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7]Non abbiate quindi niente in comune con loro.


Paolo ha una parola chiara, inequivocabile, senza bisogno di alcuna spiegazione. È anche una parola che taglia netto, che recide senza possibilità di appello.


Con tutti coloro che vengono per distogliere il nostro cuore e la nostra mente dal pensare rettamente del Signore e dall’amare Dio come si conviene, secondo le regole che Cristo Gesù ci ha lasciato sulla terra, bisogna non avere niente in comune.


La loro via e la nostra sono inconciliabili, per questo è giusto che ognuno percorra la sua via, senza alcuna comunione, se non quella da parte nostra di annunziare loro il Vangelo della salvezza.


È giusto però che ci si chieda il motivo di queste due vie separate. La ragione è una sola: è difficile che la nostra verità penetri nel loro cuore, è facile che la loro menzogna o vanità invada il nostro cuore.


Ognuno deve avere delle sue vie per la salvezza della propria anima. Essendo questa il bene più prezioso, come preservarla dalla vanità, dalla falsità, dall’ambiguità, dall’errore, dagli scandali, da tutto ciò che la distoglie dalla verità di Cristo e di Dio?


Paolo dona una via infallibile: separarsi in modo definitivo, percorrere due vie diverse. Stare lontani da ogni familiarità. Non intavolare neanche il discorso. Parlare loro attraverso la santità della nostra vita.


Oggi si potrebbe dire che questa indicazione di Paolo valeva per quei tempi, non certamente per i nostri che sono evoluti, liberi, dove c’è la circolazione delle idee, dei pensieri, degli uomini e delle cose.


Questo è senz’altro vero. È altrettanto vero che il mondo si è introdotto nei pensieri cristiani e ha banalizzato il Vangelo, mentre il Vangelo è riuscito veramente a cambiare poco dei cuori.


Il mondo ci ha insegnato che non si può più camminare con il Vangelo. Noi non siamo riusciti ad insegnare al mondo che non si può procedere con falsità, errori, vanità, futilità e cose simili. Il mondo ha distrutto noi, noi non siamo riusciti neanche a scalfirlo. Questa è la verità che si constata. Il mondo è riuscito a farci abolire Cristo dalla nostra vita. Noi però non siamo riusciti ad abolire la falsità dalla loro vita.


Se si vuole essere incisivi nel mondo, lo si può ad una sola condizione: che si rimanga fortemente ancorati nella verità del Vangelo, che ognuno consideri il Vangelo come l’unica parola vera di vita vera.


Fatto questo e resosi impermeabile alle idee del mondo, ognuno potrà prendere la via che vuole, purché faccia molta attenzione a non cadere nella trappola della falsità che è così subdola che ci accorgiamo di essere caduti dentro solo quando saremo nel fuoco eterno.


Se si conoscesse la scaltrezza, la finezza, la sottigliezza del vano ragionamento, diremmo che Paolo in questa versetto vede bene. Poiché noi il male non lo conosciamo, allora non sappiamo neanche i suoi effetti nefasti su di noi. Pur essendo nel male e pur subendo i suoi influssi negativi, viviamo come se il male non esistesse e come se tutto fosse parola di verità.


Questa è la tragedia morale e spirituale nella quale è immerso il popolo di Dio. Si può fare qualcosa a condizione che iniziamo a vivere nella fede e fare della difesa della fede lo scopo unico della nostra vita.


So di certo che su questo punto molti non sono d’accordo con Paolo. Purché salvino la loro anima dall’inferno eterno, pensino come vogliono, purché pensino sempre secondo il Vangelo e la verità di nostro Signore Gesù Cristo.


[8]Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce;


La condizione dell’uomo senza Cristo è tenebra, cioè non conoscenza della verità, che genera una vita intessuta di ignoranza di Dio, quindi di tanta idolatria e di conseguenza di tantissima immoralità.


