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Marco 14,61-63-
61 Da capo il sommo sacerdote lo domandò, e gli disse: Sei tu il Cristo, il Figliuol del Benedetto? 
62. E Gesù disse: Io lo sono;

Sìa Matteo che Marco, per amore di brevità, dànno, riunite in una sola, le due interrogazioni del sommo sacerdote, e similmente fanno per la risposta di Cristo; onde ne avvenne l'erronea conclusione che i Giudei del tempo di Cristo, o almeno il Sinedrio, riguardassero come eguale bestemmia appropriarsi Gesù il titolo di "Messia" e quello di "Figliuolo del Benedetto", oppure che l'uno e l'altro titolo venissero considerati coesistenti nelle attese messianiche dei giudei.
Ma questo è contraddetto dai passi dei Vangeli in cui vien ricordata l'opinione del popolo, quando Cristo prendeva per sé l'uno o l'altro di quegli appellativi.
E, come per togliere ogni dubbio a questo riguardo, troviamo il medesimo Santo Spirito che ispirava i due primi Evangelisti, guidare Luca, nel suo racconto, benché più breve, a separare distintamente le interrogazioni fatte dal sommo sacerdote, ed esporre più chiaramente i termini in cui il Signore rispose a ciascuna.
Per quanto consta a noi, 99 commentatori su 100 pare che non pongano mente a tale distinzione.
Prendendo il racconto di Luca 22,67. come base del nostro commento su questa parte del giudizio, e combinando con esso quello degli altri Evangelisti, troviamo che la prima domanda fatta da Caifa fu:
"Sei tu il Cristo? diccelo".
Matteo riferisce che la domanda fu posta sotto la forma d'un solenne giuramento che costringeva la persona a cui era indirizzata a dire la verità, come alla presenza di Dio: "io ti scongiuro per l'Iddio vivente che tu ci dica se tu sei il Cristo" ecc.; ma avuto riguardo a quanto fu detto precedentemente dello avere Matteo riunite in una sola le due interrogazioni del sommo sacerdote, questo giuramento, deferito a Gesù, è da riferirsi non già alla prima, bensì alla seconda domanda, a cui Gesù rispose categoricamente.

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Quando il sommo sacerdote ebbe fatta la domanda se egli era il Cristo, la sua risposta prese dapprima la forma di una protesta intorno alla inutilità della domanda; imperocché essi erano determinati di non lasciarsi convincere, quantunque la testimonianza di Giovanni Battista, i suoi propri miracoli, le sue dottrine, e il consenso generale del popolo non lasciassero luogo a dubitare ch'egli fosse il Cristo.
"Ed egli disse loro: Benché io vel dica, voi non lo crederete",
vale a dire: "Poiché avete resistito al cumulo di prove che vi fu posto davanti negli ultimi tre anni, il mio semplice asserto del fatto, non varrà a convincervi". "E se altresì io vi facessi qualche domanda, voi non mi risponderete, e non mi lascerete andare", cioè: "Se entro con voi in argomento per provare che sono il Messia, e vi faccio delle interrogazioni intorno al significato dei passi della legge e dei profeti che hanno in me il loro adempimento, né mi risponderete né mi lascerete in libertà. Io so che avete fermo nell'animo di uccidermi". Ma dopo aver fatta questa protesta, risponde alla domanda col dichiarare che verrebbe giorno in cui i suoi più fieri nemici e i giudici che eran assetati del suo sangue si sarebbero convinti ch'egli era il Messia.

62 e voi vedrete il Figliuol dell'uomo

Matteo introduce questo detto con la parola ma, nondimeno, la quale si adatta assai appropriatamente alla protesta che Gesù aveva pocanzi espressa: "Sebbene non vogliate credere a me, né rispondermi in modo da lasciar che trionfi la giustizia; sebbene mi disprezziate e mi trattiate come un delinquente, pur nondimeno vi dico", ecc. "Il figliuol dell'uomo" è il titolo con cui Gesù parlava quasi invariabilmente di sé durante il suo soggiorno sulla terra.

Paragonando, in Daniele 8, i quattro primi regni, rappresentati da belve feroci, sorte dal mare, col quinto di cui "l'Antico dei giorni" investiva "uno simile ad un figliuol d'uomo", che scendeva dal trono di Dio sulle nuvole del cielo, è facile accorgersi che quel titolo indica assai più che la semplice umanità. Gesù si applica dunque questo appellativo davanti al Sinedrio per indicare esser egli stesso la personificazione di quel figliuol d'uomo a cui in visione eran commessi l'impero e i destini di quel regno che veniva da Dio, in altre parole esser proprio lui realmente il Messia. 

sedere alla destra della Potenza,

l'Onnipotente. Iddio è qui descritto a bello studio con quell'attributo che incute maggiore sgomento nei cuori degli uomini colpevoli.

e venire con le nuvole del cielo.

