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 Lo scopritore del Big bang fu un gesuita, Georges Lemaître, e subito gli scienziati atei si opposero per motivi di natura filosofica essendo un’idea così compatibile con la Creazione. Anche Albert Einstein, che ateo non era, parlando con il gesuita astronomo disse: «Questa faccenda assomiglia troppo alla Genesi, si vede bene che siete un prete»Francis Collins, il genetista che ha sequenziato del DNA umano, oggi direttore del National Institutes of Health, ha sostenuto che il Big Bang «domanda a gran voce una spiegazione divina e infatti si accorda perfettamente con l’idea di un Dio Creatore trascendente. Non riesco a capire come la natura avrebbe potuto crearsi da sé. Solo una forza al di fuori del tempo e dello spazio avrebbe potuto fare una cosa simile» (“Il linguaggio di Dio”, Sperling&Kupfer 2007, pag. 63). Il celebre astrofisico Allan Sandage ha evidenziato che «con le conseguenze riguardanti la possibilità che gli astronomi abbiano identificato l’evento della creazione mette veramente la cosmologia vicino al tipo di teologia naturale medioevale che ha cercato di trovare Dio identificando la causa prima» (citato in “Solo lo stupore conosce”, BUR 2003, pag. 337).

Arno Penzias, fisico e premio Nobel, ha criticato il dogma di alcune persone che «non vogliono accettare l’evidenza osservativa che l’universo è stato creato, nonostante questo sia supportato da tutti i dati osservabili che l’astronomia ha prodotto finora». Queste persone «forse possono essere descritte come aventi un credo filosofico sull’eternità della materia. Queste persone non possono essere considerati scienziati oggettivi» (citato in “Cosmos, Bios, Theos”, Open Court Publishing Company 1992, pag. 5).