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13]In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso,


In questo versetto vengono enunciate diverse verità ed è ben giusto analizzarle una per una, questo perché non si perda neanche una briciola della ricchezza di grazia che ci è stata data in Cristo Gesù, Signore nostro.


In lui anche voi: c’è un solo disegno di salvezza. Ad esso è chiamato ogni uomo. Giudei e Greci, credenti in Dio e pagani possono realizzare la loro vocazione solo in Cristo Gesù.


Non c’è alcuna differenza quanto a salvezza e a realizzazione della vocazione tra quanti sono stati gli strumenti umani scelti da Dio per portare a compimento in Cristo il suo disegno di amore, e quanti vengono dopo di Cristo.


La differenza la fa la nostra risposta, la nostra volontà, il nostro impegno, la nostra obbedienza allo Spirito Santo.


Paolo ci vuole dire in questo versetto la verità centrale del suo discorso: tutti siamo chiamati a Cristo, tutti ci realizziamo in Lui, in Lui ci compiamo sulla terra e nel cielo. L’Ebreo non ha alcuna superiorità sul pagano, né il pagano sull’Ebreo.


Questa verità è l’essenza della nostra fede, assieme all’altra dell’universalità. Tutti sono chiamati, veramente tutti. Nessuno è escluso. Ognuno, se vuole essere se stesso, può esserlo solo in Cristo Gesù.


Dopo aver ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza: è questa la via per realizzarsi, compiersi in Cristo Gesù.


L’ascolto è necessario, indispensabile. L’ascolto è l’unica via per accedere a Cristo Gesù.


Si deve ascoltare la parola della verità, si deve udire il Vangelo della salvezza.


Se questa è la condizione per accedere a Cristo, per essere suo corpo, è più che giusto che ci interroghiamo se noi veramente predichiamo il Vangelo, oppure con arte sublime lo sostituiamo con una nostra parola.


Ognuno sappia che ogni qualvolta il Vangelo viene sostituito con parole umane, si chiude la porta della salvezza per coloro che ascoltano la nostra predicazione.


Solo la parola di Dio apre le porte della verità, della giustificazione, della santificazione ai cuori. Se la parola di Dio non viene data, viene trasformata, annullata, modificata, cambiata, ridotta a niente, il mistero di Cristo non si compie in un cuore ed esso resta nella sua morte spirituale.


C’è pertanto una grandissima responsabilità che investe tutti i ministri della parola. Costoro devono essere scrupolosi amministratori della verità di Dio. Per il loro annunzio si compie la redenzione e la santificazione sulla terra e per il loro non annunzio si rimane immersi nelle tenebre del male, del peccato, della morte.


Per la predicazione la vita spunta sulla terra; per la non predicazione la morte trionfa. Tutto è posto allora nella bocca, e prima ancora nel cuore del predicatore della parola di Dio. Chi predica la Parola deve sempre camminare con il timore del Signore nel cuore. È assai facile cambiare parola; difficile invece è annunziare la Parola di Dio.


Per questo il ministro della Parola dovrà mettere ogni attenzione, soprattutto dovrà sempre e perennemente invocare lo Spirito Santo di Dio perché lo guidi, lo illumini, lo ispiri a parlare al cuore di coloro che incontra sul suo cammino. Se egli crescerà in santità, vivrà sempre nello stato di grazia, pregherà con devozione lo Spirito Santo, affiderà il suo ministero alla solerte cura della Vergine Maria, Madre della Redenzione, lui potrà sempre rimanere nel retto annunzio. Parlerà ai cuori secondo verità, secondo saggezza ispirata e quanti lo vogliono, possono aderire a Cristo e ricevere in Lui la salvezza di Dio.


Purtroppo c’è da lamentare che questo non avviene. Troppe parole umane nella scarsa e poca predicazione della parola di Dio. Ormai il Vangelo non si predica più. Non si predica perché non lo si crede l’unica via per accedere a Cristo Gesù.


Ormai molte altre vie sono state escogitate dall’uomo. Che queste vie non conducono a Cristo lo attesta il fatto che non avvengono conversioni, non si crea santificazione attorno a noi, non si cresce nella verità, non si cammina spediti sulla via della speranza, al fine di poter ereditare un giorno il regno dei cieli. Il fatto che l’umanità oggi viva fuori dei comandamenti, fuori delle beatitudini, fuori della Parola di Gesù, attesta la scarsa predicazione del Vangelo e l’assenza di verità in quelle poche parole di Vangelo che si dicono.


La Chiesa, se vuole aiutare l’umanità, deve riprendere secondo verità la predicazione del Vangelo. Deve iniziare dal ricordo e dall’annunzio del Vangelo. Se non farà questo, lavorerà invano, invano consumerà le sue energie, invano attenderà salvezza nel mondo, ma non ce ne sarà, perché la salvezza è dalla predicazione della Parola di Gesù.


La tentazione, sapendo questo, altro non fa che caricare i ministri della parola di tanti e tali assilli per le cose di questo mondo, che ogni momento è sottratto loro alla meditazione, alla contemplazione, allo studio del Vangelo, alla riflessione e al confronto dinanzi allo Spirito Santo, nel silenzio della mente e del cuore, al fine di ricevere da Lui la parola da dire.


Satana sa che la via della salvezza è l’annunzio della parola. Cosa fa perché questo non avvenga? Impedisce ai ministri della parola di avere contatto con la parola e con lo Spirito che dona il significato alla parola. Come opera tutto questo? Creando nei loro cuori l’attenzione per opere più urgenti, suscitando in loro il senso della misericordia per le situazioni difficili, impegnandoli in tutte quelle occupazioni nelle cose del mondo e del tempo che quando arriva la sera sono già esausti e nessuna volontà di mettersi un poco a riflettere viene loro. Così egli ha vittoria assoluta.


Satana tutto concede alla Chiesa, ai suoi ministri, anche il tempo per fare delle belle funzioni. Ciò che non concede loro è il tempo di formarsi, di istruirsi, di ascoltare lo Spirito Santo che parla al loro cuore. Concede loro il tempo di pensare, di immaginare, di ideare ogni cosa che riguarda la terra. Toglie ogni spazio a che si possa pensare le cose di Dio, quelle del cielo.


Il peccato dei ministri della Parola oggi è la dissipazione. Basta chiedere quante ore ogni giorno si dedicano allo studio della parola, della verità, del Vangelo, per sapere che non si studia, non si medita, non si legge il Vangelo.


Qual è il frutto? Una predicazione vana, inutile, infruttuosa. Meglio sarebbe se non si predicasse affatto, così almeno non si giustificherebbe il peccato dell’uomo attraverso una predicazione dove tutto viene giustificato, a volte anche i peccati più orrendi.