La morale, lo si ricordi bene, è un frutto prodotto dall’albero uomo. Se l’albero uomo è tenebra, è idolatria, lui agirà secondo questa tenebra e questa idolatria. Chiuderà la sua vita nell’ambito del suo corpo, di questo tempo, su questa terra e farà sì che nessun ostacolo venga a frapporsi tra lui e la sua concupiscenza, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia, superbia.


Se invece l’albero è giustizia e verità in Cristo Gesù – poiché solo in Cristo è possibile attingere la giustizia e la verità secondo Dio – lui agirà secondo questo suo nuovo essere.


Paolo è anche su questo punto esplicito, chiaro, inequivocabile. Prima di conoscere Cristo, prima di aderire a Lui attraverso la fede, prima di lasciarsi immergere nelle acque del battesimo, l’uomo è tenebra: la verità non abita in lui, questo significa essenzialmente essere tenebra, ma se non c’è la verità, non c’è neanche la sana moralità. Lui è tenebra e genera e produce frutti di tenebra, frutti che danno la morte a tutti coloro che ne mangiano.


Con il battesimo, in seguito alla conversione, generata in noi dalla Parola del Vangelo, il cristiano è divenuto luce in Cristo Luce. Questa la sua nuova realtà.


La luce è Cristo, solo Lui. Non ci sono altre luci nel mondo, né piccole, né grandi. Quanti partecipano della luce lo fanno perché sono inseriti vitalmente in Cristo Gesù. Non basta essere stati immersi nel battesimo per essere luce nel Signore. Il battesimo ci ha costituiti luce, figli della luce, ma in Cristo Gesù.


Si è luce nel Signore se si rimane in Cristo. Se non si è in Cristo, neanche si può essere luce nel Signore. Ma come si rimane ancorati vitalmente al Signore?


La risposta di Paolo è perentoria: si rimane ancorati nel Signore attraverso il comportamento, l’azione, le opere che si fanno.


Non sono i pensieri, le idee, i buoni propositi, le dichiarazioni di intenzioni, neanche la conoscenza della verità che ci fa essere figli della luce.


Siamo stati fatti figli della luce nel battesimo, cresciamo come figli della luce negli altri sacramenti. Viviamo però come figli della luce, se compiamo le opere della luce.


L’azione diviene essenziale per rimanere in Cristo. Tant’è che Gesù stesso pone come principio unico per rimanere in Lui la sua Parola che dimora in noi e la sua Parola dimora in noi se la trasformiamo in nostra vita, in nostra carne.


O meglio, se trasformiamo la nostra vita, la nostra carne in Parola, cioè in verità, in opera di Parola e di verità, in opera che nasce dalla Parola e dalla verità. Questa è l’unica via per essere nel mondo luce nel Signore.


[9]il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.


È il frutto che determina e fa crescere il nostro essere luce nel Signore. Paolo nulla lascia alla libera volontà del singolo. Non è il singolo che deve determinare quali sono le opere della luce, o i suoi frutti.


I frutti della luce li determina la fede, li stabilisce la Parola di Dio. I frutti sono stabiliti da Dio e non da noi. Questo è il primo principio sul quale bisogna fondare e costruire la nostra vita.


Dico questo perché oggi è l’uomo che pretende definire tutto, stabilire tutto, decidere tutto, determinare tutto. Oggi l’uomo si è sostituito a Dio. Non è più Dio il Signore dell’uomo, ma è l’uomo che si è fatto signore di se stesso. È l’uomo che di volta in volta determina e stabilisce il bene e il male. È lui che dice ciò che lo fa luce e ciò che lo fa tenebra.


Questo non sarà mai possibile per un cristiano. Il cristiano riceve tutto dall’alto e lo riceve nella sua completezza di verità e di dottrina. Nulla in quanto a legge morale e di verità è lasciato alla sua libera interpretazione o decisione.


La verità discende dal cielo, la giustizia viene da Dio, il sano comportamento lo riceviamo come un dono dall’Altissimo.


Su questo ci sarebbe tanto da dire, anche in seno alla Chiesa, dove c’è tanta confusione perché ognuno dei suoi membri pensa lui al posto di Dio qual è la via migliore di tutte per essere luce nel Signore.


