00 21/09/2014 16:59

«Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio!»




Francesco ha incontrato i leader di altre religioni





 FRANCESCO HA INCONTRATO I LEADER DI ALTRE RELIGIONI



Francesco incontra i leader delle comunità religiose albanesi: parla della diffusione nel mondo del «nemico insidioso» dell'intolleranza verso chi professa un'altra fede. Il dialogo? Partire dalla propria identità, o si rischia il relativismo


ANDREA TORNIELLI
INVIATO A TIRANA

«La religione autentica è fonte di pace e non di violenza! Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano». Lo ha detto Francesco incontrando i leader religiosi all'università cattolica «Nostra Signora del buon consiglio» di Tirana. Durante l'incontro con i capi delle cinque maggiori comunità religiose presenti nel Paese - musulmana, bektashi (confraternita islamica di derivazione sufi), cattolica, ortodossa, evangelica  - il Papa ha ricordato quanto l'Albania sia «stata tristemente testimone di quali violenze e di quali drammi possa causare la forzata esclusione di Dio dalla vita personale e comunitaria».

 «Quando in nome di un'ideologia, si vuole estromettere Dio dalla società - ha detto - si finisce per adorare degli idoli, e ben presto l'uomo smarrisce se stesso, la sua dignità è calpestata, i suoi diritti violati. Voi sapete bene a quali brutalità può condurre la privazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa, e come da tale ferita si generi una umanità radicalmente impoverita, perché priva di speranza e di riferimenti ideali». 

«I cambiamenti avvenuti a partire dagli anni '90 del secolo scorso - ha continuato Francesco - hanno avuto come positivo effetto anche quello di creare le condizioni per una effettiva libertà di religione. Ciò ha permesso a tutti di offrire, anche a partire dalla propria convinzione religiosa, un positivo contributo alla ricostruzione morale prima che economica del Paese».

 Giovanni Paolo II, nel 1993, ha ricordato ancora Francesco, in Albania disse che «la libertà religiosa è un baluardo contro tutti i totalitarismi e un contributo decisivo all'umana fraternità», aggiungendo subito dopo che «la vera libertà religiosa rifugge dalle tentazioni dell'intolleranza e del settarismo, e promuove atteggiamenti di rispettoso e costruttivo dialogo».

 «Non possiamo non riconoscere - dice Francesco - come l'intolleranza verso chi ha convinzioni religiose diverse dalle proprie sia un nemico molto insidioso, che oggi purtroppo si va manifestando in diverse regioni del mondo. Come credenti, dobbiamo essere particolarmente vigilanti affinché la religiosità e l'etica che viviamo con convinzione e che testimoniamo con passione si esprimano sempre in atteggiamenti degni di quel mistero che intendono onorare, rifiutando con decisione come non vere, perché non degne né di Dio né dell'uomo, tutte quelle forme che rappresentano un uso distorto della religione».

 Ma la libertà religiosa, ha spiegato ancora il Papa, non può essere garantita «unicamente dal sistema legislativo vigente, che pure è necessario: essa è uno spazio comune, un ambiente di rispetto e collaborazione che va costruito con la partecipazione di tutti, anche di coloro che non hanno alcuna convinzione religiosa».

 Il Papa ha quindi indicato due atteggiamenti per promuoverla: «Vedere in ogni uomo e ogni donna, anche in quanti non appartengono alla propria tradizione religiosa, non dei rivali, meno ancora dei nemici, bensì dei fratelli e delle sorelle», perché «chi è sicuro delle proprie convinzioni non ha bisogno di imporsi, di esercitare pressioni sull'altro: sa che la verità ha una propria forza di irradiazione». Tutti «dipendiamo gli uni dagli altri, siamo affidati gli uni alle cure degli altri. Ogni tradizione religiosa, dal proprio interno, deve riuscire a dare conto dell'esistenza dell'altro».

 Il secondo atteggiamento è l'impegno in favore del bene comune. «Ogni volta che l'adesione alla propria tradizione religiosa fa germogliare un servizio più convinto, più generoso, più disinteressato all'intera società, vi è autentico esercizio e sviluppo della libertà religiosa. Questa appare allora non solo come uno spazio di autonomia legittimamente rivendicato, ma come una potenzialità che arricchisce la famiglia umana con il suo progressivo esercizio. Più si è a servizio degli altri e più si è liberi!».

 E come impegno specifico il Papa ha indicato i «bisogno dei poveri» e i cammini ancora da trovare delle società  «verso una giustizia sociale più diffusa, verso uno sviluppo economico inclusivo». In questi campi di azione, «uomini e donne ispirati dai valori delle proprie tradizioni religiose possono offrire un contributo importante, anzi insostituibile. È questo un terreno fecondo anche per il dialogo interreligioso».

 Alla fine del suo discorso il Papa ha aggiunto a braccio: "C'è un principio chiaro: non si può dialogare se non si parte dalla propria identità, sarebbe un dialogo fantasma! Ognuno di noi ha la propria identità, camminiamo insieme senza fare finta di averne un'altra, questo sarebbe relativismo, sarebbe ipocrisia. Ci accomuna la vita, la buona volontà di fare il bene ai fratelli e ciascuno offre all'altro la testimonianza della propria identità"

 E guardando al gruppo di religiosi riunito attorno a lui ha scherzato: "sembra una partita di calcio, i cattolici da una parte, tutti gli altri dall'altra"

 Nel suo saluto iniziale l'arcivescovo di Scutari, Angelo Massafra, ha detto che "è l'ora di passare dalla tolleranza alla fratellanza"

Da Vatican Insider