Questo succede perché non si è in comunione con la verità e la santità dello Spirito Santo e senza Spirito Santo forte dentro di noi, siamo capaci di trasformare tutto, anche le più semplici e le più elementari verità, che potrebbero dare una svolta ad un cuore, le modifichiamo e così impediamo l’accesso alla salvezza da parte di quanti sarebbero di buona volontà, sarebbero pronti ad ascoltarci e a cambiare vita.


E avere in esso creduto: la predicazione non è ancora salvezza, giustificazione, santificazione, elevazione di un cuore.


Perché vi sia la redenzione è necessaria la fede. La fede in che cosa? Non certamente la fede in Dio e neanche in Cristo Gesù o nello Spirito Santo.


La fede di cui parla Paolo è il Vangelo, la parola della verità, che ci dona il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.


Sembra una sottigliezza teologica questa, invece non lo è, perché è l’essenza stessa della fede.


La nostra fede non è in Dio, è nella parola di Dio. È la Parola che mi dona Dio, mi dice chi è Dio.


È la Parola che mi rivela il Cristo e lo Spirito Santo. È anche la Parola che mi traccia la via della vita.


Per questo motivo la fede è nella Parola. Tutto è dalla Parola. Quando diciamo la Parola non diciamo la Scrittura, diciamo la verità e la verità è dello Spirito Santo. È Lui che deve mettere sempre la verità di Cristo Gesù nei nostri cuori, ma prima ancora sulla bocca del ministro della Parola.


È sempre lo Spirito che guida di verità in verità e di fede in fede, ma verità e fede nella parola di Cristo Gesù.


La Chiesa, il cristiano, hanno una sola forza, che è onnipotente, creatrice: la Parola del Vangelo.


È con essa che si rinnova il mondo, i cuori, le menti, la società. Ma essa, per rinnovare il mondo, deve essere annunziata e creduta, ma in nessun modo potrà mai essere creduta se non è annunziata.


Avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso: nel momento in cui la vera parola viene annunziata, lo Spirito del Signore scende nel cuore di chi ascolta. Nella buona volontà l’uomo si può convertire, può aderire alla Parola, aderendo alla Parola, aderisce a Cristo, lo accoglie come suo Salvatore e Redentore.


La Parola da sola però non lo salva. Non gli dona la redenzione. Questa si acquisisce attraverso il sacramento del Battesimo. È in esso che l’uomo viene lavato dal peccato, purificato da ogni macchia, elevato a dignità divina, poiché viene reso partecipe della natura divina, è incorporato in Cristo, è fatto figlio di Dio, tempio dello Spirito Santo.


Dopo il battesimo la Chiesa dona lo Spirito Santo che suggella il cuore, la mente, i pensieri, tutto l’uomo nell’anima, nello spirito e nel corpo riceve il suggello dello Spirito Santo.


L’uomo ormai appartiene allo Spirito, è dello Spirito, è sua particolare proprietà. Lo Spirito lo muove, lo guida, lo conduce; lo Spirito è sua forza, sua intelligenza, suo consiglio, suo tutto.


Lo Spirito deve fare di lui un perfetto figlio del Padre, un vero discepolo di Cristo Gesù, un santo tempio della sua dimora.


Lo Spirito cui l’uomo rinato e rigenerato nel sacramento appartiene, dovrà condurlo nella parola di Cristo Gesù, perché la faccia la sua stessa vita.


Questa è la missione dello Spirito, la sua opera. Egli deve fare di ogni uomo un’obbedienza perfetta alla Parola di vita.


È lo Spirito che deve trasformare l’uomo in un essere tutto spirituale. È questa la novità cristiana.


Lo Spirito afferra l’uomo che si lascia condurre da Lui e da carnale lo rende spirituale, da figlio di Adamo ne fa un figlio di Dio, da un membro di Adamo ne fa un membro santo di Cristo.


Lo Spirito trasforma la natura di peccato dell’uomo in natura di verità e di carità.


Tutto ciò che di bene, di santo, di vero, di giusto avviene nel cristiano, avviene per opera dello Spirito Santo.


Questo però si compie finché il cristiano resta con la volontà proprietà dello Spirito e da Lui si lascia condurre, attraverso una invocazione costante, perché sia sempre Lui la guida della sua vita.


[14]il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.


La vocazione dell’uomo è al cielo. Egli deve ereditare il paradiso. È questa la sua eredità eterna.


Guidato dallo Spirito, egli cammina verso il cielo, il cielo desidera, brama più di ogni altra cosa. Il cielo è Dio da contemplare, da amare; è Cristo nel quale vivere da risorto per l’eternità; è lo Spirito Santo, nel quale inabissarsi per entrare nella perfetta comunione d’amore e di verità con Dio Padre e con il Figlio. Il Cielo è anche la compagnia della Vergine Maria, degli Angeli e dei Santi, con i quali canteremo in eterno la misericordia di Dio, che ci ha amati a tal punto da concederci la sua stessa familiarità. Siamo suoi familiari, viviamo nella sua casa da figli, lo amiamo come figli, gioiamo da figli.


Qualcuno potrebbe obiettare: ma veramente il Signore ci dona tutti questi beni eterni? Non è forse questa una invenzione dell’uomo per ingannare i suoi fratelli e privarli della loro libertà su questa terra, con il pretesto di dare loro il cielo?


Paolo risponde che la garanzia che il cielo è vera ed è nostra. La garanzia è lo Spirito Santo che ci è stato dato, il quale non solo ci ha conferito il suggello, ci ha fatto sua proprietà, ma anche Dio lo ha dato a noi come caparra delle nostra eredità.


Sono due le verità che dobbiamo evidenziare. La prima ci insegna che la caparra è un istituto giuridico che dice passaggio di proprietà.


La cosa diveniva anticamente dell’altro, era sua proprietà, anche se ancora non era in suo possesso, nel momento in cui si dava la caparra.


La caparra consisteva in una piccolissima somma di denaro, anche un solo denaro, che segnava il passaggio avvenuto.


La cosa restava in mano a colui che la vendeva, o la donava, ma la proprietà non era più sua, era di colui che aveva dato la caparra.


La caparra però doveva essere accettata. C’è pertanto un dare la caparra e un’accettazione di essa. Se la caparra non era accettata, l’atto giuridico non si consumava e ognuno restava in possesso di quello che aveva.


