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Doreena Paz: “il mio percorso, dall’omosessualità alla conversione”

http://relationshipplaybook.com/wp-content/uploads/2010/08/Sad-Woman.jpgEntrata nel mondo gay 15 anni, a diciasette, aveva già perso la voglia di vivere ma ora, vent’anni dopo, è in procinto di sposare un uomo. È la storia di Doreena Paz, recentemente pubblicata in esclusiva suReligionEnLibertad.com e qui riportata per la prima volta in italiano.

L’infanzia e la depressione.

In principio, i primissimi ricordi omosessuali risalgono all’epoca in cui Doreena aveva 5 anni, «ricordo mi piaceva una mia coetanea vicina di casa e in quel periodo, mi piacevano anche alcune ragazze del mio quartiere», racconta. Fu, tuttavia, solo dieci anni dopo che realizzò completamente le proprie tendenze sessuali, scoperta che precederà una forte crisi religiosa e d’identità che la porterà alla depressione«Non riuscivo a risolvere il conflitto», racconta,  «ricordo che chiamai i miei genitori e gli dissi tutto. Ma nessuno aveva idea di cosa stesse succedendo [...] Ho sofferto in silenzio per mesi, confinata nella mia stanza». Lo psicologo da cui la portarono, «in linea con le correnti psicologiche attuali», dichiarò si trattasse “varietà sessuale” e sebbene i suoi ragionamenti non convincessero particolarmente Doreena, non le restò che credergli e quietarsi la coscienza.

La fuga e il sadomasochismo.

Poco dopo, seguì il periodo delle discoteche e dei locali gay – fu lì che conobbe Martina, lei «aveva trent’anni ed io quindici, con tutto quello che può implicare». In seguito alla degenerazione della situazione familiare che diventava, di giorno in giorno, più insostenibile, «carica di stupida ingenuità, presi le mie cose e andai a vivere con Martina». Ma le cose non migliorarono, anzi. Martina, «non era così buona come pensavo», ma portava con sé problemi d’alcolismo e una gelosia morbosa. Due anni dopo, nel cui frattempo la relazione era arrivata ai limiti del sadomasochismo, un violento litigio pose fine alla convivenza, «non la rividi ma più».

Il primo “matrimonio”.

Diciannovenne, Doreena conobbe Erika, mamma peraltro di una bambina, Julieta. «Fu, come, trovare il calore di una casa dopo tanto freddo e cinismo», racconta, tant’è che «presto diventammo spose e organizzammo un piccolo matrimonio tra amici». Ma il “matrimonio” non durò a lungo. Dopo il primo anno, Doreena scoprì che veniva considerata come una domestica dalle mamme della classe di Julieta, «questo mi ha infastidito molto [...], sentivo il bisogno di essere madre». Non passò molto che la relazione fu troncata, «non riuscivo a credere che l’amore era così banale nel mondo gay. Ho sentito una grande delusione». Nel frattempo, una verità si andava insediando nella testa di Doreena, i bambini necessitano di un padre e di una madre – una convinzione maturata attraverso l’esperienza con Julieta. La quale, mai conobbe una figura maschile in famiglia e «quando la madre non c’era, ogni tanto l’afferrava una tristezza enorme, che conoscevo solo io: sentiva terribilmente la mancanza del padre».

La svolta e la conversione.

Risolta la complicata separazione con Erika, Doreena tornò a vivere, «stanca della vita», con i suoi genitori.«Tutto sembrava inutile, privo di senso. Sentivo di aver perso i miei anni in qualcosa che, ovviamente, non poteva finire bene». Ma da lì a poco, tra alti e bassi, ci sarebbe stata la svolta: «Ho iniziato a leggere la Bibbia, [...] ad andare in chiesa [...] e partecipare alle attività pastorali». Tagliati tutti i collegamenti con l’ambiente omossessuale, due anni dopo, decise d’entrare in terapia riparativa per la cura dell’omosessualità, i cui progressi, «a piccoli passi, lenti ma sicuri», non si sono fatti attendere. «Ora, [...] Non mi sento vuota. Mi sento in pace con Dio. Sono fidanzata con una persona che mi ama e, se Dio vuole, ci sposeremo. [...] Dio ci precede, sempre avanti, senza mai perdere la speranza», conclude Doreena.