00 12/07/2019 19:44

3.3 Alcuni sacerdoti non sono ostili a Gesù


 


 


 


Ma tutti i sommi sacerdoti sono contro Gesù? Sappiamo da alcuni passi del Vangelo che almeno due membri del Sinedrio sono favorevoli a Gesù, e si potrebbero definire suoi seguaci. Uno di questi è Giuseppe di Arimatea che dopo la morte di Gesù richiederà addirittura il corpo per seppellirlo. Tutti e quattro gli evangelisti concordano circa la posizione di Giuseppe:


 


Mt 27:57-58 Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.


 


Mc 15:42-43 Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.


 


Lc 23:50-51 C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio.


 


Gv 19:38 Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.


 


Un altro personaggio non ostile a Gesù è il fariseo Nicodemo di cui abbiamo notizia solo in Giovanni e che pare abbia aiutato Giuseppe di Arimatea a seppellire Gesù. Ci racconta Giovanni:


 


Gv 3:1-2 C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui».


 


Nicodemo svolge, secondo Giovanni, un ruolo molto attivo nei confronti di Gesù, lo difenderà addirittura pubblicamente davanti ai Giudei in una occasione. Ne parleremo quando ci occuperemo diffusamente del punto di vista di Giovanni relativamente alla condanna di Gesù. Negli Atti degli Apostoli compare addirittura un alto membro del Sinedrio che non è ostile a Gesù, si tratta di Gamaliele, secondo la tradizione maestro del fariseo Saulo (che poi diverrà Paolo) di Tarso. Oltre a questi capi illustri sappiamo che ci sono anche altri capi religiosi non ostili a Gesù. Mt racconta infatti di uno dei capi dei giudei che crede in Gesù e si reca da lui affinché resusciti la figlia morta:


 


Mt 9:18-19 Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà». Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.


 


Si tratta di Giairo, uno dei capi della sinagoga di Cafarnao (cfr. Marco 5:21-43). Possiamo immaginare che dopo la guarigione della figlia che si trovava in fin di vita anche Giairo abbia sostenuto la causa di Gesù. In Israele esistevano quindi persone, anche influenti, che non erano affatto ostili a Gesù. Una parte degli onorevoli membri del Sinedrio avrebbe potuto quindi essere dalla parte di Giuseppe, di Nicodemo e quindi di Gesù, ed influenzare molti altri membri del Sinedrio a prosciogliere Gesù da una eventuale accusa formale. Non è escluso quindi che un regolare processo tenuto secondo tutti i canoni della legge ebraica e nel pieno rispetto delle regole sarebbe potuto terminare con un’esito favorevole a Gesù e con la conseguente scarcerazione. Soprattutto se non era ben chiaro di cosa accusare esattamente Gesù davanti alla legge mosaica.


 


 


 


3.4 Vicinanza della Pasqua ebraica


 


 


Da Mt 26:1-5 apprendiamo inoltre un altro aspetto fondamentale. Siamo ormai prossimi alla Pasqua ebraica, un periodo sacro che dura una settimana, quella che va dal 14 del mese di Nisan al 21 del mese di Nisan. Nel calendario lunare ebraico il giorno termina sempre al tramonto, quindi la sera del giorno 14 di Nisan coincide con l’inizio del giorno 15 di Nisan. Alla sera del 14 avveniva il tradizionale banchetto della Pasqua ebraica, dopo che nel pomeriggio nel tempio di Gerusalemme erano stati immolati gli agnelli pasquali da mangiare la sera in occasione del banchetto. Lo storico Giuseppe Flavio di da testimonianza delle attività che avvenivano nel tempio nel pomeriggio del 14 di Nisan giorno della Pasqua ebraica. I sette giorni che vanno dal 15 di Nisan al 21 di Nisan vengono detti “degli Azzimi” perché in tutti questi giorni non si può consumare pane lievitato. Certamente per tutto il periodo della Pasqua era impossibile eseguire processi e condanne a morte secondo le leggi giudaiche, almeno da un punto di vista formale. Oltretutto c’era il divieto di eseguire lavori, come nel giorno del sabato ebraico. Le usanze non erano però uniformi per tutto il popolo ebraico. Al riguardo pare che in Giudea ci fosse l’usanza di lavorare fino al mezzogiorno del 14 di Nisan, ma per esempio in Galilea non si faceva alcun lavoro già a partire dal 14 di Nisan. Il Talmud Babilonese riporta che i processi non potevano essere iniziati la vigilia del sabato o di una qualunque altra festività (cfr. Sanhedrin, Cap. 4, folio 32a). Abbiamo quindi compreso come sia imminente la Pasqua ebraica, che è un periodo solenne nel quale non è possibile formalmente tenere processi, oltretutto i sacerdoti sono impegnati nelle attività e nelle celebrazioni solenni nel tempio, a partire dal pomeriggio del 14 di Nisan. Secondo Mt i sommi sacerdoti si riuniscono per togliere di mezzo Gesù prima della festa, che ormai si sta avvicinando, e con un inganno per evitare forse le complesse e macchinose procedure del sinedrio, evitare scomodi confronti con l’opinione pubblica, e infine non rischiare “colpi di mano” a sorpresa da parte di alcuni franchi tiratori del Sinedrio non ostili a Gesù.


