00 04/08/2022 19:08

Stephen T. Davis, professore emerito di Filosofia al Claremont McKenna College, rispondendo alle tesi naturalistiche avanzate dal filosofo (ateo) Michael Martin, ha concluso che «tutte le ipotesi alternative che conosco sono storicamente deboli; alcune sono così deboli che crollano sotto il loro stesso peso una volta esplicitate […]. Le teorie alternative che sono state proposte non sono solo più deboli, ma molto più deboli nello spiegare le prove storiche disponibili»225.


Sostenere con convinzione la tesi naturalistica, al contrario delle aspettative, si è rivelato molto più difficile del previsto e questo spiega anche il motivo per cui «la stragrande maggioranza degli studiosi critici rifiuta questa opzione»226. Non pochi studiosi hanno concluso che ogni opzione naturalistica proposta genera più problemi di quanti ne voglia risolvere.


Così, il teologo Hans Küng, professore emerito all’Università di Tubinga, ha concluso: «Non fu la fede dei discepoli a risuscitare Gesù, ma fu il resuscitato a condurli alla fede»227. John A.T. Robinson, decano emerito del Trinity College dell’Università di Cambridge, ha scritto invece: «E’ davvero molto difficile ignorare le apparizioni di Gesù e trovare comunque una spiegazione credibile»228.


 



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9. INSPIEGABILI CAMBIAMENTI DOPO LA MORTE DI GESU’


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Un ulteriore argomento che induce a ritenere l’evento della resurrezione il più plausibile è l’altrimenti inspiegabilità degli improvvisi e radicali cambiamenti che si verificarono nel comportamento dei discepoli che seguirono Gesù fino all’arresto avvenuto nel giardino del Getsemani.


Le fonti primarie descrivono i seguaci di Gesù come disillusi, impauriti di essere a loro volta catturati e giustiziati, per questo si dileguano velocemente e nemmeno si presentano ai piedi della croce (a parte «il discepolo più amato», Gv 19,26 che, secondo la tradizione fu Giovanni). Addirittura l’apostolo più carismatico, Cefa (detto Pietro), rinnegò Gesù tre volte, dicendo di non averlo mai conosciuto.


E’ una descrizione che gli storici valutano come certamente storica in quanto imbarazzante per gli stessi discepoli essere così rappresentati. Se non fosse stato vero, non sarebbe mai stato scritto.


Soltanto pochi giorno dopo la sepoltura di Gesù, tuttavia, questi devoti ebrei mettono improvvisamente in discussione le secolari usanze ebraiche, sfidano il giudizio del Sinedrio (la voce di Dio, per gli ebrei), cambiano la dottrina ebraica fino a prima seguita, osano contraddire le leggi di Mosé sul giorno sacro (da sabato a domenica), il tutto pubblicamente, apertamente.


La resurrezione di Gesù ha cambiato il corso della storia, dicono, e lo ripetono senza ottenere nulla in cambio, subendo per decenni persecuzioni, lapidazioni, incarcerazioni ed infine il martirio. Come si può altrimenti spiegare una tale trasformazione?



 


 


9.1 Sfida al Sinedrio (cioè al giudizio di Dio).


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«Per ogni fedele ebreo», ha ricordato José Miguel Garcia, docente di Nuovo Testamento all’Università Complutense di Madrid, «la condanna del Sinedrio rappresentava il giudizio di Dio. E tale giudizio stabilì che Gesù era un bestemmiatore, un miscredente, un maledetto da Dio»229.


Ma allora, «com’è possibile che alcuni giudei non accettarono come definitivo il giudizio del Sinedrio?», si è chiesto lo studioso. «E poi, com’è possibile che quegli uomini, subito dopo la morte del loro Maestro, osarono predicare che la pienezza della vita umana viene concessa ai seguaci di Gesù? Ossia, come si spiega il fatto che riconoscano pubblicamente questo condannato dal tribunale supremo ebraico come il salvatore degli uomini?»230.


