00 12/07/2019 19:49

  1.  Condanna a morte di Gesù secondo Marco


 


 


Il racconto dell’arresto, del processo e della condanna di Gesù da parte di Marco è molto simile a quello fatto da Matteo. Secondo Marco lo scenario al solito è quello Pasquale in quanto:


 


Marco 14:1 Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo».


 


Come Matteo anche Marco mette in evidenza la volontà da parte dei sacerdoti di uccidere Gesù (anche Marco racconta delle invettive di Gesù contro i sacerdoti gerosolimitani).


 


I due Vangeli sono poi in accordo sulla data dell’ultima cena:


 


Marco 14:12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?».


 


e quindi anche Marco lascia aperta una ambiguità legata al tipo di Pasqua che dovevano festeggiare Gesù e gli Apostoli. Per tutto quello che seguirà dopo, non sembra possibile che si tratti della Pasqua dei giudei.


 


L’arresto di Gesù avviene la notte dell’ultima cena, con modalità pressoché identiche a quelle narrate in Mt. Anche Marco ci parla di una folla mandata dal Sinedrio per arrestare Gesù in piena notte, contro le regole:


 


Marco 14:43-46 E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Allora gli si accostò dicendo: «Rabbì» e lo baciò. Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono.


 


Gesù viene portato davanti al sommo sacerdote e all’assemblea (o parte di essa):


 


Marco 14:53-65 Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi. Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo». Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde. Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!


E vedrete il Figlio dell'uomo


seduto alla destra della Potenza


e venire con le nubi del cielo».


Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: «Indovina». I servi intanto lo percuotevano.


 


L’interrogatorio pare svolgersi in piena notte, coerentemente con il racconto di Matteo. Abbiamo però un particolare in più in Mc che non viene raccontato in Mt: Pietro, che aveva seguito senza dare nell’occhio Gesù mentre lo conducevano via, se ne sta seduto tra i servi scaldandosi al fuoco. Questo sembra confermare l’ipotesi che l’interrogatorio si svolga proprio di notte: è buio e fa freddo, siamo solo in primavera nel periodo della Pasqua. Numerosi testimoni vengono scartati perché non concordi. Alla fine rimane in piedi la testimonianza di due (il numero legale minimo per una base di accusa) che sembrano concordi nell’affermare che Gesù distruggerà il tempio di Gerusalemme. L’interrogatorio, che non può essere un processo formale, scivola verso il fallimento. L’arresto è irregolare, i testimoni si contraddicono tra loro, ci sono solo due testimoni che peraltro hanno prove molto deboli. Una seduta regolare da tenersi l’indomani scivolerebbe probabilmente verso l’insuccesso. Anche perché nel Sinedrio ci sono alcuni membri favorevoli a Gesù. Il sommo sacerdote interroga allora direttamente Gesù e questi afferma di essere il Messia figlio di Dio. La dichiarazione che cercava viene quindi fatta da Gesù, l’interrogatorio viene interrotto e Gesù viene consegnato ai suoi carcerieri sino alla mattina successiva. In spregio alle leggi giudaiche Gesù viene percosso e oltraggiato. Probabilmente l’interrogatorio aveva lo scopo di convincere tutti che era giusto condannare a morte Gesù, sia perché le sue critiche colpivano direttamente la classe sacerdotale, sia perché affermava per la prima volta direttamente in prima persona di essere il Messia. Il mattino successivo si tiene una seconda riunione del Sinedrio. Si deve infatti stabilire con che accusa portare Gesù davanti a Pilato. I sacerdoti sembra infatti che abbiano deciso di far eliminare Gesù dai romani, per evitare tutte le complicazioni che abbiamo descritto, non ultima l’incertezza di una votazione regolare.


 


Marco 15:1-2 Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. Allora Pilato prese a interrogarlo: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici».


