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    00 21/01/2010 21:40

    Ebrei e cristiani, una disputa (e un mistero) in famiglia

    di Vittorio Messori

    In questi giorni, torrenti di parole per la visita di Benedetto XVI alla Sinagoga romana, eretta là dove sorgeva il ghetto e orientata in modo da fronteggiare, quasi a sfida, la basilica, la più grande del mondo, che copre il sepolcro di un tal Simone. Un pio giudeo, costui, un oscuro pescatore sul lago di Tiberiade, rinominato Kefas, Pietro, da un certo Gesù, colui che, storicamente, altro non è se non un predicatore ambulante ebraico dell' epoca del Secondo Tempio, uno dei tanti che si dissero il Messia atteso da Israele. Il solito esaltato, all' apparenza (e tale apparve a un burocrate di Benevento, della famiglia dei Ponzi, chiamato controvoglia a giudicarlo), un visionario. Punita con la più vergognosa delle morti, quella riservata agli schiavi. Un illuso di cui si sarebbe perso il ricordo se i suoi discepoli - tutti circoncisi e fedeli alla Torah - non avessero cominciato a proclamare, con una testardaggine intrepida, che quel rabbì finito in malo modo era risorto ed era davvero l' Unto annunciato dai profeti. Quel gruppetto di ebrei riuscì a convincere altri ebrei, prima a Gerusalemme e poi nelle sinagoghe dell'emigrazione, dove si recarono ad annunciare che l' attesa millenaria di Israele aveva avuto compimento. La messe maggiore tra i correligionari la fece un credente entusiasta, un altro figlio di Abramo, un Saulo detto Paolo che, perché le cose fossero chiare, precisava subito ai correligionari di essere «circonciso l' ottavo giorno, della stirpe di Israele, della tribù di Beniamino, ebreo, figlio di ebrei». Anch' egli, come Pietro, finì ucciso dai pagani a Roma e anche sul suo sepolcro fu costruita una gigantesca basilica. Se da tutta l' Europa, per tutto il Medio Evo, folle di pellegrini convennero salmodianti e penitenti sul Tevere, è proprio per venerare la sepoltura di quelle due «colonne della fede»: entrambe, costituite da giudei sino al midollo. A lungo, i pagani non si preoccuparono di distinguere, dividendo sbrigativamente gli ebrei in due gruppi, quelli che alla loro fede aggiungevano questo esotico Cristo e quelli che lo rifiutavano: noiose dispute, querelles teologiche viste tante volte all' interno di ogni religione. Benedetto XVI, leggo in una cronaca, aveva con sé una piccola Bibbia che ha posato sul sedile dell' auto, scendendo davanti alla sinagoga. Ebbene, tra i 73 libri che compongono quel Testo su cui si fonda la fede della Chiesa solo Luca e, forse, Marco non sono figli di Israele. Tanto che si preferisce oggi sostituire l' indicazione di «Antico» e «Nuovo» Testamento con quella di «Primo» e «Secondo» Testamento, per sottolineare la continuità e l' omogeneità del messaggio. Perché ricordiamo tutto questo, e molto altro ancora che potremmo allegare? Ma perché numerosi commentatori, anche in questi giorni, sembrano dimenticare che, qui, vi è una storia in famiglia e, al contempo, un mistero religioso. È una storia di fede, e di fede soltanto: il «laico» può soltanto intravederne, e spesso in modo fuorviante, i contorni esterni. È un confronto tra figli di Abramo, sia per nascita che per adozione. E anche questo aspetto familiare ne spiega le asprezze, non unicamente da una parte: gli Atti degli Apostoli e le lettere di Paolo mostrano quanto dura sia stata la reazione del giudaismo ufficiale nei confronti degli «eretici». Ma chi ignora che i contrasti più aspri sono proprio quelli tra parenti stretti, che le guerre più temibili sono quelle civili? Fratelli, coltelli. Il cristianesimo è da duemila anni la fede in un Messia di Israele annunciato e atteso nei duemila anni precedenti da quello stesso Israele che poi in parte - ma solo in parte - non lo ha riconosciuto. Per l' ennesima volta, molte delle analisi e opinioni di questi giorni non sembrano consapevoli che qui siamo al di là delle categorie della storia, della politica, della cultura. I rapporti interni al giudeo-cristianesimo non sono un «problema» affrontabile con le consuete categorie: sono, lo dicevamo, un Mistero. Parola di Saulo-Paolo, e proprio ai Romani: «Non voglio, infatti, che ignoriate questo Mistero, perché non siate presuntuosi: l' indurimento di una parte d' Israele è in atto fino a quando saranno entrate tutte le genti. Allora, tutto Israele sarà salvato, come sta scritto». In ogni caso, anche gli «induriti», sono «amati a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili». Del tutto insufficienti, qui, le sapienze di politologi e intellettuali che non siano consapevoli che il confronto tra ebrei e cristiani appartiene non alla storia, ma alla teologia della storia. Solvitur in Excelsis: qui vi è un enigma, troppo spesso doloroso, che trova spiegazione solo nei Cieli, per dirla con quel grande filosofo e insieme grande cristiano che fu Jean Guitton.

    ©Corriere della Sera

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    00 13/02/2010 00:44
    Le iniziative di «Imago Veritatis» per l'ostensione della sacra Sindone

    Il mistero
    ha un volto e un corpo





    di Raffaele Alessandrini

    Se al mistero volessimo dare un volto e un corpo, come non pensare al sembiante e alla carne dell'Uomo della Sindone? Non è forse individuabile proprio nel mistero del "dolore e della morte la carta d'identità dell'uomo?". Così l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura sottolineando che innumerevoli artisti nel corso dei secoli, richiamandosi alla Sindone di Torino si sono interrogati nei modi e negli idiomi più diversi. Volto umano o volto divino?
    Quel volto non rappresentabile dell'Antico Testamento, quella voce senza immagine del roveto ardente, e che pure in modo ineffabile si era rivelato a Mosè parlandogli "bocca a bocca", a un certo punto ha manifestato il suo volto storico. Come ricorda il Vangelo di Giovanni, il Lògos si fa carne; e si introduce nella vicenda dell'uomo condividendone la sorte:  una condivisione che giunge fino "a penetrare nella galleria oscura del dolore e della morte"; fino al "tradimento degli amici"; fino alla sofferenza e al silenzio di Dio; fino alla morte più brutta.
    Monsignor Ravasi ha parlato in occasione della presentazione ufficiale delle iniziative culturali che accompagneranno l'ostensione del sacro lino di Torino, il 4 febbraio a Roma, all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede. Le iniziative realizzate in collaborazione con l'Associazione Sant'Anselmo, secondo il progetto "Imago Veritatis", sono due e consistono nella mostra "Gesù. Il volto, il corpo nell'arte" promossa e organizzata dal Consorzio di Valorizzazione Culturale la Venaria Reale con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura e nel concorso per le scuole "L'uomo della Sindone. Il volto e il corpo di Cristo".
    Dopo il saluto dall'ambasciatore Antonio Zanardi Landi, e l'introduzione di Ravasi, hanno preso la parola Andrea Gianni del direttivo di "Imago Veritatis" e presidente dell'Associazione Sant'Anselmo e monsignor Giuseppe Ghiberti presidente della Commissione diocesana Sindone di Torino. Gianni ha illustrato la storia dell'Associazione Sant'Anselmo da dieci anni impegnata a "guardare oltre" nel campo dell'editoria e della formazione storica, teologica e religiosa italiana. Ora nell'ambito della Sant'Anselmo è nata "Imago Veritatis", un progetto - sottolinea Gianni - "approvato dall'attuale segretario della Conferenza episcopale italiana monsignor Mariano Crociata, per la comunicazione della cultura cristiana attraverso la bellezza del cristianesimo così abbondantemente consegnata a uno dei migliori testimoni che si possa trovare:  l'arte. Ma l'arte è esperienza spirituale in sé, cioè, primo testimone di quel senso religioso che è insito in ogni uomo, credente o meno che divenga". E nel caso specifico della Sindone, al richiamo all'immagine del Dio fatto uomo, nonché alla storicità e alla fisicità del Cristo, come non riconoscere in essa - conclude Gianni - l'imago veritatis per eccellenza? Di quel lenzuolo in lino antico, tessuto a spina di pesce, lungo 4 metri e 42 centimetri e largo 1 metro e 12 - come ha ricordato monsignor Ghiberti - al di là degli studi, delle congetture e delle interpretazioni, non va mai trascurata la dimensione primaria che è quella della devozione e nell'essere segno di un fatto:  "la Sindone si presenta anzitutto per ciò che è". Un invito a misurarsi con la persona e con quella persona.
    Ma questa persona la conosciamo davvero? E soprattutto la conoscono i giovani di oggi? A tale proposito è intervenuta Lucetta Scaraffia dell'università di Roma La Sapienza che illustrando la seconda iniziativa di "Imago Veritatis" - riguardante il concorso per alunni e studenti delle scuole del Piemonte, "Il volto e il corpo di Cristo" - ha osservato come molti ragazzi oggi non sappiano più chi sia Gesù. Non di rado lo ritengono una figura lontana, astratta e sorpassata come una divinità esotica o del mondo classico. Ma, al di là delle convinzioni religiose, Gesù è una figura storica e dunque - sottolinea Scaraffia - il concorso tende a sollecitare la curiosità e l'interesse dei più giovani, chiamati a confrontarsi con una serie di raffigurazioni del Cristo su cui riflettere per poi esprimersi nei modi a loro più consoni e consueti quali un tema, una riflessione, un disegno e così via.
    Da ultimo il direttore della Venaria Reale Alberto Vanelli ha illustrato l'eccezionale complesso architettonico e urbanistico della reggia barocca di Venaria la cui magnificenza fu ispirata a metà del Seicento da Carlo Emanuele ii di Savoia e che ora è divenuta simbolo di modernità e di cultura. Per l'opera di restauro di questa "Versailles piemontese" - nel suo genere l'intervento di recupero più grande tra tutti quelli realizzati fino ad ora in Europa - ci sono voluti duecento milioni di euro.
    La reggia che ha già ospitato attività espositive, convegni, concerti e si prepara ad accogliere la grande esposizione d'arte - curata da monsignor Timothy Verdon, della Stanford University e canonico del Duomo di Firenze - dal 2007 a ora ha già accolto oltre due milioni di visitatori. Verdon, collaboratore del nostro giornale, è tra i massimi conoscitori di arte sacra ed è coadiuvato da un comitato scientifico composto da Lucetta Scaraffia, Michele Bacci (università di Siena), Andrea Longhi (Politecnico di Torino), Andrea Gianni (Associazione Sant'Anselmo). Composta di opere di pittura e di scultura dal paleocristiano al barocco, la mostra "si pone in parallelo all'Ostensione mettendo in luce la prospettiva culturale di cui l'evento religioso fa parte".
    Mentre a Torino i pellegrini pregheranno di fronte al sacro lino - ha detto ancora il curatore dell'esposizione - la mostra della reggia di Venaria consentirà ai visitatori di riscoprire e di riflettere sulla centralità del corpo nel pensiero europeo, e d'interrogarsi sulla dimensione corporea e l'identità divina impliciti nella venerazione della Sindone e della Veronica. L'intera mostra è introdotta da un breve percorso storico-artistico, inteso a rammentare alcuni passaggi fondamentali per la rappresentazione del corpo in Occidente, "dall'assimilazione paleocristiana, del naturalismo grecoromano, alla spiritualizzazione bizantina fino alla nuova enfasi del primo francescanesimo per giungere alla riscoperta dell'estetica classica nel "protorinascimento" nel Duecento".


    (©L'Osservatore Romano - 6 febbraio 2010)
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    00 03/03/2010 13:39
    Il professor Garlaschelli, che sostiene di aver riprodotto la Sindone, inconsapevolmente, ha dimostrato come non possa essere attendibile la procedura utilizzata per la riproduzione dell’immagine del sudario.
    Ad esempio dice:"Con tempera liquida sono stati poi aggiunti i segni dei colpi di flagello e le macchie di sangue".
    Cioè dopo aver riprodotto l’immagine ha piazzato il sangue. Evidentemente Garlaschelli ignora che nel 1978, un gruppo di scienziati statunitensi appartenenti allo STURP (Shroud of Turin Research Project) effettuarono una serie di esami (spettroscopia nel visibile e nell’ultravioletto per riflettanza e per fluorescenza, spettroscopia ai raggi X e IR, spettroscopia di massa, termografia infrarossa, radiografia, ecc., altro che tempera e pennelli) e scoprirono inequivocabilmente che l’immagine corporea è assente al di sotto delle macchie ematiche, e dunque si è formata successivamente ad esse.
    Ciò è dovuto ad un’ossidazione-disidratazione della cellulosa delle fibre superficiali del tessuto con formazione di gruppi carbonilici coniugati. Tale alterazione è rilevabile solo superficialmente per una profondità di circa 40 micrometri (ossia 4 centesimi di millimetro). È stato inoltre dimostrato che la colorazione delle fibre nelle zone dell’immagine è uniforme e le variazioni di intensità dell’immagine sono dovute al numero di fibre colorate per unità di superficie. Nelle zone ematiche è stata evidenziata la presenza di anelli porfirinici e le stesse zone hanno dato luogo a reazioni di immunofluorescenza tipiche del sangue umano di gruppo AB (lo stesso del miracolo di Lanciano).
    Inoltre accertarono l’assoluta mancanza di pigmenti e coloranti sul lenzuolo.

    Insomma, nella Sindone ci sono una marea di caratteristiche che la sua copia non ha.
    Il professore poi non ha dimostrato la tridimensionalità dell'immagine sindonica e la sua doppia superficialità. Inoltre per i contorni dell'immagine ha utilizzato il colore ocra quando, come riportato sopra, nella Sindone non vi è traccia di pigmenti di colore nè di pittura nè di vernice.
    Qualcuno dovrà prendersi la briga di dirgli chenon è sufficiente ottenere un’immagine che ad un esame visivo appaia simile a quella presente sulla Sindone.

    La notizia fa il giro dell'Italia, grazie agli avamposti atei che ormai sono penetrati silenziosamente in ogni città, e grazie ai blog che copiano-incollano ogni sillaba scritta sul sito UAAR.