Nel nostro caso, Dio ha dato lo Spirito Santo come caparra dell’eredità eterna. L’eredità eterna è nostra nel momento in cui noi accogliamo lo Spirito e viviamo secondo lo Spirito. Se non accettiamo lo Spirito e non viviamo secondo la sua mozione, la sua verità, la sua carità, è come se noi non avessimo accettato la caparra e quindi il regno dei cieli non ci appartiene, non è nostro, perché nostro non è lo Spirito Santo.


Che lo Spirito Santo sia nostro lo attesta il fatto che sotto la sua guida noi da esseri carnali diveniamo esseri spirituali, viviamo da veri figli di Dio, che fanno dell’obbedienza alla sua parola lo stile e la forma della loro vita.


Nessuno può vivere la Parola di Dio senza la forza dello Spirito Santo dentro di Lui; nessuno può essere uomo di verità e di carità senza lo Spirito Santo che lo illumina e lo incendia; nessuno può aspirare verso il Cielo se lo Spirito di Dio non è vivo dentro di Lui.


Lo Spirito pertanto non è solo caparra per il domani. Infatti non è la caparra che ci dona solo l’eredità eterna nel paradiso; è anche la caparra che ce la conferisce oggi, perché oggi Lui ci mette in comunione con Dio e con la sua carità, oggi ci dona la vita nuova, oggi ci risuscita con Cristo e in Cristo, oggi ci costituisce figli che tendono a raggiungere il Padre nella sua casa eterna.


È lo Spirito che opera in noi oggi la prova della verità dei doni che Dio ci ha promesso e che già ci ha conferiti nello Spirito Santo.


La verità e la carità che lo Spirito Santo crea oggi nel cuore è la prova, l’attestazione che Lui è il pegno della gloria futura che dovrà manifestarsi pienamente in noi.


Lo Spirito diviene così il nostro più grande e più intimo convincimento, la più grande prova della verità della parola del Vangelo. Lo Spirito è la prova vivente in noi che tutte le parole di Dio pronunciate per noi sono vere, sono vere perché per suo mezzo noi le viviamo, le osserviamo, le mettiamo in pratica. Nessuno potrà mai vivere una sola parola di Vangelo, se lo Spirito Santo non è vitalmente in Lui, con una mozione vitale perenne.


La completa redenzione avviene nella risurrezione della nostra carne. Allora veramente ogni parola di Dio trova il suo compimento ultimo, definitivo, eterno.


Solo con la risurrezione nostra ad immagine di quella gloriosa di Cristo, lo Spirito compie la sua missione tra noi.


Non terminerà la sua opera su di noi nell’eternità, perché sarà sempre Lui che dovrà realizzare in noi la perfetta comunione eterna con il Padre e con il Figlio.


Tutto questo è però un dono di Dio, un dono che precede la stessa creazione. È un dono senza alcun merito da parte dell’uomo. È questa la misericordia eterna con la quale Dio ha avvolto la sua creatura.


Si è già detto a sufficienza cosa significa che Dio ci ha fatti a lode della sua gloria. Si rimanda pertanto ai versetti precedenti.


Termina con queste parole l’inno Cristologico della Lettera agli Efesini, ma non termina l’esposizione del mistero di Cristo, dal quale, nel quale e per il quale è tutta la nostra vita.


Ancora Paolo non tutto ha detto ed è ben giusto che in ogni sua parola, con l’aiuto dello Spirito Santo, ci impegniamo a trarre fuori ogni verità su Cristo, essendo noi chiamati ad inserirci pienamente nel suo mistero e ci si inserisce con l’anima e con lo spirito, con i pensieri e con i sentimenti, con la volontà e con la conoscenza.


Cristo è tutto per noi. Ma noi siamo chiamati ad entrare nel suo tutto e per questo dobbiamo anche conoscerlo tutto.




SUPREMAZIA DI CRISTO

[15]Perciò anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi,

La fede è nel Signore Gesù. Credere nel Signore Gesù è aderire alla sua Parola, al suo mistero.

Credere nel Signore Gesù è fare il suo mistero nostro, la sua vita nostra, la sua vocazione nostra, la sua missione nostra, la sua storia di redenzione nostra storia di salvezza a beneficio dei nostri fratelli.

Cristo è Parola, è esempio, è modello, è sacramento di vita nuova. Cristo è via, verità e vita. Cristo è carità eterna, amore sino alla fine per l’uomo da redimere e da condurre nel regno eterno di Dio.

Credere in Cristo diviene e si fa dono di vita per i fratelli. La vita del cristiano che crede veramente in Cristo si trasforma in un dono di carità a beneficio della loro salvezza.

La fede in Cristo rende il cristiano Cristo, se lo costituisce Cristo, lo costituisce Cristo per intero, non in parte, o semplicemente in una fede pensata, ma non realizzata, vissuta, compiuta in ogni sua parte.

La fede in Cristo non rende solamente il cristiano cristiforme, lo rende Cristo che si immola per i fratelli, che vive per loro, come Cristo è venuto non per vivere per sé, ma per noi, per dare la vita in nostro riscatto.

Cristo è il dono d’amore che il Padre ci ha fatto per la nostra redenzione eterna. Con la fede il cristiano diventa Cristo, ma Cristo è già dono d’amore per la salvezza del mondo.

La carità pertanto verso i fratelli è il segno della verità della nostra fede. Chi crede veramente in Cristo Gesù? Chi fa della sua vita un dono d’amore per i fratelli, chi diviene riscatto per il mondo intero, chi si lascia immolare perché si abbia la vita e la si abbia in abbondanza.

C’è pertanto una sola via per credere e per misurare la nostra fede in Cristo Gesù: la carità attraverso la quale noi ci presentiamo dinanzi agli altri per servirli alla stessa maniera di Cristo Gesù.

C’è però da specificare che la carità che noi dobbiamo vivere è il dono dello Spirito che è stato versato su di noi. La misura della nostra fede non è la carità di Cristo, la carità di Cristo è il nostro modello, ma è il dono che lo Spirito ha versato in noi perché noi secondo questo dono e questa via ci mettiamo a servizio dei fratelli per essere con loro allo stesso modo di Cristo Gesù.

La prima carità da vivere è quella verso i santi, verso coloro cioè che sono corpo di Cristo, che vivono in Cristo. I santi sono i cristiani, i discepoli del Signore. Verso di loro c’è bisogno da parte nostra di una particolare carità, è la carità di una presenza amorevole che diviene all’occorrenza aiuto, sostegno, incoraggiamento, sollievo, soccorso, incitamento, esortazione a perseverare nel Signore, ogni altra spinta spirituale e materiale, perché si avanzi spediti verso il regno dei cieli, ma anche perché si perseveri sino alla fine nell’opera di verità, di carità e di speranza che il Signore ci ha affidato.