Quando Gesù s'intitola il Figliuol dell'uomo, e dichiara che i suoi giudici lo vedranno sedere alla destra di Dio e venire con le nuvole del cielo, è ovvio che si riferisce alla profezia di Daniele e designa sé come il Messia a cui fu dato il regno eterno. Queste sue parole sembrano inoltre riferirsi in parte alla sua esaltazione, in parte al progresso del suo regno, in parte al suo venire, provvidenzialmente, a punire la nazione giudaica; ma ultimamente e principalmente al suo venire a giudicare il mondo nell'ultimo giorno. I suoi giudici potevano ricusar di credere alla sua missione divina, respingerlo, metterlo a morte; ma egli persisteva a reclamare i titoli suoi, e sebbene stesse ora deriso e insultato davanti al loro tribunale, verrebbe il giorno in cui essi starebbero davanti al suo.

63. E il sommo sacerdote, stracciatesi le vesti, disse:

Era costume tra i Giudei in tempo di cordoglio, sì pei morti che per qualunque altra grande calamità, di stracciarsi le vesti, del che troviamo frequente menzione nel Vecchio Testamento. Ma nella legge levitica, al sommo sacerdote era solennissimamente proibito di osservare questa pratica Levitico 10,6- 21,10.
Parrebbe tuttavia dal Targum di Gionata e dal Mishna che, coll'andar del tempo, avessero trovato modo di "annullare" anche questa legge, permettendo, al sommo sacerdote dì stracciarsi le vesti soltanto dalla cintola in giù, mentre gli altri sacerdoti le stracciavano dalla cintola in  È possibile tuttavia che questo stracciarsi le vesti fosse permesso al sommo sacerdote, solo quando fosse stato commesso in sua presenza il peccato di bestemmia o altro enormissimo, onde esprimere ufficialmente la sua detestazione non meno che il suo gran dolore.

Che abbiam noi più bisogno di testimoni?

Non fu immediatamente dopo che nostro Signore ebbe pronunziato le parole dei vers. 62, implicando ch'egli era il Messia che Caifa procedette a stracciarsi le vesti. Riferendoci nuovamente a Luca 22,70, è evidente che il Sinedrio aveva inteso, per la risposta di nostro Signore, ch'egli asseriva competergli qualche cosa di più alto  di ciò ch'essi intendevano per la dignità di Messia, e quindi la seconda domanda che gli fu rivolta, sotto l'obbligazione solenne d'un giuramento, ed alla quale sì associò, come ad una voce, tutta quanta l'assemblea.
"E tutti dissero: Sei tu dunque il Figlio di Dio?"
Fu a seguito della risposta di Gesù a questa seconda domanda che Caifa stracciò le sue vesti.

In prova che i Giudei credevano il Messia essere un mero uomo e non un ente divino, Tritone, in risposta all'argomento di Giustino Martire diretto a provare che Gesù era non solo il Messia ma anche il vero Figlio di Dio, replica: "Che questo Cristo esistesse al pari di Dio prima del mondo, e che poi si sottomettesse a divenire e nascere uomo, e che egli non fosse semplicemente un uomo generato dall'uomo, mi sembra non solo incredibile ma assurdo. A me pare molto più credibile la dottrina di coloro che dicono che egli (Gesù) nascesse uomo e per elezione fosse unto e fatto Cristo, che non ciò che voi affermate. Perchè noi tutti ancora crediamo che il Cristo deve essere un uomo nato da umani genitori".
Questo soggetto è trattato assai completamente da Treffry nella sua opera: "Ricerche intorno alla dottrina dell'eterna figliazione di nostro Signore Gesù Cristo", dove si trovano prove ancora più ampie. Nelle narrazioni degli Evangelisti vi è molto a conferma dell'opinione che al tempo di nostro Signore sia il popolo giudaico che i suoi capi si aspettavano che il loro Messia sarebbe stato semplicemente un uomo e non una persona divina. Quando Gesù richiese i Farisei intorno al Cristo, dicendo:
"Di chi è egli figlio?" Mt 22,42-45, essi risposero senza esitare: "Di Davide"; ma quando procedette a domandar loro intorno alla sua più alta natura aggiungendo: "Come dunque Davide lo chiama  ispiratamente Signore?",  essi non sapevano capacitarsi come i caratteri apparentemente contraddittori di figlio e di Signore di Davide, dovessero riscontrarsi nel medesimo individuo. Inoltre, sebbene i capi giudei rifiutassero di riconoscere Gesù per Messia a ragione della sua povertà ed umile condizione, il popolo era generalmente disposto ad ammettere il suo diritto a tale dignità, e nessuna accusa di bestemmia fu mossa giammai sia contro di lui che contro qualsiasi altro a tale riguardo. Il popolo avrebbe, voluto impadronirsene e farlo suo re dopo il miracolo operato presso Betsaida;  Bartimeo, la donna sirofenice, il popolo radunato in Gerusalemme all'ultima, pasqua celebrata da Gesù, tutti insomma lo salutarono col nome di "Figlio di Davide", per il quale notoriamente si designava il Messia.
Gli stessi suoi nemici riconobbero l'influenza che egli avea sopra il popolo, e temevano che il riconoscimento del preteso suo diritto avrebbe potuto provocare una lotta coi Romani, la quale avrebbe distrutta la nazione 
 ma essi non pretendevano di trattare quella pretesa come una bestemmia.
Il più che essi potessero fare per comprimere la sempre crescente ammirazione del popolo per lui, era di scomunicare temporaneamente coloro che lo riconoscevano per Messia.
Ma si noti la differenza rimarchevole nel trattamento che Gesù ebbe dal popolo stesso che credeva in lui come Messia o lo ammirava, come profeta, ogni qual volta però lo intese pretendere di essere "Il Figlio di Dio", uguale a Dio. Essi presero subito delle pietre per lapidarlo, supplizio dovuto al bestemmiatore, secondo la loro legge.
Giovanni ricorda quattro differenti occasioni in cui questo, accadde.
Citeremo solo il primo a mo' d'esempio. Avendo Gesù, all'accusa di violare il sabato, affermato la sua suprema autorità col dire: "Il mio padre opera infino ad ora ed io ancora opero", il suo uditorio intese perfettamente il significato delle sue parole e ne rimase offeso. "Perciò adunque i Giudei cercavano  ancor più d'ucciderlo perché non solo violava il sabato ma  diceva Iddio esser suo proprio padre, FACENDOSI UGUALE A Dio".
Il termine "il Figlio di Dio", normalmente nella mente dei giudei significava solo una generica figliolanza divina in quanto essi non potevano concepire che qualcuno potesse rivendicare di esserlo in senso proprio senza usurpare la loro mal compresa unicità di Dio, come invece Gesù in vari momenti aveva fatto intendere di essere, e cioè mostrando di avere prerogative che si addicevano solo alla divinità.
Nel salmo 2 troviamo un passaggio chiaramente messianico in cui il personaggio destinato a regnare con Dio viene anche detto esplicitamente Figlio di Dio.  

