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LE LEGGI DELLA NATURA

fonte disf.org/leggi-naturali

Giuseppe Tanzella-Nitti
I. La nozione di leggi di natura ed il suo impiego nelle scienze - II. Il principio di legalità come base della conoscenza scientifica - III. Il dibattito sullo status delle leggi naturali, terreno di confronto fra pensiero scientifico, filosofia e teologia - IV. Le riflessioni della scienza contemporanea sul significato delle leggi naturali - V. Verso un'analisi ontologica delle leggi di natura: leggi scientifiche, leggi naturali e nozione metafisica di natura - VI. Per una teologia delle leggi di natura.

Il concetto di legge è un concetto fortemente analogico. Sorto in ambito giuridico-sociale, si estende successivamente alla razionalità scientifica, ove entra dapprima attraverso le nozioni di regola armonica e proporzione numerica (Pitagora) e, dopo la fondazione del metodo sperimentale, mediante l’espressione matematica dei fenomeni fisici (Galileo, Newton, Leibniz). A motivo del più facile impiego che le scienze della natura fanno del formalismo matematico, l'uso della nozione di legge è in queste discipline assai diffuso. Compare però anche in non poche scienze umane (economia, sociologia, ecc.) sebbene con un diverso apparato epistemologico. L'area disciplinare preposta alla riflessione sul significato delle leggi naturali è, ordinariamente, la filosofia della scienza. Ci limiteremo qui ad evidenziarne alcune risonanze interdisciplinari, ovvero le diverse concezioni di natura in rapporto alle leggi che vi operano, la causa delle leggi ed il dibattito circa il loro rapporto con un legislatore.



I. La nozione di leggi di natura ed il suo impiego nelle scienze
1. La nozione di legge ed il suo rimando classico alla presenza di un legislatore. La nozione di «legge» ha come ambito primario quello sociale e civile. Essa contiene l'idea di un ordine, di un «dettato» (lat. lex, dal gr. léghein, dire), ma non è lontana dall'idea di vincolo, legame (lat. ligare). Così come il suo sinonimo «norma» (gr. nómos), la legge indica una prescrizione positiva che ha come fine quello di «regolare», cioè «ordinare con una misura», il comportamento dei membri di una comunità. Ne risulta subito implicato il riferimento ad una «autorità» responsabile della legge, soprattutto dell'ordinamento o del fine che con essa intende instaurare o raggiungere. Proprio a motivo di tale rimando ad un'autorità, in modo naturale, e quasi per istinto, le religioni hanno posto il fondamento dell'idea di legge nella nozione di Dio. Ne sarà prova il fatto che fino all’epoca moderna il concetto di legge, anche nel suo contesto sociale e civile, non potrà mai essere compreso prescindendo dalla sua connotazione teologica.

All'interno del pensiero religioso occupa un ruolo significativo quanto accaduto al popolo ebreo. L'esperienza religiosa di Israele ha infatti nella consegna di una «Legge», cioè del decalogo dei comandamenti (cfr. Dt 5,1-22), una delle tappe fondamentali della sua storia. Assolutamente singolare sullo sfondo delle tradizioni extra bibliche per profondità e trascendenza, la legge ebraica ha però in comune con le legislazioni presenti in altri popoli la funzione di regolare simultaneamente sia i rapporti con Dio che quelli fra gli uomini, e dunque della società nel suo insieme. In continuità con il messaggio biblico, la teologia cristiana, operando una certa estensione dall'ambito positivo civile a quello cosmico e poi a quello morale naturale, segnalerà con Tommaso d'Aquino l'esistenza di una «legge eterna» e di una «legge naturale». La prima indica il piano «eternamente concepito da Dio» sul mondo, attraverso il quale il Creatore conduce ogni cosa verso il suo fine con provvidente sapienza (lex eterna est ratio divinae gubernationis; cfr. Summa theologiae, I-II, q. 93). La seconda può riconoscersi invece nella presenza di una «legge» impressa dal Creatore nella natura degli uomini (cfr. Sal19,8-15, Rm 2,14-16), una legge «naturale» appunto, riconoscendo la quale la coscienza opera il giudizio di distinguere il bene dal male, imperando la volontà con atti corrispondenti (cfr. Summa theologiae, I-II, q. 94).

