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8. ATTESTAZIONE STORICA DELLE APPARIZIONI DI GESU’


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Il verdetto sostanzialmente unanime degli studiosi contemporanei delle origini cristiane, nonostante i vasti disaccordi in altre aree, è che risulta storicamente affidabile che i discepoli di Gesù furono assolutamente persuasi del fatto che Gesù fosse vivo, risorto dai morti ed apparso a loro (questo non significa automaticamente sostenere che realmente apparve a loro, non sarebbe infatti dimostrabile direttamente in quanto evento trascendente).


Ancora meglio, «tutti gli studiosi critici concordano sul fatto che queste convinzioni dei discepoli siano completamente storiche»166, ha spiegato lo studioso americano Gary Habermas.


Una delle conclusioni più chiare in merito riteniamo sia quella di E.P. Sanders, celebre docente di Nuovo Testamento alla Duke University:




«Che i seguaci di Gesù (e poi lo stesso Paolo) abbiano avuto apparizioni del Risorto è, a mio giudizio, un dato di fatto. Quale sia stata la realtà che ha dato origine a tali esperienze non lo so. Non considero la frode deliberata una spiegazione utile. Molte delle persone che affermarono questo avrebbero passato il resto della loro vita a proclamare di aver visto il Signore risorto e molte di loro sarebbero morte a causa di questo. Inoltre, un inganno calcolato avrebbe dovuto produrre una grande unanimità. Invece, sembra che ci siano stati dei concorrenti: “L’ho visto per primo!”; “No! Io l’ho visto prima”. La tradizione di Paolo, secondo cui 500 persone hanno visto Gesù contemporaneamente, ha portato alcuni suggerire un’isteria di massa. Ma l’isteria di massa non spiega le altre tradizioni […]. Dopo la sua morte, i suoi seguaci hanno vissuto quella che hanno descritto come la “resurrezione”: l’aspetto di una persona viva ma trasformata dopo che era effettivamente morta. Lo credettero, lo vissero e morirono per questo»167.




Anche l’agnostico Bart D. Ehrman, docente di Nuovo Testamento all’Università del North Carolina, ha ammesso:




«Perché alcuni discepoli affermarono di aver visto Gesù vivo dopo la sua crocifissione? Non dubito affatto che alcuni discepoli abbiano affermato questo. Non abbiamo nessuna delle loro testimonianze scritte, ma Paolo, scrivendo circa venticinque anni dopo, indica che questo è ciò che hanno affermato, e non credo che se lo stia inventando. E conosceva almeno un paio di loro, li incontrò solo tre anni dopo gli eventi (Gal. 1,18-19) […]. Così, per lo storico, il cristianesimo inizia dopo la morte di Gesù, non con la risurrezione stessa, ma con la fede nella risurrezione»168.




In un’altra sua opera, sempre B.D. Ehrman (pur optando da agnostico per spiegazioni naturalistiche e non soprannaturali), ha riconosciuto: «Possiamo dire con assoluta certezza che alcuni dei suoi discepoli hanno insistito sul fatto che Gesù apparve loro molto presto, convincendoli che era stato risuscitato dai morti»169. Ha quindi aggiunto: «Gli storici, ovviamente, non hanno alcuna difficoltà a parlare della fede nella risurrezione di Gesù, poiché questa è una questione di dominio pubblico»170.


Infine, nel 2014, sempre B.D. Ehrman ha concluso che a livello personale crede che «furono le visioni, e nient’altro, a portare i primi discepoli a credere nella risurrezione»171. In contemporanea al suo libro, un volume divulgativo scritto da alcuni suoi colleghi diretti172, ha analizzato e replicato punto per punto alle sue conclusioni.


I resoconti delle apparizioni soddisfano alcuni dei criteri storici utilizzati dagli studiosi nell’analisi dei racconti, a partire dal “criterio della molteplice attestazione“: l’apparizione a Pietro è attestata indipendentemente da Paolo e Luca (1Cor 15,5; Lc. 24,34); quella ai dodici da Paolo, Luca e Giovanni (1Cor 15,5; Lc. 24,36-43; Gv. 20,19-20); l’apparizione alle discepole da Matteo e Giovanni (Mt. 28,9-10; Gv. 20,11-17); le apparizioni ai discepoli in Galilea da Marco, Matteo e Giovanni (Mc 16,7; Mt. 28,16-17; Gv. 21).


