00 29/04/2010 10:07
PATI’ SOTTO PONZIO PILATO
FU CROCIFISSO, MORI’ E FU SEPOLTO
DISCESE AGLI INFERI
PATI’ SOTTO PONZIO PILATO, FU CROCIFISSO …
La Chiesa resta fedele all'“interpretazione di tutte le Scritture” data da Gesù stesso sia
prima, sia dopo la sua Pasqua: “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste
sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26-27; Lc 24,44-45). Le sofferenze di Gesù
hanno preso la loro forma storica concreta dal fatto che egli è stato “riprovato dagli
anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi” (Mc 8,31), i quali lo hanno consegnato “ai
pagani” perché fosse “schernito e flagellato e crocifisso” (Mt 20,19).
La fede può dunque cercare di indagare le circostanze della morte di Gesù, fedelmente
riferite dai Vangeli e illuminate da altre fonti storiche, al fine di una migliore comprensione
del senso della Redenzione.
Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili della morte di Gesù.
Tenendo conto della complessità storica del processo di Gesù espressa nei racconti
evangelici, e quale possa essere il peccato personale dei protagonisti del processo
(Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo conosce, non si può attribuirne la responsabilità
all'insieme degli Ebrei di Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata [Cf Mc
15,11] e i rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla conversione dopo la Pentecoste
[Cf At 2,36; At 3,13-14; At 4,10; 597 At 5,30; At 7,52; At 10,39; At 13,27-28; 1Ts 2,14-
15 ]. Pietro, sull’esempio di Gesù che sulla croce chiede al Padre il perdono dei suoi
assassini ‘perché non sanno quello che fanno’, riconosce l'“ignoranza” (At 3,17) degli
Ebrei di Gerusalemme ed anche dei loro capi.
Nel Concilio Vaticano II la Chiesa ha dichiarato: “Quanto è stato commesso durante la
Passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli
Ebrei del nostro tempo. . . Gli Ebrei non devono essere presentati né come rigettati da Dio,
né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura” [Conc. Ecum. Vat. II,
Nostra aetate, 4].
Tutti i peccatori furono gli autori della Passione di Cristo
La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai
dimenticato che “ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle. sofferenze”
del divino Redentore [Catechismo Romano, 1, 5, 11; cf Eb 12,3 ]. Tenendo conto del fatto
che i nostri peccati offendono Cristo stesso, [Cf Mt 25,45; At 9,4-5 ] la Chiesa non esita ad
imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che
troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei.
È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato.
Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio della croce, coloro che si
immergono nell'iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo
scherniscono [Cf Eb 6,6 ] con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi
infatti - afferma san Paolo non avrebbero crocifisso Gesù se lo avessero conosciuto come
re divino [Cf 1Cor 2,8 ].
”E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo
crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati” [San Francesco d'Assisi, Admonitio, 5, 3].
24
MORI’ …
La morte redentrice di Cristo nel disegno divino della salvezza
“Gesù consegnato secondo il disegno prestabilito di Dio”
La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso sfavorevole di
circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli
Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di Pentecoste: “Egli fu consegnato a voi
secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio” (At 2,23). Questo linguaggio biblico
non significa che quelli che hanno “consegnato” Gesù (At 3,13) siano stati solo esecutori
passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio. Egli stabilì dunque il suo disegno
eterno di “predestinazione” includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia.
Dio ha permesso che Erode, Ponzio Pilato, con le genti e i popoli d'Israele commettessero
quegli atti derivati dal loro accecamento [Cf Mt 26,54; Gv 18,36; Gv 19,11 ] al fine di
compiere il suo disegno di salvezza [Cf At 3,17-18 ].
“Dio l'ha fatto peccato per noi”
I peccati degli uomini, conseguenti al peccato originale, sono sanzionati dalla morte [Cf
Rm 5,12; 1Cor 15,56 ]. Inviando il suo proprio Figlio nella condizione di servo, [Cf Fil 2,7 ]
quella di una umanità decaduta e votata alla morte a causa del peccato, [Cf Rm 8,3 ]
“colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché
noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2Cor 5,21).
Gesù non ha conosciuto la riprovazione come se egli stesso avesse peccato [Cf Gv 8,46 ],
ma nell'amore redentore che sempre lo univa al Padre, [Cf Gv 8,29 ] egli ci ha assunto
nella nostra separazione da Dio a causa del peccato al punto da poter dire a nome nostro
sulla croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34; 603 Sal 22,2).
Dio ha l'iniziativa dell'amore redentore universale
Nel consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo disegno su di noi è
un disegno di amore benevolo che precede ogni merito da parte nostra. “In questo sta
l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo
Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10) [Cf 1Gv 4,19 ]. “Dio
dimostra il suo amore verso di noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è
morto per noi” (Rm 5,8).