    Ad ogni modo non c'è alcunché di nuovo nel risultato ottenuto perché analoghe immagini sperimentali furono considerate nel lavoro pubblicato nel Journal of Imaging Science and Technology, (vol. 46-2) nel 2002, risultando anch'essi molto carenti delle gradazioni intermedie di colore rispetto all’immagine sindonica.
    Il dottor Garlaschelli, infatti, non dice nulla riguardo alla profondità di colorazione utilizzata, che è molto sottile (un quinto di millesimo di millimetro) nel caso dell’immagine Sindonica ed è praticamente impossibile riprodurre tale profondità tramite le sostanze chimiche da lui utilizzate.
    L’immagine ora proposta da venerare dagli atei, dono del dio Scienza, si basa su altri studi precedenti di migliore riuscita come quello ottenuto utilizzando pigmenti a base di ossido di ferro dalla studiosa americana Emily Craig. Analizzato a livello microscopico, il lavoro della Craig, ha comunque dato risultati alquanto deludenti.

    Infine, se avesse effettivamente trovato il modo di riprodurre qualcosa di simile alla Sindone, egli avrebbe dovuto sottoporre al vaglio della comunità scientifica i suoi risultati prima di esporli ad un pubblico impossibilitato ad eseguire verifiche dettagliate di laboratorio, ad esempio analisi microscopichiche che toglierebbero ogni dubbio riguardo la profondità submicrometrica della colorazione. Secondo voi perchè non lo ha fatto?
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    00 05/03/2010 23:32
    Nuovo libro sulla Sindone a poche settimane dall'Ostensione






    C’è chi l’ha definita uno ‘straccio sporco’, chi un ‘falso realizzato per ingannare i fedeli’. Eppure la Sindone, protagonista della prossima Ostensione a Torino, dal 10 aprile al 23 maggio, continua ad attrarre l’attenzione di scienziati e storici. Secondo la sindonologa Emanuela Marinelli un approccio informato e rigoroso conduce a una certezza: il ‘Sacro Lino’, oltre a essere uno strumento di evangelizzazione, non è un falso. La studiosa italiana ne parla nel suo ultimo libro ‘La Sindone, testimone di una presenza’ edito dalla San Paolo. L’autrice, al microfono di Fabio Colagrande, spiega il significato di questo titolo:

    R. – Ho scelto questo titolo – Testimone di una presenza – mettendo insieme le parole di Giovanni Paolo II, che ha definito la Sindone testimone muto ma singolarmente eloquente della passione, morte e risurrezione di Cristo e allo stesso tempo quelle di Paul Claudel che disse: “Più che un’immagine, è una presenza”. Ecco, quindi: testimone di una presenza. E’ qualcosa che resta vicino a noi e ci fa meditare.

     
    D. – Perché la Sindone attira l’interesse di numerosi scienziati?

     
    R. – Certamente, per il fatto che l’immagine non è usuale; il fatto che ci sia sangue sulla Sindone non è strano: il telo ha avvolto un cadavere! Ma come ha fatto questo cadavere ad imprimere su di esso la sua immagine in negativo, come una specie di fotografia? Ecco, questo ancora non è del tutto spiegato e quindi gli scienziati sono affascinati.

     
    D. – Di solito, il primo approccio di una persona colta alla Sindone è abbastanza scettico, non è vero?

     
    R. – Certo, a molti sembra strano che ancora possa essere conservato il lenzuolo funebre di Gesù: sembra quasi incredibile! Diciamo che la Sindone parla linguaggi diversi a seconda della propria sensibilità, di come uno si avvicina alla Sindone. Però, bisogna conoscerla. Non a caso, tutti i negatori della sua autenticità non l’hanno mai vista, e lo dicono. Come si fa a dire che non è necessario conoscere un oggetto per pronunciarsi? Ci sono affermazioni di questo tipo da parte di chi pretende di dire che è falsa. D’altra parte, chi si è avvicinato alla Sindone in modo scettico ma l’ha esaminata, l’ha studiata, ha cambiato parere: forse c’è anche un po’ la paura di confrontarsi con un oggetto così straordinario. Quel volto così tumefatto, pesto, insanguinato ma sereno, trasfonde pace, trasfonde un messaggio che va al di là delle nostre povere e misere metodologie umane. Forse è proprio questo, il punto chiave della Sindone. Lì c’è stato un cadavere e la sua storia è proprio quella narrata nei Vangeli, ma non è rimasto lì e ha lasciato un’immagine che ci dà un messaggio che va al di là della morte. E anche di fronte a un approccio diciamo sanamente dubbioso, perché è ovvio che bisogna porsi delle domande, la Sindone dà delle risposte! Bisogna interrogarla, e lei risponde.

     
    D. – Dal suo volume, professoressa, emerge anche un altro aspetto: che si tratta di un oggetto che stimola un approccio multidisciplinare, perché parlando della Sindone parliamo anche di letteratura, parliamo di arte … è un oggetto, al di là dell’approccio scientifico, sicuramente stimolante da molti punti di vista …

     
    R. – Certamente è un messaggio che ci invita ad essere umili, cioè a non ritenere la propria scienza la più importante. Se il chimico dicesse che non è importante lo storico dell’arte, o l’archeologo dicesse che non è importante il matematico, andremmo fuori strada. Quindi ci vuole umiltà e collaborazione. E’ una lezione anche in questo senso, la Sindone! Nessuno, da solo, può arrivare alla chiave del mistero. Solo l’insieme di almeno 30 diverse discipline può incominciare a far luce su questo mistero.

     
    D. – Lei ha dedicato la sua vita proprio allo studio della Sindone. Come guarda a questa prossima Ostensione?

     
    R. – Tutte le volte che se ne parla, anche criticandola, anche cercando di demolirla, ci stimola comunque a conoscerla. L’Ostensione diventa l’occasione propizia per fare un salto di qualità: dalla curiosità, passare alla venerazione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
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    00 23/03/2010 12:13
    Il Nunzio Apostolico in Bosnia Erzegovina a
    riguardo della Commissione Internazionale su
    Medjugorje
    data: 20.03.2010.
    Il Nunzio Apostolico in Bosnia Erzegovina, l'Arcivescovo Alessandro D'Errico, al termine della 48°
    seduta della Conferenza Episcopale della Bosnia Erzegovina, giovedì 18 marzo, ha commentato la
    costituzione della Commissione Internazionale su Medjugorje. In una dichiarazione, trasmessa da
    Radio "Mir" Medjugorje, ha detto tra l'altro: "Ogni volta che l'ho incontrato, il Santo Padre ha sempre
    mostrato grande interesse per Medjugorje. Ha seguito tutto, fin da quando era Prefetto della
    Congregazione per la Dottrina della Fede. Egli è consapevole del fatto che questa è una questione
    di particolare importanza, ed egli, come suprema autorità della Chiesa, sente la responsabilità di dire
    una parola chiara. Il Santo Padre conosce bene il fenomeno di Medjugorje, me lo ha detto spesso.
    Egli è consapevole della grande e positiva influenza dei sacerdoti locali, dei religiosi, dei
    francescani, dei laici, e di conseguenza gli è difficile capire come vi possano essere tante
    informazioni divergenti sulla stessa materia.
    Per questo ha voluto costituire questa Commissione che è ad un livello particolarmente alto. Ha
    voluto istituire questa Commissione per ottenere un quadro più ampio di ciò attraverso persone
    altamente qualificate e competenti. Così ha invitato Cardinali, Vescovi, esperti e periti provenienti da
    diverse parti del mondo, a prendere parte a tale Commissione. Il 17 Marzo è stato annunciato
    pubblicamente che il Presidente della Commissione sarà il Cardinal Ruini, un Cardinale di grande
    prestigio e di grandi qualità, molto vicino al Santo Padre, e suo amico non solo dal tempo in cui è
    Papa. Il Cardinal Ruini conosce bene la situazione in Bosnia Erzegovina, in particolare dal tempo
    della guerra, quando era Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Allora dispose che la
    Chiesa italiana e la Conferenza Episcopale Italiana fossero coinvolti negli aiuti a vantaggio di tutti i
    popoli in Bosnia Erzegovina. Una cosa molto interessante e particolare, che mostra la grande
    simpatia del Santo Padre per questa terra, è che egli ha voluto che l'annuncio della Commissione
    fosse dato pubblicamente, nello stesso momento, in Vaticano ed a Mostar, perché Medjugorje si
    trova nel territorio della Diocesi di Mostar. So bene che i Media hanno parlato di questa
    Commissione da tempo e che si è creata una grande aspettativa. Oggi possiamo dire che siamo
    soddisfatti e grati al Santo Padre per questa attenzione che ha voluto mostrare verso Mostar e le
    nostre comunità cattoliche. Così, il 17 marzo, a nome del Santo Padre, ho annunciato questa
    decisione nello stesso momento in cui è stata annunciata a Roma. Capiamo che il lavoro di questa
    Commissione sarà molto impegnativo e vorrei invitare tutte le nostre comunità a pregare e ad
    affidare la sua attività alla protezione di San Giuseppe e a Maria, Madre della Chiesa, patroni di
    Mostar".
    http://medjugorje.hr
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    00 26/03/2010 22:32
    ANSA, Ultimo aggiornamento: 16/03/2010

    Sindone: scritte in antica lingua piceni

    Studioso, corte Ponzio Pilato era formata da piceni e sabini

    Sindone: scritte in antica lingua piceni

    (ANSA) - FERMO, 16 MAR -

    I segni sulla Sindone, interpretati da alcuni studiosi come caratteri greci-latini-aramaici,sono iscrizioni nell'antica lingua dei Piceni. Lo sostiene uno studioso delle Marche, la terra dei Piceni, Giovanni Rocchi, esperto della lingua di quell'antica popolazione, di cui si hanno tracce a partire dal 1.500 a.C., che cadde poi sotto la dominazione dei romani. Rocchi, che ha identificato l'antica lingua picena, sostiene che la corte di Ponzio Pilato era composta da persone sabine e picene.

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    00 27/03/2010 12:28
    «Col Papa e con le vittime»
    Solidarietà senza confini
    Nessuno essuno «dovrebbe dubitare della ferma intenzione di Benedetto XVI di sradicare» il «male dell’abuso sessuale», che «non può aver posto nella Chiesa cattolica». Senza mezze misure indignato il tono con cui giovedì sera il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, ha difeso papa Ratzinger dalle accuse rivoltegli riguardo ai casi di pedofilia recentemente denunciati dalla Germania e dagli Usa. Pell, che si era trovato a dover fronteggiare vicende analoghe nella sua diocesi ed è stato testimone diretto dell’«enorme compassione e bontà» con cui il Pontefice si è sempre «personalmente impegnato a fare tutto quello che può per rendere giustizia e confortare le vittime», ha poi richiamato la Lettera «senza precedenti che il Papa ha scritto ai cattolici d’Irlanda». Nella quale, osserva, il suo appello «a una continua collaborazione con la polizia e gli organi di giustizia nei casi di accusa di abusi sessuali è coerente con il forte impegno con il quale ha affrontato tale questione sin da quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede».

    Al medesimo riguardo, anche monsignor Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, ha voluto ieri riportare la propria «diretta esperienza di arcivescovo di una diocesi d’Italia che si è trovata a confrontarsi con questo tipo di problematiche, e che ha sempre trovato nella Congregazione per la dottrina della fede la massima attenzione e direi la massima severità». Nel dicastero dottrinale della Santa Sede «non s’insabbiano queste cose – ha insistito Betori ai microfoni della Radio Vaticana – né al tempo in cui la responsabilità era dell’allora cardinale Ratzinger e dell’allora segretario Bertone, né ora che Joseph Ratzinger è il nostro Santo Padre e altri suoi collaboratori sono preposti a questo compito».

    «Piena comunione, adesione sincera e immutata a Benedetto XVI» viene espressa da monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare d’Italia, che in una lettera stigmatizza come «sulla stampa si continui a manifestare avversione per il Papa». «Addolora questa forma subdola di progressiva e continua irrisione e di aperta aggressività a tutto quello che la Chiesa cattolica – prosegue Pelvi – propone per tenere lo sguardo rivolto verso l’alto, dimensione autentica di libertà».

    Secondo monsignor Bruno Forte, presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, il pontificato di Benedetto XVI è «caratterizzato dal grande coraggio, dalla sincerità e dalla trasparenza», atteggiamento che «può dare fastidio a qualcuno. Come avviene per ogni testimone della verità, a partire da colui che è la verità in persona, Gesù, il Papa paga di persona per quello che annuncia». Al contrario di quello che viene detto, il Papa «ha squarciato il velo di omertà per cui tanti dovrebbero fare un mea culpa sui silenzi tenuti perché non sempre la società ha denunciato con forza e libertà».

    Non c’è dubbio, tuttavia, che «i duri attacchi contro la Chiesa e il Santo Padre di questi giorni disorientano le coscienze di molti cristiani e creano amarezza». Per questo l’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato ha invitato tutti i parroci ad inserire nella preghiera dei fedeli delle sante Messe di domenica prossima 28 marzo una speciale intenzione in cui, mentre si riconoscono «con sofferenza, i gravi peccati di alcuni membri della Chiesa e del clero», allo stesso tempo si stigmatizza come «certe accuse violente contro il Papa e la Chiesa vengono da animi astiosi e da menti disoneste». Di qui l’invito a pregare per «esprimere la nostra comunione con il Papa».

    Di «accanimento mediatico» contro il Benedetto XVI parla padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia; anzi «una guerra» dalla quale tuttavia la Chiesa «uscirà più splendente che mai», a patto di mettere in gioco tutta l’«umiltà» di cui è capace, senza rinunciare a rispondere agli attacchi, puntualizzare, precisare. E di «attacco forte contro il Sommo Pontefice, il vicario di Cristo, e la Chiesa» parla anche il cardinale George Cottier, teologo emerito della Casa Pontificia.

    Anche dal mondo dell’associazionismo la solidarietà verso il Pontefice è compatta. Come già aveva fatto a inizio settimana il presidente dell’Azione Cattolica Franco Miano, che aveva stigmatizzato l’uso di «false accuse» riguardo a «una vicenda che si è conclusa con un processo nel quale non è stato minimamente coinvolto l’arcivescovo Ratzinger», ieri Carlo Costalli, presidente nazionale del Movimento cristiano lavoratori (Mcl) ha osservato come «ormai è chiaro che quello dei casi di pedofilia è solo un pretesto per colpire, con il Papa, tutta la Chiesa cattolica e la comunità dei cristiani, che si cerca di far passare come una congrega di pedofili». Un vero e proprio «gioco al massacro» fondato sulla «lettura strumentale» di vicende in cui «al pari delle vittime, la Chiesa è stata danneggiata dalla condotta scellerata di alcuni preti». Si tratta, insomma, di una «squallida ed intollerabile campagna diffamatoria, finalizzata a screditare la Chiesa, i suoi pastori e tutta la comunità cristiana», come rileva ancora l’Associazione dei medici cattolici italiani.

