27/04/2024 10:49
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L'immagine posteriore
Nel restauro del 2002, durante la sostituzione della tela di rinforzo su cui la Sindone è cucita, si è colta l'occasione per fotografare l'altra faccia del lenzuolo, normalmente nascosta da tale tela. Le fotografie hanno rivelato che anche sul retro della Sindone è presente un'immagine, ma molto più debole e confusa di quella sul dritto. In particolare sul retro della Sindone è visibile l'immagine del volto e probabilmente delle mani, ma non è visibile un'immagine in corrispondenza dell'impronta dorsale dell'Uomo[80]. Dato che almeno in corrispondenza del volto esiste un'immagine superficiale sul lato visibile della Sindone e contemporaneamente esiste un'immagine superficiale sul retro, si deve parlare di "doppia superficialità" dell'immagine corporea.

Ipotesi sulla formazione dell'immagine
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Ipotesi sulla formazione dell'immagine della Sindone
Non si conosce il meccanismo di formazione dell'immagine. Sono state avanzate diverse ipotesi, ma nessuna di esse appare soddisfacente.

Ipotesi basate su meccanismi naturali (o soprannaturali):

Reazioni chimiche: i vapori della decomposizione avrebbero interagito con il tessuto e con gli aromi di cui esso era impregnato. Tuttavia, poiché il vapore diffonde in tutte le direzioni, appare impossibile che questo meccanismo possa produrre un'immagine netta e dettagliata come quella della Sindone; inoltre esso avrebbe prodotto un'immagine deformata e non una proiezione verticale.
Irradiazione: si ipotizza un lampo di luce o un fascio di particelle (protoni o neutroni) che avrebbe impresso l'immagine. Nessuno però ha potuto fornire una spiegazione credibile della causa che avrebbe sprigionato questa radiazione.
Effetto corona (un particolare tipo di scarica elettrica): esperimenti effettuati con questa tecnica hanno prodotto immagini superficiali come quella sindonica. Tuttavia non è chiaro come potrebbe essersi generato il campo elettrico necessario a indurre la scarica.
Ipotesi basate su procedimenti artificiali:

Pittura: gli esami hanno escluso la presenza di pigmenti (sono state trovate solo tracce del tutto insufficienti a produrre un'immagine visibile), inoltre l'immagine non presenta direzionalità, come avviene invece in qualsiasi disegno o pittura, né un qualsiasi "stile artistico".
Strinatura (bruciatura superficiale) per mezzo di un bassorilievo riscaldato: con questa tecnica alcuni studiosi sono riusciti a produrre immagini visivamente molto simili. Le loro caratteristiche fisiche e microscopiche sono però assai diverse da quelle della Sindone.
Fotografia: non sembra credibile che il presunto autore della Sindone potesse possedere la tecnologia necessaria. I primi esperimenti fotografici noti furono effettuati solo nel XIX secolo. Inoltre non vi sono tracce di sostanze fotosensibili sulla Sindone.
Altri esami
La statura
Fin dai secoli passati si è tentato di misurare, attraverso la Sindone, la statura di Gesù. I Savoia usavano donare agli ospiti dei nastri la cui lunghezza corrispondeva all'altezza dell'Uomo della Sindone, misurata in 183 cm. Esattamente la stessa altezza è indicata dallo storico bizantino Niceforo Callisto nel XIV secolo: questo può essere considerato un indizio a sostegno dell'ipotesi che la Sindone di Torino sia la stessa che si conservava a Costantinopoli fino al 1204.

Le misurazioni moderne hanno dato risultati lievemente differenti: l'altezza dell'immagine sindonica, dal tallone alla sommità del capo, è di 184 cm secondo G. Judica Cordiglia, di 188 cm secondo Luigi Gedda. A questi valori gli studiosi sottraggono 3 cm, poiché il corpo umano, disteso orizzontalmente, si allunga leggermente perché la colonna vertebrale si distende. Inoltre l'altezza va ulteriormente diminuita per compensare possibili avvolgimenti o pieghe del lenzuolo sul corpo: vi sono diversi pareri sull'entità di questa seconda correzione. Verso il 1940 Giulio Ricci, spinto forse dall'intenzione di far rientrare l'Uomo della Sindone nei presunti canoni della "razza ebraica", la stimava addirittura in 24 cm, ottenendo una statura di 163 cm. La maggior parte degli studiosi che si sono occupati di questo problema ritiene esagerata questa correzione: essi calcolano la statura dell'Uomo della Sindone tra i 178 e i 185 cm.

Esame palinologico
Nel 1973 il criminologo svizzero Max Frei Sulzer, ex direttore della polizia scientifica di Zurigo[81], con dei nastri adesivi ha prelevato dalla superficie della Sindone dei campioni di polvere e pollini, che poi ha studiato al microscopio elettronico. Nel 1976 ha pubblicato i risultati delle sue analisi. Frei non disse mai il numero totale di pollini trovati, ma si limitò a elencarne 60 diversi tipi (tra queste 21 specie tipiche della Palestina, 6 dell'Anatolia, 1 specie tipica di Costantinopoli[82]). Frei ne ha dedotto che la Sindone ha soggiornato sia in Palestina che in Turchia, oltre che in Francia e Italia, il che quindi concorda con la ricostruzione proposta per la storia della Sindone anteriore al XIV secolo[8].

