più o meno ostili mi
obbligano a tornare sul tema dell'evoluzionismo e
della teoria che vi si oppone, «intelligent design»
(non «creazionismo»). A questo mi spinge anche un
senso di pietà. C'è in giro una incredibile ignoranza,
colpa della cosiddetta pubblica istruzione, del fatto
che ormai, senza fabbriche e industrie, la gente è
lontana dalla tecnica e dal modo di pensare scienti-
La Longisquama: il fossile ritrovato
si rivelò poi un clamoroso falso,
fico (un operaio della Breda anni `50 sapeva più di
assemblato per l'occasione
fisica che un bocconiano), e della superficialità che è
il modo di vita della massa umana. Per esempio:
Un tizio su Indymedia, fra vari insulti al mio indirizzo, crede di aver trovato la prova
che mi smentisce: «e i microbi? I microbi che acquistano la resistenza agli anti-
biotici?».
Eh sì, siamo a questo. Sfugge completamente al tizio il fatto che la resistenza agli
antibiotici non rende i microbi né diversi né evoluti: sono i soliti microbi.
La capacità di acquisire resistenza è scritta nel loro codice genetico fra gli altri
caratteri. È come pretendere che una bella ragazza al sole, la cui pelle si abbronza per
difendersi dai dannosi raggi solari, si «evolve».
Evoluzione è, per gli evoluzionisti, ben altra cosa: il passaggio da una specie infe-
riore ad una superiore, dal rettile all'uccello, da quello al mammifero.
Dalla coppia di scimpanzé o di australopitechi, nasce un bambino umano.
Le modeste variazioni osservate da Darwin (poveretto, non sapeva ancora nulla del
DNA) in animali confinati in qualche isola del Pacifico per selezione naturale «non»
sono evoluzione: sono variazioni all'interno della specie fissa.
L'esempio spesso citato dai fanatici del darwinismo, quello delle falene che in
Inghilterra sono più scure per nascondersi meglio nel paesaggio annerito da fumi indu-
striali (tra l'altro è un falso: si tratta di un esperimento fatto con falene morte incollate
agli alberi, per vedere quante ne mangiavano gli uccelli), «non» è evoluzione.
Non si è mai constatato un solo passaggio da una specie a un'altra. Il famoso «anello
mancante», continuamente «scoperto», è stato continuamente smentito: dall'archeop-
terix al pitecantropo al Longisquama (dinosauro pennuto, scoperto falso) all'uomo di
Piltdown (altro falso), tutti sono stati bocciati come anelli mancanti.
La paleontologia trova, negli strati fossili, processi del tutto diversi dall'evoluzione.
Constata periodiche esplosioni di forme viventi, a cui seguono massicce estinzioni.
Tra l'altro (breve parentesi) il passaggio evolutivo a forme di vita «superiori»,
grazie al caso e alla selezione naturale, contrasta con il «secondo principio della termo-
dinamica». In base a questo principio, il caso aumenta l'entropia, non la diminuisce.
Se prendete un boccale con uno strato di palline bianche e sopra uno strato di palline
nere, e agitate bene, in breve le palline si mescoleranno: entropia, il degrado irre-
versibile di ogni e qualunque ordine. Se sperate di riuscire, a forza di agitare, a ri-
mettere i due strati di palline come erano prima, potete agitare il boccale per millenni:
1

«mai più» le palline torneranno in ordine. Per farlo, dovete gettare le palline sul tavolo
e fare una cernita, facendo due mucchietti, uno bianco e uno nero.
Questo si chiama «aggiungere informazione» al sistema, ed è un intervento «esterno
e intelligente».
C'è persino un biologo che mi oppone: altro che complessità irriducibile, il sangue
delle lamprede («primitive») ha un'emoglobina di una sola catena proteica, mentre ogni
altro animale ha emoglobina a quattro catene. Una vera fesseria. Il punto è che la
lampreda, come tutti i suoi pari (ciclostomi) non è più «primitiva» di un pesce fornito di
mascelle. È solo che, perfettamente adattata al suo ambiente (nicchia ecologica) non ha
bisogno di un sangue più sofisticato; stando ferma aggrappata a uno scoglio, non
consuma l'ossigeno di cui ha bisogno un ghepardo o un tonno.
Poi ci sono animali fantastici, inspiegabili da alcuna teoria.
Il limulus, una specie di granchio (ma è parente degli aracnidi), il cui sangue non è
rosso ma blu: perché non è basato sul ferro (emoglobina è ferro, e si lega all'ossigeno
ossidandosi), ma sul rame. Quale scopo funzionale ha questo unico sangue a base di
rame? Non si sa.
Il limulus, «primitivo» come nessun altro (viene ritenuto vicino agli estinti trilobiti),
ha anche una vista ad intensificazione di luce: di notte, la sua acuità visiva aumenta di
2000 volte. Che se ne fa? Non si sa. In ogni caso non sembra un carattere primitivo.
Un altro mi accusa di aver usato «darwinismo» al posto di «evoluzionismo».Vero.
Il darwinismo era la teoria mitologica iniziale, quella che vedeva la «lotta per
l'esistenza». L'evoluzionismo sofisticato ha abbandonato il concetto di «lotta per
l'esistenza». Ora la sopravvivenza del più adatto non significa la sopravvivenza del più
aggressivo; è la sopravvivenza di colui «che riesce a passare i suoi geni alla progenie».