La fede come la carità sono visibili, se non sono visibili, non ci sono. Se uno non vede la nostra fede, essa non esiste; se non osserva la nostra carità, essa non esiste. Della fede e della carità si dà notizia agli altri.

Non siamo noi a dare notizia, sono gli altri che vedono e attestano, annunziano e proclamano, mettono in evidenza ciò che noi crediamo e il modo secondo il quale noi amiamo. Paolo riceve questa notizia bella. Gli Efesini credono in Cristo, amano i santi.

[16]non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere,

Quando si ricevono notizie così belle, cosa si deve fare?

Ringraziare il Signore che opera il bene, opera per la salvezza del mondo. Ringraziare lo Spirito Santo che muove i cuori nella fede e nella carità. Ringraziare Cristo Gesù che attrae con la sua vita perché ogni altro faccia della propria vita un dono d’amore, la spenda interamente per la salvezza, la viva come un vero olocausto, un sacrificio perché il Signore conceda altra grazia, aggiunga grazia alla grazia di Cristo per la conversione del mondo intero.

Il rendimento di grazie è l’unica risposta giusta alla bella notizia che i cristiani vivono di fede in Cristo, di carità verso i fratelli.

È la risposta giusta perché si vive una dimensione di vera fede. Si vede in loro l’opera dello Spirito Santo, l’amore del Padre che agisce, la grazia di Cristo che trascina verso una crescita sempre più grande e verso il rendimento di una testimonianza autentica al Signore, che li ha ricolmati di sé.

Il rendimento di grazie libera l’uomo dalla superbia, dalla vanagloria, dall’orgoglio, da ogni forma di gelosia.

Sappiamo che è il Signore che opera tutto in tutto per il bene della comunità di quanti credono nel suo nome e per la salvezza del mondo intero e lo si ringrazia, lo si benedice, lo si loda.

Rendere grazie a Dio è l’attestazione che siamo nella verità della fede, della carità, della speranza. Quando invece non si rende grazie è il segno che ancora la carne non è morta in noi e regnano in essa i suoi frutti che non sono di vita, bensì di morte, per noi stessi e per tutta la comunità di Cristo Gesù.

È giusto che si educhino tutti i fedeli non solo a riconoscere e a confessare che è sempre lo Spirito Santo ad agire in ciascuno dei seguaci del Signore, ma anche ad elevare a Lui un inno di lode e di benedizione per tutto il bene che fa in favore dei credenti in Cristo Gesù e per la redenzione del mondo intero.

Su questo dobbiamo lamentare che non c’è libertà in seno alle comunità cristiane. Non c’è libertà, perché non vive in noi lo Spirito del Signore e per questo si è gelosi, superbi, arroganti, invidiosi, vanagloriosi. Questo nuoce molto alla nostra santificazione, alla santificazione della comunità, alla redenzione del mondo. Questo però attesta che siamo sotto il regime della carne e non dello Spirito. Attesta altresì che c’è poca crescita in santità, perché c’è poca educazione alla santità.

Non solo Paolo rende grazie a Dio per il bene compiuto. Egli prega per la comunità che vive in Efeso. Perché prega?

Oltre che di ringraziamento, di benedizione, di glorificazione, la preghiera è anche di impetrazione. Cosa chiede Paolo per gli Efesini, cosa domanda al Signore?

[17]perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui.

Quanto noi conosciamo di Dio è sempre imperfetto. Da una conoscenza imperfetta nasce una carità imperfetta. Da una carità imperfetta nasce una missione imperfetta, da una missione imperfetta il mondo resta nella sua non conversione e nella sua tenebra.

Paolo sa che se gli Efesini riusciranno a crescere nella conoscenza di Cristo, il loro amore crescerà, la loro speranza crescerà assieme alla loro fede. Da questa crescita la missione riceverà nuovo slancio, ma anche la testimonianza a Cristo Gesù avrà un vigore sempre nuovo, come nuovo è il mistero di Cristo che si vive dinanzi ai loro occhi e alla loro mente.

Chi prega Paolo?

Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria”.

Perché Dio è il Dio del Signore nostro Gesù Cristo e perché è il Padre della gloria?

È il Dio del Signore nostro Gesù Cristo perché è il Padre di Lui. Padre in quanto Figlio generato da Lui. Generato nell’eternità, generato nel tempo. In quanto vero Dio è Padre, in quanto vero uomo è anche Signore. Il Padre è il Dio del Signore nostro Gesù Cristo in ragione di questa doppia nascita e doppia generazione.

È il Padre della gloria, perché tutto il bene che c’è nel mondo è opera sua, viene dalla sua volontà, dal suo cuore, dal suo essere, per creazione e per volontà.

Se poi per gloria si intende Cristo Gesù, che è l’unica Gloria del Padre, nella quale ogni altra gloria diventa e si fa vera, abbiamo qui indicata la vera paternità di Dio nei riguardi di Cristo Gesù.

Anche su questo ci si è già soffermati con dovizie di indicazioni teologiche ed è ben giusto che si ritorni su quanto precedentemente indicato. Vale la pena ora soffermarci sulla richiesta che Paolo fa a Dio nella sua preghiera.

Perché lo prega?

Vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui”.

Paolo chiede per gli Efesini uno spirito di sapienza e di rivelazione. Egli sa che la conoscenza di Cristo, e attraverso Cristo, del Padre e dello Spirito Santo non è frutto di una ricerca che parte dal cuore e dalla mente dell’uomo.

L’uomo ha un limite naturale che è invalicabile e questo limite è la sua carne che non vede l’invisibile; questo limite è anche il peccato che gli impedisce di vedere secondo verità anche le cose visibili. Ma anche senza il peccato è impossibile che un uomo possa gettare lo sguardo nel cielo e vedere Dio così come egli è. Questa impossibilità umana, aggravata quasi sempre dai peccati personali, è attestata anche dai fondatori di religione, i quali dipingono Dio secondo i loro schemi mentali, che sono assai differenti da quanto ci dice la rivelazione e la fede del vero Dio.

La conoscenza di Cristo è frutto dello Spirito di sapienza e di rivelazione che Dio riversa su di noi, in virtù della morte e della risurrezione di Cristo Gesù.

Lo Spirito viene dato perché invocato da noi, viene anche dato perché invocato da altri e in modo particolare da coloro che Cristo Gesù ha costituito sulla terra datori dello Spirito anche per via sacramentale.

Senza una preghiera accorata lo Spirito non è dato, senza una intercessione forte, egli non può operare dentro di noi a causa della nostra volontà che si chiude in se stessa e chiude l’uomo negli angusti limiti della sua immanenza. Sapendo questo, è cosa giusta, santa che ognuno invochi lo Spirito per se stesso, perché lo inondi di una sempre più profonda conoscenza del mistero di Cristo, ma anche lo preghi per gli altri, perché dia loro la stessa conoscenza che ha implorato da Dio per sé.

