27/03/2010 08:38
Madre Maria Eletta di Gesù

Madre Maria Eletta di Gesù, al secolo Caterina Tramazzoli, nasce a Terni il 28 gennaio 1605, terza figlia del nobile Alessandro. All’età di ventun’anni, insieme alla sorella Lucia, entra nel monastero delle Carmelitane Scalze della sua città, da poco fondato.
Il 5 settembre 1629 lascia Terni insieme a una consorella. E’ infatti destinata alla fondazione del Carmelo di Vienna, del quale – pur giovanissima – sarà priora dal 1638 al 1642, anno in cui le viene affidata la fondazione del monastero di Graz, dove vive i suoi anni più felici e spiritualmente più fecondi.
Nel 1656 è incaricata di fondare un terzo monastero a Praga. Vera figlia di santa Teresa d’Avila, obbedisce con slancio e contribuisce così a promuovere un vero risveglio spirituale della capitale boema. E’ a Praga che Madre Maria Eletta chiude il suo itinerario terreno, l’11 gennaio 1663, circondata dall’amore e dalla venerazione delle sue figlie spirituali che conservano il suo corpo incorrotto, ancora oggi oggetto di venerazione. Numerose sono le grazie attribuite alla sua intercessione.

RIESUMAZIONE DEL CORPO



La forza spirituale di Madre M. Eletta, protagonista di un’ autentica missione, oltrepassa le mura del monastero. Una volta cessato il suo diretto contributo, rimane l’eredità spirituale, perché la forza spirituale di una persona non agisce soltanto con la sua presenza e la sua influenza, ma anche con tutto quello che sopravvive dopo la sua morte.

Nel monastero in costante sviluppo Madre M. Eletta continua a vivere non solo nella memoria delle consorelle più strettamente legate a lei; nei documenti del monastero di Praga, successivi al 1663, si incontrano spesso riferimenti che la riguardano. Dopo la sua morte ella rimase presente; sr. Geltrude la incontra mentre cammina per il corridoio con un volto splendente come il sole, ad altre monache appare in sogno. Questa sua presenza non cessa neppure dopo diversi anni dalla morte. La sua tomba, nel giardino del monastero, diventa rifugio nei momenti di sconforto e di difficoltà.

Le eminenti virtù di questa Madre hanno lasciato una traccia profonda nel cuore delle figlie nelle quali, ad un certo punto, nasce il desiderio di aprire la tomba per rivedere quella figura discreta che tanto di sé riempiva ogni angolo del monastero, come viene affermato da Cecilia Teresa e da altre testimonianze.

Una notte Madre M .Eletta rivela ad una monaca, durante il sonno, che il suo corpo è rimasto intatto e le suggerisce di riferirlo alla Priora, Sr. Eufrasia.

Nel terzo anniversario della sua morte Sr. Eufrasia decide di far aprire segretamente la tomba dalla quale proviene uno strano profumo, come di violette. Ottenuto il permesso dal P. Provinciale, vengono scelte cinque monache: la Priora Sr. Eufrasia di Gesù Maria, la sottopriora Cecilia Teresa di Gesù e tre monache anziane, Giuseppa Maria di Gesù, Teresa Maria di Gesù B. e Maria di S. Giuseppe. Tutte, con la preghiera, si preparano a compiere quel lavoro.

La tomba deve essere aperta il 14 gennaio 1666 con assoluta discrezione. Nel giorno stabilito possono dare inizio all’opera soltanto tre monache, perché Priora e sottopriora non sono in grado di sottrarsi, senza essere notate, ai doveri comunitari. Le sorelle Giuseppa M. di Gesù, Teresa M. di Gesù Bambino e Maria di S. Giuseppe si recano, all’ora stabilita, presso la tomba e iniziano a scoperchiarla, pregando con fervore.

