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FENOMENI INSPIEGABILI: SEGNI DEL SOPRANNATURALE

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    06/01/2010 13:39
    Chiamiamo miracoli gli eventi inspiegabili che avvengono al di là delle normali leggi di natura, e che vengono attribuiti all'azione divina.
    Ma naturalmente prima di poter  presumere un intervento divino che abbia sospeso o modificato il normale svolgimento delle leggi di natura, occorrono molte ed opportune verifiche da parte di esperti e commissioni competenti.
    Talora questi eventi inspiegabili, accompagnano o seguono l'annuncio profetico di ciò  che Dio vuole fare.
    Attraverso questi segni prodigiosi  la Parola annunciata, viene corroborata e resa attendibile dalla stessa azione soprannaturale,  offrendo un fondato motivo per credere che si tratta di un intervento divino e non di un fatto casuale.

    Nel Nuovo Testamento troviamo espresso appunto questo concetto:

    Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano. (Mc 16,20)
    .... mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà.(Ebrei 2,4)
    Sin dall'inizio della storia della salvezza troviamo descritti nella Scrittura, interventi prodigiosi attribuiti alla iniziativa divina. 

    Ovviamente beati coloro che credono senza vedere segni e prodigi.  
    Ma la Parola di Dio, che è stata fatta scrivere circa 2000 anni fa, sarebbe rimasta ignorata se non fosse stata accompagnata dai segni con cui Dio sempre si è degnato di accompagnarla per confermarla anche agli occhi di coloro che non hanno avuto la fortuna di poter parlare con i Testimoni oculari della resurrezione di Gesù. 

    Nel corso dei secoli successivi, mancando testimoni oculari, come si può pensare che il cristianesimo si sarebbe potuto consolidare e diffondere senza i prodigi che avessero accompagnato la predicazione? Qualsiasi testimone diretto oppure indiretto sarebbe stato preso per matto senza le prove efficaci delle manifestazioni dello Spirito.
    Non per nulla Gesù aveva detto:

    Giov 14,12 In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.

    Tuttavia non manca chi sostiene che i segni ed i prodigi si sarebbero conclusi con la scomparsa degli apostoli ai quali era stata data questa assistenza speciale di Dio solo per affermare e consolidare la Chiesa nascente. E adducono il brano in cui Paolo dice:
    1Cor 13,8 ss ... Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.

    Chi si ferma a questi versetti per fondare la propria convinzione sulla scomparsa dei miracoli non tiene però in debito conto il versetto 10 immediatamente successivo a quelli a cui fanno riferimento con cui Paolo precisa:

     Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.

    Paolo rettamente insegna e scrive che i doni spirituali, anche se imperfetti, ci saranno finchè non arriverà ciò che è perfetto. Ora è evidente e stridente la contraddizione in cui cadono coloro che negano i prodigi nell'epoca post apostolica, perchè da una parte affermano che con la scomparsa dell'ultimo apostolo, la Chiesa sarebbe caduta nell'apostasia, e perciò nella imperfezione, e nello stesso tempo sottintendono che  è arrivato il tempo di ciò che è perfetto, precisato da Paolo per datare il momento della scomparsa dei miracoli, che essi vogliono datare alla scomparsa degli apostoli. 

    Da quanto sopra si ricava dunque con chiarezza che i miracoli scompariranno quando arriverà ciò che è perfetto, e ciò che è perfetto arriverà solo quando la storia umana sarà conclusa.
     

    Bisogna poi considerare la profezia di Gioele ricordata anche da Pietro nel suo primo discorso:

    At 2,17 Negli ultimi giorni, dice il Signore, Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. 18 E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno. 19 Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. 

    La profezia di Gioele,  che è riferita agli ultimi tempi, e che Pietro già applica al suo tempo ci fa ritenere che questi ultimi tempi sono iniziati con l'ascesa di Gesù al cielo e finiranno quando Egli tornerà, e che sono effettivamente gli ultimi tempi. Anche l'apostolo Giovanni riteneva il suo tempo l'ultima ora (1Gv 2,18), per cui la profezia di Gioele riguarda tutto il tempo rimasto a nostra disposizione prima che arrivi il giorno del Signore. Quindi nel frattempo ci saranno sempre carismi e prodigi per corroborare e confermare coloro che vengono alla fede.

    Gesù stesso promise:
    Mar 16,17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,
    prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 

    Questa promessa di Gesù non ha un limite di tempo o una scadenza perchè è rivolto ai credenti di tutti i tempi in generale.

    Infine va ricordato quanto scriveva Paolo in 1Cor 12,6 
    vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
    7 E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune:
    8 a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza;
    9 a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito;
    10 a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue.
    11 Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole. 

    Tutti questi carismi che vengono dati da Dio, non risulta che siano limitati a pochi decenni e ai pochi credenti di 2000 anni fa.

    Da sempre invece, come è documentato dalle migliaia di casi che vengono ricordati nella vita dei santi e non solo, si sono verificati tanti eventi inspiegabili  e riconducibili a fatti straordinari avvenuti in un contesto di fede, il che fa ritenere che vi sia un intervento divino.

    Naturalmente non tutti gli eventi inspiegabili sono di natura divina; sono in gioco le valutazioni a volte fallaci degli uomini che potrebbero ritenere soprannaturali dei fatti che invece trovano spiegazioni  sul piano naturale, e a volte può esservi anche l'azione demoniaca che cerca di sviare il credente.

    Per questi motivi la Chiesa è molto cauta ed accurata nel valutare i fatti segnalati come prodigiosi. Richiede diversi elementi di credibilità e solo dopo documentate analisi dei fatti con riscontri oggettivi, emana delle conclusioni.

    Però neppure si può tanto superficialmente ritenere che ogni miracolo sia il frutto di una psicosi o dell'opera del demonio. Si rischia così di cadere nello stesso fatale errore che fecero gli scribi e farisei quando accusavano Gesù di fare i miracoli per opera di satana. (cf Mt.12,24)

    Per quanto ci riguarda qui, lungi dal voler definire come segno divino un singolo evento che presenti caratteristiche non ordinarie, ci importa però sottoporre all'attenzione una lunga serie di eventi che nel loro complesso, rappresentano un imponente corredo di testimonianze anche e soprattutto visive,  che devono portarci a concludere che il Signore non è lontano da noi, non rimane inerte, ma quando lo ritiene opportuno e anche in base alla nostra disposizione di fede, interviene in nostro favore sia per risolvere dei problemi umanamente insolubili, sia per aiutarci a credere in Lui.

    Non a caso nella Scrittura troviamo questa invocazione:
    Sir 36,3 Come ai loro occhi ti sei mostrato santo in mezzo a noi, così ai nostri occhi mòstrati grande fra di loro. 4 Ti riconoscano, come noi abbiamo riconosciuto che non c'è un Dio fuori di te, Signore. 5 Rinnova i segni e compi altri prodigi, glorifica la tua mano e il tuo braccio destro.

    Il Signore ha detto: beati coloro che crederanno senza aver visto, ma non ha ricusato di far toccare con mano il suo costato a Tommaso che chiedeva prove concrete. Non li ricusa neppure ai nostri giorni, essendo passato tanto tempo dagli eventi descritti nella Scrittura, e vi è sempre la necessità che Egli rinnovi i segni della Sua Presenza accanto a noi, confermando in ogni tempo la Sua Parola con i segni che l'accompagnano.


    Noi cercheremo di offrire alla considerazione di quanti scorreranno questi post, degli elementi significativi che servano a corroborare la fede dei CREDENTI, e di far almeno riflettere i non credenti, invitandoli a non scartare a priori ogni ipotesi che oltre all'esistente possa esistere l'Autore dell'esistente.
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    Concludendo vogliamo ricordare che per avvalorare ed accreditare la sua Parola, il Signore  l'ha accompagnata con prodigi e segni, come risulta dai seguenti versetti:
    Giovanni 10,25
    Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;

    Giovanni 10,38
    ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre».

    Marco 16,20
    Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.

    Romani 15,19
    con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito. Così da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo.

    1Corinzi 2,4
    e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza.


    Tali conferme sono necessarie anche ai nostri giorni e il Signore non fa mancare i segni e le manifestazioni dello Spirito al fine di permettere alle nuove generazioni di poter accettare ciò che giova alla salvezza.
    [Modificato da Credente 29/11/2018 17:15]
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    03/02/2010 22:40
    [Modificato da Credente 29/11/2018 17:26]
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    03/02/2010 22:48
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    [Modificato da Credente 29/11/2018 17:31]
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    03/02/2010 22:51
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    [Modificato da Credente 29/11/2018 17:34]
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    03/02/2010 23:11

    Il Vaticano, la Chiesa copta e perfino il Governo egiziano
    si sono espressi favorevolmente sulla sua veridicità

    Su una Chiesa del Cairo, apparizione luminosa alla presenza di migliaia di persone.

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    La Diocesi di Giza rende noto che la Vergine Maria è apparsa in trasfigurazione presso la Chiesa a lei dedicata in Warraq al-Hadar, Giza, nelle prime ore di venerdì 11 dicembre 2009 alle 1.00 del mattino.
    La Santa Vergine è apparsa a figura intera con vesti luminose, sopra alla cupola centrale della chiesa, con un vestito bianchissimo e una cintura regale blu. Aveva una corona sulla testa al di sopra della quale appariva la croce posta sulla cupola centrale. Anche le croci sulle cupole della chiesa e della torre si sono illuminate di luce.
    La Santa Vergine si è mossa tra le cupole e sul cancello della chiesa tra le due torri gemelle. I residenti locali l'hanno vista. L'apparizione è durata dalle 1.00 di mattina fino alle 4.00 di mattina di venerdì ed è stata ripresa da macchine fotografiche e cellulari. Circa 3.000 persone del quartiere e delle aree circostanti e visitatori si sono affollati nella strada davanti alla chiesa per vedere l'apparizione.

    Da venerdì, la grande folla che si raduna nei pressi della chiesa ha potuto osservare colombe luminose sorvolare la chiesa a varie ore della notte e stelle apparire dal nulla nel cielo, viaggiare 200 metri e poi sparire. La grande folla radunata intorno alla chiesa non smette di cantare lodi e invocazioni alla Santa Vergine.

    Questa è una grande benedizione per la Chiesa e per tutti gli abitanti dell'Egitto.
    Possa la sua benedizione e intercessione far del bene a tutti noi.

    Firmato
    Anba Theodosius
    Bishop-General of Giza
    (In questa dichiarazione ufficiale della Diocesi, manca a mio avviso la giusta ed opportuna cautela prudenziale che la Chiesa usa in tutte le presunte apparizioni mariane, perchè dopo aver accertato che l'evento sia al di fuori del regolare svolgimento dei fenomeni naturali, occorrerebbe essere certi che si debba attribuire la figura osservata, proprio alla Vergine Maria. In ogni caso, l'imponenza del fenomeno stesso per durata e per essere stata filmata, fotografata e osservata da migliaia di persone, rende l'evento particolarmente interessante e rende molto attendibile la dichiarazione del vescovo.)


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    Il 2 aprile 1968, un riparatore di autobus musulmano ha visto qualcosa di strano sopra la chiesa copta di Nostra Signora di Zeitoun, in Egitto.

     

    L’uomo ha pensato che si trattasse di una persona con istinti suicidi, ma dopo aver guardato bene ha visto che era una silhouette di luce con le sembianze di una donna. Anche se l’apparizione è durata pochi minuti, ne è stato testimone un gran numero di persone.

    La settimana seguente il fatto si è ripetuto, ed è continuato due o tre volte a settimana per ben tre anni, fino al 1971. Molti hanno creduto che si trattasse della Vergine Maria vestita di luce.

    Il fenomeno si è verificato sopra una chiesa che secondo la tradizione è stata uno dei luoghi in cui la Sacra Famiglia è rimasta durante il suo soggiorno in Egitto.

    Persone di ogni credo, compresi musulmani e cristiani, sono state testimoni dell’apparizione. Il leader della Chiesa copta ha svolto un’indagine, dopo la quale l’ha dichiarata miracolosa e un caso di autentica apparizione della Vergine Maria.

    Nella città di Zeitoun c’era anche un ordine religioso cattolico romano che ha inviato un rapporto al Vaticano descrivendo dettagliatamente lo straordinario fenomeno.

     

    Anche se Papa Paolo VI ha lasciato al leader della Chiesa copta la possibilità di pronunciarsi pubblicamente, una missione vaticana si è recata al Cairo e ha elaborato un proprio rapporto. I membri della missione hanno assistito all’apparizione di luce e hanno scritto così in una dichiarazione formale:

    “Le apparizioni si sono verificate in molte notti diverse e continuano in vari modi. La Santissima Vergine Maria è apparsa a volte in modo completo e a volte come un busto, circondata da un alone di luce brillante. In certe occasioni la si vedeva nelle aperture delle volte sul tetto della chiesa, in altre fuori dalle cupole. Quando si è inginocchiata con reverenza davanti alla croce, questa ha brillato di una luce intensa. Agitando le Sue mani benedette e assentendo con la testa, Ella ha benedetto le persone che si erano riunite per osservare il miracolo. Appariva a volte con la forma di un corpo come una nube molto brillante, altre volte come una figura di luce preceduta da corpi celestiali a forma come di colombe che si muovevano a gran velocità. Le apparizioni sono andate avanti per lunghi periodi, anche di 2 ore e 15 minuti, come nel caso dell’alba di martedì 30 aprile 1968 (…), quando il fenomeno si è verificato in modo continuato dalle 2.45 alle 5.00”.

    Migliaia di persone di diverse denominazioni e religioni, egiziane e straniere, membri del clero e scienziati, di varie classi e professioni, hanno assistito alle apparizioni. La descrizione di ciascuna di esse in base al momento, all’ubicazione e alla configurazione coincide in tutti i testimoni, il che fa sì che questa apparizione sia unica e sublime.

    È stato anche descritto come l’apparizione abbia provocato una rinascita della fede cristiana e come si stessero verificando molte conversioni in città. Vicino al luogo dell’apparizione sono state inoltre registrate varie guarigioni.

    Anche il Governo egiziano ha indagato sul fatto. Il Presidente Gamal Abdel Nasser ha assistito egli stesso all’apparizione, e la Polizia egiziana non è riuscita a trovare alcuna spiegazione naturale per il fenomeno.

    Tutti, senza eccezione, sono rimasti stupefatti per quello a cui hanno assistito, e nessuno ha potuto offrire una spiegazione scientifica.

    Non c’è stato alcun messaggio particolare associato a questa apparizione mariana, che si è però verificata in un momento in cui il Medio Oriente era in una fase di agitazione e dopo che l’Egitto era stato sconfitto nella guerra arabo-israeliana. L’apparizione ha dato speranza alla gente in un momento di oscurità e ha rafforzato la fede di molti.

    Ecco alcuni video girati durante alcune di queste apparizioni







    Apparizioni a Zeitun 


    [Modificato da Credente 31/05/2019 12:52]
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    Coordin.
    03/02/2010 23:19
    Fenomeno solare a Medjugorie

    >
    [Modificato da Credente 29/11/2018 17:52]
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    Coordin.
    03/02/2010 23:22
    NATUZZA EVOLO




    [Modificato da Credente 29/11/2018 17:56]
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    Coordin.
    03/02/2010 23:28
    FENOMENO LUMINOSO A MEDJUGORIE

    [Modificato da Credente 06/02/2019 19:07]
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    Coordin.
    03/02/2010 23:50
    [Modificato da Credente 29/11/2018 17:59]
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    AmarDio
    12/02/2010 00:09

    Riportiamo il fatto documentato su un libro di V.Messori intitolato IL MIRACOLO, di un evento prodigioso così come viene riferito da Wikipedia:


    Il miracolo
    è un libro di
    Vittorio Messori. In questo libro Messori tratta di un miracolo che sarebbe avvenuto nella Spagna del XVII secolo, la cui veridicità sarebbe testimoniata dai numerosi documenti d'epoca citati: a un giovane contadino, Miguel Juan Pellicer, sarebbe ricomparsa la gamba che gli era stata amputata due anni e mezzo prima.


    Alla fine di luglio del
    1637 Miguel Juan Pellicer, ventenne nativo di Calanda in Aragona, si trova a Castellón, a circa 60 km da Valencia, dove lavora come contadino presso un suo zio. Mentre conduce un carro agricolo, cavalcando uno dei due muli che lo trainano, cade, probabilmente per un colpo di sonno, e la ruota del carro gli passa sulla gamba destra fratturandogli la tibia.

    Dopo aver ricevuto le prime cure a Castellón, il 3 agosto viene ricoverato all'ospedale di Valencia, dove rimane per cinque giorni; quindi decide di recarsi a Saragozza per farsi curare nell'ospedale dedicato alla Madonna del Pilar, alla quale è molto devoto. Il viaggio, lungo trecento chilometri, dura ben cinquanta giorni; al suo arrivo i medici constatano che la gamba è ormai in avanzato stato di cancrena e non resta altro da fare che amputarla. Alla metà di ottobre due maestri chirurghi, Juan de Estanga e Diego Millaruelo, eseguono l'intervento: la gamba viene tagliata quattro dita sotto il ginocchio e sepolta, secondo l'usanza del tempo, in un apposito settore del cimitero dell'ospedale. Il moncone viene cauterizzato a fuoco.