La vita non fa più la guerra, fa l'amore: l'ideologia si evolve con la cultura corrente.
La cosa è ripetitiva.
Stephen J. Gould, in quanto marxista, ha abbandonato il mito evoluzionista dei
piccoli graduali miglioramenti per gli «equilibri puntuati»: esplosione improvvisa di
nuove specie, senza transizione (Gould era un paleontologo).
Insomma, il riformismo liberale alla Darwin (concorrenza, lievi miglioramenti)
diventa, per Gould, la «rivoluzione» leninista, il passaggio immediato ad un nuovo
ordine, ovviamente superiore. Purtroppo, i suoi amici evoluzionisti hanno definito
Gould «il Gorbaciov del darwinismo»: nei suoi tentativi di salvare il mito scientistico,
lo ha distrutto, come Gorby ha distrutto il comunismo sperando di riformarlo.
Presa alla lettera, la teoria di Gould direbbe: un bel giorno, da due rane (anfibi) è
nato un rettile; un altro giorno, da due rettili è nato un uccello; ancora più avanti, da una
coppia di uccelli un mammifero o un marsupiale. E da due scimmie, un bambino
umano. Una catena di miracoli mai constatati, da far impallidire d'invidia ogni crea-
zionista biblico.
Un altro mi oppone: «e il Neanderthal?». Constato desolato che ancora c'è chi crede
­a questo punto è la cultura scientifica­ che il Neanderthal sia un antenato primitivo
dell'Homo Sapiens Sapiens. Invece era un cugino, un collaterale. Non è venuto
«prima» dell'uomo, ha convissuto con l'uomo per millenni.

I presunti antenati dell'uomo mostrati nelle enciclopedie dei ragazzi e nei docu-
mentari della CNN sono, come sanno bene gli addetti ai lavori, dei collaterali. L'albero
genealogico umano non è un albero, ma un cespuglio con tanti rami alla base.
Il Neanderthal era un vero uomo, con un tallone di Achille: era specializzato.
Aveva un odorato fantastico, che ne faceva un grande cacciatore.
L'uomo che è sopravvissuto (il Sapiens) non è specializzato. Il che significa che non
è tutt'uno con una precisa nicchia ecologica, che spazia in ogni ambiente.
L'uomo ha uno strano carattere, quello della neotenia: mantiene in modo perma-
nente caratteri infantili, che anche i primati (gorilla e scimpanzé) hanno, ma solo per
poche settimane d'infanzia. Fronte bombata, poco pelo, faccia verticale, lineamenti fini,
denti deboli. E niente zanne, artigli, corna e coda. Indifeso: ed è per questo che è
sopravvissuto.
Le creature super-difese, «specializzate», sono legate al loro ambiente.
Le scimmie quadrumani (così si arrampicano sugli alberi) alla foresta tropicale.
Portatele al di là dei Tropici, e si ammalano di tubercolosi.
Le giraffe, sono specializzatissime.
Animali «primitivi» ed «evoluti», lamprede, dinosauri e picchi, non sono mai im-
perfetti, non hanno organi incipienti e incompleti. Sono tutti perfetti, ossia perfet-
tamente inseriti nella loro nicchia ecologica. Ma basta che la nicchia ecologica cambi
(per ragioni climatiche, magari) e gli specializzati si estinguono, i non specializzati
vivono.
La maggior specializzazione della scimmia rispetto all'uomo fa dire a Sermonti il
paradosso (molto serio) che la scimmia è «posteriore» all'uomo, è il discendente del-
l'uomo; non suo padre, ma suo nipote. Se i due hanno un antenato comune, questo
ipotetico antenato non doveva ancora essere fornito degli apparati specializzati della
scimmia; doveva essere, come l'uomo, un essere «infantile», non quadrumane, senza
coda, senza pelo, senza zanne, eretto, non ancora predeterminato per una precisa nic-
chia ecologica. Un uomo è la scimmia più «primitiva». L'uomo è più vicino all'origine.
Non m'illudo di aver convinto. Mi limito a rimandare chi volesse ancora inter-
loquire al mio libro, «L'Uccellosauro ed altri animali» (Effedieffe) in cui ho esposto
tanti elementi che la brevità, qui, mi vieta.
Ma prima di interloquire, molti dei miei interlocutori dovrebbero interrogarsi su se
stessi: da dove viene la rabbia, l'odio con cui difendono l'evoluzionismo? La furia
personale, il disprezzo, con cui attaccano chi gli propone (non gli impone) un'altra
ipotesi? L'odio non è mai un segno di alta evoluzione.
L'odio per le idee nuove e mai sentite prima è un sintomo di involuzione gravis-
sima: che denuncia la discesa dal livello umano ­l'uomo che sopravvive è aperto alle
idee, la sua «nicchia ecologica» non è la natura, ma la cultura, non il mondo esterno,
ma l'interiore, dove progetta, sogna e rinnova­ verso quello entomologico.
Le formiche non hanno bisogno di idee nuove, perché fanno tutto sempre allo stesso
modo da milioni di anni. Se una formica volesse dire una cosa diversa, il formicaio la
aggredirebbe come un «intruso».
Temo infatti che questo sia il destino dell'uomo ultimo: ci stiamo trasformando in
un formicaio, vogliamo diventare api e formiche. L'involuzione della specie.