00 01/11/2018 19:00

La remissione dei peccati: l’effetto della redenzione è la remissione dei peccati. È questo il primo frutto della redenzione di Cristo, della sua grazia, ma non è l’unico.


La remissione dei peccati ci apre la via ad una moltitudine di altre grazie, che verranno messe in risalto in questa ed in altre Lettere e che saranno presentate ma mano che il discorso di Paolo si chiarifica e si illumina di altre verità.


Cosa è in sé la remissione dei peccati? Essa è la cancellazione della colpa dovuta al peccato che l’umanità commise in Adamo. È anche la cancellazione della colpa e di ogni pena temporale dovuta ai peccati personali.


Dio non imputa più il peccato all’uomo, non lo imputa cancellandolo, rimettendolo, perdonandolo.


Quest’azione di Dio che rimette il peccato non deve essere concepita però come un atto puramente giuridico, di una assoluzione formale, mentre l’uomo rimarrebbe così come si è fatto, lacerato in se stesso, a causa del peccato di Adamo e dei suoi peccati personali.


La remissione dei peccati è propriamente la giustificazione. Dio rimette il peccato, ma giustificando il peccatore, santificandolo, sanandolo, elevandolo, nel dono dello Spirito Santo, che diviene in Lui ogni dono di grazia perché possa non solo vivere da giusto, ma di crescere nella giustizia fino alla perfetta conformazione a Cristo Gesù.


La remissione dei peccati è anche rinnovamento, nuova creazione dell’uomo. Paolo chiama tutto questo “mistero di morte e di risurrezione”. Nella remissione, che si realizza prima di tutto nel battesimo, l’uomo muore al peccato e risorge a vita nuova; muore l’uomo vecchio, nasce l’uomo nuovo, che dovrà essere guidato e condotto dallo Spirito di fede in fede, di verità in verità, di grazia in grazia, fino al raggiungimento della più alta perfezione che è la formazione in lui della vita di Cristo Gesù.


Secondo la ricchezza della sua grazia: è la giustificazione e l’elevazione della natura umana, che è anche partecipazione della natura divina, l’abbondanza, o la ricchezza della grazia con la quale il Signore ci ha avvolti come di un manto.


Siamo ora sotto la sua tenda di grazia e questa grazia comprende ogni dono celeste. Non solo: questa grazia è Dio stesso che si dona a noi.


Il Padre ci dona la sua paternità; il Figlio la sua figliolanza; lo Spirito Santo ci dona la sua verità, la sua comunione, la sua vita, la sua forza.


Dio si dona tutto all’uomo e si dona perché l’uomo si consegni tutto a Dio, perché è in questo dono totale la sua vita.


L’uomo non raggiunge lo scopo per cui è stato creato, non produce il suo vero frutto se non quando si è consegnato tutto al suo Dio, interamente, nei pensieri, nella volontà, nello spirito, nell’anima, nello stesso corpo.


Niente di lui gli deve appartenere, tutto deve essere consegnato al Padre, nel Figlio, per opera dello Spirito santo.


La grazia di Dio e Dio che è grazia dell’uomo opera questo ritorno dell’uomo a Dio, realizza il dono totale dell’uomo al suo Signore, al suo Dio, al suo Creatore, al Padre suo.


Dio si dona all’uomo, in Cristo, perché l’uomo, nello Spirito Santo, diventi ad immagine di Cristo. È questa la forza, la potenza, il fine della grazia. Ma la grazia da sola non è sufficiente. Occorre la volontà dell’uomo. Occorre che l’uomo continuamente invochi la grazia di Dio perché venga in soccorso della sua umana fragilità e debolezza; ma anche occorre che l’uomo costantemente, azione per azione, pensiero per pensiero, atto per atto, dia la volontà al suo Signore, gliela consegni, con una preghiera incessante, simile a quella di Gesù nell’orto degli ulivi.


Se manca il dono della volontà dell’uomo al suo Signore, la grazia diviene inefficace, non produce i suoi frutti e l’uomo è responsabile di ogni mancata fruttificazione. Di questo dovrà rendere conto a Dio nell’ultimo giorno quando si presenterà al suo cospetto per il giudizio.