    Anche dal di fuori dei confini italiani, la vicinanza espressa al Papa è forte e incondizionata. Lo hanno fatto i vescovi francesi, in una lettera pubblica, e lo ha fatto il primate della Chiesa cattolica in Inghilterra e Galles, l’arcivescovo Vincent Nichols, in un editoriale pubblicato dal Times in cui definisce «ingiuste» le accuse mosse nei confronti del Pontefice, che da responsabile della Congregazione della dottrina della fede «aveva incoraggiato importanti modifiche» della legge canonica, e che oggi «non è un vano osservatore. Le sue azioni parlano chiaramente quanto le sue parole».
    Salvatore Mazza
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    00 27/03/2010 21:39

    27 marzo 2010 :: Corriere della Sera
    Fermezza e perdono, così la Chiesa respinge la ferocia giacobina
    di Vittorio Messori

    Né l’uomo Joseph Ratzinger né il papa Benedetto XVI hanno di certo bisogno della nostra difesa. La stima e il rispetto di cui quest’uomo gode anche tra i laici testimoniano che in lui vive al meglio quella sintesi cattolica che rifiuta ogni aut-aut ed è retta dalla “legge dell’ et-et“, la coincidentia oppositorum, l’unione degli opposti. Chi lo conosce bene sa fino a che punto nel Ratzinger professore, poi Cardinal Prefetto, infine Pontefice, convivano severità e misericordia, rigore e comprensione, rispetto della norma e attenzione alla singola situazione umana. C’è, in lui, l’umanità dei vecchi uomini di Chiesa che, dal pulpito, denunciavano a voce alta il peccato; ma poi, nel confessionale, a tu per tu col peccatore concreto, interpretavano con larghezza l’invito del Cristo a capire e perdonare.

    Di una durezza inaudita la sua lettera alla Chiesa d’Irlanda: il dolore e lo sdegno per i tradimenti del Vangelo non sono attenuati da alcuna ipocrisia teologicamente corretta. In quella pagine drammatiche, Benedetto XVI non tenta neppure di diminuire la colpa, ricordando quanto siano sospetti tanti pulpiti da cui giungono le prediche. Neanche una sua parola sulla ipocrisia dei vecchi apostoli sessantottardi della “rivoluzione sessuale“, che hanno vestito nuovi abiti da moralisti scandalizzati e arcigni. Silenzio papale sulla difesa dei piccoli da parte di chi predica come un diritto intoccabile l’eliminazione a piacimento degli ancora più piccoli. Neanche un accenno, nella lettera, agli appetiti economici che hanno portato grandi studi legali anglosassoni a pubblicare annunci sui media: “Vuoi diventare milionario? Metti tuo figlio in seminario per un anno e poi passa da noi“. La common law, in effetti, permette agli avvocati di dividere a metà con il cliente gli enormi risarcimenti stabiliti dai tribunali. Agenti degli studi legali utilizzano a tappeto liste di vegliardi per convincerli a denuncie miliardarie. Meglio se gli accusati sono morti: tanto, vescovi e superiori di congregazioni pagano comunque, per evitare scandali maggiori. Il “cattolico pederasta“ è da anni, negli Stati Uniti, il protagonista di un business enorme, tanto da avere portato alla bancarotta diocesi e ordini opulenti.

    Eppure, Benedetto XVI non cerca alcuna attenuante, pur legittima e fondata: il suo dito accusatore non si rivolge verso l’esterno della Chiesa ma solo verso quei suoi figli che l’hanno tradita. Per essi, ha parole terribili, in cui vibra lo sdegno dei profeti biblici. Ma , dopo la condanna, ecco la speranza, ecco il richiamo alla misericordia di un Dio che sa trarre il bene anche dal male, esortando i colpevoli a pagare il prezzo dovuto ma a non disperare del perdono del Cristo. Nessun peccato è tanto grande da esaurire la misericordia divina, pentimento e penitenza possono aprire a chi lo voglia la via della riconciliazione.

    In questo figlio della vecchia Baviera cattolica, c’è quanto ha contrassegnato, appunto, il cattolicesimo autentico: il rifiuto della disumana ferocia “giacobina“, il rigetto della condanna senza appello, della giustizia che non fa posto anche alla comprensione, dello jus , il diritto, senza la pietas per la condizione umana. I tentativi attuali di trascinarlo sul banco degli imputati nulla sanno, tra molti altri errori e manipolazioni, di questa sapienza che è quella stessa che marca l’esperienza bimillenaria della Chiesa. Una sapienza “dal volto umano“ che però –lo dicevamo– segue l’aurea legge dell’et-et e, dunque, sa far posto al contempo alla sferza, come ben sa proprio la Chiesa che è in Irlanda. E a coloro che vorrebbero accusare il già Cardinal Prefetto della Congregazione per la Fede di avere rimosso e taciuto, va ricordato, tra l’altro, quel “mistero doloroso“ che è il caso di Marcial Maciel Degollado. La Congregazione dei “Legionari di Cristo“, fondata da questo messicano, era cara a Giovanni Palo II: mentre le vecchie famiglie religiose si estinguono o vivacchiano, ecco una schiera di giovani entusiasti e difensori dell’ortodossia. Le voci che giungevano a Roma sulle molestie di don Marcial ai seminaristi erano vagliate con prudenza da papa Wojtyla, che ricordava come anche in Polonia simili accuse fossero usate dai comunisti per infangare la Chiesa. Ebbene, tra le prime misure di Ratzinger giunto al papato ci fu la sospensione a divinis di quel fondatore, imponendogli di chiudersi in clausura, dedicando il tempo che gli restava alla preghiera e alla penitenza. Non solo: Benedetto XVI si affrettò ad abolire il quarto voto dei Legionari, quello detto “di discrezione“, che imponeva il silenzio sui superiori e ostacolava così le indagini della Santa Sede. Tanto che, tra i Legionari, c’è chi sospetta papa Ratzinger di essere mal consigliato o, addirittura, di far parte di un complotto contro la già potente Congregazione. Dunque, l’uomo accusato dall’esterno di “non avere agito“, all’interno della Chiesa è accusato di “avere agito troppo“. E non solo verso i Legionari, ma in tanti altri casi, non appena il sospetto di abusi sessuali si faceva certezza. Un paradosso tanto ignorato quanto significativo.
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    00 04/04/2010 18:11

    Più prudenza nella comunicazione

    di Vittorio Messori

    Il più diplomatico è stato il rabbino responsabile dei rapporti con le altre religioni del Jewish Committee americano: “Quello del Predicatore Pontificio è stato probabilmente solo un uso sfortunato del linguaggio“. Ben altre, lo sappiamo, le reazioni del mondo ebraico all’inciso dedicato alla “lettera dell’amico israelita“ nell’omelia pronunciata davanti al papa  da padre Raniero Cantalamessa. Un cappuccino che conosciamo dai tempi in cui era giovane, brillante docente di Nuovo Testamento alla Cattolica di Milano. Religioso non solo di grande cultura ma anche di autentica vocazione francescana, stupì tutti, dimettendosi da quella cattedra prestigiosa per consacrarsi interamente all’apostolato. Anche per l’equilibrio mostrato nelle pagine dei suoi molti best seller, padre Raniero fu chiamato al ruolo delicato e influente di Predicatore della Casa Pontificia.

    Come aspettarsi un infortunio come quello del Venerdì Santo, da parte di uomo che allo zelo pastorale unisce la lunga esperienza e la   prudenza, la  prima delle virtù cristiane? Ma, innanzitutto: proprio di infortunio si è trattato? Completando la lettura “innocentista“ del rabbino americano, ci pare che si debba parlare di inopportunità, considerate  anche la sede e l’occasione liturgica, ma che le parole di padre Cantalamessa siano per qualcuno opinabili ma non condannabili. La consueta semplificazione giornalistica ha fatto credere che la persecuzione degli ebrei sia stata, scandalosamente, equiparata alla doverosa severità per la pederastia clericale. In realtà, se si va al testo, il Predicatore Pontificio ha precisato che non intendeva parlare della “sciagurata macchia della pedofilia che ha coinvolto anche elementi del clero“, visto che “di questa già si è parlato e si parla molto fuori di qui“. Ciò cui padre Raniero intendeva alludere era “l’attacco violento e concentrico contro la Chiesa, il Papa e tutti i fedeli cattolici in molte parti del mondo“. L’oggetto era, insomma, quel crescente “complesso anticristiano“ (e, in particolare, anticattolico) di cui su questo giornale    parlava di recente anche Ernesto Galli della Loggia.

    Secondo Cantalamessa, ci sarebbero i segni di una persecuzione della Chiesa e dei suoi membri già in atto, ma che potrebbe peggiorare.  Si tratta di segni che l’amico israelita, di cui ha letto la lettera, sarebbe in grado di identificare per dura esperienza, “sapendo, come ebreo, che cosa significhi essere vittime della violenza collettiva“. Quei segnali allarmanti sarebbero “l’uso dello stereotipo“ e “il passaggio dalla responsabilità personale a quella collettiva“. Per stare alla questione pedofilia, lo stereotipo starebbe in quelle rappresentazioni, che diventano luoghi  comuni, che identificano vita religiosa e pederastia. O che vedono nella  prospettiva cattolica solo il moralismo ipocrita di chi, in segreto, è assai peggio degli altri, praticando vizi inconfessabili. Da qui, il passaggio a   generalizzazioni, come se ogni battezzato fosse, in quanto tale, un potenziale maniaco sessuale; così come, per l’antisemitismo, ogni ebreo era tacciato di essere un cittadino infido e una sanguisuga dei popoli. Una denuncia, insomma, della gravità della persecuzione che colpì gli ebrei e, insieme, della possibilità che anche i cristiani diventino perseguitati. E’ una prospettiva, peraltro, che già si è fatta realtà: se in Occidente qualcuno vorrebbe respingere il cattolico in una riserva, chiudendolo in una sorta di apartheid, in altre parti del mondo non scorre inchiostro ma sangue. Stando anche alle statistiche della insospettabile Amnesty International, da almeno due decenni il cristianesimo è, nel mondo, la religione più perseguitata. Il martirologio dei credenti nel Vangelo giustifica la denuncia di una persecuzione sempre crescente. Non solo ogni anno Ordini e Congregazioni missionarie stilano un elenco impressionante di vittime, ma le Chiese locali stesse piangono i loro defunti, spesso massacrati nei modi più crudeli. 

    E’ a questo scenario di vastità mondiale e di lunga durata, non all’attuale  cronaca nera a sfondo sessuale, che voleva riferirsi padre Cantalamessa. Per questo non ha avuto torto il portavoce vaticano, padre Lombardi, nel rassicurare il mondo ebraico che non vi era alcuna intenzione di equiparare le  campagne antisemite alle campagne contro la pedofilia. Come se si volesse mettere sullo stesso piano la persecuzione degli innocenti ebrei e la giustizia verso dei religiosi colpevoli non solo di un peccato contro i comandamenti di Dio ma anche contro la legge degli uomini. E ha avuto ragione, il padre Lombardi, anche nel rinviare al testo autentico, per constatare  come il padre Cantalamessa non solo non avesse proceduto a cinici confronti, ma desiderasse, anzi, dire la sua gratitudine a un israelita amico e solidale.

    Se lette in questo modo, le affermazioni “scandalose“ del Predicatore Pontificio non sono più tali: anzi, meritano riflessione perché, mentre deprecano un passato di violenza, denunciano un presente e un possibile futuro segnati essi pure dalla violenza. Questo riconosciuto, non ha torto neppure il pacato rabbino del Jewish Committee  nel deprecare “un uso sfortunato del linguaggio“ da parte dell’autorevole cappuccino. Più che di “sfortuna” parleremmo, lo si diceva, di inopportunità: come ha ricordato il rabbino capo di Roma, il momento per rischiare equivoci su questi temi non è certo il venerdì santo, ricorrenza di una morte in croce a Gerusalemme. Il malinteso di cui è stato vittima il buon francescano padre Raniero ricorda quello che provocò la sollevazione dell’altro monoteismo, l’islamico. La citazione, fatta da Benedetto XVI nella sua Ratisbona, di una frase ingiuriosa verso Maometto scritta un imperatore bizantino del XIII secolo, fu “lanciata“ dalle consuete agenzie come se rispecchiasse il pensiero del papa. Al contrario: era stata fatta da papa Ratzinger per dissentirne. Altri, troppo numerosi, infortuni mediatici hanno coinvolto in questi anni la Gerarchia. Le cause? Innanzitutto, forse, l’eccesso di parole dette e scritte; poi, la minor qualità della “macchina“ ecclesiale chiamata al controllo dei testi; infine, una certa ingenuità degli uomini di Chiesa. Abituati a discorsi complessi e articolati, non mettono in conto la necessità dei media di sintesi, spesso brutali se non deformanti, che facciano titolo. Educati, poi, alla lealtà, confidano in quella del “mondo“ dove, invece, non pochi li attendono al varco per danneggiare quella Chiesa che considerano avversaria. Da qui una “modesta proposta per prevenire“: affiancare, cioè, ai severi corsi di aggiornamento biblico e teologico, anche l’incontro con qualche vecchio, scafato cronista che, ai troppo fiduciosi pastori, riveli trappole e agguati del media-system e gli onesti, ma furbi, trucchi per evitarli. 

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    00 14/04/2010 10:56
    Pedofilia, la Chiesa
    è ancora più trasparente
    La Santa Sede conferma la linea della trasparenza sulla pedofilia nella Chiesa, un "cammino tumultuoso" intrapreso tuttavia nella linea del "dialogo": lo ha detto il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva se il Vaticano non si sentisse in questi giorni "sotto assedio".

    "Io no - ha risposto il gesuita - e non ho espresso questo atteggiamento", rispondendo "con tre note scritte" agli interrogativi sollevati dai media destinate proprio a "far ragionare e capire la linea adottata contro gli abusi". Padre Lombardi ha poi aggiunto, rispondendo a un'altra domanda, che la pubblicazione delle linee-guida sulle procedure attuate contro i preti pedofili, non sono una novità ma
    disposizioni diramate fin dal 2003, non va intesa come una spiegazione tardiva, ma come un gesto di "chiarimento". "Un giornalista mi ha chiesto come funzionavano i processi e abbiamo pensato fosse uno strumento utile per tutti", ha detto. È stato quindi il segno di "un normale procedere tra domande e risposte finalizzato a capire meglio una situazione confusa, in cui c'è un grande accumulo di domande".

