00 26/08/2010 08:40
padre Lino Pedron
Riflettiamo su Matteo 24, 42-51


La morte arriva imprevedibile per noi, ma al momento esatto previsto da Dio. Perché vigilare? Per essere trovati pronti; per non essere esclusi dalla sala delle nozze eterne.

Questa ignoranza dell'ora si iscrive nella nostra natura: la nostra vita ci sfugge, siamo un mistero per noi stessi, non ci possediamo, siamo del Signore.

Vigilare, essere pronti significa porsi davanti al Signore sempre presente (solo apparentemente assente) e vivere coerentemente secondo questa fede.

Nella parabola del servitore preposto ai servizi del suo padrone, la vigilanza prende la forma di una fedeltà responsabile verso una missione affidata dal Signore.

Seguendo il tenore del testo, bisogna porre l'accento sulla parusìa. Ci sono delle persone a cui sono state affidate responsabilità particolari nella Chiesa. La funzione dei detentori di cariche è qualificata come servizio. Coloro che sono affidati alle loro cure sono compagni di servizio. I detentori di cariche non sono padroni posti al di sopra degli altri. Tutti hanno un unico Signore sopra di sé. L'abuso della carica merita la massima condanna, come vuol far capire la punizione severissima.

L'attesa del Cristo deve suscitare l'impulso all'azione morale, a non sprecare il tempo, a comportarsi come servi di tutti e padroni di nessuno.