[8]Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza,


Siamo dalla grazia di Dio. Siamo nella grazia di Dio. Siamo per divenire grazia di Dio per i nostri fratelli, alla maniera di Cristo Gesù, che si fece grazia di Dio per l’umanità intera.


Questa grazia è stata riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza. Cosa vuole insegnarci Paolo con questa affermazione?


Dio agisce con noi sempre da Dio. Nella sua eterna sapienza ed intelligenza Egli ha pensato il bene più grande per ciascuno di noi. Lo ha pensato fin dall’eternità.


Il bene che Lui ha pensato per noi è quello di farci una cosa sola con il suo Figlio diletto, Gesù Cristo nostro Signore. Farci suoi figli d’adozione nel Figlio che Lui ha generato fin dall’eternità, in modo che vi sia un solo Figlio: Cristo Gesù e noi in Lui, come se fossimo realmente un solo Figlio.


Questa sapienza e questa intelligenza è divina, eterna e oltre questa via, altra non c’è, non esiste.


Dicendo Paolo che Dio ha abbondantemente riversato la sua grazia su di noi con ogni sapienza e intelligenza, dobbiamo anche comprendere che non si tratta di un pensiero fugace in Dio, alla maniera che succede con gli uomini, i quali a volte decidono, pensando solo per qualche attimo.


Dio mette nell’opera della redenzione e della salvezza tutto se stesso, vi mette tutta la sua sapienza e tutta la sua intelligenza. Ciò significa che Dio ha impegnato tutto se stesso in quest’opera mirabile.


Possiamo dire che questa della redenzione è l’opera di Dio e tutto il creato esiste perché si possa compiere quest’opera.


Dall’impegno di Dio che vi ha messo tutto se stesso nasce anche l’impegno dell’uomo che anche lui deve mettere tutto se stesso nell’opera della sua redenzione. Vi deve mettere il cuore, la mente, i pensieri, lo spirito, l’anima, anche il suo corpo deve essere tutto impegnato in quest’opera, se vuole che essa riesca, si faccia secondo la sapienza e l’intelligenza profusa da Dio in essa.


Come la redenzione dell’uomo è stato il lavoro di Dio, l’opera di Dio, così allo stesso modo deve essere l’opera dell’uomo. Non ci sono altre opere che l’uomo deve compiere. Ogni altra opera è solo funzionale a questa. È un mezzo, una via, uno strumento perché questa si possa compiere e compiersi nella maniera più corretta, più santa, più giusta; si possa compiere raggiungendo il suo scopo e la sua finalità che è quella di farci divenire una sola santità con Cristo Gesù.


È questa l’intelligenza dell’uomo e la sua sapienza: realizzare se stesso nella redenzione di Cristo, realizzare se stesso in Cristo e realizzare Cristo in sé.


[9]poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito


In questo versetto Paolo ritorna per sviluppare sotto altri aspetti quanto ha già detto precedentemente.


Tutto è nella volontà di Dio. Niente è per costrizione in Dio. Tutto è dalla sua eterna saggezza e intelligenza. Niente è in Lui frutto di una storia che si compie, come se la storia potesse modificare il disegno di Dio.


Se questo fosse possibile, Dio si troverebbe ogni giorno, ogni attimo a modificare il suo disegno eterno di salvezza, in ragione della cattiva volontà dell’uomo che ostinatamente si oppone alla redenzione e alla giustificazione che Lui ha pensato e realizzato per noi in Cristo Gesù.


Tutto è dalla volontà di Dio e tutto è nella sua sapienza e saggezza. Nessuno potrebbe mai solo immaginare questo mistero se Dio non glielo volesse rivelare, comunicare, annunziare.


Ora Dio, dal primo giorno in cui l’uomo ha peccato, altro non ha fatto che manifestare questo mistero, anche se con gradualità e con tempi assai lunghi. In questi ultimi tempi, con Cristo, lo ha manifestato in tutta la sua portata di redenzione e di giustificazione.