Il lavoro di Frei è stato criticato pesantemente da diversi studiosi[82]. Il lavoro di Frei non tiene conto delle contaminazioni possibili (ad esempio quelle dovute al contatto con i pellegrini)[82]. Nel corso dei secoli infatti il telo è stato toccato da migliaia di mani[82].

Inoltre: per gli studiosi non c'è possibilità di determinare la specie di una pianta dal polline, salvo rari casi. Di regola il polline permette solo di determinare i gruppi di specie o il genere o la famiglia[36][83].

Una revisione del lavoro di Frei fu svolta da Baruch, che identificò una sola specie (Gundelia tournefortii), mentre per gli altri pollini non fu possibile identificare se non i gruppi di specie, il genere o la famiglia[82].

Anche le conclusioni di Baruch furono contestate. V.M. Bryant nel 2000 osservò infatti che tali conclusioni non erano accettabili poiché: Baruch usò un microscopio ottico e non uno elettronico; i pollini intrisi di colla sono difficilmente analizzabili; l'identificazione dell'unico polline era comunque errata per diametro e ornamentazione osservati.[84]

Nonostante la messa in dubbio degli studi di Frei, questi sono stati ripresi nel 1997-1998 da alcuni sostenitori dell'autenticità della sindone (quali Danin e altri)[8], che all'epoca hanno ipotizzato di localizzare il presunto sito di provenienza della Sindone in una zona molto ristretta nei pressi di Gerusalemme.[78]. Tutto questo sebbene ci siano ulteriori ragioni che facciano ritenere inattendibili le conclusioni di Frei:

l'identificazione dei vari tipi di pollini non è di per sé indicativa se non fa anche riferimento al cosiddetto spettro pollinico cioè i valori percentuali di ogni tipo di polline presente nel materiale in esame[83]. Gaetano Ciccone afferma che Frei non avrebbe misurato lo spettro pollinico, ma che avrebbe stilato un semplice elenco di pollini chiamandolo impropriamente spettro pollinico[82].
i pollini non possono resistere centinaia di anni in un ambiente aerobico. Se il polline viene esposto all'aria in poco tempo viene distrutto poiché l'ossigeno corrode la sporopollenina lasciando il polline in balia dell'azione distruttiva di funghi e batteri[85]. Marta Mariotti Lippi, provò sperimentalmente a misurare la conservazione dei pollini: dopo due mesi la perdita di polline sui tessuti testati era stata del 77%[86]
Lo stesso Danin, ricostruendo però più recentemente (2010) l'intera questione delle analisi microscopiche più avanzate sui pollini di Frei, esclude la possibilità che gli stessi possano venire usati da soli per definire un'area geografica di provenienza[87], sottolineando inoltre come in tal senso sia inutile la mera osservazione della frequenza di piante spinose [88].

In particolare, le più recenti analisi di Litt, effettuate con microscopia ottica avanzata e microscopia confocale basata su laser, hanno dimostrato l'impossibilità di definire i pollini perfino a livello di genere, e quindi tanto più a livello di specie; Litt va persino oltre le conclusioni di Baruch, ed esclude anche, con elevata probabilità, che i pollini siano ascrivibili a Gundelia[89].

Datazione chimica
Raymond Rogers ha proposto un metodo chimico di datazione della Sindone basato sulla misura della vanillina presente nel tessuto. Secondo Rogers la vanillina, presente nella lignina della cellulosa del lino e che si consuma spontaneamente ad un ritmo molto lento col passare del tempo, avrebbe dovuto essere presente nel tessuto della Sindone se questo fosse medievale (così come era presente nella tela d'Olanda), mentre la sua assenza indicherebbe un'età maggiore.

In base a una stima preliminare pubblicata da Rogers nel 2005[90], la datazione della Sindone sarebbe compresa all'incirca tra il 1000 a.C. e il 700 d.C. Rogers usa l'Equazione di Arrhenius per stimare il tempo necessario perché si perda il 95% della vanillina, ottenendo 1319 anni considerando una temperatura costante di 25 °C, 1845 anni ad una temperatura di 23 °C e 3095 anni ad una temperatura di 20 °C, considerando queste temperature delle stime ragionevoli della temperature con cui la Sindone è stata conservata.

