00 25/03/2010 22:05
Il mistero della morte.

Ero ragazzo ed attraversavo un sen­tiero di campagna. Un vecchietto portan­te una fascina di legna, passò vicino a me. Mi fermai a guardarlo e pensai: Po­vero uomo! E' già vecchio; ha la morte poco lontana! Io sono ancora in tene­ra età; la mia morte è lontanissima! - Pensieri di ragazzo ... non riflettendo che la morte non rispetta l'età.

Finchè ero nel fiore degli anni, il pen­siero della morte era pauroso; ma poco per volta questo pensiero diede luce alla mia mente e mi rafforzò nella pratica del bene. Ho detto finalmente: Pensare alla morte è utile. Bisogna guardare con serenità la realtà della vita.

Fanno oggi a me compassione coloro che, sentendo parlare di morte, tronca­no il discorso o toccano il cornetto. For­se che non pensando alla morte si reste­rà immuni dalla sorte comune? Ogni giorno che passa è un giorno in meno di vita, è un avvicinarsi alla tomba.

Tutto parla di morte nel mondo: il sole che tramonta, il fiore che appassisce, la giovinezza che passa, gli amici che scompaiono, i familiari vestiti a lutto.

Ed io ora penso alla morte senza pau­ra; anzi sul comodino presso il mio letto tengo il cranio di un defunto sconosciu­to. Non di rado medito su questo teschio e subito l'anima mia è ripiena di luce. Non mi fermo al fenomeno della mor­te, ma alla vita che mi attende dopo di essa. Un giorno il mio spirito lascerà que­sto corpo cadavere. L'anima mia libera dai lacci della materia, la quale è come un muro che la separa dagli esseri pu­ramente spirituali ... l'anima mia subi­to si troverà in condizione di vedere il Creatore, Purissimo Spirito. Vedere Dio, che felicità! Egli è l'Autore della bellez­za, dell'amore, della verità, di tutto. La mia intelligenza si aprirà a conoscere ve­rità superiori, mentre la mia volontà si fisserà in Dio, sommo bene.

Quale timore posso avere io davan­ti alla morte, se questa mi apre le porte alla vera vita? - Penso dunque alla morte con serenità, anzi con gioia; le sof­ferenze della vita facilmente le sopporto, come il contadino sopporta il sole d'e­state durante la mietitura. Sono spinto ad operare il bene e farne più che sia possibile, per testimoniare al mio Crea­tore l'amore e la riconoscenza.

Quanto ho detto è verità. Questa convinzione è fortemente radicata in me. Mi sbaglierò? Non credo. La mia coscien­za potrà darmi una prova soggettiva; ma la prova infallibile me la dà il Cri­sto: « Chi segue me, non cammina nelle tenebre. Io sono la luce del mondo ... Io sono la via, la verità, la vita! ». E siccome quanto opero e quanto sento nel­l'anima è conforme agli insegnamenti di Gesù, sono oltremodo sicuro di non sba­gliarmi nella mia convinzione.

Quei cinque intellettuali ... sono al buio delle supreme verità. Al pensiero della morte tremano. Morire... E poi?... Arriverà anche per loro l'ultimo giorno. Come si troveranno davanti al problema della morte? Sarò io degno di compassione in quel giorno, con la mia sereni­tà ... oppure essi con la disperazione e con l'incognita dell'al di là?



Il problema della felicità.

- Giovanotto, che cosa cerchi? - La felicità. - E dove? - In quella creatura. Se riuscirò a sposare quella ragazza, sarò felice.

- Ti sbagli. Milioni di uomini da giovani l'hanno pensato come te, ma poi ... non hanno trovato la felicità.

Devi sapere che la felicità è l'appaga­mento del cuore umano, senza alti e bas­si, senza timori. Vivendo con quella ra­gazza, tu avrai tante disillusioni! Scoprirai in lei tanti difetti, che oggi l'amore ti cela; un giorno forse ti tradirà, o non saprà compatirti, o ti augurerà la morte; un giorno costei morrà pure e tu reste­rai forse lieto o immerso in profondo cordoglio. Sappi dunque che tu non tro­verai la felicità in quella ragazza ...

- Nobile signore, qual è lo scopo della tua vita?