Non solo Cristo lo ha annunziato, realizzato, compiuto nel suo mistero pasquale, quanto anche ha incaricato gli apostoli perché andassero per il mondo intero a rivelare il mistero, a recare ad ogni uomo il lieto annunzio che lui è stato chiamato fin dall’eternità ad essere una cosa solo in Cristo Gesù e questo a gloria di Dio Padre.


Il mistero dal cielo discende sulla terra solo per rivelazione, per manifestazione. Sulla terra passa da un uomo ad un altro uomo solo per annunzio, per testimonianza, per predicazione.


Come Dio ha realizzato il mistero in Cristo Gesù e Cristo Gesù lo ha rivelato mentre lo attuava nel suo corpo e lo attuava rivelandolo, così anche la Chiesa è chiamata a questa duplice ministerialità, quella cioè di rivelare il mistero attraverso l’annunzio e la predicazione ad ogni uomo, ma anche di rivelarlo mentre lo compie e di compierlo mentre lo rivela.


La Chiesa deve operare alla stessa maniera di Cristo Gesù. Essa non può scindere rivelazione e attuazione, predicazione e realizzazione, annunzio e compimento del mistero che dice.


Quando queste due vie saranno divenute una sola via, è allora che il mistero viene fatto conoscere agli uomini; se queste due vie non saranno divenute una sola via, il mistero rimane velato, rimane oscuro. È come se la Chiesa non lo predicasse, come se non lo annunziasse agli uomini e questo si verifica perché non c’è questa unità mirabile di predicazione e di realizzazione; questo accade perché la Chiesa non vive alla maniera di Cristo Gesù.


Cosa ha rivelato il Signore in Cristo Gesù? Ciò che Lui aveva prestabilito nella sua benevolenza.


Abbiamo già chiarito con sufficiente dovizia ciò che significa prestabilire in Dio. Quello che ora dobbiamo ancora ribadire con maggiore chiarezza è quest’altro concetto che Paolo mette in evidenza: secondo quanto nella sua benevolenza aveva prestabilito.


Dio non prestabilisce semplicemente. Dio prestabilisce nella sua benevolenza. Cosa è la benevolenza? Lo dice la stessa parola: volontà di bene.


Questa benevolenza, o volontà di bene, è in Dio fin dall’eternità, quando l’uomo ancora non esisteva, non era stato concepito, non era venuto al mondo. Questa volontà di bene esiste nell’eternità quando ancora l’uomo non era né peccatore né giusto, perché semplicemente non c’era. È nell’eternità che si manifesta e si esprime la volontà di Dio.


Essa precede anche la stessa creazione dell’uomo. Essa è una benevolenza che trova solo in Dio la sua ragion d’essere, non la trova nella creazione, la quale ancora non era stata fatta.


È una benevolenza di purissimo amore, grazia assolutamente gratuita, amore che non solo crea, non solo redime, non solo giustifica, non solo salva, ma anche ci vuole costituire una cosa sola, un solo corpo con il suo Figlio diletto, Gesù Cristo nostro Signore.


La croce di Cristo Gesù ha in questa benevolenza di Dio la sua ragion d’essere, l’unica spiegazione di sapienza. Non ci sono altre giustificazioni di sapienza, fuori della benevolenza con la quale Dio ama l’uomo di un amore eterno.


Su questa benevolenza bisogna oggi impostare ogni annunzio di Dio, se si vuole che i cuori ritornino a Lui e si lascino abbracciare dal suo cuore di Padre, che fin dall’eternità ha pensato l’uomo e fin dall’eternità lo ha visto avvolto dall’abbondanza della sua grazia, frutto solo di un amore di benevolenza verso l’uomo ancora da creare.


[10]per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra.


Ora Paolo con parole assai semplici ci rivela qual è il disegno di Dio e quando esso si sarebbe compiuto per noi.


Per realizzarlo nella pienezza dei tempi: Il disegno di salvezza in favore dell’umanità è stato voluto da Dio fin dall’eternità. È nel Cielo, prima della creazione del mondo, che la saggezza e l’intelligenza di Dio, guidata dal suo amore, ha voluto Cristo redentore e salvatore dell’uomo.


