«Supponiamo, per ipotesi, che i discepoli abbiano visto -o pensino di aver visto- qualcuno che hanno scambiato per Gesù. La cosa in sé non avrebbe originato i racconti che oggi possediamo: nel mondo antico tutti davano per scontato che si potessero avere strane esperienze di incontro con i morti; ne sapevano almeno quanto noi in merito a visioni, fantasmi e sogni; sapevano inoltre che quando si piange una persona morta di recente si può, a volte, arrivare rapidamente a scorgere l’apparizione di una figura simile alla persona estinta. Non si tratta per nulla di una scoperta moderna: la letteratura antica ne è piena. Esisteva un linguaggio specifico per questa categoria di fenomeni, ed esso non menzionava la “resurrezione”: descriveva piuttosto queste situazioni come un tipo di esperienza angelica (cfr. At 12). Senza una tomba vuota la gente sarebbe stata pronta a dire che si trattasse del suo “angelo”. E invece non lo fece: disse anzi che egli sia risorto dai morti -non è più morto, ma vivo».
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Il lavoro maggiore di replica alle obiezioni naturali fornite dagli studiosi scettici del XIX secolo è stato svolto da altri studiosi scettici, in quanto ciascun sostenitore delle teorie naturalistiche criticò le tesi “alternative” altrui.
«Vi è una spiegazione naturalistica diversa per ogni scettico che cerca di spiegare le origini del cristianesimo», ha commentato ironico D.B. Wallace, docente ordinario al Dallas Theological Seminary.
Diversi studiosi scettici rifiutano infatti la spiegazione della risurrezione di Cristo ma anche la tesi allucinatoria affermando che le apparizioni di Gesù risorto sarebbero piuttosto proiezioni soggettive del subconscio, scaturite dalla fede e dal desiderio dei discepoli irriducibili ad accettare di credere che tutto fosse finito con la morte del loro Maestro.
E’ la famosa testi sostenuta dallo storico francese Charles Guignebert e, prima di lui, da Ernest Renan a metà dell’XVIII secolo, convinto dell’autosuggestione dei discepoli provocata dall’affetto e dalla mitizzazione. E’ la fede che ha originato le apparizioni o sono le apparizioni che hanno fatto scaturire la fede dei dicepoli nel Cristo?
Anche in questo caso sono pochi i veri specialisti delle studio delle origini cristiane a sostenere ipotesi simili, d’altra parte le fonti primarie cristiane mostrano i discepoli, subito dopo la morte di Gesù, esattamente all’opposto di persone convinte nella sua vittoria sulla morte.
José Miguel Garcia, docente di Nuovo Testamento all’Università Complutense di Madrid, ha scritto: «I racconti evangelici descrivono i discepoli in preda allo sconforto e all’avvilimento per la condanna e la morte di Gesù; pieni di timore, si rinchiudono nella sala superiore dove celebrarono l’ultima cena. Sono le apparizioni di Gesù che hanno fatto nascere la fede nei suoi seguaci».
Anche l’eminente biblista tedesco Gerhard Lohfink, professore di Nuovo Testamento all’Università di Tubinga, ha osservato:
«Tutte queste ricostruzioni coincidono nell’affermare che nelle anime dei discepoli zampilla la fede, e la fede produce le visioni. Ma, invece, il Nuovo Testamento dice proprio il contrario: soltanto le apparizioni del Resuscitato fecero nascere la fede nella resurrezione. E’ inconcepibile che uno storico serio possa travisare un’affermazione così chiara delle fonti -soprattutto della testimonianza personale di san Paolo- per leggervi esattamente l’opposto».
Inoltre, come spiegare tramite la proiezione di fede la conversione e l’apparizione avuta da Paolo di Tarso, noto persecutore della prima comunità cristiana? Quale predisposizione alle visioni “generate dalla fede”? Formatosi alla scuola del rabbino Gamaliele, detestava Gesù ed i cristiani in quanto bestemmiatori pubblici eppure si convertì inspiegabilmente ed improvvisamente smise di combatterli, sacrificò tutto, sopportò le persecuzioni, predicò instancabilmente il Vangelo di città dopo città fino a Roma, quando venne imprigionato e morì come martire.
L’opinionista televisivo Corrado Augias, citando il pensiero del teologo viennese Adolf Holl, è arrivato addirittura a sostenere che l’«afflato religioso nella sua forma più estrema e meno istituzionale», si concentrerebbe in visioni molto vivide e collettive. Così, i discepoli si sarebbero convinti ed esaltati «gli uni con gli altri, in qualche caso aiutati da erbe o da fumi, e arrivano a materializzare una figura, umana o soprannaturale, riuscendo effettivamente a vederla lì fra loro. Potrebbe essere una spiegazione».