Posto il principio dell’impossibilità umana di conoscere secondo verità il mistero di Cristo, nasce l’obbligo della preghiera per noi e per gli altri.

La conoscenza del mistero di Cristo in un crescendo di verità in verità cambia tutta la vita di un uomo e con una sola vita che cambia la vita del mondo intero cambia.

D’altronde Paolo sa la potenza dello Spirito cosa riesce ad operare. Lui un tempo era nelle tenebre, non conosceva Cristo. Per una grazia particolare ha iniziato a conoscerlo. È cambiata la sua vita. È cambiata la vita del mondo intero con il cambiamento della sua vita.

Se lo Spirito discende dal cielo e dona la conoscenza del mistero di Cristo ad altre persone, non solo cambierà la vita di queste persone, ma con il loro cambiamento tutta la vita del mondo cambierà.

Lo Spirito pertanto è il dono più prezioso che bisogna invocare e non bisogna darsi pace finché il Signore non ci abbia esaudito, elargendo a noi e agli altri il dono del suo Santo Spirito.

La vita cambia se cambia la conoscenza di Cristo dentro di noi e la conoscenza di Cristo è frutto ed opera del suo Santo Spirito. Questa è la verità, l’unica, la sola.

[18]Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi

In Cristo, cosa deve conoscere il cristiano, posto il principio che è Dio che illumina gli occhi della nostra mente?

Lo Spirito deve farci comprendere:

A quale speranza vi ha chiamati: nessun uomo conosce ciò che Dio vuole fare di lui. Nessuno sa in verità qual è il disegno di Dio su di lui.

Non sapendolo, non può neanche realizzarlo. Non realizzandolo, nemmeno ne può gustare la bellezza.

Ciò che non si conosce, non si ama, perché non si gusta. Ora il disegno di Dio sull’uomo è di una grandezza tale che tutto l’universo è niente in paragone ad esso. Questa è la verità.

Come fa un uomo ad entrare in possesso di questa verità? Solo per grazia, solo per un dono da parte di Dio, solo per illuminazione interiore.

Questa illuminazione deve portare l’uomo a comprendere a quale speranza Dio ci ha chiamati. E la speranza è una sola: divenire una cosa sola con Cristo, realizzare Cristo in noi, realizzare noi in Cristo, fino a divenire cristiformi, fino a vestirci di Lui, fino ad avere la sua stessa figliolanza. Questa speranza, detta così, potrebbe sembrare una cosa da niente, vista però con gli occhi della mente illuminata dallo Spirito del Signore, è veramente l’insuperabile, poiché avvicina ogni uomo alle soglie della divinità, lo rende quasi dio, poiché lo riveste totalmente di Cristo Gesù, che è Dio.

Tutte le parole umane per descrivere questa speranza sono e rimarranno sempre inadeguate, imperfette. Se invece lo Spirito del Signore ce la fa gustare e comprendere attraverso il dono della sapienza e della conoscenza, noi vivremo una vita totalmente differente.

Paolo è prova di questo. Dopo che lui ha ricevuto questa grazia – come lui non ce lo dice – la sua vita è totalmente cambiata, a tal punto che considerava spazzatura tutte le cose della terra. Ciò che in uno spirito di carne si valuta come un tesoro inestimabile, il non plus ultra del bello, Paolo invece lo reputava una spazzatura. Questa è la differenza tra la sapienza divina e la sapienza carnale.

Che siamo nella sapienza carnale lo attesta il fatto che noi facciamo delle cose della terra il motivo della nostra gioia. È proprio la ricerca delle cose di quaggiù che tradisce la nostra non appartenenza alle cose del cielo.

Quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi: la speranza che per noi è piena assimilazione di Cristo nella nostra vita, fino ad essere immagine di Lui sulla terra e nel cielo, si configura ora come partecipazione alla gloria del cielo, quando saremo chiamati a vedere Dio faccia a faccia, così come egli è.

Cosa è il paradiso? Se noi pensassimo un poco a questa domanda, se ci mettessimo un poco a riflettere, dovremmo concludere che per noi il paradiso è il prolungamento di una qualche gioia che abbiamo assaporato sulla terra, portando la sua intensità al sommo e la sua durata senza fine.

Per molti di noi il paradiso è una gioia eterna, immensa, che non conosce alcuna limitazione al negativo, mentre conosce solo la sua espansione al positivo.

Il paradiso anche nella Scrittura è presentato come il sommo di un bene o che già si gusta, o che si desidera gustare. È presentato anche come l’assenza piena di ogni negatività compresa la morte e il dolore.

Paolo sa che tutte queste categorie umane, di positivo, negativo, sublimazione, negazione sono assai inadeguate.

Paolo infatti non descrive il paradiso, crea invece il desiderio di gustarlo già su questa terra, ma soprattutto muove il cuore ad una preghiera così intensa affinché il Signore ce lo faccia comprendere in modo che noi altro non facciamo che camminare verso di esso.

Il cristiano non vive più di speranza eterna, non cammina verso il paradiso, lo attesta il fatto come lui vede e considera la morte, sia la sua che quella delle persone che le sono care.

Il fatto che il cristiano abbia perso il significato della sua speranza e della gloria che lo attende nel cielo è assai rivelatore. Attesta che è venuto meno in quella che è la sua vocazione. E un cristiano senza vocazione, che cristiano è? Un cristiano che non attende più il compimento della sua speranza, che non progredisce verso il cielo, è un cristiano non cristiano, poiché è proprio del cristiano il distacco dalla terra per orientarsi esclusivamente verso il cielo.

Per questo motivo Paolo prega. Lui sa che se lo Spirito del Signore viene in noi, tutto cambia di noi, perché Lui in noi porta la realtà del cielo, porta Dio, Cristo Gesù, porta la sua sapienza eterna e con essa il cristiano può guardare il cielo secondo verità e solo da questa visione secondo verità potrà nascere in lui il cambiamento della vita.

Non è la paura dell’inferno che è capace di cambiare un uomo; è invece la speranza che lo Spirito Santo crea in lui e la comprensione che gli dona delle cose di lassù secondo verità.

[19]e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza

Dal cielo Paolo ora ritorna sulla terra. Pensa sicuramente a ciò che il Signore ha fatto in lui, ha fatto di lui, quando lo afferrò con la sua luce sulla via di Damasco.

Se uno guarda a ciò che Dio ha fatto di lui, può invitare gli altri a credere nella potenza di Dio.