 


A questo punto entra in scena Giuda, uno dei dodici apostoli che secondo Mt si reca dai sommi sacerdoti per consegnargli Gesù tradendolo:


 


Matteo 26:14-15 Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.


 


Giuda conosce tutti gli spostamenti e le abitudini di Gesù e degli altri discepoli, quindi è veramente adatto al compito. Secondo l’evangelista i sommi sacerdoti hanno anche questa fortuna: Giuda spontaneamente si reca da loro per consegnargli Gesù. A questo punto abbiamo una grossa complicazione nel racconto dei Sinottici. La Pasqua ebraica che inizia la sera del 14 di Nisan è imminente. Giuda è già andato a parlare con i sacerdoti per consegnare Gesù prima della festa di Pasqua, eppure il racconto prosegue in Mt 26:17-19 con queste parole:


 


Matteo 26:17-19 Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà». Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».


 


Quale Pasqua devono preparare i discepoli per mangiarla assieme a Gesù? E’ abbastanza inverosimile che sia la Pasqua ebraica della sera del 14 di Nisan ebraico perché se così fosse si dovrebbe ammettere che tutte le attività successive (arresto di Gesù, varie riunioni del sinedrio, convocazione di testimoni, consegna al procuratore Pilato) sono avvenute in pieno periodo Pasquale e questo è assai poco credibile e va contro ogni logica. Durante il periodo pasquale era impossibile processare e addirittura condannare a morte una persona. Possiamo anche immaginare che i Romani – che occupavano la Palestina e Gerusalemme – rispettassero questo periodo dell’anno, così sacro e solenne per gli ebrei. Come abbiamo detto, il Talmud Babilonese riporta chiaramente che era vietato iniziare un processo la vigilia del sabato o di una qualunque altra festività giudaica (cfr. Sanhedrin, Cap. 4, folio 32a). Se non è la Pasqua dei giudei quella celebrata da Gesù, allora si tratta di un banchetto, una cena che si è svolta qualche giorno prima della Pasqua tradizionale. Si tratta di una cena che viene comunque chiamata “Pasqua” nel Nuovo Testamento ma viene festeggiata prima della Pesah ebraica. Questa tesi è oggi largamente diffusa in quanto è in grado di spiegare molte anomalie che emergono leggendo i testi canonici e pare essere confermata anche dai ritrovamenti dei frammenti calendariali ritrovati nel sito archeologico di Qumran presso il Mar Morto. All’epoca di Gesù non esisteva un unico calendario valido indistintamente per tutti gli ebrei e in tutta la Palestina. Il calendario seguito a Gerusalemme era quello tradizionale ebraico, di tipo lunare, con i giorni che iniziavano e terminavano da tramonto a tramonto. A Qumran è stato invece ritrovato un calendario diverso, di tipo lunisolare, con i giorni che iniziano all’alba e terminano all’alba successiva (quindi molto più simili a come immaginiamo il trascorrere di una giornata noi oggi). Calendario lunare e calendario lunisolare hanno un numero di giorni per anno diverso così la festa della Pasqua, che per definizione deve cadere in un giorno fisso, il 14 del mese di Nisan, cade di fatto in giorni diversi a seconda che si segua un calendario oppure un'altro. Sfortunatamente non conosciamo esattamente la struttura del calendario lunare ebraico così come era nel I secolo dopo Cristo in quanto il calendario attuale è basato su regole più recenti emanate dal patriarca Hillel II nel IV secolo dopo Cristo. Inoltre sappiamo che il calendario lunisolare di Qumran era costruito su un anno solare di 364 giorni (così il 14 del mese di Nisan cadeva sempre di martedì, secondo questo calendario) ma non sappiamo come si eseguiva l'intercalazione al fine di sincronizzare il calendario con il ciclo di rotazione della Terra attorno al Sole che è di 365,25 giorni. Senza un qualche meccanismo di intercalazione progressivamente le stagioni del calendario non coincidono più con le stagioni "vere" e un mese invernale dopo un certo numero di anni può cadere in estate e viceversa. Sono state proposte alcune ipotesi di ricostruzione del calendario qumranico e di quello lunare ebraico. Da queste ricostruzioni emerge che era possibile che in determinati anni la Pasqua secondo il calendario di Qumran cadesse un giorno prima della Pasqua secondo il calendario lunare. Questa osservazione potrebbe spiegare quindi quale genere di Pasqua abbia festeggiato Gesù con i dodici. Indipendentemente dal calendario qumranico la tesi dell'utilizzo di un diverso calendario da parte di Gesù è oggi accettata anche dalla C.E.I., la Conferenza Episcopale Italiana, nella nota al v. Giovanni 18:28 della Bibbia C.E.I. (1974) scrive: "Gesù a differenza dei sinedriti ha già celebrato la cena pasquale; il calendario religioso non era allora uniforme per tutti" per spiegare le anomalie che si riscontrano nei Sinottici e nel Vangelo di Giovanni.