Il livello argomentativo si abbassa notevolmente, sottolineiamo solo che non c’è alcuna prova in letteratura scientifica che “l’afflato religioso” produrrebbe visioni soprannaturali, sia perché -ancora una volta- esse furono rivendicate da persone scettiche sulla divinità di Gesù (Giacomo), antagonisti ai cristiani (Paolo) ed in generale ad ebrei devoti per nulla predisposti nel vedere Gesù risorto in quel modo a causa del loro background giudaico (tutti i discepoli).
Lo studioso italiano Mauro Pesce, antropologo ed ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università di Bologna, solitamente sostenitore di tesi controverse, in questo caso si è limitato ad ammettere: «Si è ipotizzato che l’apparizione alla Maddalena possa essersi verificata come esito di una crisi o di un dolore intollerabile. Non ci sono elementi per ipotizzarlo». E ancora: «Dal punto di vista storico, religioso o antropologico, è chiaro che il veggente “vede” solo ciò che gli consentono gli schemi culturali che possiede». E’ effettivamente corretto, gli schemi culturali giudaici dei discepoli non poterono produrre le visioni di Gesù, inconcepibilmente (per loro e per tutti i loro contemporanei) risorto.
In un’intervista del 2020 lo studioso Gerhard Lohfink, docente all’Università di Tubinga, replicando all’obiezione delle visioni soggettive, ha risposto accettando fino in fondo la provocazione:
«Si sostengono elementi psicogeni nelle apparizioni pasquali? In altre parole, si ritiene che nell’anima, nel profondo dell’anima dei discepoli, siano sorte immagini e parole che hanno mostrato loro Gesù come il Risorto. Potrei non escluderlo affatto! I teologi dicono che quando Dio agisce lo sempre per “cause secondarie”, cioè attraverso la creazione, le forze e le strutture del mondo. Si potrebbe allora presumere che abbia rivelato il Gesù risorto attraverso i poteri interiori dell’anima dei testimoni pasquali, senza violare le leggi della creazione. Non ho alcun problema a considerare i processi interiori dell’anima nelle esperienze pasquali dei discepoli. Ciò che è decisivo è che Dio stesso agisce attraverso questi processi nell’anima e riveli il risorto».
Due altre autorità internazionali sulle origini del cristianesimo, N.T. Wright, professore di Nuovo Testamento all’Università di St. Andrews e C.A. Evans, docente di Nuovo Testamento all’Acadia Divinity College, hanno concluso:
«I discepoli sarebbero stati così disturbati dalla catastrofica sconfitta e dalla morte di Gesù che finirono per anelare alla resurrezione come ad un modo per fronteggiare la loro amarezza. L’ipotesi non è per nulla plausibile come racconto storico di qualcosa che accadde nel I secolo. Siamo a conoscenza di svariati altri movimenti il cui il leader -colui sul quale tutti avevano riposto le loro speranze- era stato ucciso: in nessuno caso tali movimenti si trovarono a soffrire di quella benedetta malattia del XX secolo chiamata “dissonanza cognitiva”, per la quale essi sarebbero stati indotti a proclamare storie su qualcosa di glorioso al solo scopo di fare i conti con la propria afflizione. Non è così che si fa la storia».
I due specialisti si riferiscono ai teologi liberali come Rudolf Bultmann e Edward Schillebeeckx, per i quali le menti dei discepoli davanti al sepolcro erano così piene di luce che non ebbe importanza se ci fosse stato un corpo o meno. «In quel momento Schillebeeckx smise di essere uno storico del I secolo e divenne uno scrittore fantasy del XX secolo», commentano C.A Evans e N.T. Wright. «La gente del I secolo sapeva un bel po’ di cose su menti riempite di luce, e così via. Aveva un linguaggio specifico per parlarne. Ma tutto questo non ha niente a che fare con il dire che qualcuno sia risorto dai morti».
Anche lo studioso (laico) John Dominic Crossan, professore emerito di Studi religiosi alla DePaul University e già presidente della Society of Biblical Literature, ha spiegato che anche ammettendo l’ipotesi di una visione soggettiva essa sarebbe comunque fortemente diversa dal concetto di resurrezione come la affermarono fin da subito i primi cristiani:
«La risurrezione non è la stessa cosa dell’apparizione. La domanda non è se capitino apparizioni o visioni, perché questo accadeva normalmente nel mondo antico; per esempio Ettore, appare da morto ad Anchise alla fine della guerra di Troia ed all’inizio dell’Eneide di Virgilio. Ed anche nel mondo moderno accade: il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders-IV non le ritiene dei disturbi mentali ma caratteristiche comuni del lutto. Ciò potrebbe accadere dopo la morte o la scomparsa improvvisa, tragica o terribile di una persona amata. Quindi, anche se nessun testo cristiano avesse menzionato apparizioni o visioni di Gesù dopo la sua crocifissione, avremmo potuto tranquillamente ipotizzarne il verificarsi. Ma, questo è il vero punto, l’apparizione non è la stessa cosa della risurrezione e nemmeno qualcosa di lontanamente simile».