La via non possiamo pensarla noi. La via discende dal cielo. Viene da Dio. La Chiesa ha solo il dovere di comprenderla, di osservarla, di insegnare a tutti i suoi figli come accoglierla e come osservarla. Se la Chiesa esce da questo suo compito specifico, è la sua rovina e la rovina di tutti i suoi figli. Però su questo non ci siamo proprio, perché manca quella sana umiltà che ci fa inginocchiare dinanzi a Dio per chiedere umilmente che ci faccia comprendere le sue vie, non le nostre, perché le possiamo percorrere sino alla fine.


Paolo ora indica tre vie obbligatorie al cristiano se vuole essere figlio della luce, se vuole essere luce nel signore.


Egli deve produrre frutti di:


Bontà: il cristiano produce un frutto di bontà se ciò che fa è intrinsecamente bene. Non è bene ciò che l’uomo vuole che sia bene; è bene ciò che il Signore ha detto che è bene ed è bene tutto ciò che è conforme alla sua natura.


Il bene in Dio non è determinato dalla volontà, ma dalla natura. È anche determinato dalla volontà, ma la volontà in Dio è conformità perfettissima alla sua natura divina.


Il cristiano pertanto deve fare solo ciò che è bene in sé. Poiché la legge del bene è data dai comandamenti e dalle beatitudini, fuori dei comandamenti e delle beatitudini, non c’è bene.


Se il cristiano opera al di fuori dei comandamenti e delle beatitudini egli non opera il bene, non fa frutti di bontà. Egli non vive da figlio della luce.


Su questa verità ci sarebbe tanto da dire a motivo del fatto che oggi il cristiano non solo ha scelto di porsi al di fuori della legge della bontà, quanto ha deciso di attribuire alla volontà di Dio il male che lui fa, dichiarandolo un bene.


Così facendo si commettono due misfatti: si compie il male, lo si dichiara bene, lo si attribuisce alla volontà di Dio. Dio viene così proclamato autore del male morale, lui che è bontà eterna ed infinita.


Chi fa questo non sono i pagani; sono invece proprio i cristiani e questa mentalità è così radicata nelle menti, che risulta assai difficile annunziare lo stesso Vangelo. Questa è la più grave difficoltà della pastorale e molti pastori sono così ciechi da non vedere il baratro morale nel quale molti cristiani sono precipitati, senza più possibilità di risalita.


Giustizia: quando si parla di giustizia, si intende la volontà di Dio. È pertanto opera e frutto di giustizia solo il compimento della volontà di Dio.


C’è una volontà di Dio manifestata nel Vangelo che ogni cristiano deve compiere ed è il fondamento del nostro edificio spirituale e c’è una volontà di Dio per ogni singola persona e che ogni singola persona è obbligata a conoscere al fine di produrre degni frutti di giustizia.


L’una e l’altra volontà bisogna assolvere se si vuole rimanere nella giustizia perfetta, se si vuole essere veramente e perfettamente figli della luce.


Anche a proposito della giustizia c’è tanto da dire. A stento si è disponibili a vivere qualche parola di Vangelo, difficile, se non impossibile diviene accogliere la volontà di Dio sulla singola persona e portarla a compimento in ogni sua parte, secondo il desiderio di Dio.


È frutto di giustizia seguire la propria vocazione, che è personale. Chi non segue la propria vocazione, manca nella giustizia, perché il Signore non può essere suo Signore in tutto, Signore di tutta intera la sua vita. Dio è il Signore di ogni vita e può disporre di essa secondo il suo arcano e misterioso disegno di salvezza e di amore. Spetta all’uomo confessare che Dio è il Signore accettandone la volontà che ha su di Lui e compiendola in ogni sua parte.


La vera educazione cristiana inizia là dove si comincia a formare un uomo, chiunque esso sia, ad accogliere la volontà che Dio ha su di lui. Si educa così un uomo a riconoscere il diritto divino che Dio ha sulla sua persona. Questa formazione deve essere quotidiana, perché anche nei più piccoli gesti della vita dobbiamo sempre operare nella ricerca della giustizia. Cosa vuole il Signore anche attraverso il compimento di un gesto senza significato?