Del “criterio dell’imbarazzo” abbiamo già parlato osservando che le prime testimoni oculari furono le donne, la categoria di persone ritenuta meno credibile all’epoca.


Gli storici non possono concludere che l’origine di quelle attestazioni fu una manifestazione realmente soprannaturale di Gesù risorto, tuttavia la comunità accademica ritiene che storicamente qualcosa di importante, di improvviso e di totalmente inaspettato accadde realmente ai discepoli e li trasformò. Non ebbero dubbi sul fatto che avessero visto Gesù risorto, pur non potendo concepire una resurrezione corporale individuale nella storia (come abbiamo visto).


Come ha scritto Luke Johnson, importante studioso di Nuovo Testamento e Origini Cristiane presso la Candler School of Theology, «è necessaria una sorta di potente esperienza trasformativa per generare il tipo di movimento che fu il primo cristianesimo e quel tipo di letteratura che è il Nuovo Testamento»173.


Allo stesso modo James Dunn, professore emerito di Studi sul Nuovo Testamento all’Università di Durham, ha scritto: «Oggi è quasi impossibile contestare che nelle radici storiche del cristianesimo risiedano alcune esperienze di visione dei primi cristiani, che essi intesero come apparizioni di Gesù, risuscitato da Dio dai morti»174.


Gary Habermas, presidente del dipartimento di Filosofia e Teologia della Liberty University, ha svolto un encomiabile lavoro raccogliendo oltre 2.000 contributi dei principali esegeti e storici del cristianesimo antico (credenti e non) sulle attestazioni delle apparizioni di Gesù175. Ne citiamo alcuni, i più significativi.


Reginald H. Fuller, professore emerito di Nuovo Testamento al Virginia Theological Seminary di Alexandria (Stati Uniti), si riferisce ad esempio alla fede dei discepoli nella risurrezione di Gesù come «uno dei fatti più indiscutibili della storia», convinto che i discepoli abbiano vissuto esperienze reali, caratterizzate come apparizioni o visioni di Gesù risorto, «indipendentemente che queste esperienze possano essere spiegate in modo naturale o soprannaturale»176.


Nella sua importante opera, l’eminente teologo luterano Wolfhart Pannenberg ha esaminato i tentativi di fondare la cristologia del Nuovo Testamento nelle pretese di autorità pre-pasquali di Gesù, concludendo che l’unico fondamento della cristologia presentata dagli evangelisti è la risurrezione di Gesù. Essa dà anche un senso alla missione verso i Gentili come espressione dell’escatologia ebraica. Infine ha concluso che le attestazioni delle apparizioni di Gesù risorto e del sepolcro vuoto sorsero indipendentemente e si completano a vicenda, ritenendo la risurrezione «storicamente molto probabile, e […] da presupporre fino a quando non appariranno prove contrarie»177.


Dopo aver messo per iscritto l’antica formula pre-paolina (1Cor, 15,3-7), risalente al 32 d.C. circa, Paolo afferma che Gesù risorto apparve personalmente anche a lui (cfr. 1Cor. 9,1; 15:8; ripetuto anche in Gal. 1:16). Anche qui è ampio il consenso degli studiosi che l’ex persecutore dei cristiani ebbe realmente una visione (vera? Allucinogena?).


E’ stato riconosciuto perfino da Michael Martin, filosofo (ateo) della Boston University, quando scrive: «Abbiamo solo un resoconto contemporaneo di un testimone oculare di un’apparizione di Gesù dopo la risurrezione, vale a dire quella di Paolo»178.


Indipendentemente dalla natura di tali apparizioni (naturale, allucinogena, proiezioni soggettive o soprannaturale), il fatto che i discepoli riferiscano e fossero totalmente persuasi di aver visto il Gesù risorto «è qualcosa su cui sia il credente che il non credente possono essere d’accordo», ha scritto Reginald H. Fuller, professore emerito di Nuovo Testamento al Virginia Theological Seminary di Alexandria (Stati Uniti). «Lo storico più scettico può postulare una spiegazione diversa da quella data dagli stessi discepoli per rendere conto delle loro stesse esperienze e, naturalmente, sono state proposte sia opzioni naturali che soprannaturali»179.