    Miguel Juan Pellicer rimane ricoverato per alcuni mesi, finché nella primavera del 1638 viene provvisto di gamba di legno e stampelle e dimesso. Per i due anni successivi si mantiene mendicando, provvisto di regolare permesso, presso il santuario del Pilar: durante questo periodo certamente lo vedono regolarmente un gran numero di cittadini di Saragozza. Periodicamente ritorna all'ospedale per farsi controllare e medicare dal dottor Estanga. Ogni sera chiede agli inservienti del santuario un po' dell'olio che arde nelle lampade sacre, e lo usa per ungere il moncone della gamba, nella convinzione di attirare così su di sé l'aiuto della Vergine.

    Nei primi mesi del 1640 Pellicer, ora ventitreenne, decide di ritornare a Calanda presso i genitori, e dopo un viaggio di circa una settimana vi giunge nella seconda settimana di Quaresima (tra il 4 e l'11 marzo). Non potendo aiutare nel lavoro dei campi, riprende il "mestiere" di mendicante girando ogni giorno per i paesi circonvicini a cavallo di un asino: molte altre persone così possono constatare la sua mutilazione.

    La sera del 29 marzo, alle dieci circa, Pellicer va a dormire: poiché il suo letto è occupato da un soldato di una guarnigione che quella notte sosta a Calanda, si corica su un giaciglio provvisorio allestito nella stanza dei suoi genitori. Tra le dieci e mezzo e le undici, sua madre entra nella stanza e vede due piedi spuntare dal mantello. Inizialmente pensa che il soldato e Miguel Juan si siano scambiati di posto, e chiama suo marito per chiarire il malinteso. Ma, scostando il mantello, i due coniugi esterrefatti constatano che si tratta proprio del loro figlio. Subito lo scuotono e gli urlano di svegliarsi: occorrono alcuni minuti perché Pellicer si risvegli da un sonno molto profondo e racconti di aver sognato che si trovava nel santuario del Pilar e stava ungendosi la gamba con l'olio benedetto, come molte volte aveva fatto. Tutti e tre sono subito concordi che la ricomparsa della gamba si deve certamente all'intercessione della Vergine del Pilar.

    La notizia del fatto si sparge immediatamente per Calanda: la mattina seguente il giudice del paese, assistito da due chirurghi, esamina Pellicer e stende un rapporto che invia subito ai suoi superiori. Il 1º aprile, domenica delle Palme, si reca sul posto don Marco Seguer, parroco di Mazaleón, paese distante una cinquantina di chilometri, accompagnato dal notaio reale Miguel Andréu: quest'ultimo stende un rogito nel quale verbalizza la testimonianza giurata di dieci persone.

    Il 25 aprile Pellicer e i suoi genitori si recano in pellegrinaggio a Saragozza, per ringraziare la Madonna del Pilar, e anche qui il giovane viene visto da numerosissime persone che lo avevano visto prima con una gamba sola: su richiesta delle autorità comunali si apre quindi un'inchiesta formale per accertare la veridicità del fatto. Il processo, presieduto dall'arcivescovo della città, si apre il 5 giugno e dura quasi un anno. Tutte le udienze sono pubbliche e non si registra alcuna voce di dissenso. Vengono verbalizzati ventiquattro testimoni, scelti come i più attendibili tra i moltissimi che hanno conosciuto Pellicer, sia a Calanda che a Saragozza.

    Il 27 aprile 1641, l'arcivescovo di Saragozza emana la sentenza, con la quale riconosce ufficialmente l'autenticità del miracolo. Alla fine di quell'anno Pellicer viene invitato anche alla corte di Madrid: il re Filippo IV si inginocchia davanti a lui e bacia la gamba miracolata.

    Una circostanza singolare che emerge dai resoconti è che la gamba ricomparsa appariva essere la stessa gamba che era stata amputata due anni e mezzo prima. La si riconosceva infatti da alcuni graffi e cicatrici preesistenti; inoltre all'ospedale di Saragozza si scavò la fossa in cui la gamba tagliata era stata sepolta, e la si trovò vuota.

    In appendice Messori riporta il parere di Landino Cugola, primario di chirurgia del Policlinico dell'Università di Verona e specialista in reimpianti d'arto. Cugola ha esaminato attentamente le testimonianze riportate nei verbali del processo, dalle quali risulta che la gamba appena ricomparsa era fredda e dura, le dita del piede contratte, il colorito livido, e Pellicer non vi si poteva ancora appoggiare e doveva camminare con le stampelle; nel giro di alcuni giorni la gamba riprese forza e calore e le dita si distesero. Inoltre la gamba era di alcuni centimetri più corta per la perdita di tessuto osseo causata dalla frattura, ma in circa tre mesi si riallungò fino a riacquistare la lunghezza originaria. Secondo Cugola, tutti questi fatti corrispondono perfettamente al normale decorso post-operatorio di una gamba reimpiantata (la ricrescita dell'osso normalmente viene aiutata mettendo l'arto in trazione; nel caso di Pellicer avvenne spontaneamente).

    I documenti [modifica]

    Nel libro Messori elenca e dettaglia i documenti dell'epoca che attesterebbero il "miracolo di Calanda". I principali:

    • il rogito steso dal notaio Andréu: il documento originale, sfuggito fortunosamente alle distruzioni della guerra civile spagnola, dal 1972 è esposto in una vetrina nell'ufficio del sindaco di Saragozza.
    • il verbale del processo di Saragozza: il documento originale, custodito per quasi tre secoli negli archivi del Capitolo di Saragozza, verso il 1930 fu prestato a un monaco benedettino francese, padre Lambert, che lo portò in Francia. Malauguratamente durante la Seconda guerra mondiale il Lambert fu ucciso dai tedeschi e non si sa che sorte abbia avuto il manoscritto. Prima della sua scomparsa, comunque, ne erano state pubblicate ben quattro edizioni a stampa, la prima delle quali, nel 1829, fu autenticata da due notai che ne certificarono l'esatta corrispondenza con il testo originale.
    • due copie autenticate del verbale del processo, stese lo stesso giorno dell'originale e firmate e bollate dagli stessi notai (in terminologia giuridica, due transunti notariali): una, conservata negli archivi del comune di Saragozza, bruciò in un incendio nel 1808, durante le guerre napoleoniche. L'altra invece, conservata negli archivi della Cattedrale del Pilar, è tuttora esistente.
    • il rapporto del giudice di Calanda, steso la mattina immediatamente dopo il fatto: non ci è pervenuto, ma esistono tracce documentali della sua esistenza.

    Altri documenti di minore rilevanza:

    • l'atto di battesimo di Miguel Juan Pellicer, il 25 marzo 1617.
    • la registrazione del suo ricovero all'ospedale di Valencia.
    • un opuscolo commissionato dal Capitolo del Pilar a un frate carmelitano, pubblicato in quello stesso anno 1641.
    • un altro libro pubblicato da un medico tedesco nel 1642; il padre gesuita che firmò l'imprimatur vi aggiunse una dichiarazione nella quale affermava di avere personalmente conosciuto il Pellicer prima con una gamba e poi con due.
    • il resoconto dell'udienza di Miguel Juan Pellicer alla corte di Madrid.
    • numerosi documenti che comprovano l'effettiva esistenza storica di molti dei personaggi della vicenda.

    Messori commenta:

    « La stragrande maggioranza dei fatti del passato (anche fra i maggiori) è attestata con assai minori certezze documentarie e garanzie ufficiali. È una constatazione oggettiva, non una rassicurazione apologetica »
    (pp. 136-137)

    Tentativi di spiegazione scientifica [modifica]

    Il libro di Messori ha naturalmente suscitato l'interesse anche di numerosi agnostici e razionalisti i quali, non ammettendo la possibilità che un miracolo possa essere accaduto, hanno cercato una spiegazione naturale dell'avvenimento di Calanda.

    Luigi Garlaschelli del CICAP ha avanzato l'ipotesi che Miguel Juan Pellicer fosse un "falso invalido" che nascondeva la gamba tenendola ripiegata dietro la coscia; scoperto dal soldato che dormiva in casa, avrebbe inscenato il miracolo per non dover ammettere l'inganno. Questa ipotesi richiede che i chirurghi e gli infermieri dell'ospedale di Saragozza che eseguirono l'amputazione e che testimoniarono al processo abbiano confuso Pellicer con qualcun altro: Garlaschelli sostiene che in un grande ospedale, con moltissimi pazienti ricoverati ogni giorno, è improbabile che i sanitari, dopo oltre due anni, si ricordassero di un paziente fra tanti. Questo argomento però non considera che Pellicer rimase lì ricoverato per circa sei mesi, durante i quali il personale che si occupava di lui dovette conoscerlo bene, e anche dopo ritornò più volte a farsi medicare. Inoltre occorre ammettere che delle migliaia di persone che visitavano quotidianamente il santuario del Pilar, e che per oltre due anni lo videro mendicare, nessuno si sia mai accorto del trucco. Ciò appare quanto mai improbabile se, come scrive Messori, Pellicer, secondo l'uso degli accattoni di allora, mendicava tenendo la gamba scoperta e la piaga bene in vista, per suscitare la pietà dei pellegrini.

    Un'altra ipotesi è quella dello scambio di persona, per cui Miguel Juan Pellicer sarebbe stato sostituito da una persona a lui somigliante: Garlaschelli suggerisce che potesse trattarsi di uno dei suoi fratelli (ne aveva sette ma, come Messori tiene a precisare, nessun gemello). Tuttavia, se si può ammettere che i testimoni di Saragozza possano essere stati ingannati dalla somiglianza, più difficile appare che possano essere caduti in errore gli abitanti di Calanda, un piccolo villaggio dove sicuramente tutti o quasi si conoscevano tra loro, e dove Pellicer aveva vissuto ininterrottamente fino all'età di circa vent'anni. Inoltre se uno dei suoi fratelli fosse scomparso da Calanda in coincidenza col miracolo, certamente la cosa sarebbe stata notata. E infine, il vero Pellicer, privo di una gamba, difficilmente avrebbe potuto nascondersi a Calanda o fuggire senza essere notato, quando la notizia del miracolo si era immediatamente diffusa in tutta la regione circostante.

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    AmarDio
    12/02/2010 15:01
    Gli occhi di Maria
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

    Gli occhi di Maria è un libro di Vittorio Messori e Rino Cammilleri, dove gli autori esaminano i fenomeni mariani avvenuti nel 1796, durante la campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte, quando numerose immagini mariane si "animarono", muovendo gli occhi, cambiando colore o mutando espressione.

    Italia, 1796: la campagna militare di Napoleone è in pieno svolgimento, contrassegnata da quel furore giacobino contro la Chiesa che la Francia aveva già conosciuto dal 1789 in poi. Avviene una sistematica spoliazione delle chiese: oggetti e arredi sacri vengono asportati, ma non mancano stragi di civili, frutto della feroce repressione che segue le tante "insorgenze" spontanee della popolazione.

    In questo clima di violenza, si verifica una straordinaria serie di eventi prodigiosi, localizzati in prevalenza nello Stato Pontificio. Gli episodi ritenuti miracolosi hanno inizio il 25 giugno 1796 ad Ancona. Nella cattedrale, dedicata a San Ciriaco, c’è un’immagine di Maria con gli occhi socchiusi: all’improvviso i fedeli si accorgono che le palpebre si alzano e si abbassano lentamente, c’è stupore e commozione, accorrono i canonici, arriveranno esperti per analizzare il fenomeno, che prosegue per mesi.

    Il 10 febbraio dell’anno seguente Napoleone entra in città, è al corrente di quel che succede, vuole esaminare il quadro: quando lo vede, prima impallidisce, poi vuole bruciarlo ma, cosa inconsueta per lui, cambia parere e ordina di coprirlo con un drappo. La cosa singolare è che movimenti degli occhi, prevalentemente in quadri mariani, cominciano a manifestarsi in luoghi sempre più numerosi, alla presenza di ogni tipo di persone, gente comune e studiosi, credenti e non: i presunti prodigi si protraggono per mesi, i dipinti vengono esaminati con scrupolo, vengono raccolte testimonianze dinanzi a notai, iniziano i processi rituali, che porteranno a riconoscimenti ufficiali da parte della Chiesa.

    I religiosi temono reazioni violente della popolazione, si adoperano per placare gli animi: i fenomeni non vengono sfruttati, come ci si potrebbe aspettare, per incitare alla rivolta, vengono anzi interpretati solo come un messaggio di Divina compartecipazione al dramma della gente vessata dai napoleonici. Lo sguardo di Maria sembra seguire con dolce benevolenza le preghiere, muovendosi verticalmente, quasi per presentarle al Cielo, ed anche orizzontalmente, come per abbracciare la folla. A Roma, capitale della Cristianità, si verifica il maggior numero di episodi, a partire dal 9 luglio 1796, quando si "animano" gli occhi della Madonna detta "dell’Archetto", in via San Marcello.

    Cammilleri ha ricostruito puntigliosamente l’elenco dei fenomeni, con date, luoghi e testimonianze, citando le fonti, in particolare la ricerca del professor Massimo Cattaneo. Messori ha fornito una possibile interpretazione di questa serie di prodigi, estendendendo il campo ad altre apparizioni mariane e ai possibili collegamenti con altri eventi storici: ne emerge una "teologia della storia" , ricca di rilievi e coincidenze sorprendenti .

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    AmarDio
    12/02/2010 15:20

    Miracolo del sole



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    Una copia fotostatica di una pagina della rivista Ilustração Portuguesa del 29 ottobre 1917, ritraente la folla che osserva il "miracolo del sole".



    Il miracolo del sole è un evento collegato, secondo la tradizione cattolica, alle apparizioni mariane della Madonna di Fatima nel 1917.


    A mezzogiorno del 13 ottobre 1917, un numero notevole di persone, chiamate a raccolta alla Cova da Iria, presso la cittadina portoghese di Fátima , da tre pastorelli, sostenne di aver visto il disco solare cambiare colore, dimensione e posizione per circa dieci minuti.


     

    Il racconto


    Antefatto


    Tre piccoli pastori, i fratelli Francisco e Giacinta Marto (9 e 7 anni) e la loro cugina Lucia dos Santos (10 anni), riferirono di aver visto apparire la Madonna il 13 maggio 1917, mentre erano al pascolo di Cova da Iria. I racconti di apparizioni mariane si susseguirono, e dopo alcuni mesi i ragazzini riferirono che la Madonna aveva promesso loro un evento prodigioso in occasione dell'ultimo appuntamento del 13 ottobre 1917, a riprova della veridicità dei loro racconti.


    La Cova da Iria


    Il 13 ottobre 1917 molte migliaia di persone, attirate anche dalla notevole rilevanza che la stampa portoghese aveva dato al fenomeno, si riunirono nella Cova. Nonostante la pioggia battente avesse reso la Cova un campo fangoso, la folla aveva raggiunto un numero elevato, che alcuni partecipanti stimarono tra i 30.000 e 100.000[1]. Erano presenti anche alcuni giornalisti, tra i quali Avelino de Almeida redattore capo di O Século, un quotidiano locale di Lisbona. Egli scrisse quindi un articolo il 15 ottobre, sulla prima pagina del suo giornale [2]:


    (PT)
    « COISAS ESPANTOSAS! COMO O SOL BAILOU AO MEIO DIA EM FÁTIMA

    [...] O sol nasce, mas o cariz do céu ameaça tormenta. As nuvens negras acastelam-se precisamente sobre as bandas de Fátima. [...] Pelas dez horas, o ceu tolda-se totalmente e não tardou que entrasse a chover a bom chover. [...] A criança afirma que a Senhora lhe falou mais uma vez, e o céu, ainda caliginoso, começa, de subito, a clarear no alto; a chuva pára e presente-se que o sol vae inundar de luz a paizagem. [...]
    A hora antiga' é a que regula para esta multidão, que calculos desapaixonados de pessoas cultas e de todo o ponto alheias ás influencias misticas computam em trinta ou quarenta mil creaturas... A manifestação miraculosa, o sinal visivel anunciado está prestes a produzir-se - asseguram muitos romeiros... E assiste-se então a um espectáculo unico e inacreditavel para quem não foi testemunha d'ele. Do cimo da estrada, onde se aglomeram os carros e se conservam muitas centenas de pessoas, a quem escasseou valor para se meter à terra barrenta, vê-se toda a imensa multidão voltar-se para o sol, que se mostra liberto de nuvens, no zenit. O astro lembra uma placa de prata fosca e é possivel fitar-lhe o disco sem o minimo esforço. Não queima, não cega. Dir-se-hia estar-se realisando um eclipse. Mas eis que um alarido colossal se levanta, e aos espectadores que se encontram mais perto se ouve gritar:

    - Milagre, milagre! Maravilha, maravilha! Aos olhos deslumbrados d'aquele povo, cuja atitude nos transporta aos tempos biblicos e que, palido de assombro, com a cabeça descoberta, encara o azul, o sol tremeu, o sol teve nunca vistos movimentos bruscos fóra de todas as leis cosmicas - o sol «bailou», segundo a tipica expressão dos camponeses. »
    (IT)
    « COSE FENOMENALI! COME IL SOLE BALLO' A MEZZOGIORNO A FATIMA

    [...] Il sole sorge, ma l'aspetto del cielo minaccia temporale. Nuvole nere si ammassano sulla folla di Fatima. [...] Alle dieci il cielo si oscura totalmente e non tarda a cadere una forte pioggia. [...] I fanciulli affermano che la la Signora aveva parlato loro ancora una volta, e il cielo, prima caliginoso, comincia da subito a schiarirsi in alto; la pioggia cessa e si presenta il sole che inonda di luce il paesaggio. [...]