Così facendo, non solo si rimane figli della luce, si cresce nella luce, si diventa luce del mondo, si illuminano i fratelli e questi possono vedere il Signore.


Verità: il terzo frutto da produrre nasce dalla verità. Cosa è la verità? È verità ciò che corrisponde alla natura di Dio, che è sommo bene.


Tutto ciò che non corrisponde al bene non è verità, non si può compiere. Se lo compie, si trasforma in tenebra, ritorna ad essere ciò che era un tempo.


Se non compie la verità il cristiano passa dalla luce alle tenebre; mentre se compie la verità avanza dalle tenebre alla luce, fino ad abbandonare per sempre il regno della luce e divenendo lui stesso luce nel Signore.


Se è verità per l’uomo ciò che edifica la sua natura creata ad immagine e somiglianza di Dio, se è verità ciò che edifica il cristiano che è stato fatto ad immagine e a somiglianza di Cristo Gesù, dobbiamo confessare che oggi l’uomo e anche il cristiano non si edificano nella verità, praticano invece la menzogna, danno frutti di falsità e di errore sostanziale.


C’è molta, moltissima depravazione anche in campo cristiano. Ciò significa che lo stesso cristiano non conosce, non sa cosa è la verità.


Non sa che lui è stato fatto ad immagine di Dio e che la sua natura ha dei percorsi obbligati, dei sentieri stabiliti da Dio, che non sono solo per il cristiano, sono per ogni uomo, poiché non è il cristiano che è stato fatto ad immagine di Dio, ma l’uomo.


È l’uomo, ogni uomo, obbligato a percorrere la via della verità, perché la verità è natura del suo essere, della sua vita.


Qui ci sarebbe tutto un discorso da fare sulla legge naturale, sulla verità naturale. Ma per fare questo discorso occorre da parte di tutti che si accetti un solo principio: non è l’uomo che si è fatto, non è l’uomo che si fa. L’uomo è stato fatto, continuamente, ogni giorno, viene fatto da Dio, se da Lui si lascia fare. Questa è la prima verità sull’uomo: la sua natura non è da lui, ma da un Altro; la sua natura non è lui a farla, è Dio se lui lascia che il Signore la faccia, o gliela faccia.


Per l’uomo di oggi tutto ciò che comporta l’affermazione che l’uomo non si fa da sé, ma è fatto da un altro; non si è fatto, ma è stato fatto; non è stato fatto semplicemente – anche questo comporterebbe una verità oggettiva – ma è stato fatto ad immagine e somiglianza di Dio, tutto questo viene respinto, rifiutato, dichiarato non vero, non giusto, non buono. Ci troviamo dinanzi alla tentazione di sempre, di quella che è stata la prima e che sarà anche l’ultima dell’ultimo uomo che vivrà su questa terra: volere essere come Dio.


Cosa significa volere essere come Dio? Significa pretendere stabilire il bene e il male. Ma questo non significa essere come Dio, ma più di Dio.


Dio non può stabilire cosa è il bene e cosa è il male, partendo dalla sua volontà. Il bene e il male si definiscono partendo invece dalla sua natura che è bontà infinita.


L’uomo è andato oltre lo stesso potere divino: lui invece arbitrariamente definisce il bene e il male, dichiara bene il male e male il bene. Questo Dio non lo può fare. L’uomo lo può fare a motivo della sua natura che si è corrotta, il giorno del primo peccato e in questa natura corrotta vive, dichiarando bene il male e male il bene, senza alcuna difficoltà.


Dinanzi a questa completa autonomia da Dio, nelle grandi come nelle piccole cose, dinanzi ad un uomo che si è fatto Dio, Signore e Padrone della sua vita, dinanzi ad un uomo che determina lui ciò che è bene e ciò che è male, cosa può fare la pastorale?


Può fare ben poco, anche perché la pastorale oggi neanche conosce questo problema. È così cieca che non vede la vera piaga in cui versa il popolo di Dio. A volte sembra di trovarci nell’Antico Testamento, al tempo del profeta Geremia.