    Lo stesso spirito - ha proseguito - aveva ispirato la pubblicazione dell'intervista al promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della fede, mons. Charles J. Scicluna. Una "linea adeguata all'intento di trasparenza", lungo un "cammino tumultuoso" ma anche di dialogo.

    LA CHIESA E' ANCORA PIU' TRASPARENTE
    Gianni Cardinale
    Nel segno della trasparenza la Santa Sede ha messo ieri in rete sul proprio sito una Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la dottrina della fede (Cdf) riguardo le accuse di abusi sessuali. Il testo, scritto per i non specialisti – giornalisti compresi – è stato pubblicato in inglese, mentre L’Osservatore Romano ne ha offerto una traduzione in italiano. La Guida non presenta novità normative, ma ribadisce quali sono le procedure in atto derivate dal motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001, letto alla luce del Codice di diritto canonico, e di alcune facoltà speciali concesse alla Cdf da Giovanni Paolo II e ribadite da Benedetto XVI.

    Per quanto riguarda le "Procedure preliminari", la Guida prevede che «la diocesi indaga su qualsiasi sospetto di abusi sessuali da parte di un religioso nei riguardi di un minore». E che «qualora il sospetto abbia verosimiglianza con la verità, il caso viene deferito alla Cdf». «Va sempre dato seguito – ribadisce la Guida – alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte». Il che vuol dire che non c’è nessun impedimento alla denuncia, ma pure che la Santa Sede chiede di «rispettare la legge» se impone la denuncia. Mentre laddove, come in Italia, non vige questo obbigo sono incoraggiat, – come aveva spiegato, monsignor Charles J. Scicluna, il "pm" dell’ex Sant’Uffizio su queste colonne – «a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti» che hanno abusato di loro.

    La Guida puntualizza inoltre che, durante questa fase preliminare e fino a quando il caso sia concluso, «il vescovo può imporre misure precauzionali per la salvaguardia della comunità, comprese le vittime». Infatti «al vescovo locale è sempre conferito il potere di tutelare i bambini limitando le attività di qualsiasi sacerdote nella sua diocesi». E questo potere – si ribadisce – rientra nell’«autorità ordinaria» del vescovo, che «è sollecitato a esercitare qualsiasi misura necessaria per garantire che i bambini non ricevano danno», e «può essere esercitato a discrezione del vescovo prima, durante e dopo qualsiasi procedimento canonico». Questo è un punto molto importante perché spiega che, oggi come ieri, la responsabilità del controllo dell’attivita dei preti accusati di abusi spetta ai vescovi locali e non alla Cdf.

    Detto ciò, la Guida ricorda poi che nel procedere contro i sacerdoti accusati di abusi sessuali con minorenni la Cdf segue diverse opzioni.
    L’ex Sant’Uffizio può infatti procedere con un processo penale che può essere giudiziario (davanti a un Tribunale ecclesiale locale) oppure amministrativo (più rapido, davanti a un delegato del vescovo locale, assistito da due assessori). «Qualora – spiega la Guida – il sacerdote venga giudicato colpevole, i due procedimenti – giudiziario e amministrativo penale – possono condannarlo a un certo numero di pene canoniche, la più seria delle quali è la dimissione dallo stato clericale». «Anche la questione dei danni subiti – aggiunge – può essere trattata direttamente durante queste procedure». L’opzione "processuale", aveva rivelato monsignor Scicluna, riguarda grosso modo il 20% dei circa tremila casi affrontati nella Cdf dal 2001 al 2010 e riferiti a delitti compiuti negli ultimi cinquant’anni.

    Una diversa possibilità è quella di riferire direttamente al Papa. Questo avviene «in casi particolarmente gravi, in cui processi civili criminali abbiano ritenuto colpevole di abusi sessuali su minori un religioso, o in cui le prove siano schiaccianti». Allora avviene che la Cdf «può scegliere di portare questo caso direttamente al Santo Padre con la richiesta che il Papa emetta un decreto di dimissione dallo stato clericale "ex officio"». «La Cdf – aggiunge la Guida – porta al Santo Padre anche richieste di sacerdoti accusati che, consapevoli dei crimini commessi, chiedano di essere dispensati dagli obblighi del sacerdozio e chiedano di tornare allo stato laicale». Questa opzione riguarda un altro 20% dei citati tremila casi affrontati nell’ultimo decennio.
    Un’ultima opzione riguarda «quei casi in cui il sacerdote accusato abbia ammesso i propri crimini e abbia accettato di vivere una vita di preghiera e penitenza». In questo caso «la Cdf autorizza il vescovo locale a emettere un decreto che proibisce o limita il ministero pubblico di tale sacerdote». «Tali decreti – si precisa – sono imposti tramite un precetto penale che comprende una pena canonica per la violazione delle condizioni del decreto, non esclusa la dimissione dallo stato clericale». Quest’ultima opzione riguarda soprattutto sacerdoti accusati dall’età avanzata e copre quindi la maggioranza (60%) dei casi affrontati.

    Il documento infine rivela la Cdf ha in corso una revisione di alcuni articoli del motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela, che, comunque «non cambieranno» le procedure illustrate. È presumibile che verrà codificata la prassi di allungare i termini di prescrizione che il motu proprio del 2001 limita a dieci anni dal compimento di 18 anni da parte della vittima.
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    00 17/04/2010 18:21
    Non ringrazieremo mai abbastanza il cardinale Caffarra per il coraggio e la precisione con cui sta svolgendo il suo ruolo di vescovo, cioè di colui che etimologicamente sta “in un luogo sopraelevato di osservazione” per custodire e guidare il suo gregge. Una condizione di grande responsabilità, che si carica su di sé il destino delle anime di un’intera diocesi, pronto a rispondere di ciascuna davanti a Cristo giudice. Un vescovo si espone a una grave colpa se decide di tacere la verità, ad esempio quando la voce della Chiesa entra in risonanza con la mentalità del mondo e con il terreno accidentato della politica. Come ad esempio nella questione ormai sempre più critica del “riconoscimento giuridico” delle unioni omosessuali. L’antico adagio per cui “chi tace acconsente” trova qui una evidente conferma.

    Caffarra, appunto, non è tra coloro che tacciono. Parla e parla chiaro, evitandoci la fatica di doverlo interpretare. Nel documento, si dicono essenzialmente sette cose.

    Primo: il matrimonio è un’istituzione fondamentale per l’umanità, un «bene pubblico» di rilevanza giuridica, il che spiega perché lo Stato riservi agli sposi un trattamento di favore. Allo stesso tempo, il matrimonio attraversa una crisi che Caffarra definisce senza precedenti. La crisi non si colloca tanto sul piano delle debolezze personali – ci sono tanti divorzi e separazioni – quanto sul piano del bene del “giudizio circa il bene del matrimonio”. I nostri contemporanei non capiscono più quanto sia prezioso l’istituto matrimoniale.

    Secondo: la prova di questa «disistima intellettuale» sta proprio nelle iniziative che gli Stati vogliono adottare per equiparare le unioni omosessuali all’unione legittima fra uomo e donna, compresa anche l’adozione di figli. Per Caffarra – e per la Chiesa – questa è una ferita al bene comune. Dunque – sottolineiamo noi – non si tratta solo di una deviazione dalla morale cattolica, ma di un vulnus che colpisce le fondamenta della convivenza civile, e che configura così l’attuazione di una vera e propria legge gravemente ingiusta. Cioè, a rigore, una “non-legge”. Lo Stato – spiega Caffarra – non può dichiararsi neutrale di fronte a due modi di vivere la sessualità «che non sono in realtà ugualmente rilevanti per il bene comune» perché «la società deve la sua sopravvivenza non alle unioni omosessuali, ma alla famiglia fondata sul matrimonio».

    Terzo: in questa materia le mezze misure non possono salvare capra e cavoli: Caffarra sottolinea a scanso di equivoci che è inaccettabile «l’equiparazione in qualsiasi forma o grado della unione omosessuale al matrimonio». In questo modo viene chiuso ogni spiraglio alla «invenzione» di soluzioni pasticciate di compromesso, inventate per “tenere buoni” i cattolici e accontentare le lobby omosessuali.

    Quarto: la materia è grave perché – scrive Caffarra - l’equiparazione fra matrimonio e legame omosessuale avrebbe «effetti devastanti nell’ordinamento giuridico e poi nell’ethos del nostro popolo».

    Quinto: tutte le argomentazioni a favore di tale equiparazione sono razionalmente infondate, e la “nota dottrinale” si premura di smontarle una ad una, senza ricorrere a dogmatismi o ad argomenti fideistici, ma facendo appello al buon senso comune, che può essere condiviso da ogni persona di buona volontà, che non sia accecata da furore ideologico anticattolico e anti-matrimoniale.

    Sesto: un cattolico impegnato in politica non può adottare simili scelte, pretendendo di restare nella Chiesa: «La presente Nota intende (…) illuminare quei credenti cattolici che hanno responsabilità pubbliche di ogni genere, perché non compiano scelte che pubblicamente smentirebbero la loro appartenenza alla Chiesa». Un politico cattolico ha il dovere «di una piena coerenza fra ciò che crede e ciò che pensa e propone a riguardo del bene comune». E, quindi, «è impossibile fare coabitare nella propria coscienza e la fede cattolica e il sostegno alla equiparazione fra unioni omosessuali e matrimonio: i due si contraddicono».

    Settimo: se un cattolico propone e sostiene tale equiparazione nel nostro ordinamento giuridico compie «un atto pubblicamente e gravemente immorale». Ma «esiste anche la responsabilità di chi dà attuazione, nella varie forme, ad una tale legge. Se ci fosse bisogno, quod Deus avertat, al momento opportuno daremo le indicazioni necessarie. È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell’altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso».
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    00 19/04/2010 11:06

    DA DOVE VIENE IL BOOM DELLA PEDOFILIA?

    Intervista a Karl Potter, neuropsicologo statunitense


    Dottor Potter, come mai stiamo assistendo al boom della pedofilia? Crescita inarrestabile del turismo pedosessuale organizzato, abusi in famiglia, scandali nelle scuole e perfino tra i ministri del culto: che cosa sta succedendo?

    Intanto occorre vedere se è vero che il fenomeno sia cresciuto o se sia semplicemente più conosciuto. Non dimentichiamoci che la pedofilia è sempre esistita: nella Grecia classica era giustificata da filosofi come Socrate e Platone, e cantata da poeti come Alceo e Anacreonte. Tra i Romani la pedofilia comincia a perdere la sua giustificazione filosofica ma non per questo era meno praticata, soprattutto nei riguardi dei figli degli schiavi. E' in quel periodo che comincia anzi ad acquisire caratteri di brutalità e sopraffazione.”

    Ma allora perché oggi se ne parla di più.

    Perché è rimasta l'ultima cosa a destare scandalo. Tutto il resto ormai non scandalizza più. Al tempo stesso se ne parla di più perché, anche in questo settore, lo scandalo è diminuito”.

    In che senso?

    Quando una cosa è percepita come estremamente vergognosa, si preferisce non parlarne, la si nasconde. Paradossalmente viene denunciata proprio quando la coscienza attorno a quel problema va diminuendo. E' avvenuta la stessa cosa per i casi di violenza sessuale sulle donne: per anni le donne non ne hanno parlato ed hanno preferito nascondere, e solo da poco tempo le donne hanno cominciato, in numero significativo, a sporgere denuncia, sebbene in misura ancora assai ridotta rispetto al numero dei reati subiti”.

    Intende dire che, nonostante tutto il clamore, la percezione della gravità della pedofilia è andata diminuendo?

    Certamente. La pedofilia è ormai diventata un costume sociale: basta chiedere ai tour operators il loro parere su molti viaggiatori verso il Brasile, la Thainlandia, le Filippine. Inoltre sono sorti moltissimi movimenti d'opinione a favore della pedofilia. In alcuni Paesi vi sono perfino correnti politiche che chiedono di legalizzarla, per non parlare dei siti internet dove questi movimenti (anche femminili) si presentano apertamente chiedendo la liberalizzazione della pedofilia. Usando un'espressione paradossale potremmo dire che la nostra società è ormai diventata una società “pedofila”, o almeno tollerante verso la pedofilia.”

    Non le sembra di esagerare?

    La conferma di quello che dico si trova nei dati della polizia postale riguardo l'enorme aumento del flusso di immagini e filmati pedopornografici scaricati via internet. Inoltre ogni volta che viene sequestrato un pc, le forze dell'ordine vi trovano una miriade di nuove dati e collegamenti”.

    Sì, ma l'opinione pubblica detesta il fenomeno. In Italia sono state inasprite le leggi.

    Quando uno Stato inasprisce le leggi è perché è costretto a constatare un fenomeno, ma cosa viene fatto riguardo alla prevenzione?”

    In che senso?

    I messaggi pedosessuali fioriscono sempre di più nella pubblicità come nel cinema. La gente non avvezza in psicologia se ne accorge poco, ma il fenomeno è ben visibile”.

    Intende dire che pedofili non si nasce ma si diventa?

    C'è chi parla di una possibile componente genetica, e chi individua la causa della pedofilia nel malfunzionamento dell'area cerebrale che identifica l'età delle persone, ma la maggior parte dei casi di pedofilia ci consentono di parlare di pedofilia indotta”.

    Cosa vuol dire pedofilia indotta?

    A parte i danni provocati dall'alimentazione ricca di ormoni, spesso presenti nelle carni o in alimenti alterati dall'ambiente, e che possono modificare perfino i caratteri sessuali, mi riferisco principalmente all'induzione psicologica. La stragrande maggioranza dei pedofili, anche se spesso lo nascondono, sono stati devastati da esperienze sessuali indotte da adulti durante l'infanzia o l'adolescenza. Inoltre c'è un'induzione anche da parte del sociale, perché sbaglia chi crede che la rivoluzione sessuale del '68 o degli anni settanta sia terminata: si è quasi disintegrata la struttura ideologica che l'ha sostenuta, ma questa ha continuato a scavare nel tessuto esperienziale spingendo verso il continuo abbattimento di tutti i limiti e tabù”.

    La pedofilia è dunque solo una delle tante esperienze di trasgressione per vincere la noia?

    Assolutamente no. E' un grave disturbo dell'identità sessuale che, provocando a sua volta altre vittime, rischia di stravolgere le strutture su cui si regge la società, a partire da quella della famiglia”.

    Trova giusto che venga data parte della colpa ai precedenti movimenti omosessualisti?