Per la legge dell’Antico Testamento (seguita dai giudei, compresi i discepoli) chiunque viene condannato ed appeso ad un albero è maledetto da Dio (cfr. Dt. 21.23) e gli ebrei applicarono questo verdetto anche ai condannati da crocifissione. Visto attraverso gli occhi di un seguace ebreo di Gesù del primo secolo, la crocifissione non era affatto la morte del proprio amato Maestro, ma una vera catastrofe. Significava che, lungi dall’essere l’Unto di Dio, Gesù di Nazareth era stato rinnegato da Dio. Avevano seguito l’uomo sbagliato che Dio stesso aveva rifiutato nei termini più inequivocabili.


«Oggi è difficile capire quanto fosse offensiva, per la maggioranza degli ebrei del I secolo, l’idea di un messia crocifisso», ha scritto B.D. Ehrman, docente di Nuovo Testamento all’Università del North Carolina. «Se è difficile pensare che siano stati gli ebrei a inventare l’idea di un messia crocifisso, da dove spunta? Dalla realtà storica»231. E ancora: «La sua morte smentì, in modo radicale, tutto ciò che i suoi seguaci avevano pensato e sperato, poiché, evidentemente, Gesù era tutto fuorché il messia. Poi però accadde qualcos’altro»232.


Nel primo secolo vi furono molti altri “rivoluzionari” che finirono giustiziati e crocifissi, ma, ha scritto N.T. Wright, eminente professore di Nuovo Testamento all’Università di St. Andrews, «nonostante la delusione, i loro seguaci mai sostennero che il loro eroe era stato risuscitato dai morti. La risurrezione non era concepibile come evento privato. I rivoluzionari ebrei il cui leader era stato ucciso dalle autorità e che erano riusciti a fuggire all’arresto, avevano solo due opzioni: rinunciare alla rivoluzione o trovare un altro leader. Affermare che il leader era tornato in vita, semplicemente non era un’opzione ragionevole. A meno che, naturalmente, fosse accaduto davvero così»233.


«Il fatto sorprendente della risurrezione», ha aggiunto l’esegeta spagnolo J.M. Garcia, risulta «l’unica ragione veramente esplicativa dell’esistenza della predicazione cristiana»234.


Il card. Joseph Ratzinger, anch’egli fine studioso del Gesù storico, ha osservato che «i discepoli si lasciarono travolgere da un fenomeno che si palesava loro, da una realtà inaspettata, inizialmente pure incomprensibile, e la fede nella risurrezione è scaturita da questo travolgimento e cioè da un avvenimento che precedeva il loro pensare e volere, che anzi lo rovesciava»235. Questo li spinse a mettere in discussione perfino il giudizio del supremo tribunale ebraico.



 


 


9.2 Sfida al credo ebraico ed alla legge di Mosè.


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Un altro improvviso cambiamento, testimoniato dalle fonti primarie fin dai primi giorni dopo la morte di Gesù, è la sorprendente celebrazione della domenica come “giorno del Signore” da parte dei primi membri della Chiesa (cfr. At 20,7; 1Cor 16,2).


Se ancora oggi la riteniamo il giorno di riposo è perché improvvisamente alcuni ebrei del I secolo hanno sostenuto che Gesù era risorto di domenica, mentre «per gli ebrei il giorno sacro è il sabato, come stabilito dalla legge mosaica»236.


Volendo prescindere dall’evento della risurrezione, ha osservato lo studioso spagnolo José Miguel Garcia, «non avrebbe spiegazione il cambiamento della celebrazione del giorno sacro. E’ invece comprensibile se il cambiamento è dovuto al giorno in cui è avvenuto il ritrovamento del sepolcro vuoto e sono iniziate le apparizioni, cioè quando hanno avuto la prova tangibile della resurrezione di Gesù»237.


Richard Swinburne, professore emerito di Filosofia all’Università di Oxford, ha a sua volta sottolineato che le comunità cristiane si diffusero molto rapidamente oltre Gerusalemme, entro tre o quattro anni dagli eventi della Passione e «portarono con sé le loro usanze, inclusa la celebrazione dell’Eucaristia. Tutte le prove che abbiamo suggeriscono che c’era un’usanza universale di celebrare l’Eucaristia di domenica, il primo giorno della settimana. Questa dovette essere anteriore alla diffusione, altrimenti avremmo sentito parlare di controversie su quando celebrarla e istruzioni date dall’alto (analogamente al modo in cui vi furono controversie sulla circoncisione e sul consumo di carne, risolte dal Concilio di Gerusalemme descritto in At. 15)»238.