    L'ora mattutina è la regola per questa moltitudine, che calcoli imparziali di persone colte e di tutto rispetto, punto rapite come per influenza mistica, contano in trenta o quaranta mila creature... La manifestazione miracolosa, il segno visibile annunciato sta per essere prodotto - assicurano molti pellegrini... E si assiste a uno spettacolo unico e incredibile per chi non fu testimone di esso. Dalla cima della strada, dove si ammassano i carri e sostano molte centinaia di persone, alle quali manca la voglia di mettersi nella terra fangosa, si vede tutta l'immensa moltitudine voltarsi verso il sole, che si mostra libero dalle nuvole, nello zenit. L'astro sembra un disco di argento scuro ed è possibile fissarlo senza il minimo sforzo. Non brucia, non acceca. Si direbbe realizzarsi un'eclissi. Ma ecco che un grido colossale si alza, e dagli spettatori che si trovano più vicini si ode gridare:

    "Miracolo, Miracolo! Meraviglia, meraviglia!" Agli occhi sbalorditi di quella folla, il cui atteggiamentoci riporta ai tempi biblici e che, pallida di sorpresa, con la testa scoperta, fissa l'azzurro (cielo), il sole tremò ed ebbe mai visti movimenti bruschi fuori da tutte le leggi cosmiche, il sole "ballò", secondo la tipica espressione dei contadini. »
    (Avelino de Almeida, "O Século", Lisboa (edição da manhã) 37 (l2.876) 15 Out. 1917, p.1 colonne 6-7; p.2 col.1)

    Avelino de Almeida ritornò sulla questione pochi giorni dopo dalle pagine della Ilustração Portuguesa, scrivendo in particolare:

      « Miracolo, come la gente gridò? Fenomeno naturale, come gli esperti dicono? Per il momento, questo non mi riguarda. Io dico solo ciò che vidi. Il resto è materia di scienza e Chiesa »
     
    (Avelino de Almeida, Ilustração Portuguesa del 29 ottobre 1917www.religion-cults.com/fatima/sun.htm " href="/#cite_note-2">[3])

    Altri racconti dell'evento:

      « Il sole, in un attimo circondato da una fiamma scarlatta, in un altro circondato da un'aureola gialla e porpora, sembrava avere un movimento eccessivamente veloce e roteante, talvolta apparendo disancorato dal cielo e avvicinantesi alla terra, irradiante un forte calore. »
     
    (Dr. Domingos Pinto Coelho, dal quotidiano cattolico Ordem[4])
      « All'una del pomeriggio, mezzogiorno secondo l'ora solare, la pioggia cessò. Il cielo, di colore grigio perlaceo, illuminò il vasto arido paesaggio con una strana luce. Il sole era come coperto da un velo trasparente cosicché gli occhi potevano facilmente fissarlo. Il colore grigio madreperla mutò in una tonalità di argento. Le nuvole si scostarono e il sole argentato, avvolto in una luce grigia, è stato visto ruotare e girare nel cerchio apertosi tra le nuvole [...] La luce mutò in un bel blu, come se fosso passata attraverso le finestre colorate di una cattedrale, e si stendeva sulla folla che era inginocchiata con le mani distese. [...] La gente piangeva e pregava con le teste scoperte, alla presenza del miracolo che avevano atteso. I secondi sembravano come ore da quanto erano intensi. »
     
    (Dal quotidiano lisbonese O dia del 17 ottobre 1917www.overcomeproblems.com/fatima.htm " href="/#cite_note-4">[5])
      « Improvvisamente udii il clamore di centinaia di voci e vidi che la folla si sparpagliava ai miei piedi[...] voltava la schiena al luogo dove, fino a quel momento, si era concentrata la sua attesa e guardava verso il sole dall'altro lato. Anche io mi sono rivolto verso il punto che richiamava lo sguardo di tutti e potei vedere il sole apparire come un disco chiarissimo, con i contorni nitidi, che splendeva senza offendere la vista. Non poteva essere confuso con il sole visto attraverso una nebbia (che non c'era in quel momento) perché non era né velato né attenuato. A Fatima esso manteneva la sua luce e il suo calore e si stagliava nel cielo con i suoi nitidi contorni, come un largo tavolo da gioco. La cosa più stupefacente era il poter contemplare il disco solare, per lungo tempo, brillante di luce e calore, senza ferirsi gli occhi o danneggiare la retina. [Durante questo tempo] il disco del sole non rimase immobile: aveva un movimento vertiginoso, [ma] non come lo scintillio di una stella in tutto il suo splendore, perché esso girava su se stesso in folli giravolte. Durante il fenomeno solare che ho appena descritto, avvenne anche un cambiamento di colore nell'atmosfera. Guardando verso il sole, ho notato che tutto stava diventando più scuro. Ho guardato prima gli oggetti più vicini e poi ho esteso il mio sguardo ai campi fino all'orizzonte. Vidi ogni cosa assumere il colore dell'ametista. Gli oggetti intorno a me, il cielo e l'atmosfera, erano dello stesso colore. Ogni cosa, sia vicina che lontana era cambiata, assumendo il colore di un vecchio damasco giallo. Sembrava che la gente soffrisse di itterizia e io ricordo di aver provato un senso di divertimento vedendo le persone sembrare così brutte e sgradevoli. La mia stessa mano era di tale colore. Poi, improvvisamente, si udì un clamore, un grido di angoscia prorompere da tutti. Il sole, roteando selvaggiamente, sembrò staccarsi all'improvviso dal firmamento e, rosso come sangue, avanzare minacciosamente verso la terra come per schiacciarci con il suo peso immenso e ardente. Durante quei momenti provai una sensazione veramente terribile. Tutti i fenomeni che ho descritto furono da me osservati in uno stato d'animo calmo e sereno, senza alcun disturbo emotivo. Interpretarli e spiegarli è compito di altri. Debbo dichiarare infine che mai, prima o dopo il 13 ottobre 1917, ho assistito a simili fenomeni atmosferici o solari.  »
     
    (José Maria Proença de Almeida Garrett, professore alla facoltà di Scienze naturali dell'università di Coimbraholyqueen.altervista.org/apparizioni_fatima_sole.htm " href="/#cite_note-5">[6])
      « Le nuvole si aprirono e il sole al suo zenit apparve in tutto il suo splendore. Iniziò a girare vertiginosamente sul suo asse, come il più magnifico fuoco d'artifcio che si possa immaginare, assumendo tutti i colori dell'arcobaleno e lanciando bagliori di luce multicolore. Questo sublime e incomparabile spettacolo, che si è ripetuto per tre volte, è durato per circa dieci minuti. L'immensa moltitudine, sopraffatta dall'evidenza di tale tremendo prodigio, si gettò in ginocchio. »
     
    (Manuel Nunes Formigão, sacerdote professore del seminario di Santarem[7])
      « Mi sento incapace di descrivere ciò che vidi. Guardai fissamente il sole che sembrava pallido e non feriva gli occhi. Sembrava una palla di sole girante su se stessa. Improvvisamente sembrava scendere a zig-zag minacciando la terra. Terrorizzato, corsi e mi nascosi tra la folla, la quale stava piangendo e aspettava la fine del mondo come imminente. »
     
    (Joaquim Maria Lourenço, che si trovava a Alburitel, 18 km da Fatima[8])

    Il riconoscimento della Chiesa Cattolica

    Il 13 ottobre 1930, col documento A Divina Providência, il vescovo di Leiria José Alves Correia da Silva dichiarò "degne di credito le visioni dei fanciulli nella Cova da Iria", autorizzando ufficialmente il culto della Madonna di Fatima col titolo di Nossa Senhora de Fátimawww.santuario-fatima.pt/portal/index.php?id=1311 " href="/#cite_note-8">[9]. Questo ha portato quindi anche al riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa Cattolica della "natura soprannaturale del miracolo del sole".


    [Modificato da Credente 16/08/2018 18:46]
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    AmarDio
    12/02/2010 15:27

    Miracolo eucaristico di Lanciano

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    Coordinate: 42°13′48″N 14°23′24″E / 42.230051, 14.389944

    Reliquie del miracolo eucaristico

    Il miracolo eucaristico di Lanciano secondo la tradizione sarebbe avvenuto nell'omonima cittadina intorno all'anno 700: mentre un sacerdote celebrava la messa, l'ostia e il vino consacrati si sarebbero trasformati in carne e sangue.

    Il santuario del miracolo eucaristico, gestito dai Frati Minori Conventuali, è oggetto di pellegrinaggio da parte di centinaia di migliaia di persone ogni anno.

    Indice

    Storia La tradizione colloca il fatto circa nel 700; basandosi su alcuni indizi storici, si può ipotizzare una data tra il 730 e il 750[1]. Si tratta quindi del più antico miracolo eucaristico tra quelli riconosciuti dalla Chiesa cattolica. La più antica documentazione scritta conosciuta, tuttavia, risale al 1586[2].

    Secondo il racconto tradizionale, un monaco basiliano, mentre celebrava la Messa nella chiesa dei Santi Legonziano e Domiziano, dubitò della presenza reale di Gesù nell'eucarestia. In quel momento l'ostia sarebbe divenuta carne ed il vino si sarebbe tramutato in sangue.

    Le reliquie [modifica]

    Le reliquie del miracolo sono oggi permanentemente esposte sull'altare della basilica di San Francesco in un artistico reliquiario che si compone di un ostensorio, che contiene l'ostia di carne, e di un calice di cristallo, che contiene i cinque grumi di sangue rappreso. L'ostia presenta un ampio foro centrale: si presume che esso si sia formato quando la carne, seccandosi, si ritirò, e non potendo restringersi poiché era stata inchiodata su una tavoletta (lo testimoniano i forellini dei chiodi, tuttora visibili), si lacerò nel mezzo.

    Nell'inverno 1970-71 e una seconda volta nel 1981 le reliquie sono state esaminate dal professor Odoardo Linoli, docente di anatomia patologica, che ha prelevato campioni dell'ostia e dei grumi e li ha sottoposti a diverse analisi scientifiche. Le sue conclusioni[3] sono state che l'ostia è costituita da vera carne umana e i grumi da vero sangue umano, entrambi di gruppo AB, lo stesso rilevato sulla sindone[4]. La carne è precisamente tessuto miocardico. Linoli non ha rilevato alcuna traccia di sostanze conservanti o mummificanti, per cui appare eccezionale in sé il fatto che la carne e il sangue, custoditi per secoli in un ambiente non sterile, si siano conservati perfettamente, sebbene non sia possibile escludere completamente la conservazione per cause naturali[5]. I risultati di Linoli sono stati confermati da Ruggero Bertelli, ordinario di anatomia umana[2].

    Un'altra singolare caratteristica delle reliquie fu osservata nel 1574: pesando i cinque grumi di sangue singolarmente, o tutti insieme, o a gruppi di due, tre o quattro, si ottenne sempre lo stesso peso. Il fatto fu considerato un'ulteriore conferma del miracolo eucaristico e riportato, tra l'altro, in un'epigrafe collocata nella basilica nel 1636 e tuttora esistente. Il presunto prodigio, tuttavia, non si è più ripetuto nelle successive pesature effettuate nel 1886 e da Linoli nel 1970: in entrambi i casi i cinque grumi sono risultati di pesi disuguali e il loro peso complessivo è risultato uguale alla somma dei cinque[2].

    Nuovi esami scientifici [modifica]

    Il caso interessò anche l'OMS che formò una commissione scientifica apposita. L'analisi durò 15 mesi, nei quali vennero compiuti circa 500 esami per verificare quelli di Linoli. Oltre ad essere confermati gli esami italiani, venne appurato con certezza scientifica che non vennero utilizzate sul pezzo di miocardio sostanze conservanti, antisettiche, antifermentative o mummificanti. I risultati della commissione medica vennero pubblicati a New York e a Ginevra nel 1976, senza pervenire a una spiegazione definitiva.[6]

    Immagini [modifica]

    Cliccare sulle immagini per ingrandirle e cliccare ancora una volta per leggere la documentazione medica sul miracolo:



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    Credente
    12/02/2010 21:15

    Miracolo eucaristico di Offida

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

    Chiesa di Sant'Agostino a Offida, dove si trovano le reliquie del miracolo eucaristico

    Il miracolo eucaristico di Offìda secondo la tradizione sarebbe avvenuto in realtà nella città di Lanciano (già nota per il più antico miracolo eucaristico del VII secolo), nel 1273: una donna, su invito di una fattucchiera cui si era rivolta, gettò un'Ostia consacrata sul fuoco, ma la particola si sarebbe trasformata in carne, da cui sarebbe sgorgato sangue abbondante; le reliquie sono ancora visibili nel santuario di Sant'Agostino di Offida

    Storia

    Secondo la tradizione, i fatti avvennero nel 1273, in una stalla del quartiere di Lancianovecchia: una donna chiamata Ricciarella, volendo riconquistare l'amore del marito, Giacomo Stasio, si rivolse ad una fattucchiera , che le consigliò di preparare una pozione cuocendo sul fuoco un'ostia consacrata. Ricciarella nascose l'ostia presa durante la messa; giunta nella stalla di casa sua, mise un coppo sul fuoco e vi pose dentro l'ostia che, improvvisamente, si sarebbe tramutata in carne e avrebbe cominciato a grondare sangue. La donna, terrorizzata, nascose tutto sotto un cumulo di paglia e corse a casa.

    Tuttavia Ricciarella non riuscì a tenere il segreto a lungo: allarmata anche da strani presagi (pare che il cavallo del marito rifiutasse di entrare nella stalla e si inginocchiasse sulla soglia), dopo pochi giorni confessò tutto al priore del convento agostiniano di Lanciano, fra Giacomo Diotallevi, che portò le reliquie in chiesa. Recatosi ad Offida nel 1280, portò con sé le reliquie, che attualmente si trovano in parte a Lanciano e in parte nel santuario di Sant'Agostino ad Offida, custodite in un'artistica croce d'argento dorato, appositamente realizzata da un orafo veneziano nel XIV secolo. Tuttora, nella cittadina marchigiana, si commemora l'evento ogni 3 maggio con una grande festa religiosa.

    Nel luogo dove era situata la stalla di Ricciarella, fu costruita una cappella, dedicata alla Santa Croce, tuttora esistente e visitabile. In questo luogo pochi anni fa sono stati riportati alcuni frammenti delle Sacre Reliquie.

    Testimonianze

    Tra i documenti che testimoniano l'evento, si conservano le bolle redatte da alcuni papi: Bonifacio VIII, Giulio II, Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Paolo IV, Pio IX, i quali concessero anche indulgenze particolari. Tra i doni votivi, ci sono anche due anelli pontifici, donati dai papi Pio II e Paolo II.[1]

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    12/02/2010 21:29
     

    Il miracolo Eucaristico di Trani

    (1000, Duomo)

     

    Nel 1000 circa, una donna ebrea, mescolatasi ai fedeli che assistevano alla Santa Messa in Duomo, ricevuta l'Ostia, anziché consumarla la portò a casa per schernire la fede dei cristiani nell'Eucaristia. Messa una padella con dell'olio sul fuoco, non appena questo cominciò a friggere, la donna vi immerse l'Ostia. A contatto con l'olio, improvvisamente, la particola si trasfor­mò in Carne da cui usciva sangue che non si rapprese subi­to. Presa da terrore, la donna, prima cercò di nascondere il fatto, poi, vinta dal rimorso, si mise a piangere. Alle sua urla accorse una gran folla. Del fatto prodigioso fu avvisato anche il Vescovo, che fece portare processionalmente i resti o del Miracolo in Duomo, dove è ancora visibile.

     

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    12/02/2010 21:30
    Il miracolo cucaristico di Ferrara
    (28 marzo 1171, Basilica di Santa Maria in Vado)

    Avvenne il 28 marzo 1171, giorno di Pasqua, durante la Santa Messa celebrata da Padre Pietro da Verona; prima della comunione, nello spezzare l'Ostia, da questa sprizzò un fiotto di sangue che andò ad aspergere la volticina bassa sopra l'altare, che è ancora visibilmente sporca di sangue.