Ecco il lamento di Dio sul suo popolo e sui suoi pastori: “Perché dal piccolo al grande tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzogna. Essi curano la ferita del mio popolo, ma solo alla leggera, dicendo: Bene, bene! ma bene non va.


Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli, ma non si vergognano affatto, non sanno neppure arrossire. Per questo cadranno con le altre vittime, nell'ora del castigo saranno prostrati, dice il Signore.


Così il Signore: Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri del passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre. Ma essi risposero: Non la prenderemo!


Io ho posto sentinelle presso di voi: Fate attenzione allo squillo di tromba. Essi hanno risposto: Non ci baderemo!”. (Ger 6,13-17).


La verità discende dal Cielo. È la volontà di Dio manifesta, è la sapienza che deve muovere i nostri atti. La verità è l’opera dello Spirito di verità nel cuore dell’uomo. Se l’uomo vive in peccato, non ha lo Spirito di verità, non ha la verità. Nel suo cuore regna solo la menzogna.


[10]Cercate ciò che è gradito al Signore,


È questa la regola suprema del retto agire.


C’è la persona che agisce, ci sono gli uomini dinanzi ai quali si agisce, c’è il Signore. Ogni azione può essere fatta per piacere a se stessi, per piacere agli uomini, per piacere al Signore. Di queste tre modalità, una sola è quella giusta. È azione in sé buona solo quella che viene fatta per il Signore, o è fatta perché è gradita a Lui.


Le altre due modalità sono viziate, perché tolgono ogni gloria a Dio e quando si toglie la gloria a Dio, l’azione, anche se è buona in sé, viene rovinata dalla vanagloria, o dalla superbia.


È gradito al Signore solo il compimento della sua volontà. Il compimento della volontà del Signore ancora però non è opera buona, se non viene fatta per la sua gloria.


Anche l’opera più bella, più vera, più santa, fatta per la gloria degli uomini, non è opera gradita al Signore, perché non è fatta per la sua gloria, ma per la nostra.


Inoltre perché un’opera sia gradita al Signore deve essere fatta bene, dall’inizio alla fine; deve essere bella, cioè senza macchia e senza rughe di imperfezioni; deve anche essere una cosa in sé buona, perfetta, altrimenti tutto ciò che facciamo non viene gradito dal Signore.


Il Signore non gradisce ciò che è imperfetto, impuro, non santo, non buono, non giusto, non bello.


Il Signore non gradisce tutto ciò che è macchiato da secondi fini, da cattive intenzioni.


Il Signore non gradisce quando l’uomo non dona con la larghezza del suo cuore, della sua mente, della sua intelligenza e dei suoi sentimenti.


Il Signore non gradisce quando un solo pensiero non buono, anche di paura, di timore, di dubbio, di incertezza, dovesse interporsi tra Lui e l’opera da compiere.


Il Signore non gradisce ciò che viene fatto in fretta, arrangiato, in modo superficiale, senza attenzione, da distratti, arruffando e imbrogliando il tutto.


Il Signore non gradisce tutto ciò che viene intaccato dalla vanagloria e dalla superbia dell’uomo che opera.


Il Signore non gradisce se non ciò che è fatto con tutto il cuore, tutta la mente, tutta l’anima, tutte le forze.


Il Signore gradisce tutto ciò che è fatto secondo la legge del primo comandamento dell’amore: “amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze, con tutto te stesso”.


Il Signore gradisce ciò che è fatto al prossimo secondo la legge della carità: “amerai il prossimo tuo come te stesso”, e: “ciò che volete che gli uomini facciano a voi, fatelo anche voi a loro, perché questa è la legge e questi sono i profeti”.


Secondo l’interpretazione più comune è detto che il Signore non gradì l’offerta di Caino, mentre gradì quella di Abele a causa dello scarto offerto dal primo e dalle cose migliori offerte dal secondo: “Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: Ho acquistato un uomo dal Signore. Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo. Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo” (Gen 4,1-7).


