00 15/05/2011 23:31

La Messa in latino è approvata definitivamente: ecco tutte le novità e le istruzioni

pubblicata da Papa Benedetto XVI il giorno sabato 14 maggio 2011 alle ore 15.02

 

S’intitola Univesae Ecclesiae  l’istruzione applicativa del motu proprio con il quale Benedetto XVI nel 2007 ha liberalizzato la messa antica, ma il documento viene pubblicato solo ora. Nell’istruzione si cita la lettera di Papa Ratzinger ai vescovi, che accompagnava il motu proprio Summorum Pontificum, là dove dice:

«Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Messale Romano. Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso»

L’istruzione conferisce alla Pontificia commissione Ecclesia Dei la “potestà ordinaria vicaria per la materia di sua competenza”, vale a dire il potere di agire a nome del Papa per vigilare «sull’osservanza e sull’applicazione delle disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum». La commissione potrà dunque anche «decidere dei ricorsi ad essa legittimamente inoltrati, quale Superiore gerarchico, avverso un eventuale provvedimento amministrativo singolare dell’Ordinario che sembri contrario al Motu Proprio».

Per quanto riguarda l’uso della lingua latina, “è necessaria una sua conoscenza basilare, che permetta di pronunciare le parole in modo corretto e di capirne il significato”. Il rito però va conosciuto, visto che l’ultima versione del messale romano è del 1962, e su questo punto la Chiesa spiega: “Si presumono idonei i sacerdoti che si presentano spontaneamente a celebrare nella forma extraordinaria, e l’hanno usato precedentemente”.

Tra le indicazioni c’è quella che ha suscitato molta curiosità anche ai non addetti ai lavori, ovvero la richiesta di studiare di più il latino, visto che è la quarta lingua ufficiale della Chiesa e non proprio tutte le nuove leve e anche quelle più vecchie sono preparate quanto dovrebbero. Si chiede, infatti, agli Ordinari di offrire al clero “la possibilità di acquisire una preparazione adeguata alle celebrazioni nella forma extraordinaria. Ciò vale anche per i Seminari, dove si dovrà provvedere alla formazione conveniente dei futuri sacerdoti con lo studio del latino e, se le esigenze pastorali lo suggeriscono, offrire la possibilità di apprendere la forma extraordinaria del Rito”.

La Pontificia Commissione 'Ecclesia Dei' e' competente per i ricorsi contro i vescovi da parte di quei fedeli che vogliono poter celebrare la messa in latino.

 

Un piccolo aneddoto:

 

Già da diversi anni Ratzinger covava tempesta. Quella volta che Giovanni Paolo II, in viaggio in Nicaragua, ebbe la messa sconvolta dai cori rivoluzionari dei sandinisti, balli e sfilate concluse che s'era passato il segno. Sbottò: «La "missa nicaraguensis" non ha più nulla del mistero di fede. È milizia terrena, arbitrio, artificio, falsità». No, il tirbalismo applicato alla messa  era inammissibile. 

 

La furia iconoclasta della nuova liturgia, scrive Ratzinger, «ha sì spazzato via dalle chiese tanto Kitsch e molte opere indegne, ma si è anche lasciata dietro un vuoto di cui ormai si percepisce la miseria». Per la musica sacra idem: il Gregoriano, Palestrina e Bach sono finiti in un ghetto. Mentre dilagano anche nelle chiese gli stili pop e rock, «eco di un controculto che si oppone al culto cristiano».

 

Anche l'architettura delle chiese, che in antico fu sapientemente modellata sulle radici del Vecchio e Nuovo Testamento, è stata stravolta. Un risultato di questo sconvolgimento, sostiene Ratzinger, è tutto l'opposto della tanto decantata partecipazione collettiva al rito. «È una clericalizzazione della Chiesa quale non si era mai data in precedenza». Col sacerdote a far da perno di questa frenesia attivistica, tutto ruota intorno a lui. E tutti che dimenticano il vero «attore» centrale della liturgia cristiana: Dio.