Se invece noi rimaniamo nel nostro stato abituale di essere governati dal regime della carne, come possiamo presentare agli altri la straordinaria grandezza della sua potenza?

La nostra fede spesso è ridotta ad una verità che è fuori di noi, che non agisce in noi, che non ci tocca, non ci cambia, non modifica la nostra condizione di uomini immersi nel peccato e nella morte.

Per Paolo invece la fede non è una realtà fuori dell’uomo, è una realtà che agisce dentro l’uomo. Agisce modificandolo, cambiandolo, rinnovandolo, rigenerandolo, facendolo divenire un’altra creatura.

Paolo è quest’altra creatura. Tra il Paolo persecutore e il Paolo apostolo di Gesù Cristo la differenza c’è, è visibile, tutti la possono osservare, vedere, studiare, analizzare.

Il Paolo apostolo e missionario di Gesù Cristo è il frutto della grazia di Dio, di questa straordinaria grandezza della potenza del Signore con la quale Dio lo ha preso, lo ha avvolto e trasformato, lo ha cambiato, facendone un altro uomo.

È proprio questa la straordinaria potenza di Dio: quella di fare di un uomo un altro uomo, totalmente differente dal primo uomo, di farne un uomo libero, vero, pieno di carità, ricco di speranza soprannaturale, servo dei fratelli, martire per amore per la gloria di Dio e la redenzione del mondo.

La potenza, la forza, l’incisività del cristiano nel mondo avviene e si manifesta quando egli viene costituito da Dio nuova creatura.

Ora Paolo sa che Dio solo è capace di fare questo. Ma sa anche che il cristiano non conosce questa straordinaria potenza della sua grazia. Non la conosce, perché non si è ancora lasciato trasformare da Dio.

Come potrà farsi trasformare? Se pregherà, se invocherà questa grazia, se chiederà allo Spirito Santo che la realizzi nella sua vita, se si disporrà con la mente, con il cuore, con lo spirito, con l’anima e con lo stesso corpo ad essere trasformato dalla potenza dell’Altissimo. Ma questa trasformazione non può avvenire senza che lui lo voglia e per questo deve pregare. Ma non può pregare se non avrà prima creduto che questa trasformazione è possibile.

Anche la fede è dono di Dio, la fede nella sua potenza. Anche questa fede si deve invocare attraverso la preghiera.

La preghiera è l’offerta della nostra vita a Dio, perché sia Lui a trasformarla, a riempirla di sé, a ricrearla, a dare il compimento della sua vocazione. La preghiera, frutto della nostra fede, è dono che l’uomo fa di se stesso a Dio perché Dio possa dare tutto se stesso all’uomo e Dio si dona all’uomo trasformandolo e ricolmandolo di Spirito Santo, perché sia Lui a iniziare la trasformazione dell’uomo e da uomo carnale farne un uomo spirituale.

Questa è la straordinaria potenza di Dio, che si manifesta nel cristiano che si consegna a Dio perché Dio si doni a Lui.

Questa verità non consente a nessuno di poter più affermare che tutto è dalla sua natura corrotta, debole, inferma, incapace di operare il bene, orientata e determinata al male, al peccato.

Questo potrebbe essere senz’altro vero se non ci fosse la potenza di Dio, potenza che ci è stata data, potenza che ci sarà sempre data, potenza sempre da invocare e da chiedere.

Nessuno pertanto dica: sono fatto così. È fatto così secondo Adamo. Può essere fatto diversamente secondo Cristo. Può, se vuole; può, se si consegna a Dio; può, se prega.

Paolo questo lo sa e prega il Signore per gli Efesini. Ciò che non fanno loro, lo fa lui, ma lui è un uomo tutto inabitato dallo Spirito Santo, tutto trasformato da Lui. Paolo sa qual è la straordinaria potenza e l’efficacia della sua grazia.

Lo sa perché lo ha vissuto sulla sua pelle, quando il Signore ha fatto di lui un uomo nuovo, diverso, totalmente nuovo, totalmente diverso.

[20]che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,

Che la potenza di Dio sia veramente efficace egli lo ha già manifestato. Chi vuole sapere ciò che Dio è capace di fare, deve volgere lo sguardo a Gesù Risorto.

Chi è Gesù Risorto? È la manifestazione della straordinaria potenza di Dio. L’onnipotenza di Dio, efficace e creatrice dal nulla, si manifesta interamente in Cristo Gesù risorto.

Gesù è nel sepolcro. Il suo corpo è di carne. Il suo corpo è avvolto dalla morte. Il suo corpo è senza vita.

Il Padre non solo gli ridona la vita. Il Padre lo trasforma da morto in vivente, da carne in spirito, da mortale in immortale, da corpo che si deturpa e si corrompe in corpo avvolto tutto dalla gloria di Dio, dal quale si sprigiona la gloria di Dio. Da corpo assunto sulla terra lo rende corpo che può vivere nel cielo, lo porta nel cielo e lo fa sedere alla sua destra. Questa è la straordinaria potenza di Dio.

Con questa stessa onnipotenza, efficace e creatrice, egli può intervenire nella vita degli uomini. Ad una condizione: che gli uomini si lasciano da Lui trasformare, risuscitare, rinnovare, elevare, santificare, fare una cosa sola con Cristo, una sola santità, una sola missione d’amore, una sola morte e una sola risurrezione.

Per questo non solo è richiesto all’uomo che si consegni, che si doni a Dio, perché sia Lui a compiere il suo disegno eterno. È richiesto anche che questa consegna sia fatta atto per atto, momento per momento, azione per azione e pensiero per pensiero.

Poiché la vita dell’uomo sulla terra è fatta di piccolissimi atti, di istanti singoli, ogni istante deve essere consegnato al Signore, ogni istante a Lui affidato attraverso la preghiera.

Possiamo pregare per noi e per gli altri. Per noi possiamo chiedere allo Spirito di Dio che prenda ogni nostro atto e lo santifichi perché in esso si manifesti solo la gloria di Dio, si compia cioè solo la sua volontà.

Per gli altri possiamo chiedere, come fa Paolo, che lo Spirito scenda nei cuori e sia Lui ad illuminarli, a guidarli, a cambiare la loro vita, perché anche loro la mettano nelle mani di Dio, l’affidino allo Spirito, perché realizzi attraverso di essa il disegno di salvezza scritto da Dio per ciascuna vita in particolare.

Questa preghiera non si fa se non c’è una fede convinta nell’onnipotenza di Dio creatrice ed efficace, creatrice e rinnovatrice non solo della nostra vita, ma di quella del mondo intero.