 


Per un approfondimento, vedi:


 


 


Calendario lunisolare e problema della data dell'ultima cena


 


 


3.5 Arresto di Gesù e primo interrogatorio


 


 


Mt afferma che quella sera Gesù con i discepoli consumò la cena di Pasqua, istituendo il rito dell’eucaristia. Come abbiamo osservato molto probabilmente non si tratta della tradizionale Pesah ebraica festeggiata secondo il calendario dei sacerdoti del Tempio di Gerusalemme, ma una Pasqua anticipata di qualche giorno. Al termine della cena pasquale, che, ripetiamo, sicuramente non è la cena pasquale dei Giudei perché risulta molto difficile giustificare le attività che ebbero luogo successivamente e le contraddizioni tra i Sinottici e Giovanni, Gesù esce dalla sala in cui si è tenuta la cena per recarsi con i discepoli al Getsemani:


 


Matteo 26:36 Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare».


 


Giuda al termine della cena o poco dopo deve essersi allontanato da Gesù e dai discepoli, anche se Mt non lo dice esplicitamente ma vediamo dal corso degli eventi che deve essere successo questo. Siamo in piena notte, nel podere del Getsemani e Gesù sta parlando con i suoi discepoli dopo le preghiere. Matteo prosegue la narrazione:


 


Matteo 26:47-50 Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». E subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.


 


Giuda, che conosce le abitudini di Gesù e dei suoi discepoli, è evidentemente andato dai sommi sacerdoti perché si è manifestata l’occasione propizia per catturare Gesù senza dare nell’occhio. Infatti siamo in piena notte, in un luogo presumibilmente poco frequentato. Inoltre è la notte di Pasqua, anche se probabilmente non si tratta della Pasqua ebraica. Non ci devono essere molti  altri possibili sostenitori di Gesù in giro capaci di impedire l’arresto. Gesù viene quindi arrestato: Matteo afferma esplicitamente che il corpo di guardia fu inviato dai sacerdoti e dagli anziani del popolo. L’arresto è evidentemente irregolare in quanto secondo le leggi ebraiche è proibito arrestare una persona di notte, a meno che non venga arrestata in flagranza di reato. Ma Gesù, secondo Mt, non stava commettendo alcun reato. Il gruppo di guardie che arresta Gesù pare essere abbastanza numeroso, non sappiamo se si trattava di soldati romani o di guardie giudee, oppure di un gruppo misto. Tuttavia è molto probabile la seconda ipotesi, in quanto viene detto che i soldati sono stati inviati dai sommi sacerdoti e dagli anziani. Gesù viene portato presso il Sommo sacerdote capo del Sinedrio che in quel periodo era Caifa:


 


Matteo 26:57 Ora quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.


