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9.3 Il cambiamento del discepolo scettico Giacomo.


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Alcuni studiosi si sono soffermati a lungo anche sul cambiamento sorprendente di Giacomo, descritto dai vangeli fortemente scettico verso Gesù durante il suo ministero pubblico (cfr. Mc. 3,21 31-35; Mc. 6,3, Gv. 7,5). Eppure, non molto tempo dopo la crocifissione di Gesù, lo stesso Giacomo, fratello di Gesù, è uno dei leader della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme e viene incontrato da Paolo di Tarso durante le sue due visite (cfr. Gal 1,18-19; Gal 2,1-10; At 15,13-21). Lo storico ebreo Flavio Giuseppe riferisce infine che Giacomo morì martirizzato per la sua fede in Gesù Cristo.


Secondo il biblista americano John P. Meier l’incredulità di Giacomo è un dato storico poiché soddisfa sia il criterio della molteplice attestazione di fonti indipendenti che il criterio dell’imbarazzo, dal momento che era imbarazzante per la chiesa primitiva essere guidata da un familiare di Gesù autore di affermazioni «profondamente offensive» riguardanti lo stesso Gesù. In misura minore, conclude Meier, soddisfa anche il criterio della coerenza con la chiamata frequente di Gesù a porre Dio davanti alla propria famiglia247.


Nonostante Giacomo fosse uno stretto familiare di Gesù (“fratello” o “cugino” di Gesù, «non c’è una certezza assoluta […]», ma «l’opinione più probabile è che i fratelli e le sorelle di Gesù fossero veri fratelli», anche se «l’idea che fossero affini o parenti in senso largo certamente non è esclusa»248 249), Giacomo non fu nemmeno presente ai piedi della croce.


Come spiegare questo radicale cambiamento se non con quanto riferito dall’antichissima formula pre-paolina: «…poi apparve a Giacomo» (1Cor 15,7)?


Sorprendentemente, Reginald H. Fuller, professore emerito di Nuovo Testamento al Virginia Theological Seminary di Alexandria (Stati Uniti), ha dichiarato che se gli scritti cristiani non avessero fatto riferimento all’apparizione della risurrezione avuta da Giacomo, «avremmo dovuto inventarne una noi»250 per rendere adeguatamente conto della sua improvvisa conversione e della sua promozione ad sua posizione di leadership nella chiesa di Gerusalemme!


«La maggior parte degli studiosi contemporanei», ha certificato infine Gary Habermas, «inclusi molti piuttosto scettici»251, non ha dubbi sulla storicità della conversione di Giacomo e ritiene che l’apparizione personale di Gesù sia la spiegazione più plausibile. Si veda ad esempio Helmut Koester252, Robert Funk253, Peter Stuhlmacher254 e E.P. Sanders255.



 


 


9.4 Nessun guadagno personale, disposti al martirio.


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Anche ipotizzando che i discepoli in qualche modo inventarono la resurrezione di Gesù, avrebbero potuto reggere solo per qualche periodo. Ma perché farsi perseguire ed ammazzare per una menzogna? Senza alcun guadagno personale. Questo è un altro fatto privo di giustificazioni per chi vuole negare la storicità della risurrezione.


Perché lasciare la famiglia, il lavoro, i propri beni, la propria terra per andare in giro a raccontare “favole artificiosamente inventate”? Oltretutto, sostenendo tesi totalmente blasfeme ed assurde sia per loro stessi che per le persone a cui si rivolgevano, piene di dettagli che alimentavano solo i dubbi (come la testimonianza delle donne).


Perché continuare con queste predicazioni per decenni, le stesse menzogne ripetute e che causavano ai discepoli solo una vita d’inferno, clandestinità, persecuzioni, prigionia, lapidazioni, sdegno sociale, solitudine, atroci sofferenze ed infine il supplizio del martirio? Il «loro vero, umano e comodo interesse sarebbe stato il tacere»256, scrisse giustamente il card. Giuseppe Siri.