La persona umana partecipa alla legge eterna con la libertà, cioè secondo la “natura razionale” che le è propria, mentre le creature irrazionali lo fanno seguendo una “inclinazione” voluta in esse dal Creatore, legata alla loro specifica essenza. Ma anche in questo caso la riflessione tomista parlerà di «leggi naturali» come partecipazione ad una legge eterna, conservando cioè un'analogia con il mondo personale e razionale, dove le leggi si riconoscono e si possono seguire liberamente. Seguendo un'analogia propria di proporzionalità, e non una semplice metafora, Dio Creatore è visto come il «legislatore» che «ordina e dispone tutto con misura», l'autorità trascendente sul cui fondamento poggiano tutte queste leggi. Senza che il Creatore della natura venga identificato con la legge, o con le leggi, il carattere universale, eterno e stabile delle leggi può discendere con facilità da alcuni Suoi attributi filosofici. Le leggi attingono alla verità di Dio e la manifestano, specie mediante la loro regolarità o «legalità», facendola cogliere anche in relazione alle nozioni di fermezza e di fedeltà. Sul rapporto fra immagine biblica di Dio ed epistemologia delle leggi naturali torneremo più avanti (vedi infra, VI).

2) Il vocabolario delle leggi utilizzato dalle scienze della natura.
Erede di quel vocabolario filosofico che ha caratterizzato — ed in parte ancora caratterizza —il linguaggio delle scienze, la visione scientifica del mondo fa ampio riferimento al concetto di «legge». Nel suo significato più generale, si intende con essa esprimere una connessione stabile e verificabile, fra grandezze osservabili che concorrono in un determinato fenomeno, di solito mediante il ricorso ad un formalismo logico-matematico. Nel caso di osservabili fisici, il formalismo matematico viene generalmente espresso con un’equazione, grazie alla quale diviene possibile calcolare e prevedere l'andamento di certe grandezze nello spazio e nel tempo. La “matematizzazione” di un certo fenomeno rappresenta pertanto la condizione abituale con cui cercare, scoprire ed esprimere una certa legge di natura. Al tempo stesso, la “riduzione matematica” del fenomeno implica sempre una certa semplificazione, quando non una vera e propria perdita, rispetto alla ricchezza o alla complessità della fenomenologia in gioco: siamo cioè di fronte ad una rappresentazione “scientifica”— cioè trattabile dalle scienze — della natura. La forma «lineare» di buona parte delle equazioni associate alle principali leggi di natura (ad es. la 2ª legge della dinamica F = m a, o anche F = m dv/dt), aventi la proprietà che la somma di due loro soluzioni è ancora una soluzione per l'equazione stessa, consente un'efficace trattabilità e predicibilità del fenomeno in studio, compresa la sua piena reversibilità rispetto al tempo (la forma delle equazioni non dipende dal segno positivo o negativo di t, cioè dall’orientamento della freccia del tempo). Sono però ugualmente diffuse equazioni dalla forma «non lineare», come ad es. molte leggi della fluidodinamica, per le quali la somma di due soluzioni non è più una soluzione del sistema. In questo caso la trattabilità matematica, e dunque il potere di predicibilità delle equazioni, è molto più limitato e, in un certo numero di casi, fortemente condizionato dalla precisione con cui si possono stabilire le «condizioni iniziali», cioè quell'insieme di valori numerici senza dei quali le equazioni prescelte per rappresentare “scientificamente” un fenomeno “naturale” non potrebbero essere risolte, per determinare lo “stato” del sistema in studio . Il fatto poi che nel 2° principio della termodinamica la freccia del tempo ammetta soltanto dei valori crescenti (del tempo), fa sì che molte leggi che inglobano a qualche livello quel principio, non solo in ambito strettamente termodinamico, ma in quello assai più ricco delle reazioni chimiche e dei fenomeni biologici, siano irreversibili rispetto al tempo, contribuendo ad una visione del mondo che non è più solo quella di un cosmo ordinato ed in equilibrio, ma un universo che ha una storia, si sviluppa ed evolve.