Diversi studiosi hanno fatto notare che la vanillina si consuma molto più velocemente con l'aumentare della temperatura e suggerito alcuni scenari per cui i 25 °C / 23 °C / 20 °C costanti ipotizzati da Rogers nella sua stima sarebbero un'approssimazione troppo imprecisa:

Un incremento di soli 5 °C rispetto ai 25 °C ipotizzati da Rogers, portando la temperatura a 30 °C, porterebbe il tempo necessario a consumare il 95% della vanillina a soli 579 anni. Tuttavia è inverosimile che la Sindone sia stata conservata per sei secoli ad una temperatura costante di 30 °C o dei 25 °C ipotizzati da Rogers, giorno e notte, estate e inverno e la temperatura media annua a Torino è inferiore ai 15 °C.
L'esposizione del telo al calore prodotto dalle torce durante le ostensioni avrebbe potuto produrre un decadimento accelerato della vanillina[91]. Tuttavia sommando la durata di tutte le ostensioni documentate si arriva soltanto a pochi mesi: anche considerando un intero anno, perché questo effetto da solo abbia consumato il 95% della vanillina la Sindone avrebbe dovuto essere riscaldata a oltre 75 °C, una temperatura eccessiva[13].
Le alte temperature a cui è stata esposta la Sindone (circa 200º[13]) durante l'incendio del 1532 avrebbe consumato molto rapidamente la vanillina: ad esempio con una temperatura di 200 °C si sarebbe consumata in meno di 7 minuti[13]. Rogers nel suo articolo ritiene tuttavia che l'incendio del 1532 potrebbe non avere avuto grossi effetti sul contenuto di vanillina poiché il lino ha una conducibilità termica molto bassa e le parti del lenzuolo lontane dalle bruciature potrebbero non aver raggiunto temperature così alte.[90].
Rimarrebbe poi da spiegare come mai nei campioni usati per l'esame del Carbonio 14 la vanillina, secondo Rogers, non si sarebbe consumata.

Lo studio di Rogers viene definito "molto povero"[92][93] e carente dal punto di vista metodologico sotto tre aspetti[92]

Appropriatezza del metodo usato per verificare i residui di vanillina nei fili di lino: sono stati usati test qualitativi per determinare risultati quantitativi
Appropriatezza di controlli: nella ricerca Rogers non ha usato campioni di controllo
Riproducibilità degli esperimenti: le analisi di Rogers sono state eseguite una sola volta e mancano, quindi, i controlli dovuti per calcolare un "margine d'errore" nella datazione.
Stima soggettiva delle probabilità
Assumendo come ipotesi che la Sindone sia un reperto effettivamente correlato ad un uomo vissuto in Palestina nel I secolo d.C., alcuni studiosi hanno effettuato stime sulla probabilità che quell'uomo non corrispondesse a Gesù Cristo in base alle caratteristiche della reliquia stessa. Ovviamente il discorso non è valido senza l'ipotesi di base, perché un presunto falsario avrebbe potuto creare ad arte quelle caratteristiche[senza fonte].

Nel 1902 Yves Delage, professore di anatomia comparata alla Sorbona[94], presentò all'Académie des Sciences una relazione in cui, esaminando i fatti allora noti sul lenzuolo e sulle caratteristiche fisiche e anatomiche dell'immagine, valutava soggettivamente che la probabilità che la Sindone non fosse il lenzuolo funebre di Gesù era, a suo parere, inferiore a uno su 10 miliardi.

Negli anni settanta Bruno Barberis, docente dell'Università di Torino e attuale direttore del centro internazionale di Sindonologia, espresse una simile stima soggettiva, basandosi su nuovi fattori. La probabilità da lui soggettivamente ipotizzata è di 1 su 200 miliardi; valutazioni soggettive simili sono state ipotizzate anche dal matematico e sindonologo Tino Zeuli, Professore emerito dell'Università di Torino.[95][96]

È opportuno chiarire che queste stime ipotetiche sono solo pareri soggettivi basati su ragionamenti analogici, e non calcoli scientifici, statistici o matematici nel senso tecnico del termine.

Il restauro del 2002
Nel 2002 la Sindone è stata sottoposta ad un intervento di restauro conservativo: sono stati rimossi i lembi di tessuto bruciato nell'incendio del 1532 e i rattoppi applicati dalle suore di Chambéry; anche il telo di sostegno (la "tela d'Olanda") applicato nel 1534 è stato sostituito. Il lenzuolo inoltre è stato stirato meccanicamente per eliminare le pieghe e ripulito dalla polvere; a seguito della stiratura le dimensioni della Sindone sono aumentate di circa 5 cm in lunghezza e 2 cm in larghezza.

Le modalità del restauro sono state criticate da diversi studiosi[97]. Essi hanno criticato il fatto che non si sia colta l'occasione per eseguire nuovi esami: in particolare si sarebbe potuto ripetere il test del Carbonio 14 sui lembi di tessuto carbonizzato in modo da chiarire una volta per tutte i dubbi sull'esame del 1988.

Inoltre gli interventi eseguiti, in particolare la pulizia del lenzuolo eseguita con un aspiratore, hanno probabilmente alterato o rimosso dalla Sindone materiale che avrebbe potuto essere esaminato per fornire utili indicazioni. Diversi studiosi affermano che, dopo questi interventi, alcuni tipi di esami non potranno forse mai più essere eseguiti.