    Il Miracolo Eucaristico di Alatri
    (1228, Cattedrale San Paolo Apostolo)

    Il fatto prodigioso si data fra la fine del 1227 e il 1228, una ragazza, poco più che adole­scente, addolorata per un amore non più cor­risposto, si rivolse ad una maga. Questa le promise che avrebbe riavuto l'amato se aves­se preso un'Ostia consacrata con cui lei avrebbe creato un filtro miracoloso. Una mattina, durante la Santa Messa, ricevuta l'Ostia anziché consumarla la portò a casa e la ripose in una credenza, non avendo il coraggio di portarla dalla maga. Presa dal dubbio se farlo o meno, dopo qualche giorno, riaprì il mobile: l'Ostia si era trasformata in Carne viva. I resti del miracolo sono ancora visibili.
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    12/02/2010 21:30
    I miracoli eucaristici di Firenze
    (30 dicembre 1230 e 24 marzo 1595, Chiesa di
    Sant 'Ambrogio):

    Il mattino del 30 dicembre 1230, un prete di nome Uguccione lasciò, dopo la comunione, non si sa bene per quale motivo, alcune gocce di Vino consacrato nel Calice. Prendendo in mano, lo stesso calice il giorno dopo, al posto del vino vi trovò Sangue vivo rappreso.

    Il 24 marzo 1595, Venerdì Santo, durante la celebrazione scoppiò un incendio nella Chiesa di Sant'Ambrogio, tutti si dettero da fare per salvare il Santissimo Sacramento, ma nella confusione la Pisside contenente le Ostie conservate per le comunioni degli infermi cadde a terra e ne uscirono sei particole che rotolarono nel fuoco. Spento l'incendio, si ritrovarono le sei particole completamente intatte, che sono ancora visibili.
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    12/02/2010 21:31
    Il miracolo eucaristico di Bolsena
    (1263, Duomo di Orvieto):

    Siamo nel 1263, un monaco alemanno dubi­tava se l'Ostia consacrata fosse il vero Corpo di Cristo e se il vino fosse il vero Sangue. Tuttavia, chiedeva costantemente a Dio di eliminare dall'anima quel dubbio. Un giorno, mentre celebrava la Santa Messa nel Castello di Bolsena, diocesi di Orvieto, tenendo l'Ostia sopra il calice, all'improvviso, la vide trasformarsi in vera Carne, aspersa a tal punto di Sangue (eccetto alcune parti­celle sotto le sue dita) da macchiare una benda che serviva per pulire il calice. Il sacerdote, stupito, cercava di coprire il prodigio sotto il corporale, ma le gocce di Sangue che continuavano a sgorgare bagnavano il sacro corporale con macchie a forma di uomo, ancora oggi custodito in un bellissimo reliquiaria, visibile nel Duomo di Orvieto.
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    12/02/2010 21:32
    Il miracolo eucaristico di Valvasone
    (1294, Chiesa del Sacratissimo Corpo di Cristo):

    Mentre un mattino del 1294 una donna stava lavando delle tovaglie della chiesa, improv­visamente, vide quella che stava strofinan­do, tingersi di Sangue. Smise di strofinare e si rese conto che il Sangue usciva da una partcola consacrata che era rimasta prigioniera tra le pieghe della tovaglia. La tovaglia macchiata di Sangue si conserva ancora nella Chiesa del Sacratissimo Corpo di Cristo.

    Il Miracolo Eucaristico di Cascia
    (1330, Basilica Santa Rita da Cascia)

    Un sacerdote, al quale era stato chiesto di amministrare i Santi Sacramenti ad un conta­dino infermo, prese dal tabernacolo una particola consacrata e la depose tra le pagine del Breviario. Al momento di dare la Comunione all'infermo si accorse che l'Ostia rosseggia­va di sangue vivo tanto da impregnare le due pagine del Breviario tra le quali si trovava. La pagina sulla quale era rimasta aderente la particola e che presenta una maggiore quantità di sangue dell'altra (anche se i segni dell'Ostia sono perfettamente combacianti con l'altra pagina), fu donata al convento di sant'Agostino di Cascia, mentre l'altra pagina si conserva a Perugia. Attualmente il miracolo eucaristico è venerato nella Basilica di Santa Rita.
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    12/02/2010 21:33
    Il Miracolo Eucaristico di Macerata
    (1356, Chiesa Cattedrale)

    Come a Lanciano e a Bolsena tra le mani di un prete dubbioso che celebrava la Santa Messa, al momento della frazione del pane, dall'Ostia cominciò a sgorgare Sangue vivo che per il tremore del celebrante cadde in parte nel calice, in parte sul lino sottostante, ancora visibile nella cattedrale di Macerata.

    Il Miracolo Eucaristico di Bagno di Romagna
    (1412, Basilica Santa Maria Assunta)

    Siamo nel 1412, quando un giorno, mentre Don Lazzaro celebra la Santa Messa, preso dal dubbio intorno alla reale presenza di Cristo nell'Eucaristia, vide il calice andare in ebollizione e spandersi Sangue vivo e palpitante fuori dal calice, al punto da inzuppare il suo corporale.
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    12/02/2010 21:34
    Il Miracolo Eucaristico di Torino
    (6 giugno 1453, Basilica Corpus Domini)

    Durante una della tante guerre che in quegli anni insanguinavano l'Italia, era stato sot­tratto l'Ostensorio con l'Ostia consacrata ad una chiesa parrocchiale e messo in un sacco. Il 6 giugno 1453 il ladro entrò a Torino in groppa ad un giumento che inciampò e cadde a terra facendo uscire dal sacco tutto ciò che l'uomo aveva rubato: improvvisamente l'Ostensorio si animò e si librò in cielo avvolto da un alone di luce che gli faceva da corona. La basilica del Corpus Domini fu costruita nel punto preciso in cui avvenne il miracolo, come ricordo perenne.

    Il Miracolo Eucaristico di Asti
    (25 luglio 1535, Chiesa San Secondo)

    Il mattino del 25 luglio 1535, durante la Messa celebrata nella chiesa di San Secondo al momento della frazione del pane dalla due parti dell'Ostia consacrata usciro­no gocce di Sangue che caddero sul calice e sulla patena tingendo anche le dita del celebrante. A differenza degli altri miracoli, dopo alcuni minuti, il tutto scomparve e, oggi, non abbiamo alcun segno visibi­le del prodigio.
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    Credente
    12/02/2010 21:34
    Il Miracolo Eucaristico di Morrovalle
    17 aprile 1560, Chiesa Bartolomeo Apostolo

    Come a Firenze nel 1595, il miracolo eucaristico di Morrovalle consiste nella perfetta conservazione di un’Ostia consacrata durante un incendio nella chiesa dove era conservata.


    Il Miracolo Eucaristico di Veroli
    (26 marzo 1570, Chiesa Sant’Erasmo)

    Per un'antica tradizione la sera di Pasqua nella chiesa di S. Erasmo a Veroli si proce­deva alla solenne esposizione del Santissimo: diversamen­te da oggi, allora, il Santissimo esposto non era ben visibile; poiché veniva chiuso in una piccola teca d'argento e depo­sto dentro un calice o pisside o patena. Verso le due della notte i fedeli iniziarono ad avere visioni di stelle, bam­bini e ostie.
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    Credente
    12/02/2010 21:36
    Il Miracolo Eucaristico di Siena
    (14 agosto 1750, Chiesa San Francesco)

    Il 14 agosto 1730, alcuni ladri rubarono dalla Chiesa Cattedrale di Siena tutte le par­ticole del Tabernacolo. Queste furono ritro­vate tutte perfettamente intatte nella cassetta delle offerte di un santuario vicino: Santa Maria in Provenzano, dopo averle ripulite dalla polvere e dalle ragnatele si notò che tutte le tre parti­cole si erano perfettamente mantenute nonostante fossero trascorsi alcuni giorni, ancora oggi le sacre ostie sono per­fettamente conservate e visibili.


    Il Miracolo Eucaristico di Patierno
    (27gennaio 1772, Chiesa di San Pietro)

    Anche qui le ostie furono rubate dal Tabernacolo della Chiesa Parrocchiale di San Pietro e ritrovate perfettamente conservate. Purtroppo, però, a differenza di Siena, esse non sono più visibili perché hanno subito un nuovo e più recente scem­pio: sono state di nuovo sottratte nel 1978 e non più ritrovate.

    Riprendendo le parole di Sant 'Agostino "chi vuol vivere, ha qui di che vivere" e come perfetta testimonianza e incarnazione di come l'Eucaristia sia presenza, rimedio e nutrimento concludiamo con alcuni cenni su chi visse d’Eucaristia. Tra i tanti santi e testimoni dell'Eucarestia ne sono stati scelti due: Alexandrina Maria da Costa e il Santo Curato d'Ars.

    COSI E’

    STORIA ED ELEVAZIONI SPIRITUALI SUL "MIRACOLO EUCARISTICO DI SIENA"

    ENRICO MEDI


    A CURA DEI FRATI MINORI CONVENTUALI CUSTODI DEL SANTUATIO DELLE SACRE PARTICOLE SIENA - PIAZZA SAN FRANCESCO, 6 TEL. 0577 289081 - FAX 0577 289458

    EDIZIONI «IL TESORO EUCARISTICO»

    Enrico Medi nasce a Porto Re­canati il 26 aprile 1911: suo pa­dre esercita nel paese la profes­sione di medico chirurgo. Fre­quenta le elementari nella scuola dell'allora Corso Vittorio Emanue­le III (oggi Corso Matteotti). Me­di è ancora giovanissimo quando lascia le sponde dell'Adriatico per approdare a Roma, dove, appena diciassettenne, entra nell'università laureandosi a 21 anni in fisica pura con Enrico Fermi.

    Libero docente di Fisica terrestre nel 1937, è chia­mato nel 1942 alla cattedra di fisica sperimentale del­l'Università di Palermo. La prima tesi al mondo sul neutrone è opera sua, così come le prime esperienze sul radar che raccolsero però l'ignorante supponenza delle autorità pubbliche del tempo. Anche i suoi studi sulle fasce ionizzanti dell'alta atmosfera subirono la stessa sorte.

    Nel 1946 Medi è eletto nell'Assemblea Costituente e successivamente è deputato al parlamento nella prima legislatura della Repubblica. Ma, come ricorda Federi­co Alessandrini, egli era un uomo che "mal si adattava al compromesso, alla concessione sistematica, alla reti­cenza.... preferì, dunque, ritirarsi per continuare un'a­zione volta a formare gli uomini... ".

    Già dal 1949 è direttore dell'Istituto Nazionale di Geofisica e titolare della cattedra di Fisica terrestre presso l'Università di Roma: nel 1958 è nominato Vice­Presidente dell'Euratom. Il suo nome divenne noto al grande pubblico soprattutto per i suoi interventi alla televisione. Con chiarezza e semplicità di espressione svolse un ruolo importante nel campo della divulgazio­ne scientifica e con grande successo personale il 21 Luglio 1969 commentò a tutti gli italiani lo sbarco sul­la Luna dell'astronauta Armstrong.

    Scienziato credente, offrì tutte le sue energie per l'avvento di una umanità migliore. Rivolse la sua opera soprattutto ai giovani, visti nella luce di un superiore modello: il Cristo.

    Ebbene, quest'uomo così impegnato fu a Siena nella spaziossisima (4000 mq.) Basilica di San Francesco, gremitissima, per parlare del Miracolo eucaristico, ver­so la fine del 1972. Nel Marzo 1973 la conferenza fu pubblicata con il titolo preso dall'omelia di Paolo VI al congresso eucaristico di Pisa Così è. Con essa il Tesoro eucaristico iniziò una nuova serie di quaderni di Spiritualità Eucaristica. Del Medi furono pubblicati postumi altri due quaderni della collana: Inno all'A­more 1975 e Punti di Luce 1976. La presente è la quinta edizione che pubblichiamo in occasione dell'an­no Eucaristico indetto dal Santo Padre Papa Giovanni Paolo II (7 Ottobre2004-7 Ottobre 2005) per aiutare le persone ad acquisire un amore forte alla SS. Euca­restia e far conoscere anche l'amore lineare e tutto cattolico, non privo di slanci poetici, di un fratello che ha vissuto e testimoniato la sua fede nell'Eucarestia in modo subblime al punto che quando passava davanti a una chiesa, e trovatala aperta, non poteva fare a meno di entrarvi per intratenersi a parlare con Gesù e quan­do invece passava con la macchina di corsa, vi man­dava l'angelo custode, pregandolo di tornare presto per non adare a sbattere (Così è, p. 46).

    Enrico Medi concluse la sua giornata terrena sul tramonto della domenica del 26 maggio 1974. Riposa nella tomba di famiglia, nel cimitero di Belvedere Ostrense.

    Il 26 maggio 1996 viene introdotta la causa di bea­tificazione. 

    LA STORIA

    Siena, che persino sulle sue monete d'oro si proclamava «vetus civitas Trtginis»;

    Siena, che dedicava lo splendido palazzo muni­cipale alla Madonna e lo chiamava «Palazzo di Maria»;

    Siena, che sulla soglia dell'incantevole duomo ha scritto: «Castissimum Virginis templum caste memento ingredi»...

    da Maria, primo tabernacolo vivente di Cristo, Figlio di Dio e Figlio suo, Siena ha ricevuto il do­no di un miracolo unico nella storia della Chiesa: miracolo che riguarda il più grande mistero di amore di Dio verso gli uomini: l'Eucaristia.

    Quel 15 agosto 1730, fu una tra le poche volte nella storia di Siena, che non si corse il Palio in Piazza del Campo.

    Si sarebbe dovuto fare onore alla Regina del Cielo e Patrona della Città, celebrando la sua As­sunzione al Cielo, ma troppo grave era stata l'of­fesa arrecata a Gesù con il rapimento delle SS. Particole e, per questo, era stato sospeso il festoso avvenimento.

    La vigilia dell'Assunta, infatti, nella tarda sera, ignoti malfattori avevano scassinato il tabernacolo della basilica di S. Francesco e asportato la pisside con 351 ostie consacrate.

    Nulla era stato più trovato.

    L'arcivescovo Alessandro Zondadari, colto da immensa tristezza, aveva offerto sé stesso in ripa­razione al Signore e indetto preghiere e penitenze.

    Solo la mattina del 17 agosto 1730, per puro caso, vennero rinvenute le Sacre Particole in una vecchia cassetta per elemosine nella chiesa di S. Maria in Provenzano.

    Con infinita cautela, alla presenza di autorevoli testimoni religiosi e civili, vennero raccolte e ac­curatamente esaminate provando in modo irrefu­tabile che si trattava di quelle rubate alla chiesa di S. Francesco.

    Il giorno 18, con solennissima processione, per mano stessa dell'arcivescovo vennero riportate nel­la basilica di S. Francesco alla presenza di tutto il popolo.

    La città di Siena innalzò al Signore la fervente preghiera, che si doveva rivelare poi quasi un vati­cinio, per «supplicarLo di non volerci più mai né in altra maniera lasciarci privi di Sé che è il No­stro Sommo Eterno Infinito Bene».

    Per circostanze che non ci sono note, quelle ostie consacrate non vennero consumate: una forza misteriosa trattenne i Religiosi Minori Conventuali dal distribuirle ai fedeli e dal consumarle essi stessi.

    Forse il pensiero del prodigio del ritrovamento, il fatto che sotto quelle apparenze specifiche tutto il popolo senese aveva adorato commosso il Signore, forse l'intensa commozione che provaro­no nel vederle tutte così raccolte insieme, spinse i Religiosi, figli di S. Francesco, a conservare intat­to quel Tesoro.

    Passati così circa cinquant'anni di quasi nascon­dimento, si cominciò a parlare di miracolo e co­minciarono le prime ricognizioni delle ostie sante.

    Esse si susseguono nel corso dei decenni, sem­pre compiute con infinito rispetto e assoluta scru­polosità, per garantire l'autenticità di esse e il loro perfetto stato di conservazione dal punto di vista fisico e organolettico.

    Troppo numerose sono state, in più di due se­coli, le ricognizioni effettuate sulle Sacre Particole. Quello che importa è la conoscenza esatta e scru­polosa del modo con cui hanno proceduto coloro che avevano tanto delicato incarico. Si tratta delle personalità più eminenti, ecclesiastiche e civili, che si mettevano al rischio di compiere un peccato gravissimo alterando in qualsiasi senso la verità oggettiva e controllata.

    I rapporti riguardanti le modalità di apertura della sacra pisside, la numerazione delle ostie, il numero di esse spezzate, il colore, l'odore ecc., sono stati fatti con una ricchezza di dettagli quasi esasperante.

    Ogni volta veniva data la S. Comunione a qual­che testimone particolarmente responsabile ed esperto per saggiarne il sapore o il minimo segno di corruzione.