Il lavoro, a prima vista, non sembra pesante dato che la volta, ormai poco stabile, è quasi pericolante: pietre e tegole si staccano facilmente e ben presto le monache aprono la parete. Quando l’apertura è sufficientemente grande, le tre sorelle guardano dentro, ma la visuale non sembra promettere niente di buono. La tomba, fino al coperchio della bara, è completamente piena di acqua nera e puzzolente e i teli che escono dalla bara sono ricoperti da uno strato di muffa abbastanza spesso. Benché costernate da questo primo rilievo, tuttavia non si scoraggiano. Velocemente demoliscono tutta la parete, staccano la bara dalla tomba e si affrettano a portarla in una vicina stanza del monastero; a malapena riescono a trascinare la bara che, essendo piena d’acqua, è molto pesante. Quindi richiudono subito la tomba perché nessuno si accorga che qualcosa è stato modificato.

Tornate nella stanza cominciano nuovamente a pregare e sollevano il coperchio. Si sente un odore insopportabile e un’esalazione così nauseante che devono aprire le finestre, ma la salma giace completamente incorrotta nella bara. Le monache cadono in ginocchio per ringraziare Dio di tutto cuore. Il corpo, molto enfiato, affonda quasi completamente nell’acqua puzzolente. L’abito e gli altri teli sono talmente ammuffiti e marciti che si decompongono appena toccati.

Inizia il lavoro più pesante e importante: estrarre la salma senza danneggiare il corpo. Sicure della protezione divina, le monache impiegano senza scrnpoli tutte le loro forze per estrarre il corpo dalla bara e lo depongono su un piano di legno. Ricoperto completamente da uno strato fitto di muffa e di marciume, è necessario ripulirlo usando coltellini taglienti e acqua.

Terminata la pulizia, le monache non possono credere ai loro occhi: il corpo si presenta intatto, pulito e bianco, la pelle morbida come quella di una persona morta da poco.

Gli occhi sono appena un po’ infossati, si può distinguere la pupilla dalla cornea. Sul piede sinistro c’è una piccola apertura da cui scorre acqua; questa perdita d’acqua durerà circa quattro anni dal giorno dell’esumazione finché il corpo non si prosciugherà completamente.

Raggiunto brillantemente il loro scopo, le monache vengono prese da una certa presunzione e vogliono rendere Madre M. Eletta più bella di come in realtà sia. Avendo visto alcune macchie scure sul corpo della Madre, dove questo rimase incastrato per l’esiguità della bara, tentano di toglierle. Bollono rosmarino con foglie di rose e incominciano a lavare la salma con questo decotto: un grandissimo errore di cui non si rendono conto. Le macchie non solo non scompaiono, ma tutto il corpo diventa marrone scuro. Spaventate, tentano di rimediare lavando il corpo per ben due giorni consecutivi, ma è tutto inutile, non riacquisterà più il primitivo colore. Immergono degli asciugamani nell’aceto e con questi avvolgono la testa e le mani della defunta, sperando che tornino bianche, ma anche questo procedimento non ha successo. Da allora il corpo di Madre M. Eletta è rimasto scuro fino ai nostri giorni.

Le cinque monache visitano molto spesso la Madre e pregano dinanzi alla salma, ma lo devono fare di nascosto, per non suscitare sospetti nelle altre. Superate le preoccupazioni iniziali, la Priora invia una relazione dettagliata al P. Provinciale e al P. Generale. Si pensa di mettere Madre M. Eletta in posizione seduta perché più dignitosa, ma il corpo oppone una forte resistenza; nel tentativo di rimuoverlo si sarebbe sicuramente spezzato.

Una delle tre sorelle corre dalla Madre Priora, riunita con la Comunità, e le espone la questione. La Madre risponde: “Andate da Madre M. Eletta e pregatela, poiché è stata sempre obbediente in vita, di esserlo anche adesso e di mettersi seduta.”

La monaca torna indietro, insieme alle sorelle solleva il corpo, lo mette davanti alla poltrona e riferisce le parole testuali della Priora. Subito il corpo diviene pieghevole e la Madre viene messa seduta senza difficoltà. Ma si accorgono che in quella posizione sembra molto sfigurata, perché la testa pende sul petto a motivo dell’osso del collo spezzato nel tentativo di far entrare il corpo nella bara. Provano ad alzarle la testa, ma invano. Nuovamente Sr. Teresa corre dalla Priora per consigliarsi e questa le suggerisce di dire a Madre M. Eletta di dar loro la consolazione di alzare la testa. Di ritorno, la sorella si mette in ginocchio davanti alla Madre e riferisce il messaggio della Priora. Pone un dito sotto il mento della Madre e le solleva la testa che non oppone alcuna resistenza, restando nella posizione richiesta.