 


Da questo brano si vede come secondo Mc Gesù viene portato davanti a Pilato con l’accusa di essere il re dei Giudei. Il Messia era anche il re dei Giudei secondo la tradizione. E’ evidente che i sacerdoti davanti a Pilato, che non si interessava delle questioni religiose dei giudei, devono accentuare l’accusa da un punto di vista  “politico” per ottenere la condanna da parte del procuratore. Il capo di accusa davanti a Pilato secondo Mc è identico a quanto leggiamo in Mt. Anche Marco racconta dell’episodio di Barabba. Il procuratore, in nome di una tradizione secondo la quale era solito liberare un detenuto per la festa di Pasqua (tradizione sconosciuta), chiede alla folla se vuole libero Gesù, appena consegnato, oppure Barabba. Secondo Matteo, assai avaro di notizie su questo personaggio, Barabba è semplicemente “un prigioniero famoso”. Ma Marco racconta qualcosa in più di Barabba:


 


Marco 15:6-8 Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva.


 


Questo tale Barabba, prigioniero famoso, si trovava in carcere perché “nel tumulto avevano commesso un omicidio”. E’ singolare il fatto che Mc dica: “nel tumulto”, non in “un tumulto” generico e magari passato da un certo tempo. Di quale tumulto si trattava? Era collegato con quanto successo a Gesù? C’era stato un tumulto in seguito all’arresto di Gesù? Barabba si trova in carcere assieme a dei ribelli. E’ molto strano che un governatore duro e inflessibile come Pilato rilasci un pericoloso criminale ribelle come Barabba. Durante il mandato di Pilato (26-36 d.C.) sappiamo che ci furono almeno due fatti di sangue di una certa importanza a Gerusalemme, essi ci sono stati raccontati da Giuseppe Flavio nella Guerra Giudaica (ma gli stessi episodi sono peraltro confermati anche nelle Antichità Giudaiche):


 


G. Flavio, Guerra Giud., Libro II, 170-174 – Pilato, che Tiberio aveva inviato a governare la Giudea come procuratore, una notte introdusse in Gerusalemme avvolti in una copertura i ritratti dell'imperatore che sono chiamati immagini. Fattosi giorno, la cosa suscitò la più grande eccitazione fra i giudei; infatti a quella vista restarono subito costernati per l’offesa alle loro leggi - dato che essi non ammettono che nella città sia eretta alcuna immagine - e lo sdegno dei cittadini fece accorrere in massa la folla dal contado. Recatisi in tutta fretta da Pilato a Cesarea, lo pregarono di rimuovere le immagini da Gerusalemme e di rispettare le loro tradizioni, e avendo Pilato risposto con un rifiuto, si prostrarono con la faccia a terra intorno alla sua residenza e vi re­starono immobili per cinque giorni e cinque notti. Il giorno dopo Pilato, si assise sul suo tribunale nel grande stadio, ed essendo stata convocata la folla come se vo­lesse dar loro una risposta, fece ai soldati un segnale convenuto perché circondassero i giudei in assetto di combatti­mento. Rinchiusi da una schiera su tre righe, i giudei rimasero attoniti a quella vista inattesa, e Pilato minacciò che li avrebbe fatti massacrare se non avessero accolte le immagini di Cesare, e fece segno ai soldati di sguainare le spade. I giudei, come se si fossero messi d’accordo, si gettarono tutt'insieme in ginoc­chio e, protendendo il collo, dichiararono che erano pronti piuttosto a morire che a violare la legge. Pilato restò vivamente impressionato da un così intenso spirito religioso, e comandò di ritirate immediatamente le immagini da Gerusalemme.


