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Eugenio Zolli, storia della Conversione del Rabbino Capo di Roma

Israel Zoller (Eugenio è il nome scelto nel Battesimo) scriveva: La mia conversione fu motivata dall’amore di Gesù Cristo, un amore che derivò dalla mie meditazioni sulle Scritture”.

L’edizione italiana dell’autobiografia di Zolli è stata curata dal dott. Alberto Latorre, che nel 2001 si è laureato in Filosofia all’Università di Verona con una tesi dal titolo: “Da Israel Zoller ad Eugenio Zolli: l’itinerario di uno studioso in ricerca”.

Gli argomenti storici e religiosi sollevati dallo scritto di Zolli, sono innumerevoli. Per cercare di dare un ordine e comprendere meglio questa vicenda straordinaria ZENIT ha intervistato Alberto Latorre.

Può illustrarci quelli che a lei sembrano i punti decisivi della storia di questo personaggio.

Alberto Latorre: Troppo complessa è la figura di Zolli, sia come uomo che come studioso, per poter esaurire la sua storia in alcuni punti decisivi. Da un lato vi sono vicende intricate e immani sofferenze personali che le accompagnarono sin dai primi anni di vita lungo l'intero corso della sua esistenza, dall'altro la sua complessa formazione culturale e la sua straordinaria attività scientifica: egli fu sì rabbino, ma soprattutto storico delle religioni ed esegeta.

Posso solo affermare che per comprendere appieno, senza giudizi affrettati e sommari, la sua storia, è necessario studiare a fondo la sua formazione culturale e spirituale a cominciare dall'ambiente ebraico, ashkenazita e chassidico, nel quale egli crebbe.

Qualsiasi altro tentativo di sintesi presta il fianco alle numerose polemiche e critiche di queste settimane e che si sollevano ogni qualvolta il nome di Zolli sale alla ribalta.

Polemiche, critiche e interpretazioni montate ad hoc da quanti, per le più diverse ragioni, accusano Zolli di tradimento o se ne servono per finalità apologetiche.


Che idea si è fatto sulla conversione di Zolli? Sembra di capire che molto sia avvenuto prima dell'incontro con Pacelli.

Alberto Latorre: Le rispondo, citando Zolli, che non si trattò di una conversione, bensì di un'adesione. Il battesimo di fuoco, ossia l'intima adesione di Zolli al messaggio evangelico, avvenne probabilmente fin dagli anni dell'adolescenza.

Zolli, come lui stesso riferisce, nutrì sin dagli anni della sua formazione un profondo amore verso Gesù. Un'attrazione testimoniata successivamente da uno studio storico-religioso pubblicato nel 1938: “Il Nazareno. Studi di esegesi neotestamentaria alla luce dell’aramaico e del pensiero rabbinico”.

Il battesimo di acqua, ricevuto il 13 febbraio del 1945, fu un atto di adesione formale compiuto quando era ormai chiaro in lui il desiderio di manifestare apertamente, in primis a se stesso, la sua fede religiosa.

Zolli, ciò mi preme sottolineare, non abbandonò mai l'ebraismo, ma, sulla scia di san Paolo, entrò nel Cristianesimo da ebreo. Ebreo, come lo era Gesù il Nazareno.


Se e in quale modo l'incontro del Rabbino con il Pontefice potrebbe aver influenzato le decisioni che covavano nel cuore di Zolli?

Alberto Latorre: Credo che sia impossibile stabilire oggettivamente se e in che modo l'incontro con Pacelli abbia influenzato le decisioni di Zolli. Com'è possibile infatti entrare nel cuore di un uomo e capirne fino in fondo i moti e gli stravolgimenti? Già è così difficile entrare nel proprio, figuriamoci comprendere quello altrui!

Tuttavia, sulla base dei miei studi su Zolli, ritengo che l'incontro con il Pontefice non lo influenzò affatto. Se permette, vorrei inoltre aggiungere che a mio parere il ripetuto accostamento di Zolli a Pio XII e viceversa, non giova né all'uno, né all'altro.

Le vicende personali e storiche di entrambi finirono inevitabilmente per toccarsi, ma credo che l'analisi e il giudizio storico delle due personalità debba svilupparsi autonomamente.

Purtroppo, ho spesso l'impressione che il loro avvicinamento sia un sottile tentativo, a seconda degli schieramenti, per assolverli o condannarli insieme. E' un intreccio molto pericoloso e confuso, poiché impedisce una serena e lucida analisi storica.


Proprio quando i nazisti occuparono Roma, Zolli racconta di una diversità di vedute con l'allora Presidente della Comunità ebraica. Che cosa avvenne veramente e quale la sostanza del contendere? E' vero che se si fosse dato maggiormente retta a Zolli, forse si sarebbero potuti salvare tutti gli ebrei?

Alberto Latorre: Da quanto Zolli narra nella proprio autobiografia, vi furono tra lui e i rappresentati politici della comunità di Roma differenti visioni, testimoniate anche dalle decisioni assunte dal governo provvisorio alleato nei mesi successivi alla liberazione di Roma, che portarono allo scioglimento del Consiglio della Comunità e alla rinomina di Zolli a Rabbino Capo.

Durante l'occupazione infatti, Zolli venne esautorato dal proprio incarico su delibera del Consiglio. Che cosa avvenne veramente e quale fosse la sostanza del contendere non sono in grado di affermarlo.

Zolli stesso espone esclusivamente il proprio punto di vista e le ragioni delle sue scelte, senza addentrarsi troppo nel merito del comportamento altrui. Resta il fatto che Zolli conosceva molto bene sia la mentalità teutonica (era figlio di madre tedesca), sia le persecuzioni a danno degli ebrei perpetrate in Germania durante gli anni '30, quando, in veste di Rabbino Capo di Trieste, aiutò numerosi fuggiaschi dalla Germania e dall'Europa dell'est a raggiungere la Palestina.

Nel testo egli sostiene che la diversità di vedute attorno al pericolo rappresentato dai Tedeschi nascesse fondamentalmente da queste ragioni. Infine non sono in grado di dirle se, seguendo le disposizioni di Zolli, tutti gli ebrei si sarebbero salvati.

Quasi certamente sì. Resta ineludibile il fatto che sicuramente i provvedimenti da lui paventati, quali la chiusura del Tempio e degli Oratori, l'allarme generale e molti altri ancora, avrebbero salvato al vita, se non di tutti, di moltissimi ebrei.