Per pregare secondo verità dobbiamo possedere una grande fede. Dio può tutto. Dio può tutto nel soggetto che si consegna a Lui.

In altre parole, noi dobbiamo essere come la Vergine Maria, nella casa di Nazaret, al momento dell’annunciazione. Dopo che l’Angelo le disse: “Nulla è impossibile a Dio”, ella rispose: “Avvenga di me secondo quello che hai detto”.

Questa fede manca in molti cristiani. Mancando la fede, manca anche la preghiera. Dio non può intervenire su di noi per cambiarci, non ci cambia perché noi non glielo chiediamo. Non glielo chiediamo, perché non crediamo.

La Chiesa ha un grave obbligo verso tutti i suoi figli: insegnare loro la fede, perché loro trasformino la fede in preghiera.

Leggiamo nel Vangelo secondo Marco (Mc 9,14-29):

E giunti presso i discepoli, li videro circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro. Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: Di che cosa discutete con loro? Gli rispose uno della folla: Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti.

Egli allora in risposta, disse loro: O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me. E glielo portarono. Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando.

Gesù interrogò il padre: Da quanto tempo gli accade questo?. Ed egli rispose: Dall'infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci.

Gesù gli disse: Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: Credo, aiutami nella mia incredulità.

Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi rientrare più. E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: E` morto. Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi.

Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo? Ed egli disse loro: Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera.

Gli Apostoli non hanno pregato. Il miracolo non si compie. Perché non hanno pregato? Perché non hanno creduto che l’onnipotenza efficace e creatrice è solo dello Spirito Santo, essa non appartiene all’uomo.

Questo la Chiesa deve insegnare ai suoi figli: a credere in Dio onnipotente, il solo che può trasformare, rinnovare, santificare, elevare la loro vita. Il solo che li può risuscitare dalla morte, il solo che li può liberare dal dominio della carne, il solo che può dare loro la libertà nel bene. Questa è la nostra fede. Questa fede bisogna trasformarla in preghiera.

[21]al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro.

Il versetto or ora analizzato manifestava la straordinaria onnipotenza di Dio efficace e creatrice che aveva agito in Gesù, nel suo corpo, risuscitandolo dai morti.

Questo versetto ci manifesta ancora cosa è capace di fare l’onnipotenza di Dio, sempre efficace e creatrice.

Da un corpo che è nel sepolcro ne fa un corpo tutto spirituale, incorruttibile, immortale, glorioso.

Questo corpo che si riunisce all’anima e che ricompone il vero uomo nel vero Dio, nell’unica persona del Verbo della vita, che ora è Verbo Incarnato, viene elevato nel più alto dei cieli, è assiso alla destra del Padre.

Cristo Gesù è alla destra del Padre nel suo vero corpo, ma anche nella sua vera umanità, nel suo vero uomo che è anima e corpo insieme.

Il vero uomo che è in Cristo Gesù è posto al di sopra di ogni altra Potenza angelica. Egli è sopra i cori degli Angeli. Sopra i Santi. Egli è al posto di Dio. Questa è la straordinaria potenza efficace e creatrice del Padre.

Egli è stato posto sopra ogni altro nome che esiste sulla terra, sotto terra, nei cieli e negli inferi. Al di sopra di Cristo non esiste altra creatura. Tutto è stato posto sotto la sua Signoria. Egli è il Signore. È il Signore non solo in quanto vero Dio, è Signore anche in quanto vero uomo. Al vero Dio tutto è soggetto in ragione della sua Signoria che è di creazione. Tutto è stato creato per mezzo di Lui e tutto è soggetto a Lui. Al vero uomo invece tutto è soggetto perché l’onnipotenza di Dio, a motivo dell’unione ipostastica, ha fatto sì che il vero Dio fosse anche il vero uomo e il vero uomo fosse anche il vero Dio. Il Verbo della vita, Verbo Incarnato, è vero Dio e vero uomo, non un Dio e un uomo separati, ma un Dio e un uomo nell’unica persona del Verbo della vita.

È questo il mistero che solo l’onnipotenza di Dio, efficace e creatrice, ha potuto operare e l’ha operato solo in Cristo Gesù, solo nel Verbo della vita.

Questo versetto pertanto mentre afferma e ci conferma quanto è grande l’onnipotenza di Dio, ci rivela anche chi è in verità Cristo Gesù. È il nome più eccelso nella creazione di Dio. Non solo. Della creazione egli è il Signore e in quanto Signore tutto è sottomesso ai suoi piedi. Tutto a Lui obbedisce. Tutto deve riconoscerlo come suo Signore. Tutto deve confessarlo, ascoltarlo, prestare l’ossequio della consegna a Lui.

Se Lui è il Signore, noi siamo suoi. Se Lui è il Signore, noi gli apparteniamo. Se Lui è il Signore, Lui può intervenire nella nostra vita efficacemente, con una parola creatrice, che trasforma tutta intera la nostra esistenza.

Perché questo accada, dobbiamo credere, dobbiamo pregare. La nostra vita dipende dalla nostra fede, dalla nostra preghiera.

[22]Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa,

Il discorso è sempre teologico e Cristologico insieme. Chi opera è Dio. Su chi opera è Cristo Gesù.

Cristo Gesù è innalzato al di sopra di ogni creatura. Poiché tutto ciò che esiste, al di Fuori della Trinità beata, è tutto creato, Cristo Gesù ha tutta la creazione, ogni essere vivente e non vivente, animato e inanimato, corporeo e spirituale, visibile e invisibile, sulla terra e nel cielo e anche negli inferi sottomessi ai suoi piedi.

Sottomessi, si intende, in quanto Signore. Al Signore è dovuta l’obbedienza, la gloria. Dinanzi al Signore ci si inginocchia, si piega il capo. Il Signore si riverisce. La sua volontà è sovrana sopra ogni altra.

Cristo Gesù è stato anche costituito dal Padre a capo della Chiesa.

La Chiesa è la comunità di quelli che attraverso la fede in Cristo morto e risorto, passando attraverso il battesimo, sono stati costituiti nuove creature e radunati in un solo popolo, in una sola comunità, una sola famiglia.

Ebbene di questo solo popolo Cristo è il capo. Cristo è colui che lo governa, lo dirige, lo guida, lo conduce, lo pasce, lo illumina, lo corregge, lo porta dalla terra al cielo nei pascoli eterni.

Non c’è distacco tra Cristo e la Chiesa, non c’è separazione. Tra Cristo e la Chiesa regna unità, comunione, vita.