    Per disposizione di S. Pio X fu fatto un accu­ratissimo esame fisico-chimico nel 1914, con i più sicuri criteri della scienza. D'altra parte, il consta­tare dal punto di vista dei sensi e delle indagini sensibili che si tratta ancora di vero pane non cor­rotto e non alterato, non è un arduo problema di scienza.

    Ritengo che le parole dell'insigne Professor Grimaldi possano bene riassumere tutto l'insieme delle analisi compiute. «Le SS. Particole non sono composte di pergamena animale o vegetale, di cel­luloide, di avorio o di carta; sono, invece, cialde o ostie di ordinarie dimensioni: di un color bianco paglierino, con disseminati alcuni evidenti frustoli cruscali, come se composte di farina di frumento grossolanamente stacciata. Sono lucide e liscie per la presenza di amido e di glutine, consistenti, con bordi netti, non sfrangiati, né smussati. Prive di tarli, di acari, di ragnateli, di muffe e di qualsiasi altro parassita animale e vegetale proprio della fa­rina di frumento e dei prodotti farinacei.

    «Niente perciò di più fragile e suscettibile di alterazione del tenue velo delle ostie di pane azzi­mo. Per loro natura sono indiscutibilmente il mas­simo, il non plus ultra dell'alterabilità. Infatti, la farina di frumento che - per la chimica sua com­posizione - assomma, in mirabile armonia, tutti i quattro principi alimentari: idrati di carbonio, so­stanze azotate, sostanze grasse e sostanze minerali, nonché il 10-12 per cento di acqua, sono per ec­cellenza il migliore terreno di coltura dei micror­ganismi, dei parassiti animali e vegetali, della fer­mentazione mentazione lattica e della fermentazione putrida, ed anche causa inevitabile di corruzione.

    Le SS. Particole di Siena pertanto sono in per­fetto stato di conservazione contro ogni legge fisi­ca e chimica, e nonostante le condizioni del tutto sfavorevoli in cui si sono venute a trovare. Un fe­nomeno eccezionale e straordinario.

    È strano, è sorprendente, è anormale: le leggi della natura si sono invertite: il vetro è diventato sede di muffe, il pane azzimo è stato invece più refrattario del cristallo».

    Scientificamente è certo che queste Particole a tutte le analisi si comportano come pane di grano; non manifestano in alcun modo il tempo in cui fu­rono confezionate; sono intatte esternamente e strutturalmente sia dal punto di vista chimico che fisico.

    In secondo luogo è certo, con la certezza della scienza sperimentale, che è impossibile la conser­vazione di pane a distanza di secoli e, particolar­mente, alle condizioni nelle quali sono venute a trovarsi le ostie sante di Siena.

    La tenuta dei vari ostensori e pissidi non era affatto stagna e tanto meno i contenitori non erano in condizioni di vuoto, cosa allora inimmaginabile. Quindi le ostie sono state sottoposte a tutte le azioni che potevano provenire dall'umidità e dagli altri agenti chimico-fisico-biologici.

    Dal punto di vista meccanico, con l'andare del tempo e con i continui spostamenti ed urti, come nel caso delle numerose processioni, e in dolorosi tentativi di profanazione, si sarebbero dovute fran­tumare e ridurre in minutissimi frammenti.

    Il fatto di essere in un numero così grande a contatto parziale le une con le altre, in taluni casi le superfici aderenti tanto da creare difficoltà per separarle, avrebbe dovuto facilitare la corruzione, la muffa, la dissoluzione dei tessuti organici.

    La storia garantisce la continuità assoluta del miracolo: sono sempre le stesse Particole del 14 agosto 1730.

    La conoscenza umana rimane in silenzio dinan­zi a questo fatto moltiplicato 223 volte, che si prolunga da oltre due secoli e mezzo, passato sot­to gli occhi di milioni di testimoni di ogni parte del mondo attraverso tutto questo tempo.

    E non solo non lo sa spiegare, ma sa con cer­tezza che non è possibile spiegarlo perché tutto si pone contro le leggi più note e semplici della na­tura. Quindi interviene una Causa che non è og­getto di esame della Scienza. Una Causa padrona della natura e dell'intimo operare delle cose, pa­drona dell'essere e della sostanza di esse: il Crea­tore.

    Questo intervento diretto di Dio, manifesta­mente da lui voluto, è il miracolo.

    Questa breve introduzione dovrebbe far com­prendere l'altezza, l'ampiezza e la profondità di tanto Prodigio.

    Non ne sono capace, ma prego con voi il Si­gnore che la sua grazia entri in ciascuno di noi anche servendosi di un mezzo tanto inefficace, lui che dalle cose misere sa trarre misteriosi e prezio­si doni.

    Volendo questa introduzione essere come una guida a meditare, ho pensato utile fissare prima l'attenzione sulla realtà e bellezza del mistero e del miracolo.

    Proprio per sgombrare le nostre menti da fan­tasmi di errori che oggi, in forma violenta e con­fusa, tendono a turbare l'intelligenza e la Fede. 

    [Modificato da Credente 13/08/2012 21:40]
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    Credente
    13/02/2010 23:30
    [Modificato da Credente 29/11/2018 18:00]
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    AmarDio
    16/02/2010 11:17

    Qualcuno si chiede:"Ma oggi, i miracoli e le guarigioni avvengono ancora? Ebbene si. Avvengono ancora. Occorre capire che la Chiesa prima di certificare un Miracolo o una Guarigione come tali, si avvale di una commissione scientifica di cui fanno parte vari medici, anche atei e di fedi religiose diverse da quella Cattolica. Ciò proprio perché bisogna avere la certezza del miracolo. E' un processo complesso e lungo. Infatti, proprio per questo motivo, nonostante ad esempio a Lourdes vi siano state oltre 7000 guarigioni la Chiesa non le ha riconosciute tutte e 7000, poiché non sono molti i miracolati e i guariti che vengono guariti o miracolati da Dio per l'intercessione della Vergine, che se la sentono di fare poi tutta questa lunga trafila che dura molto tempo (spesso anni) prima di arrivare al "verdetto" del fatto scientificamente inspiegabile (miracolo-guarigione).


    Che criteri bisogna rispettare per far sì che l'accaduto sia considerato miracolo?
    Bisogna che vi siano ben 7 condizioni:

    1. che la malattia sia grave, incurabile, o difficoltosa a trattarsi. 
    2. In secondo luogo bisogna che la malattia vinta non sia prossima alla guarigione o al punto da poter guarire spontaneamente.
    3. Occorre che nessun farmaco sia stato impiegato, o, se impiegato, che ne sia stata accertata la mancanza di effetti.
    4. bisogna che la guarigione avvenga all’improvviso ed istantaneamente
    5. è necessario che la guarigione sia perfetta, e non difettosa o parziale. 
    6. bisogna che ogni escrezione o crisi degne di nota siano avvenute a tempo debito, ragionevolmente in dipendenza di una causa accertata, precedentemente alla guarigione; in tale eventualità la guarigione non sarebbe da considerare prodigiosa, ma piuttosto, totalmente o parzialmente naturale. 
    7. bisogna che la malattia debellata non si riproduca

    Riportiamo alcuni casi tra quelli documentati:
    Guarigione della frattura della gamba
    La guarigione del fiammingo Pieter de Rudder, guarito nell'aprile del 1875, divenne celebre in seguito a uno scontro vivace che padre Agostino Gemelli ebbe con i medici dell'Associazione Sanitaria milanese, atei e anticlericali. Il frate, fondatore dell'Università Cattolica, studioso di medicina, buon parlatore, preparatissimo, difese efficacemente nei vari incontri i Miracoli di Lourdes, e in particolare quello di de Rudder.
    Quest’ultimo nacque a Jabbeke presso Ostenda, in Belgio, il 2 luglio 1822. Aveva 44 anni quando la sua gamba sinistra venne fracassata da un tronco di albero che gli fratturò la tibia e il perone nella parte superiore del polpaccio. Allora faceva il giardiniere del marchese Du Bus, il quale lo fece curare per sette anni, ma sempre inutilmente. La parte inferiore della gamba penzolava letteralmente come uno straccio ed era legata alla parte superiore solo dai tessuti molli. Il medico, dr. Boisserie, racconta circa la guarigione improvvisa del malato quanto segue: «II 7 aprile 1875 Pieter intraprese il suo pellegrinaggio al santuario fiammingo della Madonna di Lourdes a Oostakez vicino a Gent. Da otto anni riusciva a camminare a fatica con due grucce. Devoto della Vergine, mentre faceva la sua preghiera, si sentì guarito totalmente. La sera stessa dice il medico Pieter tornò indietro senza stampelle e ballando. Il giorno dopo camminò felicissimo, per varie ore». Il suo medico continua il racconto: «Mi recai subito a vederlo e ammetto che non credevo alla sua guarigione. Ma cosa trovai? Una gamba a cui non mancava niente e, se non avessi mai visitato in passato l'infelice, avrei certamente espresso l'opinione che la sua gamba non era mai stata rotta. Infatti passando le dita sull'angolo della sua tibia non si sentì la benché minima traccia di cabrosità».
    Dopo la sua guarigione Pieter de Rudder visse ancora per 29 anni, senza mai soffrire a causa della gamba. Attorno a questo fatto prodigioso si sviluppò una disputa appassionata fra moltissimi medici. La Commissione Diocesana, presieduta da S. Ecc. Mons. Gustave Waffelaert, nel luglio 1908, dichiarava la guarigione di Pieter «un miracolo riconosciuto dalla Chiesa ». Esso fu ritenuto una guarigione così straordinaria da esser posta sull'elenco dei miracoli di Lourdes, pur essendo compiuta fuori di Lourdes.

    Ora ci vedo
    Marie Birè nata l’8 ottobre 1866, nella Vandea, si sposò e diede alla vita sei figli, ma nel 1904 la colse una grande sventura: la morte di due figlioli. Il dolore la portò a una forte depressione, fino ad avere momenti d'incoscienza.
    Il 14 Febbraio la Biré «si scoprì cieca da ambedue gli occhi, paralizzata ad un piede e ad un braccio ed inoltre torturata da terribili dolori di testa, presentava ipertensione endocranica». Il suo medico diagnosticò: «cecità dovuta ad atrofia papillare bilaterale del nervo ottico» determinata da evidente interessamento della circolazione cerebrale. Il sistema visivo perciò era irreparabilmente danneggiato. Il 15 Agosto Marie Birè va a Lourdes, assiste alla Messa e riceve la comunione davanti alla grotta, a un certo momento riacquista la vista ed emette un grido: «Ora ci vedo!». Nell'Ufficio Medico viene visitata da parecchi medici oculisti, che constatano la guarigione e redigono il regolare verbale: «...si trattava di atrofia bianca del nervo ottico con origini cerebrali». Questa forma è considerata da ogni esperto come una delle più gravi e incurabili malattie degli occhi. In una seconda visita, in settembre, la Birè fu esaminata da tre oculisti medici e non furono trovate in Lei lesioni di sorta e la sua guarigione fu riconosciuta totale in quanto la Sua capacità visiva era tornata normale e acuta.
    La conclusione dei medici è stata questa: «II recupero improvviso della vista da parte di Marie Birè è del tutto inspiegabile dal punto di vista clinico». Dopo lo svolgimento del processo canonico il vescovo di Luçon, S. Ecc. Mons. Clovis Joseph Catteau, dichiarò con suo decretò del 30 luglio 1910 la guarigione di Birè come miracolosa.

    O muoio o torno a casa guarita
    Marie Thérès Canin, era nata nel 1910 presso Marsiglia; suo padre e sua madre erano morti di tubercolosi e due sorelle erano ricoverate in Casa di cura per lo stesso morbo. All'età di 24 anni si manifestarono in Marie i sintomi della tubercolosi ossea. Nel novembre 1936 una radiografia rivelò la presenza del morbo di Pott. La malattia fu trattata con raggi ultravioletti. A partire dal giugno 1944 i dolori all'addome divennero così forti che Marie dovette porsi a letto. Nel gennaio successivo subì due operazioni, con trapianto osseo al rachide ed all’articolazione sacro iliaca, ma con scarso esito, perché nel gennaio 47 i dolori all'addome ripresero violenti. Sullo stato di salute di Marie il suo medico scrisse: «L'infezione tubercolare si sviluppa nella zona peritoneale. Pur non essendovi paralisi, Marie non ha più la forza di muovere gli arti inferiori, nei quali si trovano edemi dolorosi...; i piedi si deformano in moncherini».
    Marie con un barlume di speranza si unisce al pellegrinaggio diocesano di Marsiglia del 6 ottobre 1947 per Lourdes e dice a tutti: «O muoio o torno a casa guarita». Il giovedì 9 ottobre mattina è portata alle piscine: nel pomeriggio prende parte, distesa in barella, alla processione eucaristica. Quello che accadde viene descritto dal dottor Olivieri, per molti anni presidente dell'Ufficio Medico di Lourdes: «Al ritorno dalla processione sentì di colpo la forza di alzarsi. Si sedette sul suo lettuccio, si mise le pantofole che da nove mesi non poteva portare. Si alzò, si vestì, e camminò senza difficoltà. Le ritornò un robusto appetito e cenò nell'ospedale di Notre Dame». Al ritorno si presentò al suo medico, il quale «constatò la totale scomparsa di tutte le manifestazioni delle malattie». La cartella clinica fu mandata alla Commissione Medica di Parigi, la quale riconobbe che «nessuna spiegazione naturale o scientifica era possibile trovare nella guarigione improvvisa di Marie Thérès Canin».
    L'arcivescovo di Marsiglia con decreto del 6 giugno 1952 dichiarava solennemente il carattere miracoloso di questa guarigione, che «deve essere ascritta ad un intervento speciale della Santissima Vergine Maria, l'Immacolata Madre di Dio».

    Un carico di malattie
    Maddalena Carini, nacque nel marzo 1917 in provincia di Pavia; la sua vita è stata un vero Calvario. Suo padre e due zie morirono di tubercolosi, sua madre di angina pectoris.
    < Sin da adolescente si manifestarono in lei le prime malattie: pleurite, faringite e infiammazione tubercolare alla colonna vertebrale. La diagnosi fu spondilite alla quarta e quinta vertebra dorsale che la obbligarono a lunghi ricoveri in sanatori, fino all’età di 20 anni. Le diagnosi erano catastrofiche.
    Maddalena nell’agosto 1948 va in pellegrinaggio a Lourdes e durante la festa dell'Assunta era in preghiera davanti alla Grotta, quando improvvisamente provò un senso di calore e un formicolio al petto, con forti palpitazioni e subito dopo provò una sensazione di benessere. Il gonfiore alla pancia era scomparso, come i dolori alla spina dorsale.
    Il suo medico, dottor Bonizzi, visitandola poteva scrivere: «Ci troviamo di fronte ad una "restitutio in integrum" totale e assoluta». Il 13 Aprile Maddalena si recò all'Ufficio Medico di Lourdes. Dalle visite l’Ufficio Medico riconobbe il carattere inspiegabile di questa guarigione che sottomise al giudizio del Comitato Medico Nazionale. Quest’ultimo decise nello stesso modo dell’Ufficio Medico, di fronte alla relazione del Dott. Lanos. Il parere fu emesso il 4 marzo 1951. La pratica trasmessa all’Arcivescovado di Milano.
    L'arcivescovo di Milano, Montini, con decreto del 2 giugno 1960, dichiarava a sua volta che la guarigione di Maddalena Carini era un «miracolo di Dio».

    Colpito da due tumori
    Nato nel marzo 1913 a Casale Monferraro, padre di cinque figli, Evasio Ganosa fu colpito alla fine del’49 da un linfogranuloma, (Morbo di Hodgkim) ossia un processo maligno che aggredisce i gangli linfatici. All'ospedale di Casale furono fatte al malato 22 trasfusioni di sangue e si tentò di trattare con radio i due tumori maligni che si trovavano nell'ascella sinistra, tuttavia il 5 Maggio 1950 secondo la diagnosi del suo medico, dottor Capra, Evasio Ganosa aveva ormai davanti a sé pochi mesi di vita.
    Evasio, affida le sue speranze di vita alla Madonna e colmo di fede va in treno con i malati a Lourdes. Il 2 giugno 1950 Evasio portato in carrozzella alle piscine è immerso nell'acqua. Al primo bagno sente come un grande calore che sembra percorrergli l'intero corpo. Gli pare che una corrente calda lo attraversi per intero. Senza l'aiuto di nessuno, ma tra la meraviglia di tutti, usce da solo dalla piscina e torna da solo all'ospedale.
    Qui Il dottor Visetti può subito dichiarare, come teste oculare, che in Evasio era «scomparsa la febbre e la astenia, e così il gonfiore delle linfoghiandole». In un pellegrinaggio del 54 Evasio si presenta all'Ufficio Medico di Lourdes, che conferma la dichiarazione del dottor Visetti. Nel febbraio 1955 il Comitato Internazionale di Parigi conferma i pareri già dati sulla guarigione improvvisa del Ganosa e dichiara l'opportunità di «sottoporre questo caso alle autorità ecclesiastiche».
    Questo attestato viene firmato da 25 medici. Il vescovo di Casale Monferrato, S. Ecc. Mons. Agrisani, sentito il voto favorevole della Commissione Diocesana, dichiarava con suo decreto del maggio 1955 che «la guarigione di Evasio Ganosa è miracolosa».

