00 26/04/2021 09:38

“La giovane” nel testo ebraico è הָעַלְמָה (haalmàh); nel testo greco della LXX è ἡ παρθένος  (e parthènos); nella Vulgata latina è virgo. Generalmente viene tradotto con “la giovane”, “la fanciulla”, “la ragazza”. Il vocabolo ebraico usato da Isaia – הָעַלְמָה (haalmàh) –  non viene mai usato nella Bibbia per indicare una donna sposata; esso designa una ragazza adolescente giunta all’età delle nozze. È con questo significato che lo troviamo nella Scrittura. Due volte nei termini tecnici del canto, dove forse indica la voce di soprano:



  • “Per voci di soprano” [עַל־עֲלָמֹות (al-almòt), “su ragazze”]  Sl 46:1;

  • “Per voci di fanciulle” [עַל־עֲלָמֹות (al-almòt), “su ragazze”] – 1Cron 15:20.


   Una volta troviamo il termine in Sl 68:25 in cui si allude alle stesse ragazze: “Le fanciulle [ebraico עֲלָמֹות, (almòt)] che battevano i tamburelli”. In Pr 30:19 indica l’attrattiva che spinge la ragazza verso l’uomo: “La traccia dell’uomo nella giovane [ebraico בְּעַלְמָה (bealmà), “in una giovane”]”. Nel Cantico dei cantici (1:3;6:8) designa le ragazze che sono attratte verso il fidanzato: “Ti amano le fanciulle! [ebraico עֲלָמֹות, (almòt)]”; “Fanciulle [ebraico עֲלָמֹות, (almòt)] innumerevoli”. Rebecca, prima di andare sposa ad Isacco, in Gn 24:43 viene chiamata עַלְמָה (almà); ma è poi chiamata diversamente quando la si descrive: “La fanciulla [ebraico בְּתוּלָה, (betulàh)] era molto bella d’aspetto, vergine; nessun uomo l’aveva conosciuta” (Gn 24:16); “Rimanga la fanciulla [ebraico נַּעֲרָ (naarà)] ancora alcuni giorni con noi”. – Gn 24:55.


   Molto è stato scritto dai vari esegeti su questa profezia isaiana. E, come al solito, sono state proposte le più svariate ipotesi. Esaminiamole e passiamole al vaglio delle Scritture.


   Interpretazione mitica. Secondo questa ipotesi la profezia isaiana non sarebbe altro che l’espressione ebraica dell’idea di un meraviglioso liberatore nato in modo straordinario da una donna; presso tutti i popoli si rinviene questo mito. Questa interpretazione è cara agli esegeti della cosiddetta scuola comparatistica, cioè quell’insieme di studi che cercano di comparare le narrazioni bibliche alle narrazioni delle letterature antiche di altri popoli per cercavi le analogie. E così si sono voluti vedere dei paralleli con i miti egizi, iranici, indiani, greci, mesopotamici.


   La tesi di questi esegesi va respinta: ben difficilmente si può infatti pensare che Isaia, tanto contrario al paganesimo, possa aver copiato da esso il mito della “vergine-madre”. Inoltre, Isaia presenta il “figlio” di cui parla non come l’esecutore della felicità tanto desiderata, ma come “un segno”; i miti pagani, invece, si sbizzarriscono nell’esaltare le gesta dell’eroe o del semidio liberatore. Infine, questa interpretazione cozza contro la totale assenza di elementi mitologici nel brano isaiano; nelle cosiddette narrazioni parallele, invece, abbondano i dati favolosi.


   Interpretazione direttamente messianica. Questa ipotesi fa riferimento a quanto segue: Acaz, l’idolatra re del Regno di Giuda (ottavo secolo a. E. V.), era spaventato per la minaccia di un’invasione da parte del Regno di Israele alleatosi con la Sira: “Il cuore di Acaz e il cuore del suo popolo furono agitati” (Is 7:2); “Allora il Signore disse a Isaia: ‘Va’ incontro ad Acaz’” (Is 7:3) “e digli: ‘Guarda di startene calmo e tranquillo, non temere e non ti si avvilisca il cuore’” (Is 7:3,4); Dio non avrebbe permesso a siri e israeliti di unirsi per distruggere Giuda e mettere sul trono un uomo non di stirpe davidica; Dio inviò quindi il profeta Isaia ad Acaz con lo scopo di rafforzarlo: “Così dice il Signore Dio: ‘Questo non avrà effetto; non succederà!’” (Is 7:7); l’idolatra re Acaz fu quindi invitato a chiedere un segno a Dio: “Chiedi un segno al Signore, al tuo Dio!” (Is 7:11); “Acaz rispose: ‘Non chiederò nulla’” (Is 7:12); per reazione, Isaia disse allora al popolo del Regno di Giuda che Dio avrebbe dato ugualmente un segno: “Il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emanuele” (Is 7:14). Fin qui la corretta ricostruzione storica. Gli esegeti che sostengono l’interpretazione direttamente messianica fanno però intervenire a questo punto la loro ipotesi: Isaia, dimentico della situazione del momento, sarebbe stato profeticamente trasportato all’epoca messianica, cantando il Salvatore per eccellenza ovvero il Messia nato da una”vergine-madre”. Sebbene questa ipotesi sia indubbiamente in armonia con la citazione mattaica, presenta la grossa difficoltà di non chiarire il legame tra la profezia e le circostanze in cui essa venne pronunciata. Come avrebbe potuto un evento che si sarebbe verificato oltre settecento anni dopo servire da “segno” (Is 7:14) all’incredulo re Acaz? Come se non bastasse, Matteo – riferendo il passo isaiano al concepimento verginale di Miryàm – non chiarisce affatto sotto quale aspetto la profezia di Isaia si debba riferire alla madre di Yeshùa: vi si riferiva in senso diretto parlando esclusivamente della persona di Yeshùa? O vi si riferiva in senso indiretto, parlando di una persona contemporanea di Isaia e poi anche, indirettamente, di Yeshùa? Matteo non lo dice.