In Malachia c’è un grande lamento del Signore, il quale vorrebbe addirittura che si chiudessero le porte del suo tempio, a motivo di certi sacrifici impuri e imperfetti: “Il figlio onora suo padre e il servo rispetta il suo padrone. Se io sono padre, dov'è l'onore che mi spetta? Se sono il padrone, dov'è il timore di me? Dice il Signore degli eserciti a voi, sacerdoti, che disprezzate il mio nome. Voi domandate: Come abbiamo disprezzato il tuo nome? Offrite sul mio altare un cibo contaminato e dite: Come ti abbiamo contaminato? Quando voi dite: La tavola del Signore è spregevole e offrite un animale cieco in sacrificio, non è forse un male? Quando voi offrite un animale zoppo o malato, non è forse un male? Offritelo pure al vostro governatore: pensate che l'accetterà o che vi sarà grato? Dice il Signore degli eserciti.


Ora supplicate pure Dio perché abbia pietà di voi! Se fate tali cose, dovrebbe mostrarsi favorevole a voi? Dice il Signore degli eserciti. Oh, ci fosse fra di voi chi chiude le porte, perché non arda più invano il mio altare! Non mi compiaccio di voi, dice il Signore degli eserciti, non accetto l'offerta delle vostre mani! Poiché dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti.


Ma voi lo profanate quando dite: La tavola del Signore è contaminata e spregevole ciò che v'è sopra, il suo cibo. Voi aggiungete: Ah! che pena! Voi mi disprezzate, dice il Signore degli eserciti, e offrite animali rubati, zoppi, malati e li portate in offerta! Posso io gradirla dalle vostre mani? Dice il Signore. Maledetto il fraudolento che ha nel gregge un maschio, ne fa voto e poi mi sacrifica una bestia difettosa. Poiché io sono un re grande, dice il Signore degli eserciti, e il mio nome è terribile fra le nazioni” (Mal 1, 6-14).


Nell’uno e nell’altro caso non si fa ciò che è gradito al Signore.


Pensiero, cuore, mente, anima, spirito, sentimenti, corpo, tutto dell’uomo deve respirare bontà, misericordia, amore, verità, giustizia, santità, perché l’opera che si compie non venga viziata da errore o da imperfezioni, o dal peccato.


Il santo fa cose sante ed è gradito al Signore. Il peccatore non fa cose sante, non può essere gradito al Signore.


È come se un ladrone potesse fare un’opera buona con i soldi rubati. Con tutto ciò che è furto non si può fare cosa gradita al Signore. Eppure molte cose si fanno per essere graditi agli uomini e si pensa di essere anche graditi al Signore con il provento dei furti e delle ingiustizie.


Tutto ciò può accadere, quando l’opera non si fonda sulla santità della persona.


Per piacere al Signore non occorre semplicemente fare un’opera buona, occorre che l’opera buona sia fatta bene, secondo le regole della verità, della giustizia, della bontà, della santità della persona. Occorre che sia fatta solo compiendo la volontà di Dio e perché salga a Lui la più grande gloria. Dio si compiace e gradisce solo quell’opera che lo riconosce come il Signore, l’unico Signore della propria vita e a Lui si presta un’obbedienza perfetta, un ascolto totale che è dono pieno della nostra vita a Lui per manifestare nel mondo la sua gloria.


[11]e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente,


Le opere infruttuose delle tenebre sono tutte quelle opere che non sono illuminate dalla luce e dalla verità del Vangelo.


Sono opere delle tenebre perché sono impastate di male morale. In esse non c’è la volontà di Dio, anzi sono contro la volontà di Dio.


Sono infruttuose perché non solo non producono alcun bene su questa terra, né per noi, né per gli altri, ma neanche per l’eternità producono bene.


Queste opere generano solo morte, morte sulla terra e morte nel cielo; morte nel tempo e morte nell’eternità.


Ciò significa che ogni opera che l’uomo compie trasgredendo la volontà di Dio non produce alcun frutto di bene, anzi è madre di tanto male sia spirituale, sia morale, sia fisico, sia personale che collettivo.