    La percentuale di pedofili tra gli omosessuali sembra la stessa che tra gli eterosessuali. Semmai è vero che i casi di pedofilia omofila (cioè verso lo stesso sesso, ma compiuti anche da eterosessuali) sono molto più numerosi di quelli di pedofilia eterofila. Quello che hanno fatto i movimenti pro-pedofilia è stato piuttosto di scimmiottare le conquiste sociali, gli slogan e le rivendicazioni degli omosessualisti, per poter conseguire gli stessi risultati di libertà ottenuti da loro”.

    Perché la maggior parte delle denunce di pedofilia ha riguardato uomini e non donne?

    Perché l'iniziativa sessuale è ancora globalmente in mano al mondo maschile, ma i casi di pedofilia femminile stanno aumentando in modo vertiginoso rispetto a poco tempo fa”.

    E cosa dire della pedofilia tra i preti? C'è una relazione tra pedofilia e celibato?

    Nella chiesa anglicana i preti sono sposati, eppure si sono registrati ugualmente casi di pedofilia. La percentuale di pedofili tra i celibi è pressoché uguale a quella tra i coniugati; anzi spetta ai coniugati il 70% degli eventi denunciati. Del rimanente 30% solo l'1% ha riguardato preti”.

    Ma allora perché sta destando particolarmente scandalo la pedofilia dei preti?

    I ministri del culto sono un po' considerati le sentinelle del sistema. Quando le sentinelle si addormentano la comunità si sente in pericolo. Anche chi reclama condotte sessuali assai libere e contrarie agli insegnamenti della chiesa, non ama scoprire che chi dovrebbe dare esempio morale sia scivolato in comportamenti immorali. Questo lo fa sentire meno protetto, più costretto verso quella responsabilità che prima delegava ad altri”.

    Ma non è un campanello d'allarme molto grave che anche nelle comunità religiose questo fenomeno si sia manifestato, sia pure in percentuali non superiori al resto del mondo?

    Sì, perché se questo accade in strutture che condannano fortemente la pedofilia, vuole dire che gli anticorpi sociali non funzionano più, che il sistema si è ammalato nelle sue difese proprio come un organismo dinanzi a un nuovo virus. Ma questo vale anche per le comunità scolastiche. In America hanno destato molto scandalo i casi di pedofilia scolastica nella comunità religiosa ebraica di Brooklyn, nell'aprile 2009, ripetutisi in quella di Roma pochi mesi dopo. Ed anche le scuole statali non sono state da meno”.

    Esiste una cura dinanzi a questo orribile virus?

    Innanzitutto occorre che la cura la si desideri veramente. Difficile sostenerlo quando la pedopornografia ancora dilaga senza freni e quando su internet si vendono addirittura le grida registrate dei bambini seviziati”.

    Non tutti i pedofili amano però la violenza.

    Per fortuna solo una piccola parte. La maggior parte di loro rivendica infatti il diritto alla pedofilia non violenta se la vittima è consenziente. Ma siamo sicuri che estorcere il consenso di una giovane vittima non sia una violenza ancora maggiore? Infatti in tal modo se ne modifica la personalità per sempre”.

    In definitiva cosa possiamo fare?

    La psicologia non ha risposte o ricette, così come non ne ha per ogni altro tipo di guasto sociale, dalla corruzione alla violenza. Occorre che il sistema sviluppi i suoi anticorpi”.

    In Italia alcune associazioni combattono da anni, tra cui Telefono Arcobaleno, fondata da don Salvatore Di Noto, un sacerdote che ha denunciato coraggiosamente molte pericolose organizzazioni di pedofili.

    Se la società si aggrappa ad eroi isolati, è destinata a fallire. L'eroe è appunto una figura solitaria, spesso coraggiosissima, ma indirettamente incrementa la deresponsabilizzazione. Ognuno deve farsi carico di questo problema. E' l'intera società, coi suoi costumi più che con le sue leggi, che deve cambiare”.

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    Credente
    00 19/04/2010 21:26

    Un dolore vero per ridare fiducia
    di Vittorio Messori

    Nessuno si aspetta che il Ministro da cui dipendono i Convitti Nazionali incontri gli “abusati“ da qualche insegnante o inserviente, esprimendo “dolore e vergogna”. Altrettanto vale per gli armatori di navi, dove la sorte dei minori imbarcati è nota a tutti. Né esprimono pubblica contrizione i responsabili dello sport giovanile, dove spogliatoi e docce attraggono, com’è risaputo, anche una fauna di adulti ben prevedibile. La pedofilia (o pederastia che sia, il limite di età è incerto e varia a seconda di gusti e culture) è presente da sempre, ovunque ci siano uomini e donne. E, spesso, è presente in modo non clandestino, è addirittura lodata e raccomandata da filosofi, come avvenne nell’ antica Grecia e com’ è avvenuto nel Sessantotto europeo e americano. Il leader dei Verdi all’europarlamento, Daniel Cohn-Bendit, il già carismatico capo della contestazione, si è vantato di avere non solo raccomandato ma praticato il sesso con i minori quando era insegnante. Mario Mieli, ideologo e iniziatore del movimento omosessuale in Italia, in un’opera di culto stampata dall’allora austera Einaudi, considerava “opera redentiva“ per entrambi il sesso tra un adulto e un giovanissimo. Sartre, la de Beauvoir, Foucault, Jack Lang, il futuro ministro francese, firmarono con altri intellettuali un famoso manifesto dove –in nome della “liberazione sessuale“ – esigevano la depenalizzazione dei rapporti con minori, bambini compresi. In quei “maestri“ riviveva una lunga tradizione europea. Il filosofo venerato dai giacobini, a partire da Robespierre, e dalla maggioranza dell’elite rivoluzionaria, non era certo il blasfemo Voltaire bensì l’edificante Jean Jacques Rousseau, apostolo della educazione infantile. In tutti i sensi, visto che scrisse compiaciuto di avere comprato a Venezia una bambina di 10 anni, che seppe liberarlo dalla depressione.

    Eppure, malgrado i pulpiti da cui vengono tante prediche siano risibili; malgrado sia impenetrabile il silenzio di coloro che rappresentano ambiti ampiamente coinvolti; malgrado questo, Benedetto XVI continua a voler mostrare che la Chiesa “è differente“, sino ad umiliarsi personalmente. A Malta ha ripetuto quanto già aveva fatto in Australia e negli Stati Uniti: incontrare alcuni di coloro che furono vittime, spesso decenni fa, delle attenzioni di religiosi “educatori“. Come ha fatto nella drammatica, commovente, lettera aperta ai cattolici d’Irlanda, rifiuta di fare appello alle circostanze attenuanti o di puntare il dito su altri ricordando, come pur potrebbe, che molti giudici di oggi farebbero meglio a tacere. Il fatto è che papa Ratzinger è del tutto consapevole che il peccato dei sacerdoti del Cristo non ha soltanto conseguenze canoniche e penali, ma ha echi metafisici. Nella prospettiva evangelica, il volto dei piccoli è quello stesso di Dio, chi dà scandalo, qui, meglio farebbe a mettersi al collo una macina da mulino e a gettarsi in un pozzo. Parola, terribile, di Vangelo. Il papa sa con quale fiducia non solo i genitori cattolici ma, spesso, anche quelli di altre fedi e convinzioni, affidassero i figli alle istituzioni ecclesiali, ispirate all’ideale evangelico. Il tradimento di quelle attese gli pare , intollerabile. Così mostra che la Chiesa , anche nella caduta, non è un luogo come altri: è un ambito dove, nell’istituzione, il peccato è presente. Ma la colpa, qui, è assai più grave che ovunque altrove, perché l’ideale è il più alto, i doveri i più pressanti, il Maestro il più esigente. Il dolore e la vergogna di cui parla vengono da autentica sofferenza, non sono certo melodramma ipocrita. Eppure, per il paradosso evangelico, la sua umiliazione non ne sminuirà ma ne accrescerà la credibilità di guida e garante della cristianità.
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    00 29/04/2010 10:43
    Bisogna prevenire la pedofilia. La repressione spesso arriva tardi. Un fenomeno in espansione, attenzione al turismo sessuale, alla pornografia e al commercio dei bimbi. Critiche velenose contro la Chiesa. Anche chi non crede cerca il trascendente Stampa E-mail

    Bisogna  prevenire la pedofilia. La repressione spesso arriva tardi. Un fenomeno  in espansione,  attenzione al turismo sessuale, alla pornografia e al  commercio dei bimbi. Critiche velenose contro la Chiesa. Anche chi non  crede cerca il trascendenteDomenica scorsa, don Fortunato Di Noto, il coraggioso e valido parroco siciliano che ha dedicato una vita a combattere la pedofilia, ed anche la mafia nel pieno rispetto della legalità, ha vissuto la sua giornata più bella. Papa Benedetto XVI ha pubblicamente dato atto della rilevanza della Meter, la associazione di volontari che il sacerdote presiede, baluardo nel difendere i bimbi da ogni abuso e scoprire in rete i siti pedofili. Don Di Noto, per chi ha la fortuna di essergli amico, é un parroco signore e signor parroco, uomo tutto di un pezzo, di quelli che nei momenti difficili ti auguri di trovare. Don Di Noto che ha pensato quando il Papa ha lodato la Meter?: " sono rimasto impietrito ed onorato. Ringrazio il Papa, troppo buono, in fondo facciamo con passione solo e soltanto il nostro dovere. Il merito é di tutti e di una organizzazione che con poveri mezzi economici, svolge questo lavoro, non sempre aiutata come si dovrebbe. ...

    ... I meriti non sono solo i miei, ma di tutti noi, dei volontari, dei collaboratori. Ma questo significativo riconoscimento ci serva di incoraggiamento a fare ancora di più sulla via della onestà e del rispetto dei diritti dei bimbi".

    Che cosa vi proponete alla Meter?: " la promozione e la difesa della infanzia in ogni suo stadio, grado e livello. Il problema pedofilia esiste, ma non é il solo. E' quello che fa maggiormente clamore ed é abominevole, però rappresenta la punta dell' iceberg".

    Di che cosa?: " di un mondo di  criminali che sfruttano i bambini senza ritegno, a fini di vendita, di commercio organi, di turismo sessuale e di pedo pornografia e ,duole dirlo, tutto questo spesso avviene in danno di bimbi appartenenti a classi povere o paesi del terzo mondo e i fruitori sono invece ricchi viziosi, o pseudo turisti di nazioni benestanti".

    Da che cosa dipende tutto questo?: " oltre che da patologie, da un malinteso senso di libertà, in base al quale ognuno si sente libero di fare quello che vuole, senza pensare a principi etici, alla coscienza".

    Alcuni organi di stampa hanno censurato il fenomeno pedofilia nella Chiesa cattolica: " ignorare che il problema esista non sarebbe serio. Ma bisogna dire che la Chiesa cattolica ed il papa lo hanno affrontato e continuano a farlo, con la massina trasparenza e rigore, senza cedimenti. Generalizzare non ha senso, nel mondo siamo oltre 40000 sacerdoti e non mi pare giusto fare di goni erba un fascio. Spiacevolmente, fanno rumore i pochi servi disonesti, rispetto a tanta gente per bene".

    Molti giovani sono disorientati e non sanno a che cosa credere: " anche chi non ha la fede o si abbandona ad altre credenze e mi riferisco a quelle orientali, a suo modo cerca  Dio, va verso il trascendente e merita rispetto. Sono certo della buona fede di questo cammino e talvolta forme di rifiuto della fede vanno attribuite anche a noi. Bisogna aiutare questi fratelli e ricordo che la fede si propone, ma non si impone. Il cristianesimo é la religione del sì e della vita e dunque anche questi fratelli devono essere trattati con amore".

    Bruno Volpe

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    00 04/05/2010 09:29
    La legge 194 è un albero malefico che ha prodotto frutti coerenti
     
    L’opinione pubblica è sotto choc di fronte alle notizie provenienti dall’ospedale calabrese di Cosenza, dove un neonato di 22 settimane è morto dopo essere sopravvissuto per due giorni a un aborto volontario avvenuto all'ospedale di Rossano. Il clamore è ovviamente più che giustificato, e se possibile amplificato dai particolari raccapriccianti che arricchiscono la cronaca di questa morte così poco naturale. Ma di fronte a una vicenda come questa non ci si può fermare al guscio del problema, non si può vivere di emozioni e di sensazioni...
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    00 14/05/2010 12:48

    Cari amici,

    il viaggio del Santo Padre a Fatima ha assunto un grande significato profetico. Benedetto XVI ha infatti affermato che il terzo segreto non riguarda solo il passato, ma anche il presente e il futuro, scuotendo la Chiesa dal suo torpore, perchè si prepari ad affrontare le prove e le persecuzioni, sia quelle che vengno da fuori, sia quelle, più pericolose, che vengono da dentro.

    Non è solo l'immoralità nelle sue molteplici forme, ma anche e soprattutto lo"spegnimento della fede" la potenza di tenebre a cui debbono far fronte i figli della luce.

    "Si illuderebbe - ha detto il Papa - chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l'umanità sin dai suoi primordi: "Dov'è Abele, tuo fratello?...La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo".( Gn 4,9).  

    L'uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce a interromperlo...Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: "Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori? (Memorie di Suor Lucia I, 162).

    Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull'altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, è venuta dal Cielo la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l'Amore di Dio che arde nel suo...

    Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle apparizioni affrettare il preannunciato triondo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità" Benedetto XVI - Omelia ).

    Vostro P. Livio

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    00 20/05/2010 20:53
    Il costoso servizio alla verità di chi non cerca il consenso Stampa E-mail

    Il  costoso servizio alla verità di chi non cerca il consensoLe accuse (amplificate) alla Chiesa e la sua vocazione in «Avvenire», editoriale del 21 aprile 2010. Perché la Chiesa è quasi quotidianamente sotto attacco e lo sarà sempre fino alla fine della storia? Certo, gli uomini che la compongono non sono e non saranno mai tutti irreprensibili, ma l’impeccabilità non appartiene all’uomo, dunque, quantunque auspicabile, non si può esigerla neanche dagli ecclesiastici. Certo, gli uomini di Chiesa a volte (ma decisamente meno di quanto dicano le accuse di ieri e di oggi) si macchiano di colpe gravi, che vanno sanzionate, e fa molto più rumore un albero che cade, per esempio un sacerdote che traligna, di una foresta che cresce, cioè la moltitudine di uomini di Chiesa retti e finanche santi che spendono la loro vita nell’amore di Dio e del prossimo, nel silenzio e nell’anonimato. Ma perché il mondo amplifica il rumore quando un sacerdote commette il male? E perché, spesso, inventa in mala fede ...