Questo disegno si è però realizzato nella pienezza del tempo. Cosa ci vuole significare Paolo con questa sua espressione: “pienezza del tempo”, che usa anche nella Lettera ai Galati?


Il tempo è pieno quando è maturo; quando tutte le condizione sono favorevoli; quando ostacoli ed impedimenti non fanno fallire il fine per cui si compie una cosa; quando la disponibilità umana è nella sua perfezione; quando tutto coopera a che il disegno possa essere realizzato nel migliore dei modi.


Per l’incarnazione del Verbo della vita, del Figlio Unigenito del Padre, la pienezza del tempo venne allorquando storicamente Maria disse il suo sì all’Angelo che le annunziava il grande mistero.


In tal senso Maria è la pienezza del tempo, perché solo attraverso di Lei si sarebbe potuto realizzare il mistero dell’Incarnazione del Verbo.


Pienezza del tempo dice pertanto che la storia è pronta, è al suo punto ottimale perché Cristo possa compiere la sua missione di salvezza nel suo mistero di incarnazione, passione, morte, risurrezione.


La pienezza del tempo tuttavia non è un caso, un evento che prepara la storia; avviene nella storia, ma non è preparato dalla storia. La pienezza del tempo è Dio che la prepara, è Dio che la decide, è Dio che la vuole.


La pienezza del tempo Dio ha iniziato a prepararla da sempre, da subito dopo il peccato dell’uomo, quando ha iniziato a mettere nel cuore la speranza di una salvezza fuori di lui, ma che si sarebbe compiuta attraverso di lui.


Quando queste due realtà (fuori di lui e attraverso di lui) sono giunte a maturazione, proprio allora si è compiuta la pienezza del tempo.


L’umanità, sempre per grazia di Dio, ha dato la Vergine Maria, Dio ha dato il suo Divin Figlio; il suo Divin Figlio si è fatto carne nel seno della Vergine Maria. È in questa congiunzione tra il divino e l’umano, tra il tempo e l’eternità, tra Dio e la creatura, la pienezza del tempo.


Anche la pienezza del tempo è un mistero. Ma tutto ciò che Dio fa in favore dell’uomo è un mistero. La mente si inabissa in esso e da esso rimane come accecata, abbagliata. Appena appena riesce a coglierne una scintilla, non di più. Il resto, anche se nel suo limite, che resta sempre infinito, lo si raccoglierà nell’eternità, quando vedremo Dio faccia a faccia, così come egli è. Allora senza i veli del corpo, senza i limiti di una mente fatta di carne, riusciremo a comprendere qualcosa in più del mistero di Dio e sarà questa maggiore comprensione che costituirà il nostro canto eterno alla misericordia di Dio, che ha compiuto per noi un così grande prodigio: la nostra redenzione eterna.


Il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose: la creazione aveva come suo capo Adamo ed Eva. Queste sono le parole di Dio alla prima coppia dopo averla creata come coppia:


E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.


Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra. Poi Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde. E così avvenne.


Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno” (Gn 1, 26-31).


E ancora: Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato.


Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti.


Poi il Signore Dio disse: Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome” (Gn 2, 7-8.15-19).


Paolo qui non lo dice, ma c’è una mirabile unità tra creazione e redenzione. Questa unità viene espressa in Giovanni ed è lui che ci spiega il senso da dare alle parole di Paolo:


In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.


Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,15.9-14).


Come si può constatare, il Verbo della Vita non è solo il capo della creazione. Egli è il suo autore, il suo fattore, colui per mezzo del quale essa vive. Non c’è vita se non per mezzo del Verbo della Vita.


Questa è la prima verità. Il mondo fu fatto per mezzo di Lui e nulla di ciò che esiste, può esistere senza di Lui. Nel disegno eterno di Dio la vita è nel Verbo, la vita è dal Verbo, la vita è per il Verbo.


Con il peccato, il mondo si è sottratto all’uomo, ma non al Verbo; l’uomo si è sottratto al suo principio eterno di vita, ma la Vita non si è sottratta nel continuare a dare il suo dono agli uomini.