Sal 2,7
       Io annuncerò il decreto:
Il SIGNORE mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
oggi io t'ho generato.
8 Chiedimi, io ti darò in eredità le nazioni
e in possesso le estremità della terra.

E quindi profeticamente Davide aveva indicato la coesistenza di queste due caratteristiche nello stesso soggetto. Tuttavia nella interpretazione corrente degli ebrei, anche questa connotazione di "Figlio di Dio", stando alla loro ferma convinzione della impossibilità che oltre la Persona del Padre vi potesse essere un'altra Persona che ne fosse il vero Figlio, da lui GENERATO (cf sal 109,3  e 2,7), si attribuiva a questo passo come anche in diversi altri casi, un significato puramente generico come per altri brani riferiti ad altri personaggi.
Ma sulla bocca e nei gesti eclatanti di Gesù la connotazione di Figlio di Dio, era recepita dai giudei per ciò che effettivamente il protagonista mostrava di essere, vale a dire il vero FIGLIO DI DIO, e non un generico essere creato sia pur importante. 
Questo spiega la ragione della seconda interrogazione fatta a Gesù dal sommo sacerdote sotto il vincolo del giuramento, come riportato da Luca 22,70:  "Ed egli disse loro: Voi lo dite  perché io lo sono".
Non poteva trattarsi come è evidente, di un titolo generico come per altri casi. Se così fosse stato Gesù avrebbe precisato, dando una precisa testimonianza di come esattamente avrebbe dovuto essere considerato.
Ma la precisa testimonianza da parte di Gesù, fu appunto di confermare quello che gli veniva attribuito riguardo al suo dichiararsi Figlio di Dio, in senso proprio e non metaforico e che, così come veniva da essi considerato, risultava ai sinedristi come BLASFEMO.
Non sarebbe stato considerato blasfemo invece se  al termine "figlio di Dio" di cui l'Imputato si stava fregiando, essi avessero dato solo una generica valenza come erano soliti fare nelle loro interpretazione delle Scritture del VT.

Vi è un forte contrasto fra la maniera in cui Gesù rispose alla prima interrogazione e la risposta apertissima e senza ombra di reticenza che diede a quest'altra, contrasto che non si spiega semplicemente col dire che ora Gesù era vincolato dal giuramento e prima non lo era. La prima interrogazione era affatto superflua, in quanto il Sinedrio aveva mezzi amplissimi di conoscere che egli pretendeva essere il Messia; ma siccome credevano che il Messia fosse  semplicemente un uomo, gli fecero questa seconda domanda alla quale Gesù soltanto poteva rispondere, e sebbene egli sapesse che così facendo poneva li suggello alla propria condanna, egli non esitò a confermare di essere IL FIGLIO DI DIO, proprio nel senso che gli veniva in quel momento attribuito dal Sinedrio.

 



 


[Modificato da Credente 20/07/2019 11:15]