    ... accuse inconsistenti? Il Papa, in un’omelia tenuta giovedì, ha detto che anche oggi, anche in Occidente, esistono forme sottili di dittatura: «Un conformismo, per cui diventa obbligatorio pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e la sottile aggressione contro la Chiesa, o anche meno sottile, dimostrano come questo conformismo può realmente essere una vera dittatura». In effetti, la Chiesa dà molto fastidio perché proclama quelle verità che Dio le ha affidato di annunziare in un mondo che, non di rado, non solo nega (giustamente) che la verità sia totalmente accessibile all’uomo, ma inoltre ritiene (erroneamente) che sia del tutto inconoscibile; soprattutto, la Chiesa ha innumerevoli nemici perché parla di etica, cioè del bene e del male, perché difende il vero amore, l’essere umano nascente e quello non cosciente, ecc.

    Insomma, la Chiesa fa l’opposto di chi vuole cercare il consenso, perché piuttosto serve la Verità: esprime valutazioni morali, dice cose controcorrente, e ciò la rende molto sgradevole, le costa delle persecuzioni morali (quando l’opinione pubblica la biasima, quando si scatenano le campagne di stampa, ecc.) o materiali (leggi anticlericali, espropri, arresti, uccisioni, ecc.). Per la Chiesa sarebbe molto vantaggioso evitare i discorsi etici: che cosa guadagna pronunziandoli? Critiche, insulti, disprezzo, accuse e, talvolta, persecuzioni. Sarebbe molto più comodo, ma la Chiesa non deve cercare il consenso. Come diceva il grande poeta Eliot, essa deve ricordarci che la nostra condizione è malata. Eliot usa per la Chiesa l’immagine di un’infermiera morente (perché tante volte è stata sul punto di soccombere durante la storia) che aiuta Cristo, un chirurgo ferito (perché crocifisso), che, con un bisturi, interviene su un corpo malato, cioè redime l’uomo dal male. Quest’infermiera collabora con lui a compiere l’intervento chirurgico, che, per il malato (l’uomo in preda al male), è ovviamente doloroso. Meriterebbe dunque di essere reiteratamente ringraziata, non messa sotto accusa.

    Si dice che la Chiesa dovrebbe parlare solo di Dio e della vita eterna, non di etica. In realtà deve fare tutte e due le cose, e l’etica deriva (anche) proprio dal discorso sulla vita eterna, come ha ricordato sempre il Papa: «Noi oggi abbiamo spesso un po’ paura di parlare della vita eterna […] ma che la sua [dell’uomo] meta sia la vita eterna e che dalla meta vengano poi i criteri della vita, non osiamo dirlo». Del resto, il mandato del Vangelo è chiaro: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio» (Mt, 7, 21; ma le citazioni si potrebbero moltiplicare).

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    00 22/05/2010 23:00
    Con la Pentecoste ha inizio la natura missionaria della Chiesa che prende il volo e decolla. I cattolici, nel rispetto dello Spirito Santo, abbiano il coraggio di proclamare la verità, senza sconti. Positiva la apologetica, ne abbiamo bisogno Stampa E-mail

    Con  la Pentecoste ha inizio la natura missionaria della Chiesa che prende il  volo e decolla. I cattolici, nel rispetto dello Spirito Santo, abbiano  il coraggio di proclamare la verità, senza sconti. Positiva la  apologetica, ne abbiamo bisognoLa Chiesa cattolica celebra  la Solennità della Pentecoste, una tappa  molto importante nella vita dei cattolici e della stessa barca di Pietro. Del significato della solennità, dice l' Arcivescovo di Trani, Monsignor Giovanni Battista Pichierri. 

    La Pentecoste?: " é l' attuazione reale e concreta di quanto aveva promesso Cristo nell' Ascensione, ovvero vi manderò il Paraclito, lo Spirito Consolatore, cioé lo Spirito Santo, la terza silenziosa componente della Santissima Trinità. Lo Spirito Santo é amore, sa guidarci, ma ad una sola condizione". Quale?: " ciascuno cammina verso una meta, ma solo se si lascia guidare con docilità, con dolcezza e senza ribellione. Dunque, Dio ci manda lo Spirito Santo, il suo amore, perché Dio é amore. Ma perché lo Spirito Santo attui in noi, é necessario saperlo accogliere con la massima disponibilità,apertura del cuore e della mente, senza riserve e piena adesione al piano di Cristo". Che cosa altro rappresenta la Pentecoste?: " il racconto ci dice che gli apostoli e Maria erano chiusi nel cenacolo per paura. Lo Spirito Santo li invita a non avere paura, di proclamare con coraggio la Parola di Dio in verità, senza temere perché Dio é sempre con noi anche nelle tribolazioni e non ci abbandona mai.  Gli apostoli corrono ad annunciare lieti la Parola, senza alcuna remora e Pietro lo dimostrerà. Con la Pentecoste la Chiesa, intesa non solo per  vescovi e presbiteri, decolla, prende il volo, inizia la sua missione missionaria pubblica, si mostra apertamente al mondo".

    Un volo leggero: " certo, ricco di slancio e di passione, anche se talvolta le nostre ali sono appesantite, stanche, fiacche".

    Appesantite da che cosa?: " dalla debolezza, dal peccato, dalla rinuncia a proclamare la Parola senza paura, saremo perseguitati per le nostre idee, ma ne vale la pena. Il cristiano sa di navigare contro corrente, sa di urtare il mondo, ma non deve avere paura. Pertanto gli stessi pastori non siano mai accomodanti, ma fermi con carità nella dottrina, senza fare sconti alle lusinghe del mondo e di una falsa modernità. La Parola di Dio é sempre quella e sbaglia chi chiede alla Chiesa aggiornamenti o modernizzazioni, sarebbe tradire Cristo".

    Poi aggiunge: " se non mettiamo un freno, corriamo il serio di rischio di cadere in una apostasia silenziosa e in parte siamo avviati su questa via. Ecco il motivo per il quale, i Pastori facciano il loro compito senza voglia di popolarità. Talvolta bisogna saper sfidare le lusinghe dell' applauso".

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    00 25/05/2010 10:01
    Il grande pericolo dei nostri tempi é il nichilismo, il credere in nulla. Una pratica deleteria, rende l'uomo allo stato animale. La ricerca scientifica? Positiva, a patto che rispetti le leggi naturali. Riti orientali, contrari al cristianesimo Stampa E-mail

    Il  grande pericolo dei nostri tempi é il nichilismo, il credere in nulla.   Una pratica deleteria, rende l'uomo allo stato animale. La ricerca  scientifica? Positiva, a patto che rispetti le leggi naturali. Riti  orientali, contrari al cristianesimo"Sa, credo che un grande pericolo dei nostri tempi e forse il più insidioso, sia il nichilismo etico e culturale, da una fastidiosa sensazione di vuoto e  demolisce i valori": l' arcivescovo di Trani, Monsignor Giovanni Battista Pichierri lancia un accorato grido di allarme. Spiega con pazienza: " una volta esistevano dei valori certi. Non necessariamente quelli cristiani, ma si credeva nella politica, nella onestà, nella pulizia etica. Oggi, invece, tutto sembra assorbito in una bolla nella quale queste valutazioni si sono snaturate, si sono smarrite e alla fine conta solo sé stesso, solo l' individuo, che non crede in nulla salvo sé stesso, sia pur quando ci creda". Da che cosa deriva questa situazione?: " é la diretta conseguenza di un altro male, altrettanto serio, denunciato con forza tante volte, dal Papa, ovvero il relativismo, sia etico, che culturale. Quello etico significa farsi una morale a proprio gusto, secondo la convenienza e dunque privo ...

    ... di punti certi e chiari. Quello culturale porta al conformismo, al ritenere che una cosa valga l' altra e in un certo senso rende la società più povera, meno ricca spiritualmente".

    Papa Benedetto XVI ha detto che il relativismo culturale, in fin dei conti, favorisce i poteri forti. Quali sono questi poteri forti?: " oggi, sfortunatamente sono molti. Cominciamo da un certo modo di fare politica. Ora non mi riferisco a nessuno schieramento, ma ad una mentalità diffusa, nella quale la idea del bene comune, della solidarietà e della ricerca del benessere spesso lasciano il passo a gravi tentazioni di egosimo personale, assolutamente contrastanti con la nobile idea di politica come arte volta a favorire il progresso sociale. Poi tra questi poteri forti ci metto l' economia. Intendiamoci non come categoria, ma le deformazioni di un sistema che porta ad esaltare sempre e comunque il profitto a scapito dei valori e dell' uomo. Questa non é economia, ma un sistema di insano arricchimento. Poi l' arroganza di certa stampa che invece di seguire la via della verità, favorisce ora questo ora quello. Questo miscuglio di poteri forti, e ne potremmo indicare tanti, come le potenti lobbies bancarie, rende talvolta l' aria e la vita irrespirabili".

    Che cosa fare, dunque?: " ricordarsi che esiste sempre un' etica, valori non negoziabili che meritano rispetto e che certe regole di condotta sono valide per tutti, credenti e non. Il relativismo, all' opposto, tende a relativizzare, a soggettivizzare la cultura e la morale, con il trionfo del nichilismo, il vuoto".

    Parliamo di scienza. Ultimamente ha fatto per lo meno discutere una scoperta di uno studioso americano sulla vita artificiale, qual é il suo giudizio?: " intanto bisognerebbe saperne di più e aspettare prima di stilare giudizi definitivi. Ho apprezzato la cautela della Cei che faccio mia. In sé stessa la ricerca scientifica non é un male se volta a fini di bene e di progresso sociale e se vera, quella idea potrebbe portare a dei buoni risultati. Comunque, dimostra le capacità della mente umana quando sono rivolte al bene. Ora, però, occorre che questo progresso sia orientato a fini buoni e mai perversi".

    Eccellenza, crede nei riti orientali?: " premetto che verso ogni religione va usata tolleranza e rispetto. Ma francamente credo poco, specie nel buddismo, in quanto fa affidamento sulla capacità dell' individuo e  dimentica il concetto di grazia di Dio e di adorazione e dunque questi riti sono contrari al cristianesimo".

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    00 28/05/2010 19:17
    Nella sua prolusione, il cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Cei, ha denunciato il rischio, anche serio, di una crisi delle natalità in Italia, situazione che in buona parte si deve anche al numero decrescente di matrimoni. Chiediamo a Monsignor Alfeo Giovanni Ducoli, arcivescovo di Belluno- Feltre, un commento su queste parole del cardinale: " sono del tutto in sintonia con lui. Se da un lato i governi, tutti, non fanno molto per aiutare le famiglie, specie in tempi di grave crisi economica, é anche vero e forse lo é ancor di più, che oggi esiste una cultura generalmente ostile al matrimonio  e alla procreazione". In che senso?: " molto dipende da una mentalità edonista del sesso che lo ha trasformato in oggetto e strumento di solo piacere al posto di metodo di riproduzione della specie, come invece dovrebbe essere. L' atto sessuale é frutto e figlio di una volontà di amore volta alla procreazione e mai alla ricerca del piacere smodato e spesso disordinato, che contrasta con ogni sana logica di etica e moralità".

    Che cosa rischia di accadere in Italia?: " se continuiamo su questa china relativa alla natalità, rendiamoci conto che diventeremo un paese islamico visto che loro oggi, sono i soli che procreano. Con tutti i rischi anche sotto il profilo della fede e della cultura, che ne derivano".

    Molti attribuiscono la scarsa natalità alla crisi economica: " in parte questo é vero, ma non é una scusante totale. Ci sono nazioni più povere che hanno la gioia di procreare e creare figli. Noi invece no. Viviamo in una mentalità egosista, chiusa, che ha paura del bimbo, del nuovo arrivato lo vede come una minaccia alla serenità. Oggi si teme il matrimonio in quanto forma di stabilità e assunzione di responsabilità e si preferisce la convivenza che é una cosa transitoria, passeggera. Ecco i frutti amari del relativismo etico".

    Parliamo della convivenza: " indipendetemente dal fatto che coloro i quali convivono more uxorio sono in stato di peccato mortale e fuori della grazia di Dio, va considerato che i conviventi pensano che la loro scelta possa durare un giorno o dieci anni, ma non mettono nel conto la definitività e radicalità delle loro scelte. Hanno paura dell' impegno definitivo, della fedeltà. E dunque in questa situazione di incertezza, anche giuridica( considerate che le coppie conviventi non hanno alcuna tutela giuridica) diminuisce la voglia e la necessità di procreare per continuare la specie".

    Crede che Tv e cinema abbiano una dose di responsabilità?: " certo. Molte trasmissioni, specie pomeridiane, della Tv sono diventate una passerella di divorziati e questo stato spesso disdicevole e di peccato, viene glorificato ed esaltato, giudicato normale e coma une cosa lecita. Ecco i gravi e nefasti effetti della Tv e dei reality, autentica scuola di immoralità e di rifiuto dell' etica".

    Che cosa suggerisce ai mezzi di comunicazione?: " alla Tv, basta con il ridicolizzare il matrimonio e questo accade anche nei film del cinema, parlate anche di valori poisitivi. Poi non lamentiamoci della conseguenze".

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    00 09/06/2010 22:52
    Come considerare l'omosessualità

    Qualche tempo fa un Magistrato Emerito della Corte Costituzionale aveva coraggiosamente dichiarato che  " i trans sono uno scherzo della natura", subissato dalle solite geremiadi e lamentazioni dei movimenti omosessuali. Chiediamo un parere teologico al Vescovo Emerito di Benevento, Monsignor Serafino Sprovieri: " penso che il giudice abbia detto bene. A mio giudizio, specie i trans, sono un' offesa alla natura,la stravolgono con una condotta depravata e capricciosa. Sono contrari a Dio e al suo progetto, che io paragono ad un quadro da disegnare a tinte di amore. Ma loro questo quadro non lo completeranno mai in quanto conoscono il piacere, ma non l' amore che non é solo accoppiamento fisico, ma servizio e soprattutto, volto alla riproduzione. Quando qualcuno mi spiegherà come un trans o un gay possa generare vite, mi ricrederò". Affronta anche iltema in chiave teologica: " nella scrittura si legge che Dio li ha creati maschio e donna, un terzo genere non esiste. Pertanto é del tutto chiaro che l' omosessualità é patologica se contenuta in limiti casti e merita rispetto e delicatezza per la sofferenza, come ogni malattia. Pertanto é sbagliato discriminare un gay solo per il fatto di essere tale, lui soffre la sua condizione. Diverso é il discorso, peccaminoso e grave, depravante, di chi pratica la omosessualità. Se  ne v vanta e  addirittura cambia sesso. Tutto questo offende Dio, lo insulta e risulta una violazione della stessa legge naturale. Tali cose é bene dirla chiare".