- La felicità.

- L'hai forse trovata in quarant'anni? - Ancora no.

- E dove la cerchi?

- Nel piacere. Ho denaro, molto de­naro; tutti gli spassi sono miei. Sen­to che vorrei avere le gioie del mondo, farle mie tutte in una volta; godo sì, ma non posso trovare la sazietà; il piacere mi sfugge nell'attimo stesso in cui l'ho rag­giunto. Ah, la felicità è un tormento ... Volerla raggiungere e non poterla affer­rare.

- Povero nobile signore, tu stesso dici di non poter essere pienamente felice ... eppure ti affanni a cercare la felicità...

- Commerciante grossista, o meglio, pescecane, che logori la tua vita in tanti traffici, che cosa vuoi raggiungere?

- La felicità.

- Ed in che cosa consiste per te? - Nell'ammassare denaro.

- Non ne hai forse abbastanza?

- No; mi sono arricchito; ma voglio ancora ricchezza.

- Infelice! Non ti accorgi che il tuo cuore non è mai sazio? Più hai, più vor­resti avere... Il tuo cuore è un abisso; tut­ti i tesori del mondo non potranno riusci­re a saziarlo. Tu cerchi la felicità nel de­naro e non vedi che il denaro ti è causa di tante preoccupazioni ed inquietudini!

- Scienziato, che scruti gli astri e le leggi della natura, anche tu cerchi la felicità?

- Certamente. Ho sete di conoscere. - Ma non vedi che più sai e più ti convinci di sapere poco? Quello che cono­sci è un nulla in confronto di ciò che ti re­sta a conoscere. Tutta la tua vita, impie­gata nello studio, non è sufficiente ad ab­bracciare lo scibile che tu vorresti. Dun­que, finchè vivrai, ti resterà la sete della scienza, ma non troverai la piena felicità. L'istinto verso la felicità l'abbiamo tut­ti, però nessuno sulla terra la raggiunge. Eppure, essa deve esistere! Noi vediamo che nel mondo ogni istinto naturale ha l'oggetto corrispondente a soddisfarlo. L'occhio è portato alla luce; e la luce esi­ste. La bocca è fatta per i cibi; i cibi ci sono. Il gatto ha l'istinto verso il topo, il cane verso il coniglio... ecc.

E’ mai possibile che la natura non fro­di gli esseri inferiori nei loro istinti e fro­di invece l'uomo, re del creato, nel suo istinto verso la felicità? ... È irragione­vole dunque il dire che la felicità è una chimera e che assolutamente non c'è!

- Poiché tutte le cose che ci circondano non sono atte a renderci felici, bisogna cercare la felicità non nelle cose create... ma nel Creatore! Dio c'è; Egli è sommo bene; Egli soltanto può saziare comple­tamente il cuore umano.

Il grande Aurelio Agostino cercava ar­dentemente la felicità; per trenta anni la cercò nei piaceri sensibili... nello stu­dio della filosofia... negli onori e nella sti­ma degli uomini; ma non poteva trovar­la, perchè era fuori strada; era lontano da Dio. Ma quando la ruppe con le pas­sioni e si diede generosamente a Dio, tro­vò un raggio della vera felicità; cosicchè potè scrivere: O Dio, verità sempre antica e sempre nuova! O Dio, hai fatto il nostro cuore per Te ed è inquieto finchè in Te non si riposi. -

Nel credere in Dio, nell'osservare la sua legge, trovasi la vera felicità. Anche io, nel mio piccolo, sento ciò che sentiva Au­relio Agostino.

Dopo la morte, allorché il nostro spi­rito s'inabisserà in Dio, godrà la felicità perfetta. Finché si è su questa terra, può godersi di questa vera felicità, ma in mo­do relativo, in quanto il nostro spirito ha degli attacchi alle cose create.

Come non desiderare dunque il giorno ultimo della vita, per cominciare a gu­stare a pieno la vera felicità? Paolo di Tarso, innamorato di Gesù, esclamava: Desidero morire per unirmi a Cristo.



L'ultimo giorno.

Scendo alla stazione di Genova e tra­scorro la giornata nel visitare la città. Non posso omettere una visita allo Sta­glieno, al celebre cimitero, che dicono es­sere il primo d'Italia e forse d'Europa.

