00 18/03/2010 22:43
La sofferenza di Dio è il segno del suo amore umile, non della sua debolezza o del suo limite: non si tratta di una sofferenza passiva, che si subisca in quanto non è possibile farne a meno. È invece la sofferenza attiva, liberamente scelta ed accolta per amore verso la persona amata. Diversamente dall’opinione diffusa nella tradizione greco - occidentale, secondo cui non c’è altra sofferenza che quella subita, segno di imperfezione e tale perciò da far postulare a molti l’impassibilità di Dio, il Dio cristiano rivela un dolore attivo, liberamente accettato, perfetto della perfezione dell’amore: «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Il Dio di Gesù, in quanto è "agàpe", gratuito e liberissimo amore, non si chiama fuori della sofferenza del mondo, quasi spettatore impassibile di essa: egli la assume e la redime, vivendola dal di dentro come dono e offerta per noi, da cui sgorghi la vita nuova del mondo. La rivelazione del cuore di Dio sta tutta qui: Egli è colui che soffre perché ci ama, perché ci ha creati liberi e dunque si è esposto al rischio della nostra libertà ed è pronto per noi a pagare il prezzo dell’amore, attendendo con ansia e speranza il nostro ritorno, come il Padre della parabola che soffre per la lontananza del figlio amato e perduto.