 

Quando poi durante la messa si danza e si applaude, Ratzinger taglia corto: «Questa non è più liturgia. È intrattenimento».

 

 

Considerazioni 

 

Apertura al nuovo o ritorno al passato?

 

-"Né segno di apertura al nuovo, che non è nuovo, né ritorno al passato, ma semplice recupero di una ricchezza, innanzitutto linguistica, e poi anche liturgica, estetica, musicale e capace di attirare sia i semplici che i colti. 

 

Cosa cambia dopo questa Istruzione della Santa Sede?

 

-"Il documento non cancella nulla, del Concilio e della sua benedetta riforma liturgica, e la lingua del popolo resta quella della celebrazione ordinaria, con la possibilità a chi lo desidera del modo "straordinario". Nessun problema! Se poi qualcuno pensa o dice che solo questo, e proprio perché in latino, è buono, e l'altro è "bastardo", come dicevano e dicono gli incorreggibili discepoli, noti o nascosti, di Lefebvre, che restano scismatici, nonostante ogni sforzo della pazienza di Benedetto XVI, allora è lui che è del tutto fuori strada. Lo è anche chi pensa, e magari oggi dice, che basta questa istruzione per cancellare addirittura il Concilio e negare l'eredità di Giovanni XXIII - tra l'altro la Messa autorizzata è quella riformata da Lui - e di Paolo VI a me pare fuori strada: gli estremi si toccano. Come sempre".

Dopo tre anni di "prova" e alle luce delle osservazioni fatte pervenire dai vescovi di tutto il mondo, la Pontifica Commissione Ecclesia Dei ha quindi deciso di pubblicare il documento odierno.

 

Il latino avvicina o allontana i fedeli?

 

-"Il latino allontana chi non conosce il latino, e avvicina chi lo conosce. Può succedere che qualcuno, non conoscendolo, si senta per ragioni sue - tutte emotive e irrazionali - più contento se lo sente pronunciare, pur non comprendendolo, e allora "de gustibus..." Se poi uno, conoscendolo, e perché sa di conoscerlo, pensa che solo così si onora la liturgia cattolica, è malato in testa, e la cura è quella proposta da Gesù per i farisei con cui dialogava duramente. Qualcuno potrà ricordare loro quelle parole...". Il latino rimane la lingua ufficiale della Chiesa, è un diritto dei fedeli e non si può buttarla nel dimenticatoio. Mantenerla in vita contribuisce a rafforzare quel senso di universalità che spetta ad un'Istituzione millenaria e senza tempo come la Chiesa Cattolica. 

 

Ecco alcuni punti importanti del testo Univesae Ecclesiae  :

 

13. I Vescovi diocesani, secondo il Codice di Diritto Canonico, devono vigilare in materia liturgica per garantire il bene comune e perché tutto si svolga degnamente, in pace e serenità nella loro Diocesi, sempre in accordo con la mens del Romano Pontefice chiaramente espressa dal Motu Proprio Summorum Pontificum. In caso di controversia o di dubbio fondato circa la celebrazione nella forma extraordinaria, giudicherà la Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

 

15. Un coetus fidelium potrà essere anche costituito da persone che provengano da diverse parrocchie o Diocesi in ragione della loro venerazione per la Liturgia nell’Usus Antiquior, le quali chiedono che questa sia celebrata nella chiesa parrocchiale o in un oratorio o cappella

 

19. I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale.

 

21. Si chiede agli Ordinari di offrire al clero la possibilità di acquisire una preparazione adeguata alle celebrazioni nella forma extraordinaria. Ciò vale anche per i Seminari, dove si dovrà provvedere alla formazione conveniente dei futuri sacerdoti con lo studio del latino e, se le esigenze pastorali lo suggeriscono, offrire la possibilità di apprendere la forma extraordinaria del Rito.