Veramente è un capolavoro di arte. Po­sizione incantevole, disposizione delle tombe secondo la più rigorosa tecnica; marmi finissimi, lavorati con gusto ecce­zionale; ognuna delle tombe, che riem­piono i lunghi portici laterali, è un ca­polavoro.

Nel centro del cimitero si erge un mo­numento in marmo bianco; domina tut­te le tombe. Figura un personaggio ab­bracciato alla Croce. L'autore ha voluto rappresentare la Fede. Il misterioso per­sonaggio pare che dica: Dormite, o mi­seri mortali! Verrà però il giorno in cui vi sveglierete e lascerete questo campo. Al suono dell'angelica tromba, risorgere­te, poichè il vostro spirito ritornerà a vi­vificarvi! Vedrete il grande Re dei secoli, il Redentore!

Risorgeranno i morti dello Staglieno; risorgeranno tutti i figli di Adamo. An­ch'io risorgerò alla fine del mondo. La mia intelligenza non può capire questa verità; qui è la Fede che illumina. Trovo però degli argomenti di ragione. Il chicco di grano marcisce e sembrerebbe mor­to; invece rompe la zolla ed ecco venir fuori l'erbetta e poi la spiga. L'uovo sem­bra senza vita; ecco rompersi il guscio e saltar fuori il pulcino. Il bruco diventa crisalide; pare morto, ma sul più bello ne esce la graziosa farfalla. Per questo il Divino Poeta scrive riguardo all'uomo: che è destinato « a formar l'angelica far­falla ».

Ma il Cristo nel suo Vangelo insegnò apertamente l'universale risurrezione e, poiché allora i suoi nemici non volevano credere, dimostrò che ciò è possibile alla Divinità, risorgendo gloriosamente Egli stesso dopo tre giorni dalla morte.

Ed io ora penso alla morte senza panico. Credo al prodigio della risurrezio­ne. La mia coscienza non trova nulla in contrario, anzi è illuminata da nuova luce. Nel giorno della risurrezione dei morti avrà luogo il giudizio universale. - Giudizio universale! ... Che parole gros­se! - direbbero i cinque esponenti della scienza del mio paese... Li compiango,

perchè sono digiuni di scienza religiosa; meritano di essere compianti da tutti i credenti e specialmente da Michelangelo Buonarroti, il quale, da genio poderoso e multiforme, impiegò tanta energia intel­lettuale nel rappresentare la scena del giudizio universale in quel capolavoro mondiale, che trovasi a Roma nella Cap­pella Sistina.

La mia coscienza stessa m'invita a cre­dere la verità di questo giudizio, in quan­to la vita umana è un cumulo d'ingiusti­zie; il ricco spreca il denaro e il povero muore di fame; il prepotente trionfa ed il giusto, perché debole, è oppresso; l'as­sassino passeggia in libertà e spadroneg­gia, mentre l'innocente soffre in prigio­ne; l'empio bestemmia, combatte la reli­gione e se ne ride, perché Dio non lo pu­nisce; gli uomini misero a morte Gesù Cristo, Figlio di Dio, pur riconoscendo la sua innocenza... è giusto quindi che il Cristo rivendichi pubblicamente i suoi diritti e quelli dei buoni. Risorgeranno i corpi per andare alla vita eterna assieme all'anima. E' giusto, mi dice la co­scienza, poiché il corpo, strumento del­l'anima, ha cooperato a fare il bene o il male.



La trasmigrazione.

Quella sera ero stanco. Avevo termi­nato la mia cena e mi disponevo al ripo­so. Mi si annunziò una visita. Erano due universitari.

- Scusi, professore, se veniamo a quest'ora! Abbiamo avuto una calda di­scussione sopra un problema interessantis­simo. Desideriamo il suo parere.

- Di che cosa si tratta? - Della tra­smigrazione delle anime o metempsicòsi. Ecco qui un libro di spiritismo, che trat­ta l'argomento.

- Cari giovani, non varrebbe la pena intrattenersi sopra un tema, che nella estimazione comune è di nessun valore. Tuttavia chiariamo le idee. Che cosa ne dite voi in proposito?