Questo amore è senza esclusioni. La Chiesa, seguendo gli Apostoli, [Cf 2Cor 5,15; 1Gv
2,2) insegna che Cristo è morto per tutti senza eccezioni: “Non vi è, non vi è stato, non vi
sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto” (Concilio di Quierzy (853)).
Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la
vita di Gesù [Cf Lc 12,50; Lc 22,15; Mt 16,21-23] perché la sua Passione redentrice è la
ragion d'essere della sua Incarnazione: “Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono
giunto a quest'ora!” (Gv 12,27). “Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?”
(Gv 18,11).
25
Gesù sostituisce la sua obbedienza alla nostra disobbedienza
“Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per
l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” ( Rm 5,19). Con la sua obbedienza
fino alla morte, Gesù ha compiuto la sostituzione del Servo sofferente che offre “se stesso
in espiazione ”, mentre porta “il peccato di molti”, e li giustifica addossandosi “la loro
iniquità” [Cf Is 53,10-12 ]. Gesù ha riparato per i nostri errori e dato soddisfazione al Padre
per i nostri peccati [Cf. Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1529].
“Sua sanctissima passione in ligno crucis nobis justificationem meruit - La sua santissima
passione sul legno della croce ci meritò la giustificazione”, insegna il Concilio di Trento,
[Denz.1529] sottolineando il carattere unico del sacrificio di Cristo come “causa di
salvezza eterna” (Eb 5,9). E la Chiesa venera la croce cantando: “O crux, ave, spes unica
- Ave, o croce, unica speranza”.
La nostra partecipazione al sacrificio di Cristo
La croce è l'unico sacrificio di Cristo, che è il solo “mediatore tra Dio e gli uomini” (1Tm
2,5). Ma, poiché nella sua Persona divina incarnata, “si è unito in certo modo ad ogni
uomo”, egli offre “a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con
il mistero pasquale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22]. Egli chiama i suoi
discepoli a prendere la loro croce e a seguirlo. Infatti egli vuole associare al suo sacrificio
redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari [Cf Mc 10,39; Gv 21,18-19; Col
1,24].
… E FU SEPOLTO.
Nel suo disegno di salvezza, Dio ha disposto che il Figlio suo non solamente morisse “per
i nostri peccati” (1Cor 15,3) ma anche “provasse la morte”, ossia conoscesse lo stato di
morte, lo stato di separazione tra la sua anima e il suo Corpo per il tempo compreso tra il
momento in cui egli è spirato sulla croce e il momento in cui è risuscitato. Questo stato di
Cristo morto è il Mistero del sepolcro e della discesa agli inferi. È il Mistero del Sabato
Santo in cui Cristo deposto nel sepolcro [Cf Gv 19,42 ] manifesta il grande riposo
sabbatico di Dio [Cf Eb 4,4-9 ].
Cristo nel sepolcro con il suo Corpo
Dio [il Figlio] non ha impedito che la morte separasse l'anima dal corpo, come
naturalmente avviene, ma egli li ha di nuovo ricongiunti l'uno all'altra con la Risurrezione,
al fine di essere lui stesso, nella sua Persona, il punto d'incontro della morte e della vita
arrestando in sé la decomposizione della natura causata dalla morte e divenendo lui
stesso principio di riunione per le parti separate [San Gregorio di Nissa, Oratio
catechetica, 16: PG 45, 52B].
La morte di Cristo è stata una vera morte in quanto ha messo fine alla sua esistenza
umana terrena. Ma a causa dell'unione che la Persona del Figlio ha mantenuto con il suo
26
Corpo, non si è trattato di uno spogliamento mortale come gli altri, perché “non era
possibile che” la morte “lo tenesse in suo potere” [At 2,24].
DISCESE AGLI INFERI
Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù “è risuscitato dai
morti” (At 3,15; Rm 8,11; 1Cor 15,20) presuppongono che, preliminarmente alla
Risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti [Cf Eb 13,20 ]. È il senso primo
che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto
la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma
egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si
trovavano prigionieri [Cf 1Pt 3,18-19 ].
La Scrittura chiama inferi, shéol o ade [Cf Fil 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9 ] il soggiorno
dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della
visione di Dio [Cf Sal 6,6; Sal 88,11-13 ]. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte
di tutti i morti, cattivi o giusti; [Cf Sal 89,49; 633 1Sam 28,19; Ez 32,17-32 ]. “Furono
appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso
all'inferno” [Catechismo Romano, 1, 6, 3]. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i
dannati [Cf Concilio di Roma (745),ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto.
La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. È la
fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma
immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli
uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi
partecipi della Redenzione.
Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re
dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato ed ha
svegliato coloro che da secoli dormivano. . . Egli va a cercare il primo padre, come la pecora
smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di
morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva, che si trovano in
prigione. . . “Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio. Svegliati, tu che dormi!
Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la
Vita dei morti” .
[Da un'antica “Omelia sul Sabato Santo”: PG 43, 440A. 452C, cf Liturgia delle Ore, II, Ufficio
delle letture del Sabato Santo].