La convinzione che Gesù sia stato visto vivo dopo la sua crocifissione si può ritenere storicamente accertata. Helmut Koester, docente di Nuovo Testamento e Cristianesimo primitivo all’Harvard Divinity School, ha scritto infatti che le apparizioni di Gesù «non possono essere messe in discussione in maniera convincente»180


Anche Traugott Holtz, studioso di Nuovo Testamento all’University di Halle-Wittenberg ha confermato a sua volta che «l’esperienza di risurrezione dei discepoli […] è in effetti un evento storico innegabile»181.


Perfino lo studioso scettico Gerd Ludemann, docente di Nuovo Testamento presso l’Università di Göttingen, ha riconosciuto che «può essere considerato storicamente certo che Pietro ed i discepoli ebbero esperienze dopo la morte di Gesù in cui Gesù è apparso loro come il Cristo risorto»182.


Sull’impossibilità di liquidare le apparizioni come leggendarie, anche Norman Perrin, rinomato studioso di Nuovo Testamento all’Università di Chicago, ha scritto: «Più studiamo la tradizione per quanto riguarda le apparizioni, più solida inizia ad apparire la roccia su cui esse si basano»183.


Interessante il commento della studiosa ebrea Paula Fredriksen, professore emerito di Scritture presso la Boston University




«So che nei loro termini quello che videro fu Gesù risuscitato. Questo è quello che dicono i discepoli. Tutte le prove storiche che abbiamo in seguito attestano la loro convinzione che questo è ciò che hanno visto. Non sto dicendo che abbiano davvero visto Gesù risorto. Non c’ero, non so cosa abbiano visto. Ma come storica so che devono aver visto qualcosa. La convinzione dei discepoli di aver visto il Cristo risorto […] ha fondamenta storiche, fatti conosciuti indubitalmente della prima comunità dopo la morte di Gesù»184.




Nel 2018 un altro studioso (laico), Giorgio Jossa, professore di Storia del Cristianesimo e Storia della Chiesa Antica presso l’Università degli Studi di Napoli, ha preso posizione riguardo le apparizioni post-mortem di Gesù, spingendosi fino al limite concesso dall’oggettività storica: «Per il credente, Gesù è resuscitato. Lo storico non può affermarlo. Può dire: i discepoli hanno avuto un’esperienza straordinaria; si è verificato un evento che ha ridato senso alla loro missione»185.


Un ultimo argomento segnalato dagli studiosi a favore della credibilità dei racconti delle apparizioni è la conversione dell’apostolo Giacomo, descritto come scettico verso lo stesso Gesù prima che morisse crocifisso (cfr. Mc. 3,21 31-35; Mc. 6,3, Gv. 7,5). Non molto tempo dopo Giacomo è uno dei capi della chiesa di Gerusalemme e viene incontrato da Paolo di Tarso durante le sue due visite (Gal 1,18-19; Gal 2,1-10; At 15,13-21). Morì martire a causa della sua fede in Cristo, come riferisce lo storico ebreo Flavio Giuseppe.


Come abbiamo spiegato nel paragrafo dedicato ai cambiamenti improvvisi che si verificarono, lo scetticismo di Giacomo è storicamente fondato andando a soddisfare i criteri storici della molteplice attestazione, quello dell’imbarazzo ed il criterio della coerenza. Come spiegare questa conversione se non con quanto citato nell’antichissima dichiarazione pre-paolina: «…poi apparve a Giacomo» (1Cor 15,7)?


Dopo aver analizzato le principali pubblicazioni storiche su Gesù, Gary Habermas ha scritto:




«Nessuno studioso critico dubita che le convinzioni dei discepoli riguardo al Gesù risorto abbiano causato la loro trasformazione radicale, arrivando ad essere disposti a morire per esse. Il loro cambiamento repentino non evidenzia di per sé la realtà delle apparizioni del Gesù risorto, ma è una chiara indicazione che i discepoli ritennero realmente aver avuto esperienza del Gesù risorto»186.




Le spiegazioni alternative devono rendere conto di questa convinzione radicata, improvvisa e ben storicamente attestata.




continua