00 18/03/2010 22:45


Ebreo fedele, il Nazareno ha però introdotto una novità assoluta rispetto alla tradizione d’Israele: egli ha chiamato Dio col nome di "abbà", parola della tenerezza con cui i bambini amavano rivolgersi al padre e che anche gli adulti usavano per esprimere la confidenza filiale. Gesù è stato il primo Ebreo che si è rivolto a Dio così: "abbà", segno di confidenza infinita e di tenerezza filiale, è l’invocazione che sgorga dal cuore del Figlio incarnato nell’ora suprema del dolore, quando tutto sembra crollare e la solitudine è totale, perché anche i discepoli non sono stati capaci di vegliare un’ora sola con Lui. "Abbà, Padre, tutto è possibile a te, allontana da me questo calice: però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu" (Mc 15,36). Siamo qui di fronte alla più alta rivelazione del Padre, nelle cui mani Gesù affida il suo spirito. Il Padre di Gesù è il Dio che accetta di soffrire per amore della sua creatura: non soltanto il Dio umile, il Dio della compassione e della tenerezza, ma il Dio che paga il prezzo supremo dell’amore.

Questo prezzo è espresso con un termine che ricorre di continuo nei racconti della passione: "paradìdomi", "consegnare". Il verbo è usato anche nella traduzione greca della Bibbia ebraica, detta dei Settanta, ad esempio in Genesi 22 nel racconto del sacrificio di Isacco, per indicare la consegna del figlio amato da parte del padre. Come Abramo consegna Isacco per amore di Dio, così il Padre di Gesù consegna l’Isacco della nuova ed eterna alleanza per amore degli uomini. Commenta Origene: "Dio gareggia magnificamente in generosità con gli uomini: Abramo ha offerto a Dio un figlio mortale senza che questi morisse; Dio ha consegnato alla morte il Figlio immortale per gli uomini" (Homilia in Genesim, 8). In questo mistero della "consegna" si rivela la Trinità di Dio nell’unità dell’eterno amore: all’autoconsegna del Figlio, "che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Gal 2,20), come dice Paolo, corrisponde la libera, dolorosa consegna d’amore del Padre, che "non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi" (Rom 8,32). Nella relazione del loro amore sofferente, rivelata sulla Croce, agisce lo Spirito, vincolo e dono dell’amore dei Due: "Chinato il capo consegnò lo Spirito" (Gv 19,30).