 


Seguendo la narrazione di Mt sembra che Gesù venga portato davanti al Sinedrio di notte, immediatamente dopo l’arresto. Si configura quindi una prima riunione del Sinedrio con gli scribi e gli anziani. Riunione che evidentemente è irregolare in quanto per qualunque causa (capitale o non capitale) il Sinedrio dovrebbe riunirsi solo di giorno, prima del tramonto, per giudicare l’imputato, come attesta il Talmud Babilonese (cfr. Sanhedrin, Cap. 4, folio 32a). Con qualche forzatura rispetto al testo si può anche ipotizzare che la prima riunione del Sinedrio sia avvenuta in realtà la mattina successiva alla notte dell’arresto e che Gesù abbia passato la notte in carcere. Questa prima seduta del Sinedrio pare pubblica, addirittura Pietro è presente tra i servi per vedere l’esito della seduta. La spiegazione più verosimile è che questa non sia affatto una riunione regolare del Sinedrio. La riunione si svolge in un periodo proibito, la notte, in tutta fretta, mancano testimoni, all'imputato è impedito di cercare testimonianze a propria discolpa. La gravissima irregolarità della riunione notturna (anche se qualcuno ha avanzato l’ipotesi che Mt non specifichi che la prima riunione sia avvenuta il giorno seguente) potrebbe essere quindi giustificata dal fatto che in realtà si trattava di una riunione non formale. Gesù era stato frettolosamente (e irregolarmente) arrestato, si trattava ora di avere le idee chiare per stabilire di cosa accusarlo. Sappiamo che per Gesù non verrà di fatto emessa alcuna sentenza dopo le varie riunioni del Sinedrio, ma si stabilirà soltanto di accusarlo davanti a Pilato, il prefetto della Giudea in quel periodo. L'estrema vicinanza al periodo pasquale, la conseguente frettolosità e irregolarità di tutte le fasi processuali, se così possiamo definirle, lasciano solo intuire che i sacerdoti stessero cercando dei pretesti per far condannare Gesù dai Romani, nel tempo più veloce possibile e prima della Pasqua, cosa che sarebbe stata impossibile seguendo macchinose regole burocratiche del processo ebraico. Ricordiamo anche che il processo a Gesù, per la gravità dei reati di cui fu presumibilmente accusato (violazione del sabato, falso profeta, blasfemia, forse magia e stregoneria) era un processo capitale, quindi c'era il rischio che dovesse proseguire il giorno successivo. Il Talmud Babilonese afferma che una sentenza capitale di condanna non può essere mai pronunciata di notte (cfr. Sanhedrin, Cap. 4, folio 32a).


 


Il processo ebraico non si svolge con un magistrato o con un pubblico ministero che conduce l’accusa. Occorrono dei “testimoni”, cioè persone che affermino che Gesù ha infranto qualche legge ed è perseguibile. I testimoni avevano un ruolo importantissimo nel processo, dalla loro testimonianza e dipendeva l'esito dello stesso.