Se Gesù non fosse risorto e i discepoli avessero inventato tutto o aver voluto tenere memoria delle sue gesta, «ci sarebbero stati altri giorni in cui sarebbe stato più naturale celebrare l’Eucaristia, ad esempio nel giorno dell’originale Ultima cena, che fu probabilmente un giovedì e non certo una domenica», ha proseguito Swinburne. «Non esiste un’origine plausibile della sacralità della domenica al di fuori del cristianesimo. C’è solo una semplice spiegazione di questa usanza universale e deriva al più tardi dai primi due o tre anni dopo la Resurrezione. L’Eucaristia venne celebrata di domenica sin dai primi anni del cristianesimo perché i cristiani credevano che l’evento cristiano centrale della Resurrezione si fosse verificato di domenica»239.


I seguaci di Gesù non erano teologi, esegeti o alti esponenti dell’ebraismo. Improvvisamente e senza una ragione adeguata, questo gruppo di umili pescatori sfidò il Sinedrio (quindi il giudizio di Dio) e osò correggere la legge mosaica sul sabato. Gli stessi che poco prima scapparono impauriti, rinnegarono Gesù e si dispersero amareggiati e delusi. «L’analisi delle testimonianze e degli avvenimenti può portare a concludere che senza il fatto reale della resurrezione, molte cose rimarrebbero senza spiegazione»240, ha infatti concluso José Miguel Garcia dell’Università Complutense di Madrid.


L’eminente studioso Larry Hurtado, docente di Cristianesimo primitivo e docente emerito di Lingua letteratura e teologia del Nuovo Testamento presso l’Università di Edimburgo, ha osservato inoltre che «nei primi ambienti cristiani, Gesù è oggetto di espressioni di devozione che sono esclusivamente riservati solo a Dio e che, semplicemente, non hanno alcuna analogia nella tradizione ebraica del periodo del Secondo Tempio. In parole povere, questo culto del Gesù risorto fu una radicale innovazione nella religione monoteistica ebraica»241.


Gli specialisti Craig A. Evans, docente di Nuovo Testamento e direttore del programma di specializzazione presso l’Acadia Divinity College e N.T. Wright, professore di Nuovo Testamento all’Università di St. Andrews, hanno sottolineato anche l’improvvisa centralità della resurrezione nella predicazione apostolica al contrario della marginalità in cui è sempre stata considerata la resurrezione finale ed escatologica nel pensiero ebraico. Nei testi ebraici del giudaismo del Secondo Tempio (597 a.C. – 70 d.C), c’è infatti una certa credenza nella resurrezione finale del popolo di Dio (totalmente diversa da quella rivendicata dagli apostoli) ma non è comunque «una credenza così importante»242.


Gli autori dei rotoli di Qumran, nemmeno credevano a qualche tipo di risurrezione finale o comunque non era un tema significativo e lo spazio dedicato nei loro testi non è per nulla paragonabile «allo spazio assegnato ad altri temi»243. Al contrario, improvvisamente dal 30 d.C., per un piccolo gruppo di devoti ebrei la risurrezione di un uomo e nella storia, diventa incredibilmente il focus di tutto.


Questa mutazione è un mistero anche antropologico in quanto «le credenze circa la vita dopo la morte sono notoriamente tra le cose di una cultura che maggiormente resistono al cambiamento», riflettono i due studiosi. «La gente potrebbe cambiare idea sul proprio credo, ma ciò che essa crede sulla morte tende a mantenersi pressoché immutato»244.


«Se si prova a togliere dal Nuovo Testamento la risurrezione – la risurrezione corporea- ci si rende conto di come tutti gli altri argomenti, uno dopo l’altro, si trovino a collassare»245, hanno concluso i due studiosi. «La tomba vuota e gli incontri con Gesù risultano solidamente fondati come dati storici. Sono l’unica possibile spiegazione per i racconti pasquali e per quelle mutazioni del Credo ebraico che si svilupparono così rapidamente»246.