Tutto ciò che vive, vive per un dono d’amore di Dio. Se il Verbo ritirasse la sua vita, tutto il mondo ritornerebbe nel nulla. Ma la vita non può tornare nel nulla. Neanche la creazione torna nel nulla. Infatti vi saranno cieli nuovi e terra nuova.


Nel disegno eterno di Dio c’è l’incarnazione, la redenzione, la glorificazione dell’uomo.


Con l’incarnazione, Cristo in quanto uomo, non solo perché Dio e datore della vita, è costituito da Dio, capo della creazione. Quindi capo dell’uomo, ma anche capo di tutto il creato.


Facendosi carne, la creazione è come se ritornasse nel Verbo dal quale era uscita. Essa è uscita dal Verbo per un atto della sua volontà. Non c’è emanazione, c’è creazione. Non esisteva, ora esiste per la parola onnipotente di Dio detta nel suo Verbo. C’era il nulla, dal nulla essa è venuta fuori, non da se stessa, ma per volontà di Dio.


Ora la creazione c’è, l’umanità pure. Il Verbo, facendosi carne ha portato la creazione nell’unità della sua persona divina, ma anche l’umanità, in un corpo particolare, in un uomo particolare, in una nascita particolare, l’ha assunta nell’unità della sua persona divina.


Con la risurrezione, l’intera creazione è stata spiritualizzata, poiché la “creazione” che era nel suo corpo, che era il suo corpo, è stata resa spirito da Dio onnipotente. Per cui nel corpo di Cristo che è tutto spirituale, tutta la creazione riceve per anticipazione ciò che sarà alla fine della storia, quando anche i nostri corpi risorgeranno e tutto il creato sarà trasformato dall’onnipotenza di Dio, per mezzo del Suo Verbo fattosi carne.


Cristo Gesù è vero capo dell’intera creazione, perché tutto avviene e si compie nel suo corpo di spirito, attraverso il suo corpo di spirito.


C’è come un miracolo già iniziato che avrà il suo compimento alla fine della storia. Ma Cristo Gesù è già il capo della creazione di Dio e lo è nella sua umanità.


È questo il mistero dei misteri. Mistero difficile anche da poter in qualche modo rendere partecipe in una spiegazione semplice. Paolo lo afferma, ma non lo spiega. Lo dice, ma non si ferma a contemplarlo a voce alta affinché anche noi possiamo gettare uno sguardo dentro.


Una cosa deve essere assai chiara: creazione e redenzione sono un unico mistero. Cristo è autore del mondo. Cristo è salvatore dell’uomo. Cristo è capo dell’intera creazione. Ogni essere creato guarda a Lui, vede in Lui lo scopo del suo esistere: esso esiste da Cristo, esiste in Cristo, esiste per Cristo. Cristo è la vita del mondo, la vita del mondo che è uscita da Cristo, o per creazione, o per redenzione, è vita se ritorna in Cristo attraverso un atto di volontà.


Quelle del cielo come quelle della terra: Cristo è capo non solo delle cose della terra, ma anche di quelle del cielo.


Come sia capo delle cose della terra sappiamo che lo è per creazione e per redenzione. Sia l’una che l’altra sono opera sua. La vita che è da Lui, in Lui si attinge, per Lui si vive. Come sia capo degli Angeli anche in quanto vero uomo e non solo vero Dio, questo è molto difficile da poter spiegare, poiché non c’è alcun passo nel Nuovo Testamento che ci possa aiutare a penetrare in questo mistero – ripeto – che Paolo annuncia, ma non spiega e sul quale dice poche parole.


Tuttavia volendo riflettere un poco, al lume delle altre verità di fede che si conoscono, possiamo affermare questo:


Egli è l’autore di tutto ciò che esiste, quindi anche degli Angeli del cielo, di queste creature che sono puri spiriti, cioè senza il bisogno di unirsi alla materia per potersi esprimere, per poter vivere. Essi sono senza il tempo, sono nell’eternità da sempre.