 


Matteo 26:59-61 I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni»


 


Secondo Matteo si presentano quindi molti falsi testimoni, la cui debolezza è però palese. Le testimonianze non sono concordi e si fa fatica a trovarne almeno due che non si contraddicano. Una situazione del genere, almeno in una seduta formale del Sinedrio per la discussione di una causa capitale, non sembra molto credibile perché proprio per non accusare ingiustamente un imputato i testimoni erano considerati responsabili delle loro affermazioni e a loro volta perseguibili con la pena capitale in caso testimoniassero il falso.  Il Talmud Babilonese elenca le modalità con cui i testimoni dovevano essere attentamente valutati e interrogati, i giudici prima del processo facevano tutto il possibile per evidenziare loro tutta la gravità del caso e distoglierli dal dire il falso quindi l'attendibilità delle singole testimonianze era valutata "incrociandole" tra loro. (cfr. Sanhedrin Cap. 4, folia 37a e 37b; Cap. 5 folio 40a). Quando un accusato veniva condannato a morte per lapidazione, il Talmud Babilonese afferma che erano proprio i primi testimoni che lo avevano fatto condannare a gettare le prime pietre (cfr. Sanhedrin, Cap. 6, folio 45a).  Quindi una testimonianza doveva essere certamente ben ponderata, non doveva essere portata con leggerezza. E' del tutto evidente che la gestione talmudica dei testimoni contrasta con la narrazione dei Vangeli. Con molta fatica sembrano emergere due testimoni concordi tra loro secondo i quali: «Costui ha dichiarato: posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni». Due testimoni concordi sono il numero minimo richiesto per poter iniziare il processo vero e proprio (cfr. Sanhedrin Cap. 3, folio 29a); in questo caso la narrazione evangelica è coerente con le regole processuali del Talmud Babilonese.


 


L'affermazione sulla distruzione del tempio era stata pronunciata da Gesù un po’ di tempo prima nel tempio di Gerusalemme e ci è nota da Gv 2:18-21:


 


Giovanni 2:18-21 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.


 


Giovanni inserisce l’episodio della cacciata dei mercanti dal tempio e questa affermazione di Gesù subito all’inizio del suo Vangelo, poi parla di altro e nella parte conclusiva si ricollega agli eventi immediatamente successivi alla cacciata dei mercanti dal tempio. E’ verosimile che questa frase sia stata pronunciata da Gesù  qualche giorno prima rispetto alla seduta del Sinedrio, per questo i due testimoni concordi sono in grado di ricordarla con sufficiente precisione. Una simile imputazione potrebbe far pensare che Gesù sia processabile come falso profeta, avendo profetizzato un fatto che sicuramente, secondo i sinedriti, non è in grado di compiere, nè di verificarsi da solo. L’affermazione in sé, inoltre, può essere interpretata in modo molto grave in quanto Gesù afferma di voler distruggere addirittura il Tempio di Gerusalemme (Gv da invece una visione spirituale della frase). E’ chiaro che si tratta di una frase che fa pensare che Gesù potesse provocare una rivolta o una sommossa. Ma anche che Gesù fosse un falso profeta. Anche per i falsi profeti era prevista la condanna a morte, come attesta il Talmud Babilonese, Sanhedrin, Cap. 10, folio 89a.


 


Matteo 26:63-67 Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:


d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo


seduto alla destra di Dio,


e venire sulle nubi del cielo».


Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano, dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».


 


Questo brano ci fa pensare sempre più che la prima seduta del Sinedrio fosse del tutto informale e avesse solo lo scopo di capire di che cosa si poteva accusare Gesù per ottenere una condanna certa. Dopo l’accusa di sedizione e distruzione del tempo, il Sommo sacerdote, che dirigeva il processo, cerca di indagare da un punto di vista religioso, per vedere se Gesù afferma di essere il Messia inviato da Dio. In pratica sta cercando di estorcere una confessione a Gesù. Ma noi sappiamo che secondo le regole formali del processo del Sinedrio non si poteva accusare un uomo sulla base di una confessione spontanea. Anche questa regola viene dunque infranta. Secondo il Talmud Babilonese l'imputato dovrebbe difendersi producendo tutte le prove a sua discolpa e dovrebbero essere ascoltati preventivamente i testimoni a favore del proscioglimento. Ma Gesù non parla neppure, non produce alcuna testimonianza a sua discolpa e non tenta neppure di difendersi davanti al Sinedrio. Non esiste alcun testimone che abbia il coraggio di parlare a suo favore, tutti i discepoli sono fuggiti e si sono nascosti (vedi le negazioni di Pietro). Poi alla fine Gesù non riesce a trattenersi e afferma pubblicamente davanti al Sinedrio di essere il Messia. A questa affermazione il sommo sacerdote si straccia le vesti, che è un segno di gravissima indignazione e costernazione. L’affermazione «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni?» suona come una liberazione. Non solo Gesù è perseguibile come falso profeta, ma addirittura dichiara di essere il Messia. Formalmente per celebrare un regolare processo e condannare a morte Gesù ci volevano più testimoni che potessero affermare che Gesù si comportava come il Messia e intendesse agire di conseguenza. Una confessione volontaria non è mai valida, non si dovrebbe condannare una persona sulla base della propria confessione e basta. Tuttavia la frase di Gesù pronunciata davanti al Sinedrio rende in pratica “testimoni” tutti quelli che l’hanno udita. Abbiamo quindi i due elementi che si prefigurano per una accusa a Gesù: la sedizione(«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere») e la blasfemia («Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?»). Il reato di bestemmia, come quello della violazione delle leggi del sabato, era considerato gravissimo in base alla legge mosaica. Leggiamo infatti nel Levitico:


