00 18/03/2010 09:01
I PECCATI PIU' GRAVI

    I peccati contro lo Spirito Santo sono il *termine di un processo*: la tiepidezza. O invertiamo il processo, oppure rischiamo di commettere anche i peccati più gravi. Nella vita spirituale non si può stare fermi: o si progredisce o si va indietro. La spiegazione dei peccati contro lo Spirito Santo ci serva dunque per odiare e fuggire anche il minimo peccato veniale: la meditazione delle colpe più grandi ci faccia evitare anche le più piccole.

D. 153 - Perché i peccati contro lo Spirito Santo sono dei più gravi e funesti?
R. - I peccati contro lo Spirito Santo sono dei più gravi e funesti, perché con essi l’uomo si oppone ai doni spirituali della verità e della grazia, e perciò, anche potendolo, difficilmente si converte.
Spiegazione. - Tra i peccati mortali sono più gravi e funesti: a) i peccati contro lo Spirito Santo; b) quelli che gridano vendetta al cospetto di Dio.
Come c’insegna il catechismo i peccati contro lo Spirito Santo sono dei più gravi e funesti perché con essi l’uomo si oppone al doni spirituali della verità e della grazia. L’uomo può peccare specialmente per tre cause. Per ignoranza, non riflettendo alla gravità del male; per debolezza, non sapendo resistere al piacere sensibile che lo attira, per malizia, cioè conoscendo pienamente il male, e non avendo neppure la scusa del piacere che lo attira; peccando anzi quasi solo per fare male. Questo genere di peccato si oppone in modo diretto a Dio, all’opera con cui Dio vuole render l’uomo meritevole del paradiso. I peccati contro lo Spirito Santo, sono peccati di pura malizia; quindi l’uomo che li commette, anche potendolo, difficilmente si converte, poiché essi pongono chi se ne rende colpevole in opposizione diretta ai mezzi della salute. Chi si rende reo dei peccati contro lo Spirito Santo, fa, in ordine alla salute eterna, quello che farebbe in ordine alla guarigione un ammalato che invece della medicina prendesse cose che direttamente aggravano la febbre che lo consuma.
Ciò si comprende anche meglio considerando brevemente la malizia particolare di ognuno di essi:
I - Disperazione della salute. - Uno dispera della salute quando pensa, crede che non potrà salvarsi, perché ritiene che Dio o non vuole salvarlo, o non vuol dargli i mezzi necessari, o non vuole perdonargli i peccati. Egli con ciò reca la massima ingiuria alla bontà di Dio che può e vuole sempre salvarci, anche se i nostri peccati sono gravissimi, purché facciamo da parte nostra quello che dobbiamo. Chi dispera imita Caino e Giuda. Caino disse: "Il mio peccato è così grande, che io non posso meritar perdono". Giuda, disperando del perdono, andò ad impiccarsi ad un albero.
II - Presunzione di salvarsi senza merito. - Presunzione è fiducia disordinata, fiducia non appoggiata a ragione seria. Speriamo di salvarci, perché Dio ci vuole salvi, e noi vogliamo, da parte nostra, fare ciò che è necessario per salvarci, e cioè, come diciamo nell’atto di speranza, speriamo da Dio "la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere che io debbo e voglio fare". Presumere di salvarsi senza merito è burlarsi di Dio, quasi che Egli ci debba il paradiso, o ci debba premiare del bene che non abbiamo voluto fare.
III - Impugnare la verità conosciuta. - Impugnare, cioè negare, respingere, combattere la verità conosciuta, è atto di ribellione a Dio, che c’insegna per mezzo della Chiesa la verità, che illumina la nostra mente. Purtroppo ai giorni nostri sono molti i cristiani che colla parola, cogli scritti impugnano la verità conosciuta, perché torna loro
molesta.
IV - Invidia della grazia altrui. - Vuol dire vedere di mai occhio, essere malcontenti che il prossimo pratichi la virtù, viva religiosamente; e desiderare che il prossimo cada in peccato e non pratichi il bene in ordine alla vita eterna. E desiderare che gli altri non camminino per la via della salute. Così il demonio è stato invidioso della grazia di Adamo e di Eva; e lo è della grazia nostra. Di tale delitto si rendono facilmente colpevoli anche quelle persone che, vedendo il loro prossimo buono, pio, religioso, tentano con ogni mezzo dì trascinarli al male, imitando il demonio che, invidioso, indusse al peccato i nostri progenitori nel paradiso terrestre.
V - Ostinazione nei peccati. - Vuoi dire conoscere di far male, sapere che quel male offende Dio e conduce alla rovina, e tuttavia persistervi. Dio con le sue grazie, con le sue prediche, ecc. chiama il peccatore a penitenza. Ma l’ostinato non si arrende, persiste nel peccato che conosce essere male. Quanti purtroppo ai giorni nostri vivono colpevoli di questo delitto, respingendo la grazia di Dio e ostinandosi nel male!
VI - Impenitenza finale. - Una vita di peccato conduce spesso a morire impenitenti. È gran male peccare; è male maggiore perseverare nel male, ostinarsi nel peccato; supremo e irreparabile male è morire impenitenti, ostinati nel male, nell’avversione a Dio. Questo è l’ultimo e irreparabile delitto contro Dio, che ci ha creati e fatti cristiani per darci un giorno il paradiso. Per l’impenitenza finale l’uomo respinge tutte le grazie e gl’inviti paterni dei Signore e si precipita nell’eternità in stato di irreparabile ribellione a Dio che, per la suo giustizia, lo deve punire.
Pratica. - Se non volete arrivare a quest’estremo non vi familiarizzate mai col peccato. - Fuggite coloro che vogliono indurvi al male o anche solo allontanarvi dalla Chiesa. - Pregate lo Spirito Santo onde potervi sempre conservare nella sua santa grazia.

La spiegazione, leggermente modificata, è tratta da: Mons. Giuseppe Perardi, Nuovo Manuale del Catechista, Torino: L.I.C.E, 1914/11, pp. 244-46.