00 18/03/2010 22:21
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati... Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”.

L’amore, un comandamento? Si può fare dell’amore un comandamento, senza distruggerlo? Che rapporto ci può essere tra amore e dovere, dal momento che uno rappresenta la spontaneità, l’altro l’obbligo?

Bisogna sapere che vi sono due generi di comandi. C’è un comando o un obbligo che viene dall’esterno, da una volontà diversa dalla mia, e vi è un comando o obbligo che viene dal di dentro e che nasce dalla cosa stessa. La pietra lanciata in aria, o la mela che cade dall’albero è “obbligata” a cadere, non ne può fare a meno; non perché qualcuno glielo impone, ma perché c’è in essa una forza interna di gravità che la attira verso il centro della terra.

Allo stesso modo, vi sono due modi secondo cui l’uomo può essere indotto a fare, o a non fare, una certa cosa: o per costrizione o per attrazione. La legge e i comandamenti ordinari ve lo inducono nel primo modo: per costrizione, con la minaccia del castigo; l’amore ve lo induce nel secondo modo: per attrazione, per una spinta interna. Ciascuno infatti è attratto da ciò che ama, senza che subisca alcuna costrizione dall’esterno. Mostra a un bambino un giocattolo e lo vedrai slanciarsi per afferrarlo. Chi lo spinge? Nessuno, è attratto dall’oggetto del suo desiderio. Mostra il Bene a un’anima assetata di verità ed essa si slancerà verso di esso. Chi ve la spinge? Nessuno, è attratta dal suo desiderio.

Ma se è così – se noi, cioè, siamo attratti spontaneamente dal bene e dalla verità che è Dio –, che bisogno c’era, si dirà, di fare, di questo amore, un comandamento e un dovere? È che, circondati come siamo da altri beni, noi siamo in pericolo di sbagliare bersaglio, di tendere a dei falsi beni e perdere così il Sommo Bene. Come una navicella spaziale diretta verso il sole deve seguire certe regole per non cadere dentro la sfera di gravità di qualche pianeta o satellite intermedio, smarrendo la propria traiettoria, così noi nel tendere a Dio. I comandamenti, a partire dal “primo e più grande di tutti” che è quello di amare Dio, servono a questo.

Tutto ciò ha un impatto diretto sulla vita e sull’amore anche umano. Sono sempre più numerosi i giovani che rifiutano l’istituzione del matrimonio e scelgono il cosiddetto amore libero, o la semplice convivenza. Il matrimonio è una istituzione; una volta contratto, lega, obbliga a essere fedeli e ad amare il partner per tutta la vita. Ora, che bisogno ha l’amore, che è istinto, spontaneità, slancio vitale, di trasformarsi in un dovere?

Il filosofo Kierkegaard da una risposta convincente: “Soltanto quando c’è il dovere di amare, allora soltanto l’amore è garantito per sempre contro ogni alterazione; eternamente liberato in beata indipendenza; assicurato in eterna beatitudine contro ogni disperazione”. Vuole dire: l’uomo che ama veramente, vuole amare per sempre. L’amore ha bisogno di avere come orizzonte l’eternità, se no, non è che uno scherzo, un “amabile malinteso” o un “pericoloso passatempo”. Per questo, più uno ama intensamente, più percepisce con angoscia il pericolo che corre questo suo amore, pericolo che non viene da altri che da lui stesso. Egli sa bene infatti di essere volubile e che domani, ahimè, potrebbe già stancarsi e non amare più. E poiché adesso che è nell’amore vede con chiarezza quale perdita irreparabile questo comporterebbe, ecco che si premunisce “vincolandosi” ad amare per sempre. Il dovere sottrae l’amore alla volubilità e lo ancora all’eternità. Chi ama, è ben felice di “dovere” amare; questo gli sembra il comandamento più bello e liberante del mondo.

P.Raniero Cantalamessa