    San Paolo afferma che alcune categorie di peccatori non entreranno nel Regno dei Cieli: " tra queste ci sono appunto i sodomiti. Quello di San Paolo é un avvertimento oggettivo, insomma fate attenzione perché seguendo quella via correte il rischio della esclusione. Poi tutto dipende dalla misericordia di Dio e dal pentimento. Cristo ha portato il Paradiso il ladrone che si era pentito in punto di morte. Invece chi professa spudoratamente la omosessualità e la situazione trans e non si pente, si fa beffe, e ne mena vanto é un Giuda agli occhi di Dio, lo tradisce con una condotta assolutamente anormale".

    Lei darebbe la comunione ad un gay praticante o trans?: " il tema é delicato. Bisogna aver rispetto della persona umana e misericordia e diventa difficile compiere un gesto tanto grave. In via teorica il gay che pratica la omosessualità o il trans non pentito, come ogni peccatore mortale, é escluso dalla comunione. Anche chi convive more uxorio in stato eterosessuale o il separato che ha rapporti sessuali con altra donna oppure uomo é escluso dalla comunione se non cambia rotta".

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    00 27/06/2010 21:55

    Cripte, sepolcri e attacchi dalla Chiesa. Se i magistrati copiano Dan Brown

    di Vittorio Messori

    Dal Belgio, per la Chiesa cattolica, buone notizie. Buone? Forse sì, almeno in una prospettiva di Realpolitik. In effetti, anche chi può aver ragione passa, se esagera, dalla parte del torto. E, poi, vale pur sempre il detto, secondo il quale ne uccide più il ridicolo che la spada. Cominciamo dalla esagerazione — non sai se grottesca o ignobile — della magistratura belga, che invia una brigata di gendarmi per sequestrare l’intera Conferenza episcopale del Paese. Severi ufficiali confiscano tutti i telefoni dei prelati e impediscono ogni comunicazione con l’esterno. Per impedire che cosa? Che i vescovi telefonino in Vaticano, chiedendo un blitz liberatorio della Guardia Svizzera, reparto paracadutisti? O che avvertano qualche monsignore, intento a pratiche disdicevoli nel palazzo stesso, di ricomporsi subito e di congedare il partner minorenne, visto che in casa sono giunti i severi custodi della moralità laica? Che telefonino ai complici, nelle singole diocesi, di far sparire ogni traccia di esercizio sessualmente scorretto, dopo che ormai da anni in Belgio — e non solo lì — tutto è stato setacciato sia dalle autorità religiose che da quelle statali?

    Da vaudeville anche il colonnello comandante dell’operazione che, davanti al passaporto diplomatico del Nunzio apostolico, presente all’adunata episcopale, si consulta con i superiori, questi con il ministro (virtuale, tra l’altro, da tempo il Belgio non ha più un governo). Alla fine, seppur con rammarico, il Nunzio è lasciato uscire, pare addirittura con telefonino. Astuto, e certo fruttuoso, anche l’intervento dei tecnici informatici per il prelevamento del disco fisso del computer dell’ex cardinale primate : molto probabile, in effetti, che l’anziano porporato tenesse proprio lì messaggi e foto compromettenti, magari scambi di affettuosità con giovanetti adescati su Facebook.

    Ma il ridicolo più devastante, per i magistrati d’assalto belgi, lo si è raggiunto con le tombe dei due cardinali arcivescovi nella cripta della millenaria, splendida cattedrale di quella Malines, Mechelen in fiammingo, che per antico privilegio, è tuttora la metropoli religiosa del Paese. Non escludiamo che, oltre a Dan Brown, anche Umberto Eco possa prendere ispirazione dall’episodio per aggiungere un capitolo a una nuova edizione de Il pendolo di Foucault. Che, come si sa, è una beffarda presa in giro di personaggi come questi giudici, ossessionati da enigmi, misteri, codici segreti: sempre e solo cattolici, s’intende. Gli inquirenti, evidentemente già creduli di loro, sono cascati nello scherzo di un buontempone: «Andate nell’antica cattedrale, scendete nella oscura cripta, aprite i venerati sepolcri dei Porporati: lì troverete le pergamene che provano il complotto dei sacerdoti attuali, adepti di culti pederastici come già lo furono i loro predecessori, i Templari».

    Tutti sanno, infatti, che il modo più rapido e sicuro per nascondere dossier compromettenti è convocare una squadra di operai, farli lavorare ore attorno a dei sarcofaghi artistici per staccare il pesantissimo coperchio in pietra senza troppo danneggiarlo, sollevarlo con apposite macchine e, prima di richiuderlo e risigillarlo, riempirlo con i documenti che attestano i riti osceni dei prelati. Il tutto di notte, ovviamente, visto che la cattedrale di Malines è tra le più frequentate non solo dai devoti ma anche dai turisti che potrebbero insospettirsi per il va e vieni di muratori e di mezzi. Ma che fare poi, di quegli operai? Si sa che gli egizi, terminato e chiuso l’accesso al labirinto che portava alla camera sepolcrale della piramide, procedevano allo sgozzamento rituale sul posto di tutti coloro che, avendoci lavorato, conoscevano il segreto. Ma è cosa che ricordiamo sottovoce, perché non vorremmo essere presi sul serio dai belgi, che potrebbero indagare per una possibile strage di muratori ordinata dal Primate.

    In ogni caso, al di là di battute amare: quello degli abusi sessuali è un caso troppo grosso per essere lasciato a simili inquirenti. Il segretario di Stato ha fatto il suo dovere protestando, ma lasci stare confronti con bolscevichi russi e anarchici spagnoli, che erano terribilmente seri nella loro ferocia. Si potrebbe, invece, ricordare cose evidenti ma dimenticate da un Belgio che si vanta di essere uno dei Paesi più secolarizzati, dove l’emarginazione dei cattolici è ogni giorno crescente. Lo Stato nacque, nel 1830, per la libera unione di valloni e fiamminghi: parlavano lingue diverse, avevano tradizioni e storie diverse, ma erano uniti da un cattolicesimo solido e fervente. Dunque, non sopportavano la sottomissione al persecutorio calvinismo olandese. L’unione è durata sino a quando il Paese si è riconosciuto come cattolico: ora, quell’unico collante si è dissolto e il Belgio è ormai una finzione ingovernabile. Forse, anche simili operazioni confermano la confusione di uno Stato che da anni non riesce a esprimere neppure un governo ma, almeno nella intellighenzia, sembra unito soltanto dall’avversione anti-romana.

     

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    00 06/07/2010 00:00

    India, estremisti islamici amputano
    braccio a professore cristiano

    In Kerala – all'estremità sud-occidentale dell'India – un gruppo di estremisti ha reciso la mano e parte del braccio destro di un professore universitario, accusato di blasfemia in quanto avrebbe inserito, in un questionario preparato lo scorso marzo per gli esami, delle domande offensive verso Maometto. Ne ha dato notizia la Radio Vaticana nel suo radiogiornale internazionale.

    L'esecuzione – riferisce l'emittente – è avvenuta domenica mattina a Muvattupuzha, nel distretto di Ernakulam, nel Kerala. «L'estremismo islamico - denuncia Radio Vaticana - è in crescita nel Kerala e agisce anche in diverse scuole che sono costrette a subire pressioni anche sull'uso del velo». L'agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere, da parte sua, ricostruisce la vicenda citando fonti della polizia: «La vittima - di ritorno dalla messa domenicale con la sua famiglia - sarebbe stata attaccata con coltelli e spade da un gruppo di persone, che l'ha costretto a uscire dall'auto per recidergli la mano e parte del braccio destro, «gettandoli lontano a circa 200 metri». Portato d'urgenza in ospedale, i chirurghi si sono trovati di fronte a ferite profonde anche su altre parti del corpo, su cui agire con diversi interventi di ricostruzione.

    Alcuni dei fermati dalla polizia sono attivisti appartenenti al "Fronte popolare dell'India", un gruppo musulmano di destra ben radicato a Kerala. Il progetto di questi militanti islamici è provocare pacifiche comunità cristiane per scatenare una guerra civile. «Il rapido incremento della popolazione musulmana e la loro influenza nelle elezioni fa crescere problemi di sicurezza per i cristiani in tutto il Paese», sottolinea ancora Asianews.
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    00 07/07/2010 22:02

    L'immutabile destino della Chiesa: trionfante e sofferente insieme

    di Vittorio Messori

    C’è il senso del pontificato intero di Benedetto XVI nella istituzione, il giorno della  festa di Pietro e Paolo, del nL'immutabile destino della Chiesa: trionfante e sofferente insieme, per il riannuncio della fede in un mondo dove “il Dio di Gesù sembra eclissarsi“. E c’è un significato preciso, se il neonato Consiglio è stato affidato a un arcivescovo come Rino Fisichella, specialista  in quella antica  “apologetica” che oggi si preferisce chiamare “teologia fondamentale“. 

    Per capire, bisogna porsi alcune domande. Cominciando dalla più importante: la Chiesa cattolica è davvero in grave difficoltà? In realtà, teologia ed esperienza storica mostrano che sempre è stata, e sempre sarà, al contempo triumphans et dolens

    Come il suo Fondatore sarà sempre, parola di Pascal, viva e feconda e, al contempo, come agonizzante. Clero indegno, tra abusi sessuali e affarismi? Nessuna sorpresa, essendo, nel suo volto umano, sia casta che meretrix, sia madre dei santi che rifugio e patria dei peccatori. Perseguitata? Se non lo fosse, smentirebbe il monito del Cristo ai discepoli, che non possono avere sorte diversa dal Maestro. In decadenza  numerica, quanto a praticanti e vocazioni?, Doveroso, in fondo, poiché il suo destino, come prevede il Vangelo, è di essere “piccolo gregge“, “lievito“, “sale“, “granello di senape“.

    E’ semplice catechismo. Sbagliano, dunque, coloro che si avventurano in improbabili analisi, immaginando un Benedetto XVI “angosciato“ per questo tipo di problemi. 

    Proprio per la sua  prospettiva di fede, papa Ratzinger è molto addolorato, e non manca di dirlo pubblicamente ma, al contempo è lontano dalla “angoscia“. Quando mi descriveva la situazione  inquietante ,della Catholica nella tempesta postconciliare , mi permisi di chiedergli se, malgrado tutto, le sue notti fossero tranquille. Mi guardò sorpreso : << Perché non dovrei dormire? Dobbiamo fare, tutti, il nostro dovere sino in fondo. Ma saremo giudicati da Gesù sulla buona volontà, non sui risultati . La Chiesa non è nostra. Noi siamo solo l’equipaggio di un barca che è Sua, è Lui che tiene il timone e stabilisce la rotta. Sappiamo che ci saranno tempeste, anche terribili, che le sofferenze di ogni tipo non mancheranno ma sappiamo anche che non affonderemo e che prima o poi arriveremo al porto“. 

    Se “angoscia“ c’è, nel papa, non è certo per tribolazioni spesso provvidenziali, in ogni caso già annunciate venti secoli fa. C’è un sospetto di angoscia, semmai, per la constatazione –che in lui è sempre stata lucida e costante- che è proprio la fede che oggi  fa problema. Nulla può turbare il Pastore, se nel clero e nei laici  regge la fiducia nella esistenza di Dio, nella verità del Vangelo, nella Chiesa come corpo del Cristo.

    Nulla può stare in piedi, invece, se ci si convince che ci sono Caso, Materia, Evoluzione cieca al posto di Dio; che la Scrittura non è che un’antologia caotica di remota  letteratura semitica; che la Chiesa è una multinazionale affaristica o , a esser benevoli, la maggiore delle ONG, una Croce Rossa con l’hobby della religione. Per   due volte, solo negli ultimi mesi, Benedetto XVI ha ripetuto -e ogni volta, sì, con un sospetto di angoscia-: “ La fede rischia oggi di estinguersi come una fiamma che non trova più alimento“. A Fatima ha ricordato l’equivoco di tanto attivismo clericale,    che si affatica sulle conseguenze morali, politiche, sociali da trarre dalla fede, senza però interrogarsi sulla verità e credibilità di quella fede. Cosa che, oggi, non è affatto  scontata. E non lo è a tal punto che una volta, a tavola, gli sentii sfuggire una confidenza: “Oggi, in Occidente, chi mi stupisce non è l’incredulo, è il credente“.

    Nella sua inquietudine, certa intellighenzia e nomenklatura ecclesiali non lo confortano ma, spesso, sembrano contrastarlo. Come ha ripetuto in questi giorni, è consapevole  che i maggiori pericoli per la Chiesa vengono dal suo interno, e non solo per il peccato del denaro, dell’arrivismo, della carne. Sa meglio di tutti (un quarto di secolo alla Congelazione per la fede non sono stati vani) che molta teologia, magari dispensata  nelle università “cattoliche“ se non “pontificie“, è  infida, insinua il dubbio e mina le certezze. Sa che tanta esegesi biblica disseziona la Scrittura come fosse un qualunque testo antico , accettando  acriticamente un metodo che chiama “storico-critico“ creato nel Novecento da atei o da protestanti secolarizzati e che più che critico è ideologico. La base stesso su cui tutto si fonda, la Risurrezione di Gesù nello spirito ma anche nel corpo, è messa in dubbio se non respinta da preti e frati in cattedra. Sa che le basi dell’etica cattolica  sono negate, nella pratica, da tanta pastorale. Sa che, nei seminari, i pochi giovani superstiti dipendono, più che dal direttore spirituale, da sociologi e psicologi: e se increduli, tanto meglio, non è forse segno di “illuminata apertura“?

