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Dio sofferente per amore, libero della libertà dell’amore e vulnerabile nel dolore d’amore, è il Dio che può dare senso alla sofferenza del mondo, perché l’ha fatta propria e redenta: questo senso è l’amore. La morte della Croce è la morte della morte, perché sull’albero della vergogna il Figlio di Dio si è consegnato alla morte per darci la vita e renderci capaci di trasformare con Lui il dolore in amore, la fine in nuovo, sorprendente inizio. Nel silenzio del Sabato Santo Gesù abbandonato ha raggiunto le profondità della vittoria della morte e le ha inghiottite: la sua «discesa agli inferi» è «annunzio di salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione» (1Pt 3,19), garanzia che Egli ha riconciliato col Padre l’universo intero, e perciò anche i protagonisti della storia precedente alla sua venuta, in quanto aperti e disposti nella speranza all’alleanza con Dio. La possibilità di salvezza offerta a tutti è il Vangelo liberante della Croce e del Sabato Santo: la sofferenza di Dio è l’altro nome del Suo amore salvifico, aperto a tutti, possibile per ciascuno oltre ogni misura di stanchezza, nonostante e al di là di ogni incapacità o umana impossibilità di amare .