Lo scrittore italiano Antonio Socci ha a sua volta giustamente osservato:




«Se Gesù era morto e basta -e la sua era stata la morte dei criminali, dei maledetti, una morte di cui vergognarsi- certo non poteva dare loro più nulla, se non dei guai: l’unica cosa sensata da fare era evitare di finire anch’essi nel mirino, voltare pagina, mettersi al sicuro. E, terrorizzati com’erano quel venerdì (per paura avevano lasciato solo Gesù dall’arresto fino al Calvario), in effetti pensavano solo a stare nascosti e aspettare il momento buono per fuggire da Gerusalemme e tornare in Galilea. Cosa accadde di così sconvolgente da trasforare dei poveri individui terrorizzati, che si sentivano braccati, in temerari che sfidano apertamente le autorità nelle piazze, senza più paura di nulla, pronti a tutto? Cosa vissero di così enorme da capovolgere il loro terrore in ardente coraggio? Cosa si verificò per produrre in loro un così clamoroso cambiamento, da renderli tutti pronti a subire, con semplicità e decisione, il martirio? L’unica ipotesi plausibile è che davvero Gesù sia tornato, vivo, risorto fra loro. Questo è l’unico fatto che può spiegare un così repentino e stupefacente cambiamento. Se non hanno mai voluto rinnegare ciò che affermavano di aver visto e toccato con mano, se non se lo sono rimangiato neanche di fronte ai tormenti degli aguzzini, significa che dovevano esserne ben certi e che doveva essere tutto vero»257.




Da impauriti discepoli di un Maestro fallito, crocifisso, umiliato e maledetto da Dio con la croce a leoni pronti al martirio per non rinnegare ciò che avevano visto i loro occhi. Si può spiegare senza ipotizzare l’avvenimento di qualcosa di imponente e travolgente?


E’ così che l’eminente studioso britannico NT Wright ha concluso: «Questo è il motivo per cui, come storico, non riesco a spiegare l’ascesa del cristianesimo primitivo a meno che Gesù sia risorto, lasciando una tomba vuota dietro di lui»258.


Il giurista americano Simon Greenleaf (convertitosi dallo scetticismo alla fede cristiana proprio studiando le fonti storiche della resurrezione), fondatore della Harvard Law School, ha sottolineato l’unicità nella storia di questi eventi:




«Propagandando questa nuova fede, anche nella maniera più pacifica e inoffensiva, [i primi cristiani ricevettero] scherni, opposizioni […] fino alla morte crudele. Eppure, propagandarono con zelo proprio questa fede, e sopportarono tutte quelle sofferenze senza esitazione, anzi con gioia. Mentre l’uno dopo l’altro venivano messi barbaramente a morte, i sopravvissuti [continuarono] semplicemente la loro opera con accresciuto vigore e determinazione […]. Le cronache delle guerre militari forniscono a mala pena un esempio di una simile costanza e pazienza eroica e di un tale coraggio invincibile […]. Anche se fosse moralmente possibile che essi si siano ingannati in merito, ogni motivazione umana cooperava per portarli a riflettere e a riconoscere il loro errore. Da queste [considerazioni] non c’è scampo se non nella perfetta convinzione e ammissione che erano uomini onesti, che testimoniavano ciò che avevano accuratamente osservato […] e che ben sapevano essere la verità»259




«L’imprescindibile fondamento della comunità cristiana è Gesù risorto, la sua viva presenza»260, ha osservato J.M. Garcia.


A causa di questo, e senza ottenere nulla in cambio, subirono ogni sorta di persecuzione. «Gli scritti del Nuovo Testamento ci fanno vedere che la Chiesa nascente è un edificio sorretto dalla resurrezione come un principio imprescindibile»261, ha concluso l’importante esegeta della scuola di Madrid, Mariano Herranz Marco.


C.F.D. Moule, docente di Nuovo Testamento dell’Università di Cambridge, infine, ha osservato: «Se la nascita dei Nazareni, fenomeno innegabilmente attestato dal Nuovo Testamento, squarcia un grande buco nella storia, un buco delle dimensioni e della forma della Resurrezione, con cosa si propone spiegarlo lo storico laico? La nascita e la rapida ascesa della Chiesa cristiana resta un enigma irrisolto per qualsiasi storico che si rifiuti di prendere sul serio l’unica spiegazione offerta dalla Chiesa stessa»262.