Nella formulazione di una legge concorrono quasi sempre due fattori, uno di carattere induttivo, a-posteriori, legato all'osservazione, e l'altro di carattere deduttivo, a-priori, legato ad una teoria o ad una serie di princìpi all'interno dei quali si tenta di leggere ciò che sta avvenendo.
Abbiamo così la formulazione della «legge di gravità» all'interno di una specifica «teoria della gravitazione», o delle «leggi di propagazione delle onde luminose» all'interno della «teoria elettromagnetica», rappresentata dalle equazioni di Maxwell.
Si tratta di due fattori a volte difficilmente distinguibili nello stesso linguaggio della formulazione: si parla infatti delle tre leggi, ma anche dei tre «princìpi», della dinamica, della termodinamica, ecc.. Già all'epoca della fondazione del metodo scientifico, F. Bacon (1561-1626) prima e R. Descartes (1596-1650) poi, indicheranno con lo stesso termine di «legge» sia princìpi che relazioni funzionali.
Tuttavia, il termine «principio», così come quello di «teorema» in matematica, fa più spesso riferimento ad un impianto di carattere ipotetico-concettuale (si pensi ad es. al principio di d'Alembert o a quello di Hamilton, per restare nell'ambito della meccanica, oppure ai teoremi di conservazione), mentre il termine «legge» implica sempre il tentativo di organizzare ed esprimere un'osservazione sperimentale.

La fisica classica conosce ed utilizza una enorme quantità di leggi, entrate ormai a far parte di un linguaggio acquisito. Si spazia così dalle tre leggi di Keplero sull'orbitamento dei pianeti alle leggi di Coulomb, di Ohm o di Faraday nell'ambito dei fenomeni elettrici, dalle leggi di tipo statistico, come la legge dei gas perfetti o la legge di entropia, a quelle di ambito fisico-matematico, come la legge di Gauss o quella di Poisson. In ottica si parla delle leggi di Fresnel e di Huyghens, in fluidodinamica della legge di Navier-Stokes o di quella di Bernoulli.
In cosmologia si conosce la legge di Hubble sull'espansione dell'universo e la legge Periodo-Luminosità delle Cefeidi (stelle variabili il cui periodo di pulsazione è strettamente dipendente dalla loro luminosità intrinseca); grazie a quest’ultima, scoperta da Miss H. Leavitt, gli astronomi riuscirono per la prima volta a stabilire una scala di distanze che oltrepassava i confini della nostra Galassia. La fisica quantistica, dal canto suo, non rinuncia al vocabolario delle leggi ed adopera così la legge di Planck, che regola la radiazione di un corpo nero o, in ambito statistico, le leggi di Fermi-Dirac e di Bose-Einstein, che descrivono la distribuzione energetica di un gas di diverse classi di particelle, i fermioni (fra cui vi sono i più noti elettroni) ed i bosoni (cui appartengono i fotoni).

Ma il concetto di legge trova applicazione anche in discipline diverse dalla fisica o dall'astronomia. In chimica si parla infatti delle leggi di ossidoriduzione e delle leggi dell'elettrolisi; la biologia parla delle leggi di Mendel sulla trasmissione dei caratteri ereditari; vi sono leggi anche in una disciplina come l'economia, fra le quali la più nota è certamente quella “della domanda e dell'offerta”, e leggi in demografia. In ambito umanistico spetta alla sociologia il compito di aver introdotto una riflessione sull'esistenza di specifiche leggi nel tentativo di descrivere e prevedere il comportamento, le tendenze (trends) e le reazioni delle società in presenza di particolari circostanze ambientali, economiche, ecc. Leggi, queste ultime, che per forza di cose non possono che essere «statistiche», cioè trattare il fenomeno “sociologico” su larga scala, nel suo insieme, restando il comportamento libero del singolo individuo indisponibile alla previsione scientifica. Proprio quest'ultima particolarità, vale a dire la libertà di ogni persona umana, ha posto l'interrogativo circa l'esistenza di vere e proprie leggi in un simile ambito, o comunque mette in luce la loro sostanziale differenza rispetto a quelle che operano nell'ambito delle scienze naturali. Come riflesso, una teoria od una disciplina che, mediante l’impiego di leggi, si sentisse capace di descrivere in modo esaustivo tutta la fenomenologia umana, per esempio considerando le reazioni psicologiche e sociali in modo deterministico, come conseguenze necessarie dei condizionamenti cui l'individuo sarebbe soggetto, manifesterebbe un’implicita visione riduttiva, quando non una vera e propria negazione, del valore del libero arbitrio.

[Modificato da Credente 21/03/2021 18:27]