 


Lev 24:16 Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare. Straniero o nativo del paese, se ha bestemmiato il nome del Signore, sarà messo a morte.


 


Anche il Talmud Babilonese prevedeva la lapidazione, la pena di morte più infamante secondo gli ebrei, per i bestemmiatori. Questi elementi sono ritenuti sufficienti per eliminare Gesù, che era diventato un personaggio estremamente scomodo per le gerarchie ecclesiastiche di Gerusalemme, a causa dei suoi discorsi e del suo operato. I capi di imputazione tecnici per la messa a morte sono la sedizione e la blasfemia (farsi “figlio di Dio”) ma è assai probabile che in realtà Gesù, secondo Mt, venga eliminato perché attacca duramente da un punto di vista politico i farisei e i sadducei, minando alla base il loro potere e la loro funzione sociale e religiosa agli occhi del popolo. Infatti i discorsi pronunciati a Gerusalemme nel tempio contro i farisei e i sadducei sono gravissimi.


 


Mt di nuovo poi ci da testimonianza di gravi irregolarità durante questa prima seduta:


 


Matteo 26:67 Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano, dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».


 


Infatti Gesù non è ancora stato condannato, secondo le regole ci vuole un’altra seduta del Sinedrio, oltretutto distanziata temporalmente di un giorno. Tutta questa prima seduta è stata condotta irregolarmente, a cominciare dall’arresto per finire con la condotta del sommo sacerdote. Si conclude con un’altra gravissima irregolarità, cioè le percosse all’imputato che ancora non è stato giudicato regolarmente e non ha subito alcun verdetto.


 


 


3.6 La seconda riunione del Sinedrio


 


 


 


Il seguente brano ci fa sospettare sempre più che la prima seduta (formale o meno che fosse) sia stata tenuta proprio di notte subito dopo l’arresto di Gesù. Leggiamo infatti:


 


Matteo 27:1-2 Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire. Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.


 


La frase "venuto il mattino" indica che l'interrogatorio precedente, iniziato di notte, si è concluso la notte precedente. Finalmente avviene una riunione del Sinedrio in pieno giorno, cioè regolare secondo le regole talmudiche. Non sappiamo se questa seconda seduta si debba intendere come la seconda e definitiva seduta del processo oppure come la prima seduta “regolare” del processo, dopo che la notte precedente aveva avuto luogo solo un interrogatorio del tutto “informale”. Se è vera la prima ipotesi allora il processo si è chiaramente macchiato di gravissime irregolarità procedurali. Oppure potrebbe essere vera la seconda ipotesi, ma in tal caso non ci sarebbe tempo per aspettare l’ulteriore e conclusiva seduta. Secondo il Vangelo di Giovanni che è più preciso nelle date siamo infatti ormai al 14 di Nisan giudaico e quindi non c’è tempo per celebrare processi, essendo giunta la Pasqua dei Giudei. Non è possibile iniziare un processo regolare il 14 di Nisan, giorno di Pasqua. E’ peraltro possibile che dopo la prima seduta gravemente irregolare della notte precedente i sacerdoti con una seconda seduta stabiliscano di fare condannare Gesù direttamente dai Romani come rivoltoso. Questa soluzione infatti garantirebbe in più aspetti il Sinedrio, in quanto:


