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La conseguenza della vulnerabilità divina nell’amore è che il peccato dell’uomo non è indifferente per il cuore divino. Dio soffre per ciascuna delle colpe dei suoi figli: in quanto questa sofferenza è attiva e non passiva, è cioè una sofferenza che Dio accetta liberamente per noi, allora l’altro nome di essa è "agape", carità. "Deus caritas est": Dio, il Padre, è amore. Sta qui il centro e il cuore del Vangelo, come ci ha ricordato Benedetto XVI nell’Enciclica "Deus caritas est": il Dio di Gesù è Colui al quale possiamo rivolgerci dicendo con tenerezza di figli: "Padre nostro…". L’accoglienza con cui Egli ci risponde è l’amore sofferente e ospitale, l’amore fedele e speranzoso di chi attende sempre il nostro ritorno, quell’amore rivelato nel Dio fatto uomo per noi, Gesù, l’amore incarnato. Dal Venerdì Santo del Figlio crocifisso per noi sappiamo che la storia delle sofferenze umane è anche storia del Dio con noi: Egli vi è presente, a soffrire con l’uomo e a contagiargli il valore immenso della sofferenza offerta per amore.