 


G. Flavio, Guerra Giud., Libro II, 175-177 – Tempo dopo Pilato provocò un altro tumulto impiegando il tesoro sacro, che si chiama korbonàs, per un acquedotto che faceva arrivare l’acqua da una distanza di quattrocento stadi. La folla ribolliva di sdegno, e una volta che Pilato si trovava in Gerusalemme ne circondò il tribunale con grandi schiamazzi. Quello, che già sapeva della loro intenzione di tumultuare, aveva sparpagliato fra la folla i soldati, armati e vestiti in abiti civili, con l’ordine di non usare le spade, ma di picchiare con bastoni i dimostranti, e a un certo punto diede il segnale. I giudei furono percossi, e molti morirono per i colpi ricevuti, molti calpestati da loro stessi nel fuggi fuggi. Terrorizzata dalla sorte delle vittime, la folla ammutolì.


 


E’ possibile che sia uno di questi due “il tumulto” di cui parla Marco (in particolare il secondo avvenuto secondo Giuseppe Flavio proprio mentre Pilato si trovava a Gerusalemme; il primo episodio risulterebbe essere avvenuto invece a Cesarea Marittima dove si trovava la residenza ufficiale di Pilato) in occasione del quale è stato arrestato Barabba. Inoltre Marco, diversamente da Matteo, sembra affermare con la frase:  “La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva” che l’usanza di rilasciare un detenuto per Pasqua fosse radicata nonostante gli storici del tempo non ne parlino. Certamente rilasciare un detenuto accusato di sedizione e reati politici sarebbe stato un atto sconsiderato da parte di Pilato ed è poco credibile che il prefetto abbia preso una simile decisione. Se si ipotizza che il tumulto in occasione del quale venne arrestato Barabba qualche giorno prima l’arresto di Gesù fosse dovuto all’episodio dell’acquedotto  e che Barabba fosse un dimostrante qualunque (anche che avesse compiuto un omicidio, o abbia approfittato dei disordini per uccidere qualcuno o tentare una rapina) dal momento che questo episodio non era un tentativo di colpo di stato e non aveva dei capi organizzati, a quanto ci è dato di capire, potrebbe essere credibile che Pilato abbia rilasciato un detenuto. In fondo l’incidente era nato per causa di Pilato, non era un tentativo esterno di sovvertire l’ordine pubblico per prendere il potere (come in altri casi era successo e sarebbe successo molte volte in futuro). Seguendo questa chiave di lettura l’episodio dell’acquedotto sarebbe avvenuto in concomitanza con l’arresto di Gesù avvenuto qualche giorno dopo, mentre Pilato si trovava proprio a Gerusalemme in occasione della Pasqua Ebraica; il procuratore in occasione di feste e ricorrenze religiose di particolare importanza, quando il numero di visitatori e di persone dentro la città cresceva enormemente, si recava a Gerusalemme per vigilare di persona sull’ordine pubblico e impartire ordini in modo da stroncare subito qualunque tentativo di rivolta o disturbo la quiete pubblica. Siamo comunque nel campo delle ipotesi. Anche Marco nel complesso rende testimonianza della riluttanza di Pilato nel condannare Gesù. Non racconta però nulla relativamente al gesto di “lavarsi le mani” di Pilato come a scaricare ogni responsabilità morale della condanna ai sacerdoti. E non dice neppure che i sacerdoti pronunciarono la famosa frase: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”, al contrario di Matteo. Gesù viene quindi umiliato e percosso anche dai soldati romani. Quindi viene condotto per essere giustiziato. L’iscrizione posta sopra la croce secondo Marco recava scritto: “Il re dei Giudei”. Questa riassumeva il motivo della condanna. Arrestato per motivazioni religiose Gesù viene quindi fatto passare per un sedicente “re dei Giudei” politico dai romani.


 


 



  1.  Condanna a morte di Gesù secondo Luca


 


 


Il racconto di Luca dell’ultimo viaggio di Gesù a Gerusalemme inizia con la cacciata dei mercanti dal tempio, come raccontato negli altri due sinottici:


 


Luca 19:45-48 Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori, dicendo: «Sta scritto:


 


La mia casa sarà casa di preghiera.


Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!».


 


Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.


