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La esistenza di Dio
La dimensione religiosa caratterizza l'essere umano. Purificate dalla superstizione, le espressioni della religiosità
umana mostrano con chiarezza che esiste un Dio creatore.
1. La dimensione religiosa dell’essere umano
La dimensione religiosa caratterizza l’essere umano fin dalle sue origini storiche primitive. Purificate dalla deriva della
superstizione, dovuta in definitiva all’ignoranza e al peccato, le espressioni della religiosità umana manifestano la
convinzione che esista un Dio creatore, dal quale dipendono il mondo e la nostra esistenza personale. Se è vero che il
politeismo ha accompagnato molte fasi della storia umana, è altrettanto vero che la dimensione più profonda della
religiosità umana e la sapienza filosofica hanno cercato le ragioni più radicali del mondo e della vita umana in un unico
Dio, fondamento della realtà e compimento della nostra aspirazione alla felicità[1].
Nonostante la loro diversità, le espressioni artistiche, filosofiche, letterarie, ecc. presenti nella cultura dei popoli, tutte
hanno in comune la riflessione sul tema di Dio e sui temi più importanti dell’esistenza umana: la vita e la morte, il bene e
il male, il destino ultimo e il senso di tutte le cose[2]. Come testimoniato da queste manifestazioni dello spirito umano
lungo la storia, il riferimento a Dio appartiene alla cultura umana e costituisce una dimensione essenziale della società
degli uomini. La libertà religiosa rappresenta pertanto il primo dei diritti e la ricerca di Dio il primo dei doveri: tutti gli
uomini «dalla loro stessa natura e per obbligo morale sono tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la
religione; e sono pure tenuti ad aderire alla verità, una volta conosciuta»[3]. La negazione di Dio ed il tentativo di
escluderlo dalla cultura e dalla vita sociale e civile sono fenomeni relativamente recenti, limitati ad alcune aree del
mondo occidentale. Il fatto che i grandi interrogativi religiosi ed esistenziali siano rimasti invariati nel tempo[4] smentisce
l’idea che la religione sia circoscritta ad una fase “infantile” della storia umana, destinata a sparire con il progresso delle
conoscenze.
Il cristianesimo assume in sé quanto di buono vi è nella ricerca e nell’adorazione di Dio come espresse storicamente
dalla religiosità umana, svelandone però il vero significato, quello di un cammino verso l’unico e vero Dio che si è rivelato
nella storia di salvezza consegnata al popolo di Israele ed è venuto incontro a noi facendosi uomo in Gesù Cristo, Verbo
incarnato[5].
2. Dalle creature materiali a Dio
L’intelletto umano può conoscere l’esistenza di Dio avvicinandosi a Lui attraverso un cammino che ha come punto di
partenza il mondo creato e come itinerari due versanti, le creature materiali e la persona umana. Sebbene questo
cammino sia stato specialmente sviluppato da autori cristiani, gli itinerari che, partendo dalla natura e dalla coscienza
umana, conducono fino a Dio, sono stati esposti e percorsi da molti filosofi e spiriti religiosi di diverse epoche e culture.
Le vie verso l’esistenza di Dio vengono chiamate anche “prove”, non nel senso che le scienze matematiche o naturali
danno a questo termine, ma nel senso di argomenti filosofici convergenti e convincenti, che il soggetto comprende con
maggiore o minore forza a seconda della sua formazione specifica[6]. Che le prove dell’esistenza di Dio non possano
intendersi nel senso delle prove impiegate dalle scienze sperimentali discende con chiarezza dal fatto che Dio non è
oggetto della nostra conoscenza empirica.
Ciascuna via verso l’esistenza di Dio perviene soltanto ad uno specifico aspetto o dimensione della realtà assoluta di
Dio, quello dello specifico contesto filosofico entro cui la “via” di snoda: «partendo dal movimento e dal divenire, dalla
contingenza, dall’ordine e dalla bellezza del mondo si può giungere a conoscere Dio come origine e fine
dell’universo»[7]. La ricchezza e l’incommensurabilità di Dio sono tali che nessuna di queste vie, da sola, possa giungere
ad una immagine personale di Dio, ma solo a qualche aspetto di essa: la sua esistenza, intelligenza, provvidenza, ecc.
Fra le vie cosmologiche più note vi sono le celebri “5 vie” elaborate da san Tommaso d’Aquino che riprendono in buona
parte le riflessioni di filosofi a lui precedenti, e per la cui comprensione sono necessari alcuni elementi di metafisica[8].
Le prime due vie propongono l’idea che le catene causali (passaggio dalla potenza all’atto; passaggio dalla causa
efficiente all’effetto) che osserviamo in natura non possono risalire nel passato all’infinito, ma devono riposare su un
primo motore e su una prima causa; la terza, partendo dall’osservazione che gli enti naturali sono contingenti e limitati
deduce che la loro causa deve essere un Ente incondizionato e necessario; la quarta, considerando i gradi di perfezione
partecipata che si riscontrano nelle cose, ne deduce l’esistenza di una fonte di tutte queste perfezioni; la quinta via,
osservando l’ordine e il finalismo presenti nel mondo, conseguenza della specificità e della stabilità delle sue leggi, ne
deduce l’esistenza di una intelligenza ordinatrice che sia anche causa finale di ogni cosa. Questi ed altri itinerari analoghi
sono stati proposti da diversi autori con diversi linguaggi e diverse forme, fino ai nostri giorni. Essi mantengono pertanto
la loro attualità, sebbene per comprenderli sia necessario impiegare una conoscenza delle cose basata sul realismo (in
opposizione a forme di pensiero ideologico), che non riduca la conoscenza della realtà al solo piano empiricosperimentabile
(evitando cioè il riduzionismo ontologico), consentendo infine alla mente umana di ascendere dagli effetti
visibili alle cause invisibili (affermazione del pensiero metafisico).