    Sclerosi multipla ed emiplegia
    Fratel Leo Schwager, nato nel 1924 nella Svizzera tedesca, è un esempio tipico di guarigione eucaristica di Lourdes. Nella sua infanzia e adolescenza Leo ha avuto numerosi incidenti traumatici, tuttavia a ventun anni entrò in una comunità di Benedettini perché voleva dedicarsi al mondo missionario. Ben presto si rivelarono i sintomi della sclerosi multipla e nel dicembre 1950 i superiori lo ammisero ugualmente ai voti, come professo provvisorio.
    Lo stato di salute di fra Leo nel 1951 peggiorò, alla sclerosi si aggiunse l'afasia e l’emiplegia o paralisi di metà corpo. Nell’aprile del 1952 si recò a Lourdes con il pellegrinaggio di Friburgo. Il 30 aprile, nel pomeriggio, alla processione eucaristica, egli si accorse che ogni disturbo era scomparso. È lo stesso fra Leo che racconta: «I pellegrini cantavano Parce Domine». Io dicevo al Signore: «Sia fatta la tua Volontà». Il celebrante disegnò su di me una grande croce. A questo punto una specie di fulmine attraversò il mio corpo dalla testa ai piedi, come fosse una scossa elettrica. Era la fine? No, m'inginocchiai davanti alla carrozzella, ben diritto con le mani giunte. Come ciò avvenne, non lo so. Ma di colpo seppi di essere guarito. Non sentivo più nessun dolore e nelle mie membra, che pochi secondi prima erano paralizzate e flaccide, c'era di nuovo la forza. Recitai il Magnificat e, finita la processione, mi alzai senza alcun aiuto e sostegno. La folla mi circondò e venuto il medico del nostro pellegrinaggio andai con lui perfettamente sano e senza dolori, camminando fino all'asilo».
    Il giorno dopo fratel Leo fu interrogato dall'Ufficio Medico e negli anni successivi fu sottoposto a altri esami. Il 15 aprile 1959 il Comitato di Parigi dichiarava, dopo una relazione del Prof. Thébaut, che «Le condizioni nelle quali la guarigione avvenne restano del tutto inspiegabili per la medicina».
    Il vescovo di Friburgo, Francois Charrière, con suo Decreto del 18 dicembre 1960, da leggersi in tutte le chiese, dichiarava: «La guarigione di fratel Leo Schwager O.S.B. … è un miracolo».

    Tubercolosi ossea
    Elisa Aloi nasce a Patti nel novembre del 1931 da genitori condannati a morte prematura: il padre per TBC e la madre per difetto cardiaco.
    Elisa aveva quasi 17 anni quando la tubercolosi sviluppò i suoi focolai al ginocchio destro, al femore destro, alla 12ma vertebra e altrove, oltre a provocale anemia e numerose fìstole purulente.
    Il certificato del suo medico, nel maggio del’58, confermava il drammatico stato di salute della giovane. «Gli arti, dice il professor Di Cesare, sono completamente paralizzati. I movimenti di piegamento dei piedi, delle ginocchia e dei femori sono impossibili. Lo stato di salute generale è molto cattivo. Durante il suo ricovero ospedaliero nessuna prescrizione ottenne un risultato».
    Dal 4 al 13 giugno 1959 Elisa partecipa al pellegrinaggio a Lourdes I1 medico, che accompagna i pellegrini malati, in merito a Elisa scrive: «Durante il viaggio ed i primi due giorni di soggiorno all'asilo, gli ascessi si sono aperti in superficie ed hanno secreto un liquido verdastro e maleodorante. Su richiesta della malata questi ascessi sono stati trattati con acqua di Lourdes, che le è stata anche iniettata sotto la pelle. Il terzo giorno dalle fistole non usciva più nessun liquido. La malata cominciò a sentirsi meglio e poiché riusciva a muovere le dita dei piedi, voleva togliersi il gesso, ma io lo vietai. Preferii lasciare questa decisione al medico, da cui era stata curata a Messina».
    Il medico curante la rivide al suo ritorno e la controllò, fornendo poi questa dichiarazione: «La signorina Elisa è ritornata da Lourdes perfettamente guarita e si sente così bene che non è quasi possibile credere che si tratti della stessa persona, che era riconosciuta qui in condizioni disperate. Io confermo che Elisa Aloi è perfettamente guarita».
    II caso di Elisa Aloi fu esaminato dal Comitato di Parigi e la guarigione fu dichiarata «medicamente inspiegabile». Il vescovo di Messina, Francesco Fascia, dopo sentito il voto favorevole della Commissione Diocesana, in data 26 maggio 1965 dichiarava con Decreto: «La guarigione di Elisa Aloi, avvenuta il 5 giugno 1965, è miracolosa».

    Tumore maligno
    Delizia Cirolli, vé nata il 17 Novembre 1964 a Paternò presso Catania. Nel Marzo del 1976 ha delle difficoltà nella deambulazione a causa di una tumefazione dolorosa del ginocchio destro. Fu all'inizio curato dai genitori come cosa di poca importanza, ma nel maggio del 1976, visto che il dolore non passava la bambina viene ricoverata nella clinica ortopedica dell'Università di Catania e alla luce di varie radiografie si giunge a una diagnosi chiara, confermata dagli esami istologici: Delizia è affetta da tumore osseo maligno, un sarcoma alla parte superiore della tibia. I medici si trovano davanti alla decisione se amputare subito la gamba o tentare di rallentare la diffusione della metastasi. Le possibilità di guarigione completa sono in ogni caso inesistenti.
    I genitori decidono di evitare ogni operazione alla figliola nonostante l’aspettativa data alla fanciulla di ancora circa un anno di vita. Nell’estate del 1976, grazie alla generosità dei suoi amici e parenti Delizia partecipò ad un pellegrinaggio a Lourdes, dal quale ritornò stanchissima e senza alcun sollievo. Ma la fanciulla caparbiamente continua a pregare, mentre sua madre sta già cucendo il lenzuolo funebre: era in lei morta ogni speranza.
    Nel Natale del’76, quando le condizioni di Delizia sono oramai disperate e la sua vita si sta spegnendo, la guarigione arriva improvvisa. La fanciulla può muovere la gamba; può camminare e di lì a poco può riprendere la scuola. è guarita! I medici, e più tardi l'Ufficio Medico di Lourdes, diranno: «La guarigione di Delizia Cirolli... è un fenomeno assolutamente straordinario..., in contrasto con ogni previsione medica. Essa rimane inspiegabile».
    Il Comitato Internazionale di Parigi nel settembre dell'82 dava la stessa risposta: «La guarigione da una formazione maligna alla tibia contraddice in senso stretto ogni previsione medica e resta perciò inspiegabile».
    L'arcivescovo di Catania, monsignor Luigi Bommarito, con suo Decreto del 28 giugno 1989 confermava solennemente il carattere miracoloso della guarigione di Delizia Cirolli esortando i fedeli della sua Diocesi a rendere grazie per questo dono di Dio alla sua Chiesa e precisando che esso era stato ottenuto per l’intercessione della Vergine Maria in risposta alla richiesta del cuore dagli uomini.

    Sarcoma guarito
    Vittorio Micheli è nato in provincia di Trento il 6 febbraio del 1940. Mentre prestava servizio militare negli Alpini, fu ricoverato all’Ospedale militare di Verona per diagnosi e cura di una malattia misteriosa all’anca sinistra. Le radiografie confermano la decomposizione della struttura ossea, che aveva colpito la metà inferiore dell'ala iliaca e parte del femore. Fu diagnosticato un sarcoma dell’anca che si sviluppò con impressionante velocità anche nella metà sinistra del bacino la quale, dopo un breve tempo, risultava «quasi completamente distrutta».
    Vittorio stimolato dalla fede e dalla speranza, decise di partecipare al pellegrinaggio militare a Lourdes dal 24 maggio al 6 giugno 1963. Il certificato medico redatto in quell'occasione diceva: «Non c'è più nessun elemento scheletrico nelle parti inferiori del bacino, ma solo una massa riforme di consistenza pastosa. Il malato è impossibilitato a fare qualsiasi movimento con la gamba sinistra».
    Vittorio fu immerso nelle piscine con il suo gesso e dopo un bagno provò un senso di fame e si senti guarito. Furono subito interrotte le medicine antidolorifiche e ogni altro medicamento. Al ritorno fu di nuovo ricoverato all'ospedale per controlli. Le varie radiografie dimostrarono il processo di ricostituzione delle parti ossee distrutte.
    Il medico militare, dottor Cindolo, dopo il pellegrinaggio scrisse quanto segue: «Io dichiaro in scienza e coscienza: ho accolto nel mio reparto l'alpino Vittorio Micheli, colpito da sarcoma all'osso sinistro del bacino e l'ho curato nel periodo tra il 1962 e il 1964 senza alcun trattamento antimicotico... Nel giugno 1963 Vittorio lasciò le grucce, poi il bastone e infine cominciò a camminare senza alcun sostegno».
    Sia l'Ufficio Medico di Lourdes, come il Comitato Internazionale di Parigi esaminarono il caso Micheli e riconobbero all'unanimità che «il tumore era un sarcoma da cui improvvisamente senza alcun trattamento il Micheli guarì. è inutile cercare una spiegazione medica per questa guarigione, non ce n'è alcuna».
    L'arcivescovo di Trento, mons. Alessandro Gottardi, avuta l’approvazione dalla Commissione Diocesana dichiarava il 26 maggio 1976: «La guarigione di Vittorio Micheli... è un miracolo straordinario di Dio, operato per l'intercessione della Beata Vergine Maria».

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     Tutti i fatti di guarigione-miracoli di cui qui di seguito vengono forniti i collegamenti, sono stati tutti riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa Cattolica.


    Per visualizzare la pagina che rimandano alle storie dei miracolati occorre cliccare il seguente collegamento:
     http://paperino.altervista.org/LOURDES/guarigioni%20home%20page.htm
    :
     
    1. Guarigione della Signora Catherine Latapie
    2. Guarigione di Louis Bouriette
    3. Guarigione della Signora Blaisette Cazenave
    4. Guarigione di Henri Bosquet
    5. Guarigione di Justin Bouhort
    6. Guarigione della Signora Madeleine Rizan
    7. Guarigione di Marie Moreau
    8. Guarigione di Pierre De Rudder
    9. Guarigione di Joachime Dehant
    10. Guarigione di Elisa Seisson
    11. Guarigione di Suor Eugénia (Marie Mabielle)
    12. Guarigione di Suor Julienne (Aline Bruyère)
    13. Guarigione di Suor Josephine Marie (Anne Jourdain)
    14. Guarigione di Amelie Chagnon
    15. Guarigione di Clementine Trouvé
    16. Guarigione di Marie Lebranchu
    17. Guarigione di Marie Lemarchand
    18. Guarigione di Elisa Lesage
    19. Guarigione di Suor Marie De La Presentation (Sylvanie Delporte)
    20. Guarigione di Don Cirette
    21. Guarigione di Aurélie Huprelle
    22. Guarigione di Esther Brachmann
    23. Guarigione di Jeanne Tulasne
    24. Guarigione di Clementine Malot
    25. Guarigione della Signora Rose Francois
    26. Guarigione del Reverendo Padre Salvator
    27. Guarigione di Suor Maximilien
    28. Guarigione di Marie Savoyne
    29. Guarigione della Signora Johanna Bezenac
    30. Guarigione di Suor Saint Hilarie (Lucie Jupin)
    31. Guarigione di Suor Sainte Beatrix (Rosalie Vildier)
    32. Guarigione di Marie-Thérèse Noblet
    33. Guarigione di Cecile Douville De Franssu
    34. Guarigione di Antonia Moulin
    35. Guarigione di Marie Borel
    36. Guarigione di Virginie Haudeborg
    37. Guarigione della Signora Marie Biré
    38. Guarigione di Aimée Allope
    39. Guarigione di Juliette Orion
    40. Guarigione della Signora Marie Fabre
    41. Guarigione di Henriette Bressolles
    42. Guarigione di Lydia Brosse
    43. Guarigione di Suor Marie Marguerite (Francoise Capitaine)
    44. Guarigione di Louise Jamain
    45. Guarigione di Francis Pascal
    46. Guarigione di Gabrielle Clauzel
    47. Guarigione di Yvonne Fournier
    48. Guarigione della Signora Rose Martin
    49. Guarigione della Signora Jeanne Gestas
    50. Guarigione di Marie-Thérèse Canin
    51. Guarigione di Maddalena Carini
    52. Guarigione di Jeanne Frétel
    53. Guarigione di Théa Angele
    54. Guarigione di Evasio Ganora
    55. Guarigione di Edeltraud Fulda
    56. Guarigione di Paul Pellegrin
    57. Guarigione di Fratel Léo Schwager
    58. Guarigione della Signora Alice Couteault
    59. Guarigione di Marie Bigot
    60. Guarigione della Signora Ginette Nouvel
    61. Guarigione di Elisa Aloi
    62. Guarigione di Juliette Tamburini
    63. Guarigione di Vittorio Micheli
    64. Guarigione di Serge Perrin
    65. Guarigione di Delizia Cirolli
    66. Guarigione di Jean-Pierre Bély
    67. Guarigione di Anna Santaniello
    [Modificato da Credente 09/06/2012 23:56]
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    Credente
    19/02/2010 13:47
    Marthe Robin

    Marthe Robin nacque a Chateauneuf-de-Galaure, in Francia, il 13 marzo 1902. Crebbe in una modesta famiglia di contadini, di cui lei era la sesta ed ultima figlia.

    Collaborò anche lei fin da giovanissima al lavoro in famiglia portando al pascolo il bestiame. Marthe ebbe una passione precoce per la preghiera e fin da bambina piccola si rivolgeva a Dio come a un padre e alla Madonna come a una madre. Era graziosa, allegra e come altre sue coetanee amava andare a ballare nei giorni di festa.

    Il 25 novembre 1918 per effetto di una grave forma di encefalite, cadde nella cucina di casa. Rimase paralizzata per qualche anno, fino alla prima apparizione della Vergine avvenuta il 25 marzo 1921, quando iniziò a riacquistare gradualmente l’uso delle gambe.

    Cinque anni più tardi, a causa del lento progredire del male, le condizioni di Marthe si erano nuovamente aggravate tanto che ad un certo momento si ritenne fosse giunta la sua ultima ora e così le venne data l’estrema unzione. Ma dopo tre settimane di coma si risvegliò raccontando di aver ricevuto per tre volte la visita di Santa Teresa di Lisieux, che le aveva rivelato che avrebbe continuato a vivere per portare avanti una missione nel mondo.

    Marthe accettò umilmente tutto quello che Gesù le chiedeva, il che renderà la sua vita ancora più difficile e straordinaria:

    • inizialmente verrà colpita da una paralisi totale, che le impedirà ogni movimento.
    • Dal 1928 non poté più mangiare, per ben 53 anni solo l'ostia consacrata la tenne in vita.
    • Il 2 febbraio 1929 perse anche l’uso delle mani e dovette imparare a scrivere servendosi della bocca.

    I medici non sapevano che fare. Non riuscivano a capire l’origine dei suoi sintomi né tantomeno come potesse sopravvivere senza mangiare né bere.

    Dal 2 ottobre 1930, primo venerdì del mese, Marthe inizia a ricevere i segni della passione di Gesù: le stimmate apparvero sulle sue mani e sui piedi, mentre sulla fronte i segni della corona di spine.
    Da quel momento, ogni venerdì, rivivrà questi momenti, divenendo una cosa sola con Gesù.

    Il Signore promise di inviarle un sacerdote illuminato per aiutarla a realizzare la missione alla quale era destinata: creare dei luoghi di preghiera e carità destinati a diffondersi in tutto il mondo. Di lì a poco arriverà il giovane abate Finet, che Marthe riconosce per averlo visto nelle sue visioni. Insieme a lui realizzerà i "Foyers de Charité".

    Marthe aveva il dono del consiglio e quello di leggere nei cuori, grazie ai quali aiutò molte persone, laici e religiosi, a risolvere difficili questioni spirituali. Marthe riuscì a curare, attraverso l’intercessione della Madonna, molte persone. Quando ricevette le stigmate la gente iniziò ad arrivare numerosa da ogni parte della Francia per vederla. Talvolta incontrava più di 60 persone al giorno e nonostante le sue sofferenze manteneva la sua abituale giovialità e il suo sorriso mentre ascoltava, rasserenava, convertiva. Riceveva lettere da tutto il mondo, erano tutte richieste di aiuto da parte di persone di ogni età.

