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“Io credo in un solo Dio”. Inizia così la professione di fede di Nicea-Costantinopoli,
evidenziando l’unicità di Dio.
Già nell’Antico Testamento essa è chiaramente attestata: “Ascolta, Israele: il Signore è il
nostro Dio, il Signore è Uno solo” (Dt 6,4).
“Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n'è altri”
(Is 45,22).
L’anagrafe di Dio
“Mosè disse a Dio: < mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?>>.
Dio disse a Mosè: <>. Poi disse: < mi ha mandato a voi>>. Dio aggiunse a Mosè: < vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi.
Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in
generazione” (Es 3,13-15).
Questo nome che Dio dice di se stesso è assai misterioso: dice ma allo stesso tempo non
dice. “Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio di Israele, salvatore” (Is 45,15).
Dio non vuole giocare a nascondino con l’uomo, ma la sua identità è così al di sopra di
qualunque categoria comprensibile all’uomo che non può dire altro, l’uomo non capirebbe.
Tuttavia le espressioni usate nel dialogo con Mosè sono di per sé molto significative e
ricche: io sono colui che sono equivale ad affermare: io esisto, io vivo, io sono il vivente.
Tutta la storia dell’Antica Alleanza è impregnata di questa esistenza-presenza di Dio in
mezzo al suo popolo.
Rivelando il suo nome, Dio rivela al tempo stesso la sua fedeltà che è da sempre, valida
per il passato (“Io sono il Dio dei tuoi padri” – Es 3,6); come per il futuro (“Io sarò con te” –
Es 3,12).
La promessa della prossimità di Dio con l’umanità ha il suo vertice con l’incarnazione,
dove si da’ all’umanità attraverso il suo Figlio, il quale rivelerà che anch’egli porta il nome
divino: “Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io-Sono e non
faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo” (Gv 8,28)
Nel nostro linguaggio l’espressione io sono è incompleta: io sono bravo, io sono
intelligente, io sono obeso, ecc. Invece come nel caso di Dio la cosa può funzionare, nel
senso che, lasciando la frase incompleta, possiamo e dobbiamo immaginare l’attributo
positivo più grandioso che possa esistere: ma poiché nessun linguaggio umano lo
conosce, non è lecito cercare di inventarlo, per non impoverire la realtà di Dio.
Tuttavia il Dio di cui parliamo si è rivelato più che con la carta d’identità, con il suo essere
presente e operante nella storia degli uomini a partire dal popolo d’Israele. E lo stesso
Israele ha potuto, poco per volta, scoprire che il motivo per cui Dio si era rivelato proprio a
lui e non ad altri popoli era uno solo: il suo amore gratuito1. I profeti hanno ravvivato poi la
1 Cf. Dt 7,8”Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli siete infatti il
più piccolo di tutti i popoli , ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri
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coscienza che Dio non si è mai stancato di amare nonostante le ripetute infedeltà del suo
popolo2.
I passi che evidenziano questa dimensione di Dio e la ‘raccontano’ sono molti: è
consigliabile rileggerli3.
Ma è con il suo Figlio Gesù che l’immagine di Dio si svela in tutta la sua chiarezza, al
punto che attingendo soprattutto (ma non solo) alle opere dell’evangelista Giovanni
(vangelo e lettere) scopriamo un linguaggio che ci permette di completare l’espressione
rimasta in sospeso riguardo l’identità di Dio.
Io sono …, può ora diventare: io sono l’Amore
“Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato
da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1Gv
4,7-8).
Queste dense espressioni della prima lettera di Giovanni indicano con chiarezza come per
il cristiano credere in Dio non significa semplicemente ‘pensare’ che Dio esista, ma molto
più: confessare (proclamare) con le labbra e con il cuore che Dio è amore.
Una prima conseguenza porta a riconoscere che Dio non può essere solitudine: per amare
bisogna essere almeno in due. La Scrittura parla del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Il Padre è l’Amante; il Figlio l’Amato; lo Spirito Santo l’Amore scambiato, ricevuto e
donato.
Allora credere in Dio amore significa credere che Dio è Uno in Tre Persone, in una
comunione perfetta, intessuta di relazioni reali di reciproco scambio di incontro e di amore.
In rapporto alla nostra vita e alle nostre storie personali, credere in Dio Amore significa
avere la certezza che nessun uomo davanti a Lui è semplicemente un numero, ma un
essere unico e irripetibile.
Ma concretamente cosa significa affermare che Dio è Amore? Proseguiamo il brano della
1Gv: “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito
Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati
noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,9-10).
Siamo così rimandati ai piedi della croce dove l’amore di Dio si spinge fino al limite
massimo, ben lontani dall’immagine, purtroppo ancora molto diffusa, di un Dio
inaccessibile, solitario, giudice e giustiziere implacabile.
Il vero volto di Dio è il volto della vergogna,dell’insuccesso, dell’umiltà, della sofferenza,
dell’assurdo. E’ chiaramente un’immagine capovolta rispetto tutte le concezioni di Dio che
certa storia e certa cultura ci hanno consegnato.