- Noi crediamo che c'è un'anima in ciascun uomo. Avvenuta la morte del corpo, siccome l'anima può aver com­messo dei falli in vita, prima di vedere Dio, eterna felicità, entra in un altro cor­po umano per purificarsi. Dopo entrerà in un terzo, in un quarto corpo,... finché si sarà perfettamente purificata. Si deve ammettere questa trasmigrazione, per­ché è cosa conforme alla retta ragione e perché nelle sedute spiritiche, quando si chiama qualche anima, questa viene, fa sentire la sua presenza e per mez­zo del medium rivela che c'è nell'univer­so la metempsicósi.

- Ecco la mia risposta riguardo alle sedute spiritiche. Dopo un soddisfacente studio compiuto, ho potuto concludere che nella maggioranza dei casi si tratta di trucchi. Questo è anche il parere del professore Heredia, il quale ha impiegato diciotto anni in tale studio ed ha assisti­to alle sedute spiritiche più clamorose d'America e d'Europa.

Ci sono però rare volte di quei feno­meni, che sembrano superare le leggi della natura e lasciano pensare ad una intelligenza superiore che operi. In vista di ciò, la Chiesa Cattolica, giudicando che possa trattarsi qualche volta d'inter­vento diabolico, proibisce la rievocazione degli spiriti e l'assistere a tali sedute.

Il sédicente « spirito » non può essere Dio, né un Angelo del paradiso, in quan­to non è decoroso che la Divinità o uno Spirito Celeste si metta a disposizione del primo che lo chiama per curiosità, men­tre per lo più consta che i medium so­gliono essere persone poco morali e poco religiose e perciò stesso immeritevoli di trattare amichevolmente e sensibilmente con Dio o con un Angelo.

Nel caso preternaturale, si potrebbe trattare del demonio, il quale è un puro spirito, e per la sua intelligenza e poten­za può produrre anche fenomeni strabi­lianti. In questo caso, gl'insegnamenti che son dati nelle sedute spiritiche, ve­nendo dal demonio, padre della menzo­gna, sogliono essere un misto di verità, di buffonate e di bugie.

Dicendo il demonio qualche verità, ap­profitta per sedurre i semplici e per fare credere poi anche a ciò che non è vero. Così in un corso di sedute spiritiche, te­nute a Catania alcuni anni fa, alla pre­senza di parecchi intellettuali, lo spirito dettò due libri per intero, che sono con­servati come manoscritti. Uno porta il titolo: « Vita e morte » e l'altro: « Ciò che si opera ».

Eccone un brano: « Voi uomini avete dieci dita alle mani, per ricordarvi che dieci sono i comandamenti di Dio; ricor­date questo anche quando mirate i piedi. Avete due orecchie, per sentire due cam­pane, cioè ascoltare le due parti avver­sarie e giudicare rettamente, poichè la ragione non sempre è evidente. Avete due occhi, per ricordarvi di mirare il pre­sente e di non trascurare il passato. Ave­te un naso e vi serva non per odorare il puzzolente fango del mondo, ma per ap­prezzare il profumo delle opere buone... L'anima, partita dal corpo, vaga per pu­rificarsi. Io sono il celebre Bovio, che tanto male operai in vita nell'insegnamen­to, non avendo la fede in Dio ».

Anche qui è accennata la metempsicó­si. Qualunque sia l'essenza di queste ma­nifestazioni, o trucchi o realtà, la tra­smigrazione delle anime non può esi­stere.

In primo luogo, siccome tutti gli uo­mini peccano, chi più chi meno, la tra­smigrazione dovrebbe avvenire per quasi tutti. Cosicchè, tutti i viventi di oggi, avremmo dovuto esistere in altri corpi e in altri tempi. Possibile che nessuno ri­cordi di essere stato in altro corpo uma­no? Se fosse un fatto comune, il ricordo dovrebbe riscontrarsi nella generalità de­gli uomini. Invece si riscontra questa af­fermazione in qualche rarissimo uomo, il quale è riconosciuto dai medici come tipo anormale, affetto da forte isterismo. Il così detto « sdoppiamento di persona­lità », cioè l'affermare che io sono il tal altro uomo, si verifica in taluni che sono al manicomio ed in altri... in prossimità di entrarvi.