Come autore egli è il loro Signore, il loro Capo. Vengono da Lui, sono ordinati a Lui. Ma il Verbo della vita si è fatto carne, è divenuto uomo nel seno della Vergine Maria. La carne è unita al Verbo nell’unità della sua persona, in unione ipostastica. Una sola persona, due nature, un solo Verbo della vita nel quale sussiste il vero Dio e il vero uomo.


Il Verbo della vita è ora Verbo Incarnato e come Verbo incarnato egli esiste, come Verbo incarnato è anche capo delle cose invisibili, cioè degli Angeli del cielo.


Gli Angeli del cielo riconoscono non il Verbo come loro Capo, ma il Verbo Incarnato, il Verbo della sua umanità. Anche come vero uomo e non solo come vero Dio il Verbo Incarnato è capo degli Angeli. Questo è il mistero che si compie in Cristo.


Egli è naturale capo come Verbo Incarnato per il mistero dell’unione ipostatica. Altro è invece il ruolo della Vergine Maria, Madre della Redenzione. Ella invece è stata innalzata sopra gli Angeli a causa della sua divina Maternità. La Madre di Dio è regina degli Angeli e dei Santi.


Il Verbo della vita, Verbo Incarnato, invece è capo. La differenza è sostanziale. Siamo nel cuore del mistero. Avremo tutto un’eternità per poterlo comprendere e neanche ci basterà.


[11]In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà,


Si è detto che la vita è da Cristo, ma è anche in Cristo e per Cristo. Tale deve sempre rimanere, altrimenti non è vita, ma morte.


Cosa è l’eredità? È un particolare dono di grazia. È ciò che è del padre che viene data al figlio.


Nel nostro caso, è ciò che è di Dio che viene data a Cristo Gesù, in quanto vero uomo.


L’eredità è il cielo, la vita eterna, la partecipazione della divina natura. L’eredità è la beatitudine del paradiso, il godimento eterno di Dio. Questa eredità è solo di Cristo Gesù, poiché l’eredità è il dono del padre al figlio.


Essendo noi divenuti con Cristo una cosa sola, essendo stati fatti figli di Dio nel suo Figlio Gesù Cristo, l’eredità viene conferita anche a noi.


Ci viene conferita perché parte di Lui, una cosa sola con Lui. Ci viene conferita in Lui, non fuori di Lui.


L’eredità non è un diritto ma un dono, è il dono d’amore del Padre verso il Figlio suo Gesù Cristo ed è il dono al vero uomo che vive nel vero Dio.


Essendo noi parte di Lui, per la grazia che Dio ci ha fatto nel santo battesimo, il dono viene esteso anche a noi, ma non come diritto, sempre come un dono della misericordia di Dio, come dono della sua misericordia è la nostra incorporazione in Cristo Gesù.


Se però l’eredità ci è data in Lui, non fuori di Lui, questo deve significare che bisogna essere sempre in Lui, per poter beneficiare di questo dono eterno di Dio. Nel caso in cui uno si dovesse porre fuori di Lui, perde il diritto che Dio gli ha conferito di ereditare il regno di Dio.


Lo perde perché si è posto fuori di Cristo, non è rimasto in Lui. Si rimane in Cristo se si rimane nella sua Parola. Chiunque si pone fuori della Parola di Cristo, vive fuori di Cristo, perde l’eredità eterna, a meno che non vi rientri attraverso il pentimento e ricominci a vivere in Lui, per Lui e con Lui.


Questa è la Legge divina per ereditare il regno dei cieli. Per questo Paolo sovente ammonisce i cristiani che non erediteranno il regno dei cieli tutti coloro che vivono tagliati fuori da Lui.


Sono tagliati fuori tutti coloro che rientrano nel catalogo dei peccati che escludono dal regno dei cieli:


Quindi soggiunse: Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo” (Mc 7,20-23).


E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia” (Rm 1,28-31).


O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio” (1Cor 6,9-10).


Temo infatti che, venendo, non vi trovi come desidero e che a mia volta venga trovato da voi quale non mi desiderate; che per caso non vi siano contese, invidie, animosità, dissensi, maldicenze, insinuazioni, superbie, disordini” (2Cor 12,20).


Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio” (Gal 19-21).


Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro che è roba da idolàtri avrà parte al regno di Cristo e di Dio” (Ef 5,3-5).


Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca” (Col 3,5-8).


Sono convinto che la Legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina”. (1Tm 1,9-10)


Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte” (Ap 21,7-8))


Tutte queste cose ci escludono dall’eredità eterna, perché nella vita ci tagliano fuori del corpo di Cristo.


Questo la Chiesa deve insegnare, se vuole giovare agli uomini. Perché anche questo è Vangelo, è annunzio della via che conduce al cielo, ma anche della via che esclude dal Cielo, perché ci esclude dal corpo di Cristo Gesù.


L’eredità del cielo è il dono che Dio ci ha fatto in Cristo fin dall’eternità. Ciò significa che noi siamo stati chiamati al cielo ancor prima della nostra stessa creazione. Siamo stati creati per il cielo, ma prima ancora siamo stati creati per essere una cosa sola con Cristo Gesù. La vocazione dell’uomo è Cristo. Il compimento dell’uomo è in Cristo, La vita eterna dell’uomo è da Cristo, si realizza in Cristo, in Cristo si compie per l’eternità.


Se questa è la vocazione dell’uomo, se Cristo è la vocazione dell’uomo, se siamo stati chiamati per essere in Cristo, ma anche da Cristo e per Cristo, si comprende qual è anche la sorte di chi è senza Cristo, ma soprattutto si comprende qual è la natura della missione della Chiesa.


Chi è senza Cristo è senza vocazione, quindi senza presente vero, senza futuro vero; senza presente completo, senza futuro realizzato nella sua piena perfezione.


Che sia così lo attesta la storia. Tutti coloro che vivono senza Cristo, non vivono in Cristo, non vivono una vita vera, non è una vita santa quella che si vive senza Cristo, perché è senza la sua grazia e senza la sua verità. Chi è senza Cristo non conosce la carità di Cristo, non ha la speranza di Cristo, non ha la verità di Cristo.


La Chiesa ha un solo obbligo: quello di aiutare ogni uomo a trovare Cristo, a vivere in Cristo, per Cristo e con Cristo.


Tutto nella Chiesa deve essere finalizzato a che ogni uomo possa incontrare Cristo, che è la sua vocazione naturale, è la vocazione scritta nel suo essere ancor prima di essere stato creato.


Questa è la predestinazione in Dio. È il disegno secondo il quale ha creato ogni uomo perché diventi una cosa sola, una sola eredità nel suo Figlio diletto.


Tutto questo implica un modo sempre nuovo di essere Chiesa di Dio e questo modo nuovo è quello che la vuole sempre in missione, sempre attenta a che essa stessa non perda il fine per cui è stata costituita.


La Chiesa però deve fare molta attenzione a che essa dia Cristo, ma dal di dentro di Cristo, non dal di fuori. Lo dia essendo essa stessa in Cristo, vivente per Lui, in Lui e con Lui.


È questo l’unico modo vero di essere della Chiesa ed è anche questo l’unico modo vero di svolgere la sua missione.


La missione della Chiesa nasce perciò dalla sua verità. Se essa non è vera non può condurre nella verità e la verità della Chiesa è essere essa per prima nel corpo di Cristo, in Cristo, nella sua Parola. Si è in Cristo se si è nella sua Parola. Chi non è nella sua Parola, neanche è in Cristo. Il suo essere per se stessa e per gli altri è vano.


Tutto è vano ciò che è fatto fuori di Cristo, senza di Lui.


[12]perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.


Viene specificato ancora quel è il fine della creazione dell’uomo. Ogni uomo ha una sua vocazione naturale. Egli è stato creato da Dio per manifestare in eterno la gloria di Dio. Dio vuole che ognuno di noi sia a lode della sua gloria, sia la manifestazione della sua gloria. Come avviene questo? Solo nel compimento della propria vocazione. Solo nella realizzazione del fine per cui è stato creato. Ma qual è il fine per cui siamo stati creati? Quello di rendere gloria a Dio attraverso il dono della nostra volontà per il raggiungimento di questa vocazione che Dio ha scritto in ciascuno di noi.