 



  •  scarica la responsabilità della condanna sui romani, i sinedriti fanno solo la parte di quelli che hanno consegnato un pericoloso brigante all'autorità romana che amministrava la Giudea;


 



  •  evita tutta la procedura formale del sinedrio, lenta e macchinosa per le cause capitali;


 



  •  evita che alcuni membri del Sinedrio favorevoli a Gesù ribaltino l’esito del processo, anche considerando le gravi irregolarità dell’arresto di Gesù;


 



  •  accelera la condanna a morte ed evita di finire col processo in pieno periodo pasquale (giudaico).


 


Quindi, ricapitolando quando discusso, il motivo fondamentale della condanna a morte di Gesù che emerge dalla lettura del Vangelo di Matteo è nelle accuse rivolte da Gesù alla classe sacerdotale di Gerusalemme come appare in tutto il capitolo 23 del Vangelo stesso. I capi decidono quindi di arrestarlo e di eliminarlo, messe insieme un po’ di opzioni trovano che è possibile accusarlo di sedizione davanti al procuratore romano, oppure accusarlo per motivazioni religiose. Giudicano la seconda strada più difficilmente percorribile – oltre che più lunga e insidiosa – e pertanto optano alla fine per la prima. Oltretutto sono avvantaggiati dal fatto che Pilato si trova a Gerusalemme in occasione della Pasqua ebraica (la residenza ufficiale del governatore era infatti a Cesarea Marittima) per vigilare personalmente sull’ordine pubblico.


 


Sappiamo che il Talmud Babilonese prevede una serie di procedure a tutela dell'imputato anche dopo la sua condanna a morte. Un araldo doveva innanzitutto annunciare pubblicamente la sentenza in modo che eventuali testimonianze dell'ultimo minuto potessero scagionare in extremis l'imputato, ormai già condannato (cfr. Sanhedrin, Cap. 6, folio 43a). Il Talmud Babilonese, Sanhedrin, Cap. VI, folio 43 a, riporta un esempio che tradizionalmente è sempre stato associato anche dagli ebrei alla vicenda processuale di Gesù Cristo:


 


Sanhedrin, Cap. 6, folio 43a - Alla vigilia della Pasqua [ebraica], Yeshu fu appeso. Per quaranta giorni prima dell'esecuzione, un araldo gridava "Egli sta per essere lapidato perché ha praticato la stregoneria e ha condotto Israele verso l'apostasia. Chiunque sappia qualcosa a sua discolpa venga e difenda il suo operato". Poichè nulla fu mai portato in suo favore, egli fu appeso alla vigilia della Pasqua.


 


Alcune versioni del Talmud aggiungono a Gesù la parola Nazareno e precisano che la condanna si svolse "alla vigilia del sabato della Pasqua", coincidendo con le sequenze temporali del Vangelo di Giovanni. Il passo informa che Gesù venne condannato a morte per lapidazione a causa delle sue pratiche magiche (i miracoli), come sostenuto anche da Celso, e per aver condotto Israele lontano da Dio. E' interessante notare che anche il Talmud conferma che la condanna originaria del Sinedrio in realtà poi viene commutata in un supplizio diverso, "Gesù fu appeso" è scritto all'inizio del passo, forse si intende qui alludere alla crocifissione ordinata da Pilato su istigazione dei Giudei. Il passo talmudico compare in realtà nella Ghemarah, il commentario alla Minshah del Sanhedrin, quindi è presumibilmente molto tardo. Potrebbe essere stato inserito per rispondere alla tradizionale visione neotestamentaria di un processo condotto in modo frettoloso e in spregio della legge processuale ebraica. L'araldo che per ben quaranta giorni annunciò la sentenza è forse una esagerazione volta a mettere in luce come tutto il processo fu svolto con cura e precisione in ottemperanza alla legge talmudica: la stessa Ghemarah osserva infatti che questa fase di annuncio doveva durare molto meno.