    Il filosofo Jean Guitton andò da lei ben quaranta volte. Rimase colpito da questa umile contadina che malgrado non fosse mai uscita dalla sua fattoria sapeva illuminare e aiutare gente semplice e dotti uomini di cultura e di scienza. Marthe aveva il dono della veggenza, conosceva le cose lontane e quelle future, aveva una infinita capacità di donare amore e prendere su di sé i mali altrui.

    Marthe Robin morì il 6 Febbraio 1981.

    Il 1 novembre 1986 è stato emanato il decreto di riconoscimento dell’Opera dei Foyers de Charité. Nel 1996 si è conclusa dopo 5 anni l’inchiesta diocesana per la beatificazione di Marthe Robin voluta dal vescovo locale Monsignor Marchand. L’incartamento è stato trasmesso ed è attualmente all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi.

    Marthe era semplice.... Quello che prevaleva in Marthe era la sua capacità di sacrificio, a imitazione di Cristo.... Con parole semplici suscitava in noi una di quelle emozioni rare, improvvise, dolci, un po' malinconiche e tuttavia radiose, che vi rendono consapevoli del vostro destino. (Jean Guitton - Prefazione a "Il viaggio immobile").

    Quello che risalta in modo particolare nella vita di Marta è il fatto che essa CIBANDOSI DELLA SOLA EUCARESTIA, e di nient'altro, per 53 anni, è rimasta in vita confermando la natura soprannaturale dell'Eucarestia. Un fatto inspiegabile per la scienza. Umanamente si può sopravvivere senza mangiare, solo bevendo, per alcune settimane. Mentre in questo caso eccezionale, si è mantenuta in costante digiuno per oltre cinquanta anni. Qualcosa di impossibile senza una spiegazione che faccia riferimento ad un intervento che superi le leggi della natura.

    Questo stesso tipo di prodigio si è manifestato in modo analogo anche a qualche altra persona.
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    +++ Il segreto della donna che visse di sola Eucaristia +++

Una donna che vive per 50 anni solo di comunione Eucaristica, tra l’altro non ricevuta tutti i giorni, desta sicuramente curiosità. Ma dietro questo fatto straordinario, nella vita di Marthe Robin c’è ben di più, c’è un nucleo di grandezza che non si radica in fenomeni “strani”, ma nel mistero stesso della comunione mistica con Cristo. È questa vita nascosta in Dio che costituisce la grandezza di questa piccola donna che ha fatto di recente un nuovo passo verso la canonizzazione quando, il 7 novembre 2014, papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sull’eroicità delle sue virtù.

Per guardare la realtà oltre i fenomeni, ci siamo rivolti a don Paolo Morocutti, teologo che conosce da vicino la vicenda teologica della mistica francese. Il sacerdote esperto anche della teologia di santa Caterina da Siena, collabora attraverso la predicazione di ritiri di approfondimento con l’opera dei Foyer de la Charité fondata da Marthe Robin.

Don Paolo Morocutti è inoltre Assistente Ecclesiastico della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, docente di teologia fondamentale all’Università Cattolica e di teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana. Consultore ad casum della Congregazione delle Cause dei Santi.

***

Chi ha sentito parlare di Marthe Robin, in genere la associa a “estreme” esperienze mistiche, come quella di non aver mangiato per 50 anni, vivendo solo di Eucaristia. Da persona vicina ai Foyer, come presenterebbe Marthe Robin?
  Se la vogliamo definire dobbiamo partire da un evento accaduto nel 1930 in cui Marthe vede Cristo che le pone una domanda ben precisa: “Vuoi essere come me?”. La risposta è: “Il mio io sei tu”. Questo mi sembra fondamentale. Questa è Marthe Robin. È la decisione umana di essere come Cristo, che non è altro che la santità.
Il luogo teologico dove si sviluppa la santità anche più straordinaria è la storia. È nella storia di ogni giorno, fatta di luci e di ombre, che Marthe vive il suo abbandono totale e fiducioso. Ogni lettura di questa mistica francese che si pone al di fuori dalla storia in maniera puramente trascendentale delegittima il termine “mistico” e non dà ragione a questa vita santa.
La valutazione di una vita santa non può mai partire dal fenomeno straordinario ma dalla persona. Ogni santo è immagine del Dio incarnato, e Marthe è paradigmatica in questo aspetto. La sua santità è una parafrasi della teologia dell’incarnazione.

Il termine mistico è molto usato e forse ab-usato. Ciò che è sicuro è che ingloba varie tradizioni religiose (e non!). In che senso preciso attribuisce allora quest’aggettivo a Marthe?
   Marthe è una mistica nel senso più proprio del termine. Mistica non è ciò che ci riporta al di là della storia, ma ciò che ci riporta nella storia. La sua esistenza terrena fu una continua conformazione a Gesù Crocifisso, conformazione attraverso le innumerevoli sofferenze accolte e vissute consapevolmente come unione alla passione di Cristo per la salvezza delle anime.
Faccio mie le parole di Jean Guitton che parla di straordinario nell’ordinario. Ha vissuto il massimo dello straordinario in una dimensione del tutto ordinaria. Marthe, immobile nel suo letto per più di 60 anni, ha incontrato più di 103.000 persone nella sua camera da letto. Talvolta, nonostante le sue grandi sofferenze, incontrava anche 60 persone al giorno alle quali si donava totalmente, comunicando in modo semplice e sapiente le profondità della misericordia di Dio e rivelando il volto di Cristo nella storia di ognuno.

Nel cuore dell’esperienza cristica della mistica, quali sono i tratti salienti del suo iter?
   Raramente i mistici hanno una vita così lunga. Un esempio è Caterina di Siena morta a 33 anni. O Teresina di Lisieux. La specificità di Marthe va ricercata nell’ampio e delicato periodo storico in cui si trova a vivere. Un arco di tempo lungo 79 anni che copre le vicende più dolorose delle guerre mondiali fino al Concilio Vaticano II e oltre.
L’aspetto più saliente della mistica di Marthe è l’aver vissuto e anticipato la teologia del laicato del Concilio Vaticano II, rivalutando nel giusto modo il sacerdozio battesimale dei credenti. La dimensione sacrificale ed eucaristica della sua vita hanno certamente aiutato a riscoprire il rapporto tra la vita cristiana e l’Eucaristia. La fede di Marthe Robin era incentrata sull’Eucaristia e sull’abbandono totale alla divina volontà sull’esempio di Maria Santissima, modello di fede, alla quale la Serva di Dio farà sempre costante riferimento.

Oltre al filosofo Jean Guitton, che scrisse un libro sulla sua “amica” Marthe, sappiamo che c’è un grande teologo domenicano che l’ha visitata varie volte inviato da papa Pio XII. Che importanza riveste quest’attenzione teologica?
    Marthe era una sconosciuta per certi versi, ma l’eco della sua fama era arrivato alle orecchie di Pio XII che inviò il teologo Reginald Garrigou-Lagrange. Il grande teologo domenicano ebbe con Marthe Robin numerosi incontri personali. Lagrange ebbe per lei parole di profonda ammirazione. Occorre ricordare che la Chiesa ha riconosciuto e onorato la rettitudine e la competenza del Padre Garrigou Lagrange e che i Pontefici, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII ricorsero spesso ai suoi lumi per pronunciarsi su gravi problemi dottrinali. Nel 1941 gli studenti domenicani di Coublevie, furono depositari di un’importante confidenza del Professor Lagrange:
 “Ho la possibilità di farvi sapere fin da ora, senza tradire alcun segreto, che vi è nella Drome una santa donna che vive una vita contemplativa come vittima d’amore, Marthe Robin. Sono andato a trovarla su richiesta personale del Papa, per giudicare l’espressione teologica della sua fede. Ne sono rimasto meravigliato e l’ho scritto al Papa”.
Questo evento mostra un tema, anzi, una realtà cara a Hans Urs von Balthasar, ovvero il nesso sostanziale tra teologia e mistica, tra fede pensata e fede vissuta. Per metterla nelle parole di Tommaso d’Aquino, la teologia è veramente patiens divina, un patire il Divino.

Vivendo per cinquant’anni una ferrea dieta eucaristica, esprime un’esplicita conformazione eucaristica della sua mistica. Ce ne può parlare?
   La devozione eucaristica di Marthe è per eccellenza la riappropriazione della teologia cattolica sull’Eucaristia. Lei vive con il Cristo eucaristico non solo l’aspetto comunionale, ma anche quello sacrificale attraverso il suo essere vittima con lui. Quando qualcuno entrava nella sua stanza, lei percepiva lo stato di grazia di quell’anima e prendeva su di sé tutto il peso del peccato. Questo prendere su di se il peso del peccato era realmente un offrirsi vittima d’amore. In questo senso vive in modo autentico l’Eucaristia che è sempre l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.
 C’è nella sua mistica eucaristica una dimensione di mimesis, di identificazione con Cristo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed Io in lui”. In questo senso Marthe insegna che l’Eucaristia non va solo celebrata e adorata, ma vissuta e incarnata.

Ci può dire una parola sulla missione e il senso dei Foyer de la charité ?
   Marthe riesce a precorrere la teologia del laicato attraverso la fondazione dei focolari d’amore dove i laici, sotto la guida di un sacerdote e sotto lo sguardo di Maria, senza voti e senza promesse particolari, cercano la santità nella vita quotidiana, rivalutando un aspetto dimenticato per lungo tempo: quello della possibilità, anzi, del dovere di una santità nella storia e nel quotidiano. Per questo ogni Foyer è un luogo dove le anime vengono accolte e accompagnate attraverso ritiri fondamentali e poi più approfonditi a riscoprire le basi costitutive della fede cristiana.

La semplicità di Marthe mi fa pensare anche a Teresa del Bambino Gesù e alla sua “piccola via”. C’era una “elezione affettiva” con la santa di Lisieux?
    Certo. Dopo che si ammalò gravemente nel 1926 e dopo tre settimane di coma si risvegliò raccontando di aver ricevuto per tre volte la visita di Santa Teresa di Lisieux, che le aveva rivelato che avrebbe continuato a vivere per portare avanti la sua missione nel mondo. Questo fatto è molto significativo perché dimostra che la mistica non è mai un fatto privato, ma che si inserisce nel pieno contesto ecclesiale. È nel sentire cum Ecclesia che si sviluppa qualsiasi autentico carisma particolare. Nessuno è santo per se stesso. La santità personale, nella sua particolarità, è espressione di cattolicità. Teresina diceva: “Nel cuore della Chiesa sarò l’amore”, Marthe l’ha vissuto nella conformazione cristica più grande, quella dell’amore che dona se stesso per riconquistare le anime a Dio.

Fonte: Zenit

    +++ Il segreto della donna che visse di sola Eucaristia +++

    Una donna che vive per 50 anni solo di comunione Eucaristica, tra l’altro non ricevuta tutti i giorni, desta sicuramente curiosità. Ma dietro questo fatto straordinario, nella vita di Marthe Robin c’è ben di più, c’è un nucleo di grandezza che non si radica in fenomeni “strani”, ma nel mistero stesso della comunione mistica con Cristo. È questa vita nascosta in Dio che costituisce la grandezza di questa piccola donna che ha fatto di recente un nuovo passo verso la canonizzazione quando, il 7 novembre 2014, papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sull’eroicità delle sue virtù.

    Per guardare la realtà oltre i fenomeni, ci siamo rivolti a don Paolo Morocutti, teologo che conosce da vicino la vicenda teologica della mistica francese. Il sacerdote esperto anche della teologia di santa Caterina da Siena, collabora attraverso la predicazione di ritiri di approfondimento con l’opera dei Foyer de la Charité fondata da Marthe Robin.

    Don Paolo Morocutti è inoltre Assistente Ecclesiastico della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, docente di teologia fondamentale all’Università Cattolica e di teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana. Consultore ad casum della Congregazione delle Cause dei Santi.

    ***

    Chi ha sentito parlare di Marthe Robin, in genere la associa a “estreme” esperienze mistiche, come quella di non aver mangiato per 50 anni, vivendo solo di Eucaristia. Da persona vicina ai Foyer, come presenterebbe Marthe Robin?
    Se la vogliamo definire dobbiamo partire da un evento accaduto nel 1930 in cui Marthe vede Cristo che le pone una domanda ben precisa: “Vuoi essere come me?”. La risposta è: “Il mio io sei tu”. Questo mi sembra fondamentale. Questa è Marthe Robin. È la decisione umana di essere come Cristo, che non è altro che la santità.
    Il luogo teologico dove si sviluppa la santità anche più straordinaria è la storia. È nella storia di ogni giorno, fatta di luci e di ombre, che Marthe vive il suo abbandono totale e fiducioso. Ogni lettura di questa mistica francese che si pone al di fuori dalla storia in maniera puramente trascendentale delegittima il termine “mistico” e non dà ragione a questa vita santa.
    La valutazione di una vita santa non può mai partire dal fenomeno straordinario ma dalla persona. Ogni santo è immagine del Dio incarnato, e Marthe è paradigmatica in questo aspetto. La sua santità è una parafrasi della teologia dell’incarnazione.

    Il termine mistico è molto usato e forse ab-usato. Ciò che è sicuro è che ingloba varie tradizioni religiose (e non!). In che senso preciso attribuisce allora quest’aggettivo a Marthe?
    Marthe è una mistica nel senso più proprio del termine. Mistica non è ciò che ci riporta al di là della storia, ma ciò che ci riporta nella storia. La sua esistenza terrena fu una continua conformazione a Gesù Crocifisso, conformazione attraverso le innumerevoli sofferenze accolte e vissute consapevolmente come unione alla passione di Cristo per la salvezza delle anime.
    Faccio mie le parole di Jean Guitton che parla di straordinario nell’ordinario. Ha vissuto il massimo dello straordinario in una dimensione del tutto ordinaria. Marthe, immobile nel suo letto per più di 60 anni, ha incontrato più di 103.000 persone nella sua camera da letto. Talvolta, nonostante le sue grandi sofferenze, incontrava anche 60 persone al giorno alle quali si donava totalmente, comunicando in modo semplice e sapiente le profondità della misericordia di Dio e rivelando il volto di Cristo nella storia di ognuno.

    Nel cuore dell’esperienza cristica della mistica, quali sono i tratti salienti del suo iter?
    Raramente i mistici hanno una vita così lunga. Un esempio è Caterina di Siena morta a 33 anni. O Teresina di Lisieux. La specificità di Marthe va ricercata nell’ampio e delicato periodo storico in cui si trova a vivere. Un arco di tempo lungo 79 anni che copre le vicende più dolorose delle guerre mondiali fino al Concilio Vaticano II e oltre.
    L’aspetto più saliente della mistica di Marthe è l’aver vissuto e anticipato la teologia del laicato del Concilio Vaticano II, rivalutando nel giusto modo il sacerdozio battesimale dei credenti. La dimensione sacrificale ed eucaristica della sua vita hanno certamente aiutato a riscoprire il rapporto tra la vita cristiana e l’Eucaristia. La fede di Marthe Robin era incentrata sull’Eucaristia e sull’abbandono totale alla divina volontà sull’esempio di Maria Santissima, modello di fede, alla quale la Serva di Dio farà sempre costante riferimento.

    Oltre al filosofo Jean Guitton, che scrisse un libro sulla sua “amica” Marthe, sappiamo che c’è un grande teologo domenicano che l’ha visitata varie volte inviato da papa Pio XII. Che importanza riveste quest’attenzione teologica?
    Marthe era una sconosciuta per certi versi, ma l’eco della sua fama era arrivato alle orecchie di Pio XII che inviò il teologo Reginald Garrigou-Lagrange. Il grande teologo domenicano ebbe con Marthe Robin numerosi incontri personali. Lagrange ebbe per lei parole di profonda ammirazione. Occorre ricordare che la Chiesa ha riconosciuto e onorato la rettitudine e la competenza del Padre Garrigou Lagrange e che i Pontefici, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII ricorsero spesso ai suoi lumi per pronunciarsi su gravi problemi dottrinali. Nel 1941 gli studenti domenicani di Coublevie, furono depositari di un’importante confidenza del Professor Lagrange:
    “Ho la possibilità di farvi sapere fin da ora, senza tradire alcun segreto, che vi è nella Drome una santa donna che vive una vita contemplativa come vittima d’amore, Marthe Robin. Sono andato a trovarla su richiesta personale del Papa, per giudicare l’espressione teologica della sua fede. Ne sono rimasto meravigliato e l’ho scritto al Papa”.
    Questo evento mostra un tema, anzi, una realtà cara a Hans Urs von Balthasar, ovvero il nesso sostanziale tra teologia e mistica, tra fede pensata e fede vissuta. Per metterla nelle parole di Tommaso d’Aquino, la teologia è veramente patiens divina, un patire il Divino.