Essere a lode della sua gloria vuol dire che ognuno di noi deve essere il “Cristo” visibile, nel Cristo invisibile. Deve essere la manifestazione al mondo del progetto e del disegno di Dio.


Se Dio ha scritto questo disegno nel cuore dell’uomo, nel suo essere più profondo, se la natura dell’uomo è questa vocazione, se la gloria di Dio è Cristo Gesù, perché egli è il suo Verbo fatto carne, se noi siamo a gloria di Cristo, dobbiamo esserlo visibilmente.


Invisibilmente non si può essere né a gloria di Dio, né a gloria della gloria di Dio che è Cristo Gesù.


Come si diviene visibilmente a gloria di Dio? Realizzando la propria vocazione nel modo più perfetto.


Manifesta Dio nel mondo, manifesta Cristo, il cristiano che realizza la sua vocazione e poiché la sua vocazione è quella di essere “Cristo” visibile del Cristo invisibile, egli ha l’obbligo di realizzare Cristo nella sua vita, se vuole essere a gloria di Dio, a gloria della gloria di Dio che è Cristo Gesù.


Divenire in tutto come Cristo Gesù, renderlo visibilmente presente in noi, oltre che compimento della nostra vocazione, è l’unica via per poter svolgere la missione tra i fratelli.


Questa non può essere mai svolta se non da Cristo, perché è di Cristo la missione di redimere, salvare, giustificare, elevare, condurre nel regno dei cieli.


Ma Cristo, prima ci ha fatti parte di sé, ci ha fatti suo corpo, sua vita, suo essere, ci ha resi membri del suo corpo, poi come membri del suo corpo, come sua vita, ci ha affidato la sua stessa missione, ma perché la realizziamo dall’interno di Lui, in Lui, con Lui, per Lui, la realizziamo divenendo ogni giorno Lui, poiché non potrà mai esserci alcuna difformità tra il corpo e le membra, tra il capo e le membra.


Cristo è la lode eterna di Dio, Cristo è anche la gloria eterna del Padre. Cristo nella sua umanità lodò e glorificò il Padre consegnandogli la vita, offrendogliela perché si manifestasse sulla terra la sua gloria: Dio è il Signore e Cristo lo riconobbe come suo Signore, donandogli la vita.


L’uomo diviene lode di Dio, gloria di Dio, allo stesso modo di Cristo: offrendo interamente la vita al Padre, riconoscendolo suo Dio e Signore, ma lo riconosce tale solo in una obbedienza perfetta alla sua volontà.


Quando questo accade, l’uomo si realizza, compie la sua natura. È uomo. Cristo è il vero uomo sulla croce. Lì avviene la piena realizzazione della sua umanità, perché lì avviene la consegna di sé al Padre.


Paolo in questo versetto fa anche un distinzione che è meritevole di un ulteriore approfondimento. C’è il prima e c’è il dopo nell’uomo perché c’è la storia della salvezza. Ora in questa storia della salvezza prima furono chiamati i discendenti di Abramo e Paolo è discendenza di Abramo. Ma essi furono chiamati a sperare in Cristo, come una primizia, come un segno, un vessillo innalzato sulle nazioni.


La loro chiamata non è finalizzata a loro stessi. La loro chiamata aveva un fine ben particolare: manifestare al mondo intero che Cristo, la speranza vera dell’umanità, la benedizione, la realizzazione dell’uomo, stava per venire. Era già stato annunziato, la via era già stata preparata. Si doveva solamente attendere che i tempi raggiungessero la loro pienezza perché egli apparisse in mezzo a noi.


Loro sono lo strumento di Dio. Sono il primo strumento. Ora è venuto il tempo che adempiano questa loro vocazione storica. Per mezzo di loro tutto il mondo deve essere portato a conoscenza di Cristo Gesù, tutto il mondo deve sapere qual è la sua vocazione, come realizzarla, in chi realizzarla.