Questa verità deve essere insegnata ad ogni cristiano, il cristiano poi la deve insegnare ad ogni uomo. Dal male non nasce il bene. Dal male nasce e si propaga solo il male. Questa è la verità ed è verità assoluta, senza eccezioni e senza deroghe.


Non solo al cristiano è richiesto di non partecipare a queste opere, di non collaborare perché vengano poste in essere, quanto si chiede a lui di condannarle apertamente.


Qui bisogna che si spenda una parola sulla condanna aperta delle opere infruttuose delle tenebre.


Bisogna chiedersi cosa si deve intendere per condanna aperta e quali sono le vie, o le forme perché questa condanna venga fatta.


La prima condanna delle opere delle tenebre è l’insegnamento del Vangelo, l’annunzio della verità della salvezza, la proclamazione della Parola di Cristo Gesù. Se non si predica il Vangelo non c’è vera condanna aperta delle opere delle tenebre, perché solo il Vangelo è luce e solo la luce del Vangelo può condannare le opere infruttuose delle tenebre.


La Chiesa è stata inviata nel mondo per predicare il Vangelo. Quest’obbligo non tramonta mai, mai passa di moda, mai diviene desueto.


La luce della Chiesa è il Vangelo. Il cristiano che sa ricordare il Vangelo, che lo sa annunziare condanna le opere delle tenebre e lo fa in modo aperto, palese, dinanzi al mondo intero.


Il secondo modo di condannare le opere delle tenebre è quello di non commetterle. Ma questo non basta. Bisogna rifiutarsi di commetterle dicendo anche il motivo per cui non si possono commettere e il motivo è uno solo: sono contro la verità di Dio, contro la sua volontà, offendono gravemente il Signore, provocano un danno irreparabile sull’intera umanità.


Ogni opera infruttuosa delle tenebre provoca un danno sull’umanità intera. Eva commise un solo peccato. Le conseguenze le sta portando l’umanità intera e anche il Figlio di Dio le ha portate fin sulla croce, anche se lo ha fatto per noi e non per Lui, poiché Lui era innocente, era il Santo e il Giusto.


Il terzo modo è la correzione fraterna, fatta secondo la regola evangelica. Altre regole non esistono se si vuole correggere il fratello che ha peccato.


Il quarto modo è senz’altro il più difficile da praticare. Si condannano apertamente le opere infruttuose delle tenebre spendendo ogni energia alla formazione nostra e dei fratelli.


Formare è assai difficile. Nella formazione bisogna spendere tutta una vita. Ma cosa è la formazione se non una costante opera di luce perché il formando veda il male sotto ogni aspetto, anche il più visibile, alla luce di una verità che si fa sempre più netta e più precisa, perché è la stessa verità di Cristo che viene a prendere possesso nel nostro cuore?


Formare richiede pazienza, disponibilità, costanza, perseveranza, attenzione, conoscenza della verità, sano discernimento, capacità di intuizione, libertà interiore, spirito di osservazione e di lettura della storia.


Per formare si richiede il cuore di Cristo Gesù, mite, paziente, umile, assetato della verità, affamato di volontà del Padre. Si domanda la luce dello Spirito Santo che con esattezza infallibile separa verità ed errore. È necessario infine lo stesso amore del Padre che consegna e dona il suo Figlio unigenito perché noi tutti fossimo introdotti nella conoscenza della verità.


Quando la Trinità abita nel cuore del cristiano – e vi abita se il cuore ha iniziato un vero ed autentico cammino di santificazione – questi è mosso e guidato da Dio e tutto opera conformemente alla volontà di Dio.


Formare un cuore è introdurlo nella volontà di Dio, non nella nostra che facciamo passare per volontà di Dio, ma nella volontà che Dio ci ha rivelato e che la Chiesa quotidianamente è chiamata ad insegnarci.


Al di là di tutto bisogna sempre ricordarsi però che il non formato non può formare, il non vero non può dire la verità, il non santo non può santificare e chi pratica le opere delle tenebre non può condurre alcuno nella luce.