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La Corte Europea dice sì al Crocifisso nelle scuole


   
 
  
sabato 19 marzo 2011

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Dopo un anno e mezzo dal fatidico 3 novembre 2009, allorquando la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva ideologicamente ritenuto che l’esposizione del Crocifisso potesse essere fonte di lesione dei diritti alla libertà di coscienza e di educazione dei cittadini che in esso non si riconoscevano, il 18 marzo 2011, la Grande Chambre, cioè il secondo grado del predetto organo giurisdizionale, ha ribaltato, con un’ampia maggioranza di 15 a 2, la precedente decisione, riconoscendo, giustamente, che l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche non è di per sé lesiva dei diritti dei cittadini. L’esposizione è dunque legittima, in quanto non può essere intesa, arguisce il giudice, come fonte di indottrinamento, in quanto il Crocifisso è un simbolo sostanzialmente passivo la cui influenza non può essere paragonata né ad un discorso didattico, né ad una forma di insegnamento obbligatorio del Cristianesimo.
Sulla prima decisione erronea molto si è scritto, ma questo non esime dall’occasione di riflessione offerta dalla seconda, corretta, pronuncia.In primo luogo: nonostante le deviazioni ideologiche e negazioniste di tanti esponenti dell’intellighenzia post-comunista e filo-radicale (come Zagrebelsky, Rodotà, Flores D’Arcais, Scalfari ) inducano a reputare il contrario, la laicità è un concetto tipicamente cristiano: risulta sempre più bizzarro ritenere, dunque, che l’esposizione del simbolo di ciò (il Cristianesimo) che ha inventato (nel senso etimologico di inventio, cioè di scoperta, ritrovamento) l’idea stessa di laicità possa essere contrario alla laicità medesima; sarebbe come pensare che il cartello pubblicitario leda gli interessi economici della stessa impresa i prodotti della quale sono oggetto di pubblicità.In secondo luogo: si deduce che il principio di eguaglianza, base delle moderne legislazioni nazionali e delle carte internazionali dei diritti dell’uomo, e di cui, purtroppo, molti si riempiono la bocca pur essendo quasi totalmente sprovvisti della reale essenza d’un tale principio, non subisce lesioni dall’esposizione del Crocifisso. Anche in questo caso, del resto, l’uguaglianza, intesa come parità ontologica degli esseri umani che determina l’incoercibile rispetto della loro dignità prescindendo da ogni differenziazione politica o da ogni contingenza biologica ( colore della pelle, disabilità, grado dello sviluppo ), è una scoperta del tutto cristiana.
Si ricordino le parole di Bobbio, non certo un clericale, che citava a sua volta Mazzini:« Pur preconizzando una nuova epoca che chiamò sociale, Mazzini riconobbe che nella Dichiarazione dei diritti dell’89 erano stati riassunti “ i risultati dell’Epoca cristiana, ponendo fuor d’ogni dubbio e innalzando a dogma politico, la libertà conquistata nella sfera dell’idea del mondo greco-romano, l’eguaglianza conquistata dal mondo cristiano e la fratellanza, ch’è conseguenza immediata dei due termini”»; in altre parole, i principi cardine dell’illuminismo, libertà, eguaglianza e fratellanza (libertè, egalitè, fraternitè), altro non sono che una rielaborazione-riproposizione di principi geneticamente e genuinamente cristiani.Da ciò si potrebbe ritenere che non vi è nulla di più cristiano dell’illuminismo, ma questa sarebbe una visione parziale e parzialmente erronea che necessiterebbe d’una opportuna correzione apportata dalla consapevolezza che, alla luce di quanto detto, non v’è nulla di più illuministico del Cristianesimo.In terzo luogo: a seguito della predetta decisione della Grande Chambre si evince che il Crocifisso non è incompatibile con la libertà di coscienza. Anzi, tutt’altro: per ragioni storiche (i cristiani furono i primi a rivendicare la libertà di coscienza nei confronti dell’impero romano che pretendeva l’adorazione divinizzante dei propri sovrani ); per ragioni filosofiche ( come tra i tanti già Bobbio e Mazzini hanno egregiamente espresso); per ragioni teologiche (in quanto solo il Cristianesimo, soprattutto il cattolicesimo, ha posto le condizioni per il riconoscimento del libero arbitrio quale dimensione costitutiva dell’esistenza umana e del rapporto di questa con Dio).
La Grande Chambre, ripristina, dunque, i principi di legittimità e giustizia che il giudice di primo grado aveva stravolto disancorando la propria decisione dalla trama storica, filosofico-giuridica e teologica della simbologia cristiana. La libertà europea, volenti o nolenti, resta inderogabilmente legata, dunque, al Crocifisso che incarna, oltre il significato strettamente religioso che ad esso è proprio, anche e soprattutto il simbolo stesso della libertà, tale per cui pensare la libertà senza di esso o addirittura contro di esso, significa porsi in un’ottica non libera e perfino di non-pensiero. Rebus sic stantibus, non è un caso, allora, che uno dei padri del liberalismo, Alexis de Tocqueville, ebbe così a scrivere:«Non ho mai visto dei popoli liberi la cui libertà non affondasse più o meno profondamente le sue radici nella fede religiosa», così come si spera per la libertà europea, cioè non solo quella dell’Europa, ma soprattutto quella degli europei.