Poiché il corpo è molto umido, viene portato in una stanzetta sotto il tetto perché si prosciughi del tutto. Frattanto, dal corpo comincia ad uscire un liquido oleoso che emana un gradevole profumo. Le monache pensano di impregnare alcuni pannolini per poi distribuirli come preziose reliquie. Il corpo di Madre M. Eletta rimane nella piccola stanza, sotto il tetto, per circa due anni. Ma giunge l’ora che l’incorruzione venga riconosciuta dagli esperti. La Priora, con il permesso del Generale dell’Ordine, chiama uno dei più famosi medici di Praga, docente universitario, che ha curato Madre M .Eletta e l’ha assistita in punto di morte. Egli sa meglio di tutti gli altri di quale malattia è morta la Madre ed in quale stato si trovava il suo corpo al momento della sepoltura.

Il Dr. Franchimont è non solo un medico dotto, ma anche molto scrupoloso, pio e sincero. Prima della perizia, Madre M. Eletta viene vestita con gli abiti dell’Ordine. Quando il medico la vede seduta non crede ai suoi occhi. Si fa narrare tutto dettagliatamente, poi esamina il corpo della Madre con grande coscienziosità e scrupolosità scientifica. Terminata la perizia dichiara che l’incorruttibilità del corpo non si può spiegare scientificamente, ma si deve attribuire all’onnipotenza di Dio.

Il miracolo viene annunciato a tutte le sorelle solo nel 1670, in occasione della visita del Padre Generale P. Filippo della SS. Trinità. Non appena le sorelle entrano nella cella dove si trova Madre M. Eletta seduta su una poltrona rivestita degli abiti religiosi, si inginocchiano e le baciano le mani e i piedi. Il corpo incorrotto viene nuovamente esaminato dal famoso medico Franchimont e dal chirurgo Cassini de Bagella, poi il prodigio viene annunciato a tutta la popolazione. Da allora il corpo di Madre M. Eletta è oggetto di venerazione e molti sono stati i miracoli e le guarigioni ottenute tramite la sua intercessione.



Dopo la soppressione del Monastero di S. Giuseppe da parte dell’Imperatore Giuseppe II, il corpo della Madre viene trasferito a Pohled dove si erano ritirate temporaneamente le Carmelitane praghesi. Ora si trova nuovamente a Praga, nel convento di S. Giuseppe. Sta lì, custodita dalle Scalze praghesi, le ha seguite nelle traversie della storia, nascosta durante il dominio del laicismo di stato, seduta adesso nel Carmelo, in cima al castello di Praga. E’ visibile dietro una finestra dell’inferriata, a destra dell’altare maggiore, seduta sulla poltrona e nessuno sfugge all’ enorme emozione, constatando che, pur essendo morta da tre secoli, si conserva ancora perfettamente.

Sta lì per dire a tutti che il valore intramontabile dell’obbedienza è sorgente di pace e di prodigi. Forse, nell’ attuale contesto storico, in cui si è promosso fino all’esasperazione il culto della personalità, è bene riscoprire e riflettere su questa figura, su questa “beata” che ha fatto dell’incondizionata obbedienza alla volontà di Dio, attraverso le mediazioni umane, il leit motiv della sua vita. Servirebbe, se non altro, a sottolineare due importanti verità: che Cristo ha compiuto l’opera della Redenzione, il piano della salvezza, proprio attraverso l’obbedienza al Padre e che l’obbedienza, virtù così difficile, contrastata e discussa oggi, resta sempre tanto preziosa agli occhi di Dio. Tutti i Santi hanno vissuto radicalmente questa virtù, a imitazione di Cristo, ma è pur vero che ogni Santo l’ha incantata con sfumature diverse perché l’inesauribile fantasia dello Spirito, quando scolpisce nei cuori l’immagine di Cristo, si diverte a inventare una straordinaria varietà di espressioni.