 


I discorsi di Gesù a Gerusalemme sono la goccia che fa traboccare il vaso. I capi dei giudei hanno ormai deciso di eliminare Gesù:


 


Luca 22:1-6 Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua, e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano come toglierlo di mezzo, poiché temevano il popolo. Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici. Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani. Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro. Egli fu d'accordo e cercava l'occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla.


 


In questo e nel precedente passo Luca mette in evidenza come il progetto di eliminare Gesù, divenuto troppo scomodo, sia ostacolato dalla folla che lo segue negli insegnamenti. Occorre trovare l’occasione propizia per arrestare Gesù, in modo che possa intervenire meno gente possibile. Come già in Mt e in Mc la data dell’ultima cena viene fissata nel “giorno degli Azzimi”, che probabilmente non coincide con la Pasqua e gli Azzimi dei Giudei, ma lo anticipa di qualche giorno. Dopo la cena, come raccontato in Mt ed in Mc, Gesù e gli Apostoli escono in piena notte verso il Getsemani. E’ il momento propizio per catturarlo, seguendo le indicazioni di Giuda:


 


Luca 22:47-54 Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?». Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate, basta così!». E toccandogli l'orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre». Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.


 


Anche Luca precisa da chi siano stati inviati i soldati per arrestarlo, come in Mt e Mc. Dal racconto sembra comunque che la folla sia numerosa. Segue un tentativo di resistenza da parte di uno dei discepoli che reagisce e colpisce un servo del sommo sacerdote. Rispetto ai racconti di Mt e Mc sembra più chiaro l’elemento della congiura: sembra quasi che i sacerdoti e parte dei membri del sinedrio si rechino in prima persona al Getsemani o presenzino all’arresto. E’ possibile comunque che in realtà che abbiano mandato personale fidato per paura che la congiura venga scoperta troppo presto. Ricordiamoci che Luca descrive la paura che avevano i sacerdoti della folla, perché questa era favorevole a Gesù. Subito dopo l’arresto Gesù viene condotto a casa del sommo sacerdote Caifa:


 


Luca 22:54 Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.


 


Il racconto di Luca inizia qui a diversificarsi rispetto agli altri due racconti di Mt e di Mc. Intanto apprendiamo che il primo interrogatorio, avvenuto in un luogo non specificato in Mc e in Mt, sarebbe avvenuto secondo Luca presso l’abitazione del sommo sacerdote Caifa. In teoria una riunione del Sinedrio si sarebbe dovuta tenere nella sede appropriata, cioè presso il tempio. Tuttavia è evidente che si sta operando del tutto fuori delle regole, l’arresto è irregolare, avviene di notte ed è impensabile recarsi nel tempio a quell’ora, rischiando oltretutto di attirare una folla immensa (che secondo Luca i sacerdoti temevano). Luca non dice nulla circa quello che è avvenuto a casa di Caifa. Probabilmente Gesù viene consegnato alle guardie perché lo custodiscano in un luogo sicuro:


 


Luca 22:63 Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, lo bendavano e gli dicevano: «Indovina: chi ti ha colpito?».


 


La condotta delle guardie è evidentemente irregolare, dal momento che Gesù non è ancora stato condannato.


 


Luca colloca il secondo interrogatorio, come Mt e Mc, al mattino successivo. La dichiarazione di Gesù di essere il Messia pronunciata davanti all’assemblea sarebbe avvenuta secondo Luca in questa seconda seduta, più regolare di quella della notte precedente:


 


Luca 22:66-71 Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio». Allora tutti esclamarono: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli disse loro: «Lo dite voi stessi: io lo sono». Risposero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».


 


Secondo le regole processuali, questa sarebbe una prima udienza formalmente valida al termine della quale, dopo una votazione, Gesù sarebbe stato condannato. Ma per la condanna definitiva sarebbe necessaria una seconda udienza, dopo un giorno solare intero da questa, e una successiva e conclusiva votazione.