    Se, dunque, “la fiamma“ si spegne è anche perché tanti, che pur dovrebbero, non l’alimentano, anzi lavorano per estinguerla.  E’ tempo, dunque, di gettare fascine nel braciere, riscoprendo quel lavoro di ricerca della credibilità della fede, quell’accordo tra il credere il ragionare che è sempre esistito nella Chiesa e che dopo il Concilio era stato abbandonato. E’ tempo, insomma, di ritorno all’apologetica, per ridare alimento alla fiaccola, spenta la quale niente avrebbe più senso e San Pietro, con il Vaticano intero, potrebbero essere consegnati all’Unesco come semplice “patrimonio artistico della umanità“. Non a caso mons. Fisichella, specialista proprio di apologetica -o teologia fondamentale, che dir si voglia- è sembrato a Benedetto XVI il “fuochista“ adeguato. Un lavoro arduo attende l’arcivescovo, cardinale se farà bene. Qui, per la Chiesa, tutto è in gioco: e non basteranno i soliti convegni, dibattiti,  “cattedre di non credenti“ o la solita “documentite“ ad uso interno. Ci vorranno nuovi apologeti, rispettosi di tutti e al contempo coriacei nel mostrare le ragioni per le quali il credente non è un credulo, perché il Vangelo è “vero” .
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    Credente
    00 27/08/2010 16:08
    È ancora presto, per dire che non siamo soli nella Via Lattea. Ma, giorno dopo giorno, aumentano le prove che la nostra galassia è piena di sistemi solari simili al nostro. Ieri William Borucki della Nasa, responsabile scientifico della missione Keplero – il satellite inviato l'anno scorso nello spazio proprio col compito di trovare altre Terre – ha annunciato la scoperta «dei primi pianeti multipli che orbitano intorno alla stessa stella».
    I due pianeti, battezzati Kepler 9B e Kepler 9C, «hanno chiaramente un'interazione gravitazionale fra di loro». In altre parole, mentre girano intorno alla loro stella, hanno una velocità variabile perché si influenzano l'uno con l'altro: quando uno accelera, l'altro rallenta. Sono solo un po' più piccoli di Saturno: sono grandi, rispettivamente, come 80 e 54 Terre. E quindi inabitabili, almeno per la vita così come la conosciamo: con quella massa, la forza di gravità è troppo forte.
    In compenso, in questo sistema solare che la Nasa definisce «intrigante e bizzarro», ci potrebbe essere anche un pianeta grande una volta e mezza la Terra. La Nasa dice di averlo individuato, ma di non poter ancora confermare la sua esistenza con certezza. In ogni caso, non sarebbe comunque un candidato per le esplorazioni spaziali di un futuro remoto. Un po' perché è davvero troppo lontano: è nella costellazione della Lira, a 2.300 anni luce. Ma soprattutto perché è troppo vicino al suo sole: per compiere una rivoluzione ci mette appena 1,6 giorni.
    Tuttavia, il fatto divertente è che l'annuncio della Nasa è stato preceduto di poche ore da un altro annuncio, da parte dell'European Space Observatory, che possiede il più potente telescopio a terra, costruito in Cile da 14 nazioni europee (Italia inclusa). Se la Nasa ha scovato il sistema solare più bizzarro, l'Eso si è imbattuto in quello più "popolato": cinque pianeti. Forse sette.
    Intorno alla stella HD 10181, a 127 anni-luce da qui, gli astrofisici europei hanno individuato un sistema piuttosto simile al nostro. La stella è di dimensioni analoghe al Sole e i numerosi pianeti sono disposti a distanze progressive, proprio come accade nel nostro angolo di galassia. Altro fatto interessante: non ci sono giganti come Giove e i cinque pianeti sono simili a Nettuno (fra 13 e 25 volte la massa terrestre). Ma fra i due possibili pianeti aggiuntivi, ce n'è anche uno simile alla Terra per dimensioni. Anche in questo caso, è davvero troppo vicino al suo sole: lì un anno, dura 1,18 giorni terrestri.

    Circa la possibilità che altri pianeti possano essere abitati, la fede, anche se non lo afferma, neppure lo esclude. Ai ricercatori dunque il compito di scoprire se vi sono esseri simili a noi in altri posti, visto che la casa del Padre ha molte dimore, come afferma Gesù, e considerato che Elia fu trasportato su un carro "di fuoco" (luminoso?) da qualche parte nell'universo.
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    AmarDio
    00 30/08/2010 23:18
    Gheddafi vuole l'Europa islamica? Proviamo a non stracciarci le vesti
    di Vittorio Messori

    Niente vesti stracciate, né invettive scandalizzate, né appelli a crociate per profezie alla Gheddafi. Nessuno come il cristiano deve rispettare l'imprevedibilità della storia. E, questo, sin dall'inizio: chi, all'apogeo dell'Impero romano, avrebbe preso sul serio l'annuncio che i fasti pagani avrebbero fatto posto all'adorazione di un oscuro predicatore ebraico, giustiziato con la pena infamante dei criminali senza cittadinanza? Trionfato, poi, il Cristianesimo, come credere a chi avesse annunciato che i luoghi stessi di Gesù, che le città convertite da Paolo, che le terre dei grandi Padri della Chiesa sarebbero stati sommersi da orde sbucate all'improvviso dalle profondità del deserto arabico e che avrebbero declassato il Cristo a semplice annunciatore di Muhammad, l'ultimo profeta?

    La Provvidenza, nella prospettiva cristiana, ha percorsi spesso incomprensibili, le vie di Dio non sono le nostre. Dunque, non contrasta con la fede nel Vangelo nessuna possibilità storica: neppure quella annunciata da Gheddafi che ciò che resta di cristianità nell'Europa secolarizzata debba cedere alla fede che conquistò Gerusalemme, Costantinopoli, Alessandria, Toledo. Nessuno scandalo davanti alle esternazioni del raìs tripolino, almeno per chi crede in quel Nazareno che rifiutò di essere re, che impedì l'uso delle armi a sua difesa, che annunciò ai discepoli che sarebbero stati «piccolo gregge» e che avrebbero avuto la funzione di «sale» e di «lievito». Materie indispensabili, certo, ma solo in quantità ridotta. A ben pensarci, l'habitat naturale dei credenti in Colui che finì sulla croce non è la cristianità di massa, bensì la diaspora. Lo stesso Benedetto XVI sembra ipotizzare un futuro di comunità cristiane piccole e al contempo ferventi e creative: venga pure un destino minoritario, purché non marginale. Sale e lievito, ricordavamo. Dunque non fuori dalla storia, bensì nell'intimo stesso della pasta degli eventi umani per dare loro sapore e significato. Senza pretendere di imporsi, se non con la «debolezza» dell'annuncio pacifico e della persuasione fraterna.

    Ma, per scendere dai cieli della teologia alla concretezza del presente: per quanto è dato scorgere, ci sono davvero le condizioni che potrebbero portare alla sostituzione dei campanili con i minareti? Lo storico sa bene che le conquiste islamiche dei primi secoli non possono aiutarci a ipotizzare un futuro: in Africa e in Medio Oriente, tra settimo e ottavo secolo, l'arrivo dei musulmani (scambiati spesso, tra l'altro, per cristiani eretici) fu facilitato dalle sette cristiane in lotta tra di loro e unite dall'odio contro Bisanzio e dalle comunità ebraiche perseguitate. Sempre la storia, poi, ci dice che l'Islam non riuscì mai a stabilizzarsi in Europa: ci vollero secoli, ma alla fine fu respinto dalla Spagna, dai Balcani, dalla Sicilia, da Malta. E nel cuore dell'Africa già cristiana, l'Egitto, secoli di lusinghe e di angherie non sono bastati a estirpare la fede nel Vangelo. Si dimentica inoltre troppo spesso che l'ostilità islamica per il cristianesimo è blanda rispetto all'autentico odio che contrappone le due tradizioni principali: il sunnita Gheddafi può predicare liberamente a Roma ma nessuno garantirebbe della sua vita se tentasse di pontificare nella Teheran sciita.

    Per quanto conta, noi siamo tra coloro che pensano che la radicalizzazione attuale dell'Islam sia determinata non dalla sicurezza del trionfo ma dal timore - inconfessato, magari inconscio - dell'inquinamento, dell'assimilazione. Come dimostra in modo esemplare la parabola dell'Iran - spinto a stanare dal suo esilio un vecchio ayatollah che sembrava dimenticato e a cacciare lo scià perché «occidentale» - il mondo musulmano, in questo unito, è percorso dall'inquietudine che spinge al fanatismo. Non teme le nostre virtù, teme i nostri vizi. Non è preoccupato dalla nostra religione, ma dal nostro secolarismo. Se qualche discepolo del Corano immigrato tra noi giunge a uccidere la figlia perché veste, mangia, beve, amoreggia come le compagne di scuola, non c'è famiglia islamica in Occidente che non constati ansiosa quanto sia devastante per i figli la nostra way of life. L'Islam si regge sul legalismo, non può vivere senza il rispetto - da parte di tutti, ma proprio tutti - di una serie di norme: proprio ciò che è impossibile pretendere in una Europa, e in un'America, non solo libere ma sempre più «libertine». La nostra «società liquida» non sopporta ormai i precetti cristiani. Potrebbe accettare quelli coranici, ancor più rigorosi e imposti come legge garantita da lapidazioni, decapitazioni, impiccagioni?

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    00 11/09/2010 21:18

    Arriva il Papa, e gli scozzesi aboliscono Dio in quanto maschio

    A pochi giorni dall’arrivo del Papa nel Regno Unito (16-19 settembre) la chiesa episcopale scozzese – diversamente dall’Inghilterra e dal Galles non è la chiesa ufficiale del paese – ha adottato una decisione che fa molto discutere. Ha deciso di bandire dal proprio culto ogni riferimento a Dio come persona di genere maschile. “Vogliamo parlare di Dio al di là del suo genere” hanno detto i vescovi riuniti di recente in Sinodo. E ancora: “E’ una questione di correttezza politica. Non stiamo dicendo che Dio non sia di sesso maschile. Stiamo dicendo che egli è anche femminile. Stiamo cercando di usare un linguaggio che permetta adeguatamente di descrivere ciò che è indescrivibile, appunto il genere di Dio”.

    La decisione dei protestanti scozzesi arriva dopo mesi convulsi e difficili. Recentemente, oltre all’ammissione all’ordinazione sacerdotale delle donne, i protestanti scozzesi hanno sancito la possibilità dell’ordinazione per uomini dichiaratamente omosessuali. Decisioni in linea con diverse chiese protestanti sparse per il mondo. Decisioni, tuttavia, che hanno causato e stanno causando drammatiche scissioni all’interno dello stesso mondo protestante. In particolare le ultime disposizioni adottate in Scozia hanno provocato vibranti proteste da parte delle aree più conservatrici della stesse comunità. “Sono decisioni all’insegna del politically correct e niente più”, hanno detto i fedeli più tradizionalisti. E ancora: “Si tratta di decisioni non coerenti con l’insegnamento della Bibbia”.

    Quanto alla Bibbia non sono stati pochi gli ostacoli da superare. La Sacra Scrittura è piena di riferimenti a Dio come persona di genere maschile. “Il Signore”, “Egli”, “Lui” sono termini che ricorrono di continuo. Così gli estensori del nuovo rito hanno dovuto lavorare di fino, intervendo soltanto laddove il testo lo ha permesso.

    Non sono pochi i fedeli che dalla pubblicazione della costituzione apostolica Anglicanorum coetibus in poi (4 novembre 2009) hanno deciso di lasciare l’anglicanesimo e tornare alla comunione con Roma. Anche in Scozia la situazione è difficilmente arginabile dalle gerarchie della chiesa episcopale. Oltretutto alle nuove disposizioni si contrappone l’arrivo oltre Manica di un pontefice, Benedetto XVI, che anche nel rispetto delle regole liturgiche e del valore della tradizione bimillenaria della chiesa, ha fatto uno dei capisaldi del suo pontificato.

    Due giorni fa è stato il maestro delle celebrazioni liturgiche pontifice, monsignor Guido Marini, a lanciare un segnale importante al mondo anglosassone quanto a regole liturgiche e loro rispetto. Ha annunciato che in Scozia e in Inghilterra il Papa reciterà la messa adottando parti del canone in lingua latina. Non èp una novità ma è un segnale importante rivolto anche alla chiesa cattolica inglese che spesso, in passato, si è macchiata di non pochi abusi liturgici. Ha spiegato Marini: “Le parti nelle quali il Papa si riserva di utilizzare il latino sono per sottolineare l’universalità della fede e la continuità della chiesa”.

    Ma c’è di più. Marini ha anche parlato del prossimo messale in lingua inglese che verrà adottato dalla chiesa locale il prossimo anno. Ha detto: “Il testo sarà aderente all’originale latino utilizzato dalla chiesa per 1.500 anni, prima del Concilio Vaticano II”. Parti di esso saranno recitati già dal Papa nei prossimi giorni di permanenza in Scozia e Inghilterra”.

    Pubblicato sul Foglio giovedì 9 settembre 2010

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    Credente
    00 18/09/2010 12:02

    Il giornalista Saverio Gaeta e "L'enigma del volto di Gesù

    Gaeta presenterà il suo libro: “L’enigma del volto di Gesù”, aprendo la serie di incontri pomeridiani sui temi della fede, della spiritualità, dell’impegno sociale. Il libro, basandosi su un’accurata documentazione, ricostruisce una delle vicende più straordinarie e misteriose dell’esperienza cristiana: la storia della Sindone e quella del “Velo della Veronica”, conosciuto anche come il “Volto Santo di Manoppello”, il piccolo centro tra i monti abruzzesi dove è custodito un tessuto su cui si ritiene sia rimasto impresso il volto di Gesù vivo. Un lavoro appassionato e appassionante, quello effettuato da Gaeta, che alterna dati storici, iconografici e tissutali, ricerche scientifiche, tradizione e pietà popolare proprio nell’anno in cui la Chiesa ha rivissuto il dono della ostensione della Sindone a Torino. Gli studi citati e riferiti con uno stile immediato e divulgativo, dimostrando che il telo di Manoppello non è dipinto da mano umana, non presenta tracce di pitture ed è perfettamente sovrapponibile al volto dell’uomo della Sindone, conducono verso la definizione definitiva di un affascinante mistero che attraversa i secoli.


    [Modificato da Credente 18/09/2010 12:06]
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    00 19/09/2010 18:58
    Oggi, nel mondo ci sono 800 mila satanici. E in Italia - scrive il giornale cattolico - ci sono più di 80 mila adepti in sette sataniche con 9 milioni di vittime di reati legati al satanismo (Avvenire, 9-5-2003).
    Purtroppo in que­sti nostri tempi il diavolo ha ot­tenuto la più grande vittoria. Qual’è? Quella di essere riu­scito a fare ignorare e per­fino negare la sua stessa esistenza da parte di non pochi cristiani, perfino con erronee interpretazioni di qualche teo­logo.
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    00 06/10/2010 11:05

    Disoccupato diventa una cavia umana


    Dopo la Laurea in Lettere e Filosofia non è riuscito a trovare un lavoro e così, un 4enne di Potenza si è messo a disposizione delle case farmaceutiche diventando una vera e propria cavia.

    Dal 2006 questo 34 enne, passa quindici o venti giorni all’anno in una clinica svizzera ed ingurgitare pillole e sciroppi oppure prova unguenti; mette insomma la sua vita a rischio, pur di poter "sopravvivere" non avendo un altro lavoro.

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