In secondo luogo, l'anima, che è spiri­to, come può perdere le idee acquistate nella vita precedente, essendo le idee semplici, cioè spirituali? Possibile non ri­cordare neppure la minima cognizione precedente?

In terzo luogo, se avvenisse un forte terremoto, come quello di Messina, e de­cine di migliaia di anime si staccassero dal corpo nel medesimo istante, se que­ste anime non trovassero un corpo uma­no da informare, dove andrebbero? Nel nulla? Nell'assopimento assoluto?... Ma queste affermazioni sono completamente gratuite, senza alcun fondamento.

In quarto luogo, si consideri che il mondo finirà, poichè è materiale e non può essere eterno. L'ultimo periodo dell'uma­nità avrà certamente le sue morti. Quelli che morranno per ultimi, quali corpi do­vranno prendere per purificarsi, se corpi umani più non esisteranno?

La ragione più forte è la parola del Cristo. Gesù nel Vangelo non parla mai di metempsicósi, anzi afferma il contra­rio. Parla sempre di giudizio e di senten­za irrevocabile, subito dopo la morte.

Dice la parabola del ricco epulone: « Morì il ricco e fu sepolto nell'inferno ». Il Signore parla di premio eterno e di pu­nizione eterna. Se ci fosse la purificazio­ne per mezzo della metempsicósi, non avrebbe il motivo l'esistenza dell'inferno poiché nel corso dei secoli le anime avreb­bero modo di purificarsi e sfuggire al ca­stigo eterno.

Un'altra ragione la vedo nell'onnipo­tenza di Dio. Perché limitare l'opera creatrice dell'Onnipotente, attribuendo­gli un piccolo numero di coloro che, nel primo tempo dell'umanità, popolarono la terra? Ad un certo momento il Creatore avrebbe dovuto dire: È finita la creazio­ne delle anime! - mentre da tutti si ammette la immensa generosità di Dio. Dunque, un cattolico, anzi un uomo di mente sana, non può e non deve ammet­tere la trasmigrazione delle anime.

- Professare, mi disse uno dei due universitari, ed allora come spiega che in certe persone rivivono in qualche mo­do o quasi perfettamente gli avi?

- Il riscontrare in qualche uomo le attitudini specifiche di un antenato, non significa che l'anima dell'antenato riviva nel nipote o nel pronipote, ma che le cel­lule dell'avo, trasmesse per via di gene­razione, rendono l'individuo predispostu a certe attitudini dell'antenato. Così un giovane è affetto dà cleptomania o da tendenza al suicidio; potrà esserci stato in qualche suo antenato l'identica ten­denza; ma tutto ciò potrà essere effetto di tara ereditaria, non di metempsicósi.

- Professore, si constata che col pen­siero della trasmigrazione dell'anima, tanti si dànno ad una vita più morigerata.

- Può avvenire anche questo; ma ciò non toglie che l'ammettere la metempsi­cósi sia una corbelleria. I sostenitori di tale tesi non hanno alcuna ragione plau­sibile.

Riguardo alla purificazione delle ani­me dopo la morte, ho da far notare che deve esserci una purificazione, se non per tutte, per le bisognose, poiché tante anime partono da questa vita con delle macchie e non possono essere degne di venire ammesse al cospetto del Purissi­mo Iddio.

E qui la Chiesa Cattolica, basandosi sulla Sacra Scrittura, cioè sul quarto li­bro dei Maccabei e sul Vangelo, insegna che se le anime muoiono in grazia di Dio, ma hanno ancora qualche debito presso la Divina Giustizia, vanno a purificarsi in Purgatorio. Dante Alighieri illustra bellamente questa verità nella seconda cantica della Divina Commedia. Ma al­tro è il Purgatorio ed altra cosa è la rin­carnazione delle anime. -

E’ cosa logica ammettere un Creatore­ storica la venuta del Cristo ed è evi­dente la prova della sua Divinità; è pure ragionevole accettare gl'insegnamenti e le verità del Dio fatto uomo.

Come mai tanti non credono, o alme­no... dicono di non credere? Mancano forse di logica? Spero di dimostrare ai cinque miscredenti, miei concittadini, perché essi non credono, o meglio... per­che hanno voglia di non credere.