    Vivendo per cinquant’anni una ferrea dieta eucaristica, esprime un’esplicita conformazione eucaristica della sua mistica. Ce ne può parlare?
    La devozione eucaristica di Marthe è per eccellenza la riappropriazione della teologia cattolica sull’Eucaristia. Lei vive con il Cristo eucaristico non solo l’aspetto comunionale, ma anche quello sacrificale attraverso il suo essere vittima con lui. Quando qualcuno entrava nella sua stanza, lei percepiva lo stato di grazia di quell’anima e prendeva su di sé tutto il peso del peccato. Questo prendere su di se il peso del peccato era realmente un offrirsi vittima d’amore. In questo senso vive in modo autentico l’Eucaristia che è sempre l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.
    C’è nella sua mistica eucaristica una dimensione di mimesis, di identificazione con Cristo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed Io in lui”. In questo senso Marthe insegna che l’Eucaristia non va solo celebrata e adorata, ma vissuta e incarnata.

    Ci può dire una parola sulla missione e il senso dei Foyer de la charité ?
    Marthe riesce a precorrere la teologia del laicato attraverso la fondazione dei focolari d’amore dove i laici, sotto la guida di un sacerdote e sotto lo sguardo di Maria, senza voti e senza promesse particolari, cercano la santità nella vita quotidiana, rivalutando un aspetto dimenticato per lungo tempo: quello della possibilità, anzi, del dovere di una santità nella storia e nel quotidiano. Per questo ogni Foyer è un luogo dove le anime vengono accolte e accompagnate attraverso ritiri fondamentali e poi più approfonditi a riscoprire le basi costitutive della fede cristiana.

    La semplicità di Marthe mi fa pensare anche a Teresa del Bambino Gesù e alla sua “piccola via”. C’era una “elezione affettiva” con la santa di Lisieux?
    Certo. Dopo che si ammalò gravemente nel 1926 e dopo tre settimane di coma si risvegliò raccontando di aver ricevuto per tre volte la visita di Santa Teresa di Lisieux, che le aveva rivelato che avrebbe continuato a vivere per portare avanti la sua missione nel mondo. Questo fatto è molto significativo perché dimostra che la mistica non è mai un fatto privato, ma che si inserisce nel pieno contesto ecclesiale. È nel sentire cum Ecclesia che si sviluppa qualsiasi autentico carisma particolare. Nessuno è santo per se stesso. La santità personale, nella sua particolarità, è espressione di cattolicità. Teresina diceva: “Nel cuore della Chiesa sarò l’amore”, Marthe l’ha vissuto nella conformazione cristica più grande, quella dell’amore che dona se stesso per riconquistare le anime a Dio.

    Fonte: Zenit



     

    [Modificato da Credente 23/11/2014 15:56]
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    Coordin.
    19/02/2010 14:07
    Era la notte fra il 24 e il 25 aprile 1938, quando Alexandrina Da Costa ebbe questa estasi.
    Nella primavera del 1942 il Signore le disse:

    «Non ti alimenterai più sulla terra. Il tuo cibo sarà la mia Carne». Iniziò allora lo straordinario digiuno che durò fino alla morte. I medici esaminarono scientificamente il caso. «Perché non mangia?», le chiesero.
    «Non mangio perché non posso; mi sento sazia, non ne ho necessità. Però ho desiderio di cibo».

    Per quaranta giorni i medici sottoposero Alexandrina a uno scrupoloso esame, senza mai abbandonarla né di giorno, né di notte. Alla fine scrissero che il suo era un caso eccezionale che non trovava nessuna spiegazione anche perché il suo peso rimaneva immutato, e non c’erano variazioni né sulla temperatura, né nella respirazione, né per la pressione o il polso e che le sue facoltà mentali restavano normali, costanti e lucide.
    È segnata nel suo corpo dalle stigmate, i segni della Passione di Gesù, ma pur tra atroci dolori, il suo sorriso diviene trasparenza di Cielo, irradiazione della Vita divina; tocca i cuori che escono dall’incontro con lei, portando i segni del cambiamento interiore.
    È una vita singolarmente attiva, di una socialità straordinaria, la socialità massima della Croce di Cristo, che è il dono supremo, che
    Don Umberto Pasquale nella sua biografia ha narrato con dovizia di episodi e di particolari, narrando una vera storia d’amore, una delle più grandi meraviglie del secolo XX. Per più di trent’anni, Alexandrina rimane immobile nel suo letto, fino al 13 ottobre 1955, quando avviene il suo passaggio dalla vita terrena al Cielo.

    Dal 1938 al 1955 Alexandrina si nutrì dunque di sola Eucarestia. A prescindere dagli altri segni inspiegabili che hanno accompagnato la sua vita, già solo questo ha dello straordinario che conferma anche le caratteristiche presentate nel caso di Marta Robin. Entrambi i casi sono legati all'alimentazione della sola Eucarestia.
    Occorre riflettere su questi fatti che necessariamente devrebbero colpirci per la loro natura di prodigio continuativo, nella vita di due persone.

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    Coordin.
    19/02/2010 14:19
    LORENZA MANTOVANI

    Nacque a Cagnore, frazione di San Severino Marche (MC), nel maggio del 1597. I suoi genitori Giovanni Francesco e Margherita da Stigliano al battesimo le imposero il nome di Lorenza a cui spesso venne unito il nome di "Pier" o di "Pia".
    Il suo animo semplice e devoto la portava a vedere nei piccoli l'immagine di Gesù Bambino.
    Fin da fanciulla mostrò la sua viva attrazione per l'Eucarestia tanto che negli ultimi anni della sua vita visse cibandosi solo di ostie.
    La morte prematura dei genitori la gravò non solo delle faccende domestiche, del lavoro dei campi e della cura del gregge, ma anche della responsabilità dei quattro fratelli minori: Severino, Mariano, Maurizio ed Antonio. Le dolci cure ed attenzioni che lei aveva per i fratellini non furono ricambiate con amore. Non solo i parenti più intimi, ma anche i vicinati le causarono molte sofferenze. Lei accettò tutto con santa rassegnazione, allo stesso modo fu pronta anche ad eseguire l'ordine del vescovo di trascorrere due anni nel convento delle "penitenti" a Castello (oggi convento di Santa Teresa), isolata da tutti, anche dal suo confessore. In questo luogo meditò a lungo sulla passione di Cristo e per conformarsi interamente a lui decise di prendere su di sé i dolori di coloro che si rivolgevano a lei. Alle continue sofferenze nello spirito le si aggiunsero anche le vessazioni diaboliche che la tormentavano giorno e notte, lasciandola il più delle volte insonne. Aveva ottenuto dal Signore che, in cambio di tanti tormenti, nessuno a Cagnore spirasse senza riconciliarsi con Dio. Straordinaria fu anche la sua devozione alla Madonna che la ricambiava con frequenti visite, specialmente a conforto delle tremende tribolazioni che le infliggevano i demoni.
    A Lorenza il Signore concesse il "dono dello spirito di consiglio", pur essendo illetterata, molta gente accorreva a lei per chiedere luce ed incoraggiamento nelle difficoltà delle vita. Consumata dai dolori e dalle infermità, morì il mercoledì santo 28 marzo 1663.
    Fatto il processo diocesano ed inviato a Roma il carteggio, la Congregazione dei riti, appena sei anni dopo la morte, ne dispose la ricognizione ecclesiastica ed il suo corpo fu trovato incorrotto, nonostante la cassa fosse fradicia per l'umidità. Ora i sui miseri resti mortali riposano in una olla di terracotta, sotto il pavimento della chiesa parrocchiale di Cagnore
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    Coordin.
    19/02/2010 14:37
    A proposito del digiuno di trentasei anni di Teresa Neumann, il gesuita dottor Carl Stràter, che fu incaricato dal vescovo di Ratisbona monsignor Rudolf Graber di studiare la vita della stigmatizzata di Konnersreuth e di raccogliere materiale in vista di una possibile beatificazione, afferma: «Il significato del digiuno di Teresa Neumann è stato quello di dimostrare agli uomini di tutto il mondo il valore dell'eucarestia, far capire che Cristo è veramente presente sotto la specie del pane e che attraverso l'eucarestia può conservare anche la vita fisica ».

    Durante il terzo Reich Teresa fu cancellata dalle liste annonarie e dall'inizio della guerra fino alla riforma monetaria del 1948 non ebbe la tessera alimentare. Le fu concessa invece una doppia razione di detersivi per lavare la biancheria che ogni venerdì inondava di sangue.

    Un'altro caso eccezionale in cui l'Eucarestia è stato l'unico alimento nella vita di questa donna, per un periodo lungo ben 36 anni.

    Come non rimanere ammirati dalla condiscendenza divina nel manifestare agli uomini quello che veramente vale nella vita, motrandoci attraverso questi casi così eclatanti e verificati per tanto tempo la realtà soprannaturale che tanto viene messa in discussione. 
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    Credente
    20/02/2010 09:31
    Fede, ragione, oppure fede ragionevole?

    Nella mentalità moderna, imbevuta di ideologia, quando i fatti disturbano le opinioni, tanto peggio per i fatti. Non a caso sta facendo discutere di più, oggi, sui giornali, il film su Lourdes di Jessica Hausner, nel quale la regista esprime le sue opinioni incerte sui miracoli, di quanto facciano discutere le effettive guarigioni miracolose che lì si verificano.
    Una delle quali – non ancora riconosciuta perché la Chiesa esige lunghe verifiche medico-scientifiche – è stata resa nota l’agosto scorso.
    La signora Antonietta Raco, 50 anni, di Francavilla in Sinni (Potenza), malata da quattro anni di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) – una malattia terribile – è andata in pellegrinaggio a Lourdes sulla carrozzella, dove era ormai immobilizzata, ed è tornata a casa camminando normalmente con le sue gambe. 
    Cosa le è accaduto? A Lourdes si era immersa nella piscina dell’acqua di Bernadette e aveva sentito un forte dolore alle gambe e poi una voce di donna che le diceva: “Non avere paura”. Di colpo è guarita. Quella stessa voce è tornata per invitarla a far sapere a suo marito cosa le è successo.
    “Non è spiegabile con i mezzi di cui scientificamente dispongo”, così il neurologo Adriano Chiò delle Molinette di Torino, che aveva in cura la signora dal 2006, commentava il caso con i giornali. In effetti nella letteratura scientifica non esiste un caso simile.
    Il medico ha spiegato:  “Non ho mai osservato una situazione del genere in malati di Sla. La diagnosi era inequivocabile: la signora aveva una forma di Sla a lenta evoluzione. Una malattia che può rallentare e al massimo fermarsi, ma che non crediamo possibile che migliori, perché intacca i neuroni irreversibilmente”.
    Invece l’impossibile pare sia accaduto. Di fronte a un’altra guarigione analoga, riguardante Marie Bailly, una ventenne di Bordeaux – che lui  aveva conosciuto e analizzato come medico – nel 1903, il positivista e scettico Alexis Carrel (1873-1944), poi Premio Nobel per la medicina a soli 39 anni, andando a Lourdes rivide tutte le sue convinzioni e si convertì al cattolicesimo (racconta tutto nel suo memorabile “Viaggio a Lourdes”). Prima era certo che i miracoli non accadessero. Davanti al fatto si arrese. Carrel rispose lealmente a chi lo interrogava: “Bisogna constatare i fatti”.
    Ma molti razionalisti preferiscono tapparsi gli occhi e ripararsi dietro i comodi pregiudizi. Emblematico è il caso di un altro importante intellettuale francese di quegli anni, il laico Emile Zola.
    Nella Francia positivista di fine Ottocento si faceva un gran parlare di Lourdes e delle straordinarie guarigioni che lì avvenivano, perché mettevano in scacco la cultura dominante che nega il soprannaturale e quindi la possibilità stessa del miracolo.
    Lo scrittore dunque decise di recarsi di persona sul posto per smascherare tutto. Era armato di tutti i suoi pregiudizi: “non sono credente, non credo ai miracoli. Ma credo al bisogno del miracolo per l’uomo”. Secondo lui gli uomini hanno “necessità di essere ingannati e consolati”.
    Il “caso” vuole che lo scrittore si trovi a viaggiare nello stesso vagone dove sono due ammalate di tubercolosi all’ultimo stadio, Marie Lebranchu e Marie Lemarchand.
    Quando dunque il convoglio arriva a Lourdes, nella mattina del 20 agosto 1892, il famoso scrittore conosce bene le loro situazioni di fronte alle quali la medicina ormai aveva alzato le braccia in segno di resa.
    Ebbene accadde a lui precisamente ciò poi accadrà a Carrel: a Lourdes lui stesso dovette constatare la guarigione istantanea, definitiva e scientificamente inspiegabile, proprio di quelle due donne.
    Alla sua “sfida” il Cielo aveva risposto con dei fatti. Fatti clamorosi e innegabili, impossibili da cancellare o ignorare.
    Tanto che Zola, nel suo libro, fu “costretto” a riferirne, ma invece di riconoscere la sconfitta dei suoi pregiudizi, invece di accogliere il dono che aveva ricevuto, la rivelazione di una verità totalmente inattesa e così misericordiosa, nel suo romanzo parla della vicenda “inventando  la morte delle due ‘miracolate’, dopo una breve, illusoria guarigione.
    E poiché” ha raccontato Vittorio Messori “una delle due donne risanate, e in modo definitivo, non si rassegnava al falso e protestava sui giornali, Zola andò a trovarla, offrendole denaro perché sparisse da Parigi…”.
    E’ una storia emblematica. La cultura laica moderna lancia la “sfida”, ma poi non ha la lealtà di verificare la risposta, cioè i fatti. Naturalmente quel libro di Zola ebbe un gran successo ed è stato ristampato in Italia anche di recente.
    “Zola (…) conoscerà un rinnovato successo presso il pubblico della Francia laica, rappresentando Lourdes come la capitale di una gigantesca intossicazione collettiva”, ha scritto domenica scorsa Sergio Luzzatto, sull’inserto culturale del Sole 24 ore.
    Il suo articolo era addirittura la copertina. A tutta pagina campeggiava sotto il titolo “Miracoli di fede e scienza”. Questo lungo pezzo di Luzzatto si dilungava proprio a riferire il viaggio a Lourdes di Zola e il successo del suo libro.
    Ma purtroppo non vi si accennava minimamente al retroscena suddetto, che poi è un clamoroso infortunio. Anzi, Luzzatto – evidentemente ignaro di questa storia – accredita il libro di Zola come un “meticoloso dossier” contro quell’ “industria del miracolo” che sarebbe Lourdes.
    E’ significativo che sull’infortunio di Zola a Lourdes gravi ancora un simile tabù.  Si rilegge oggi il suo libro come se queste cose non fossero accadute. La pagina del Sole offre anche alcune delle sue pagine dove i cristiani vengono rappresentati come sciocchi creduloni.
    Zola, descrivendo le folle che accorrono a Lourdes, sente pure il bisogno di precisare (bontà sua) che “non sono solo dei cretini, degli illetterati, ma ci sono uomini come Lasserre”.
    La cosa gli serve per dimostrare che questa “necessità di essere ingannati” dai presunti miracoli riguarda tutti. Ma chi ha veramente ingannato in questa vicenda?
    Naturalmente il problema non è Zola, ma una mentalità – ancor oggi dominante – che in nome del realismo nega la realtà, in nome dello scientismo, nega la scienza e in nome del razionalismo nega la ragione.
    Diversamente da quanto comunemente si crede, il razionalismo sta alla ragione come la polmonite sta al polmone. Ecco perché uno scrittore pieno di umorismo come Gilbert K. Chesterton, il grande convertito inglese, dirà a proposito delle diverse reazioni ai miracoli: “Chi crede ai miracoli lo fa perché ha delle prove a loro favore. Chi li nega è perché ha una teoria contraria ad essi”.
    Bisogna però precisare che il confronto non è alla pari. La mentalità dominante è l’ideologia di un establishment che la fa da padrone nell’industria culturale. Non da oggi. Attenzione, non sono io a dirlo.
    Luzzatto, che certamente è un laico alquanto lontano dalla Chiesa, nell’articolo sopra citato, a proposito della conversione di Alexis Carrel, seguita al verificarsi di quel miracolo, fa questa considerazione impressionante: “Immaginando che una testimonianza del genere sarebbe bastata a rovinargli la carriera universitaria, Carrel cercò di mantenere segrete sia la sua visita alla città dei miracoli, sia l’apposizione della sua firma nella cartella clinica della donna risanata. Ma le voci circolarono in fretta a Lione come a Parigi, e nel giro di pochi mesi egli si vide costretto a lasciare la Francia per l’America”.
    Tale era il clima che Carrel, anche dopo aver preso il Nobel, non si decise a pubblicare il suo “Viaggio a Lourdes”, libro che uscì postumo: “tanto poteva allora, negli ambienti della ricerca internazionale” osserva Luzzatto “l’idea che una fede nella fede fosse incompatibile con la fede nella scienza”.
    Non ha dunque ragione il papa, Benedetto XVI, quando parla di “dittatura del relativismo” ?
     
    Antonio Socci

     
    Da Libero
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