Nel Nuovo Testamento molte sono le immagini che traducono questa verità su Cristo. Tutte però dicono una sola verità: l’essere capo di Cristo è in ordine alla grazia e alla verità che si attingono perennemente in Lui. C’è pertanto un’unione di vita e di verità che si deve realizzare con Cristo capo e questa unita di vita e di comunione avviene in Lui, non fuori di Lui. È quanto Paolo ci manifesta attraverso la definizione di Chiesa come corpo di Cristo.

[23]la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose.

Questo versetto è alquanto difficile da spiegare secondo tutta la ricchezza di verità e di dottrina, di essenza, che Paolo ha voluto racchiudervi.

Il mistero di Cristo e della Chiesa va infinitamente oltre la nostra teologizzazione e ogni altra riflessione sistematica che uno può anche tentare di fare.

Ci sono però delle verità evidenti che ci aiutano a scoprire quelle meno evidenti. Una di queste verità evidenti è la dipendenza totale del corpo dal capo.

Un corpo distaccato dal capo non ha vita, così anche un capo distaccato dal corpo non ha vita.

Volendo applicare questa verità alla Chiesa e a Cristo, la vita di grazia da Cristo si riversa tutta nella Chiesa, per mezzo della Chiesa, si riversa nel mondo e si fa grazia di conversione, di santificazione, di rigenerazione, di salvezza.

Seconda verità: il corpo ha una sola vita. Non ci sono due vite: una per il corpo e l’altra per il capo.

La vita del capo deve divenire la vita del corpo, che si manifesta e si esprime attraverso tutte le sue membra.

Cristo è l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. La Chiesa deve divenire in Cristo l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo e lo deve divenire alla stessa maniera di Cristo Gesù: offrendo la sua vita a Dio per la redenzione dei suoi figli, di tutti i figli di Adamo perché diventino in Cristo, nel suo Corpo, figli di Dio.

Tra capo e corpo c’è pertanto una sola vocazione, una sola missione, una sola santità, un solo Spirito, una sola vita, una sola morte, una sola risurrezione, una sola abitazione nel cielo presso Dio.

In Cristo, nel suo corpo, siamo già assisi anche noi alla destra del Padre, anche noi siamo signori, ad una condizione, che diventiamo in Cristo una sola obbedienza d’amore al Padre per la redenzione del mondo.

La Chiesa è il corpo di Cristo. La Chiesa è la vita di Cristo sulla terra, la sua manifestazione. La Chiesa è l’azione di Cristo in mezzo agli uomini.

La Chiesa è anche la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose.

La Chiesa è la pienezza di Cristo. La Chiesa è la pienezza di Cristo, perché dona pienezza a Cristo.

La Chiesa dona a Cristo pienezza di opera. La Chiesa consente a Cristo di operare la redenzione del mondo fino all’ultimo giorno della storia.

La Chiesa è Cristo che nel suo corpo vive oggi la missione che il Padre gli ha affidato.

La Chiesa è il corpo che Cristo ogni giorno offre al Padre per la salvezza dell’umanità.

La Chiesa è la gloria di Cristo Gesù sulla terra. Per essa Cristo viene conosciuto, amato, adorato, obbedito, ascoltato, imitato, invocato.

La Chiesa è il corpo attraverso il quale tutta la vita di Cristo, la sua grazia, la sua verità, la sua esemplarità, si riversa sul mondo intero, affinché il mondo intero venga attratto al Padre.

La Chiesa è il sacramento di Cristo per la redenzione dei cuori. In questo senso la Chiesa è la pienezza di Cristo.

Come Cristo Gesù senza il corpo assunto dalla Vergine Maria, Madre della Redenzione, non avrebbe potuto compiere la redenzione del mondo, così senza il corpo che assume giorno per giorno da acqua e da Spirito Santo, sempre nel seno della Vergine Maria, costituita da Cristo Madre di tutti i viventi, Madre di tutti coloro che vengono generati alla fede, egli non potrebbe compiere ora la rigenerazione degli uomini. La sua salvezza mancherebbe di pienezza, di efficacia, di continuità storica.

La salvezza di Cristo senza la Chiesa sarebbe una salvezza accumulata nel cielo ma che non potrebbe mai essere riversata sulla terra, avendo Dio stabilito nel suo disegno di salvezza che la redenzione dell’uomo avvenga attraverso Cristo, nella sua umanità, e attraverso Cristo, nel suo corpo, che è la Chiesa.

Cristo però è ancora colui che si realizza interamente in tutte le cose.

Cosa significa questa espressione? Una mano per cercare una minima comprensione del pensiero di Paolo può venirci dal Vangelo di Giovanni.

Chi è il Verbo di Dio? È Colui per mezzo del quale tutte le cose furono fatte. Ma anche egli è la luce che è la vita di ogni essere che vive.

La vita dell’intera creazione è in Cristo Gesù, che è il Verbo della vita.

Ogni cosa, per essere, deve attingere da Lui la vita. Cristo è colui che dona vita ad ogni cosa.

Ogni cosa, per creazione, non per emanazione, manifesta Lui, è qualcosa di Lui, poiché viene dalla sua parola onnipotente, creatrice ed efficace.

Ogni cosa, per creazione, non per emanazione, esprime una virtù, una qualità divina, che è del Verbo della vita.

In tal senso Cristo Gesù si realizza interamente in tutte le cose. Non nel senso che Lui abbia bisogno delle cose per realizzarsi, ma che le cose interamente si realizzano in Lui, in Lui trovano il loro principio sia di essere che di divenire.

In Paolo c’è una visione nuova del rapporto che esiste tra il Verbo Unigenito del Padre che si è fatto carne nel seno della Vergine Maria e l’intera creazione.

Tutta la creazione da Dio, per Lui, è stata fatta; tutta la creazione, per Lui, viene redenta e ritorna a Dio.

In tal senso, poiché egli è la vita e la nuova vita dell’intera creazione, egli realizza se stesso interamente in tutte le cose, poiché in tutte le cose egli realizza il suo mistero che è mistero di vita eterna, mistero del dono della vita, mistero della redenzione e della santificazione della vita.

Da qui il principio: se Cristo non si realizza interamente in un uomo, questo resta irrealizzato, poiché la realizzazione di un uomo è la realizzazione dell’intera sua vita in quest’uomo, in tutti gli uomini, nell’intera creazione.

Su questa tematica si avrà modo di ritornare in altri passi dello stesso Paolo. Ora ci interessa affermare che Cristo è la vita dell’intera creazione. Cristo è anche la nuova vita dell’intera creazione. Cristo è la vita e la nuova vita di ogni uomo. Chi vuole realizzare se stesso, deve permettere che Cristo si realizzi interamente dentro di Lui. Quando Cristo si realizza interamente in un uomo? Quando fa di quest’uomo una vita donata al Padre suo che è nei cieli.