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PER OPERA DI GESÙ CRISTO




Cosa è l’esortazione. Volontà di Dio volontà dell’uomo. L’esortazione è una parola di persuasione, di invito, di incitamento perché la persona che ci sta di fronte scelga e decida di compiere la volontà di Dio, al fine di realizzare il bene che il Signore ha stabilito che lui faccia. Perché vi sia esortazione secondo Dio è giusto che si separi la volontà di Dio dalla volontà dell’uomo. Il cristiano è obbligato ad aiutare i suoi fratelli di fede e non di fede a cercare la volontà di Dio per compierla tutta nella loro vita. In questa sua opera egli si può servire della persuasione, ma anche della correzione fraterna. Si serve della persuasione quando il suo intento è di orientare, guidare, spronare, incitare al bene secondo Dio; è invece correzione fraterna quando ci si trova dinanzi ad un peccato e con il ricordo della volontà di Dio lo si invita a non farlo più. Ci troviamo invece dinanzi alla tentazione quando la nostra parola è un invito bello e buono fatto all’altro perché compia la trasgressione della volontà di Dio. La persuasione è arte difficile da esercitare. Con essa bisogna entrare nel cuore del fratello, nella sua volontà, nel suo spirito, nella sua anima, e dal di dentro, con la forza della parola, operare perché si compia solo la volontà di Dio nella maniera più perfetta. È evidente che chi può persuadere è solo lo Spirito Santo, perché ogni discepolo del Signore deve vivere nella più grande santità, se vuole che le sue parole siano quelle dello Spirito Santo e le parole dello Spirito Santo siano sue nell’opera della persuasione dei cuori a compiere una sempre più grande giustizia.

In maniera degna. Le regole della vita cristiana. Accettarsi da imperfetti non è accettare l’imperfezione. Siamo tutti chiamati a comportarci in maniera degna del Vangelo. La maniera degna è una sola: vivere secondo il Vangelo, senza tralasciare di compiere nessuna parola. Per questo è giusto che si osservino delle regole, in verità assai semplici, ma che possono aiutare senz’altro a raggiungere una maniera sempre più degna alla quale ci chiama San Paolo. Una di queste regole vuole che non si sottovaluti nessun peccato veniale. Dobbiamo dichiarare guerra ad ogni peccato veniale che commettiamo: nei pensieri, nelle opere, nelle parole, nelle omissioni. Se non iniziamo dal peccato veniale, non riusciremo a vincere neanche il peccato mortale e prima o poi cadremo in esso, secondo l’adagio scritturistico: chi disprezza le piccole cose, a poco a poco cadrà nelle grandi. Bisogna lottare nel nostro spirito contro ogni più piccola imperfezione. Accettare di essere imperfetti, non significa accettare l’imperfezione come regola di vita. Significa invece camminare ogni giorno verso una più grande conformazione a Cristo. Se invece accettiamo l’imperfezione come regola morale del nostro essere cristiani, siamo già disposti a commettere anche i più gravi peccati. La volontà che non si arresta dinanzi ai piccoli peccati, non riuscirà ad arrestarsi neanche dinanzi ai grandi. Prendere coscienza di questa semplice regola spirituale significa iniziare fin da subito un vero cammino di crescita nella fede, nella speranza, nella carità.

Lo stesso modo di pensare. Sul pensiero di Dio. Il Vangelo è il futuro della Chiesa e dell’umanità. Perché tutto è nel Vangelo? Siamo invitati da Paolo ad avere uno stesso modo di pensare. C’è un unico modo per pensare tutti la stessa cosa: fondare ogni nostro pensiero, ogni nostra idea, ogni nostra volontà sul pensiero di Dio. Siamo chiamati a mettere nel nostro cuore il pensiero di Dio e secondo questo pensiero iniziare a volere, a parlare, ad agire. Ora è bene che si dica che Dio non ha un pensiero nascosto e un pensiero rivelato: Dio ha un solo pensiero: quello che ci ha rivelato in Cristo, che ha anche compiuto in Lui. L’unico pensiero del cristiano è il Vangelo; è in esso che si trova la nostra verità, la nostra santità, la nostra pace, la nostra gioia. Nel Vangelo c’è tutto; c’è il futuro di bene della Chiesa e della società. Nel Vangelo c’è tutto questo perché il Vangelo è Cristo morto e risorto, morto per i nostri peccati, risorto per la nostra giustificazione. Il Vangelo è la grazia e la verità di Cristo Gesù. Il Vangelo è il dono che Dio ha fatto a noi di Cristo, perché in Cristo, con Cristo, per Cristo, iniziamo la nostra conformazione a Lui. È Cristo il pensiero di Dio per noi, pensiero rivelato in tutta la sua potenza di verità sull’albero della croce. Dalla croce dobbiamo partire per imparare a pensare secondo Dio, per aiutare i fratelli a pensare secondo Dio. Cristo è uno, la croce è una, il cristiano pensa secondo i pensieri di Dio quando anche lui sale sulla croce del compimento della volontà del padre.

Uno è Cristo, uno è il corpo. Di Cristo abbiamo solo parole di Vangelo. Cristiani di una sola parola. L’unità nei pensieri nasce anche dall’altra verità già più volte manifestata: uno è Cristo, uno è il pensiero di Dio. Ma anche uno è il corpo di Cristo, una deve essere anche la croce di Cristo: è la croce del suo corpo. È il suo corpo che deve conformarsi alla volontà del Padre. La volontà del Padre è una sola. Il corpo è uno solo, come anche la croce deve essere una sola: quella dell’unico corpo di Cristo. Chi esce dall’unica croce di Cristo, esce dall’unica volontà di Dio, dall’unico suo pensiero. Costui si fa una croce e un pensiero tutto suo, che è difforme dal pensiero e dalla croce che regnano nel corpo di Cristo. Così nascono le divisioni, le separazioni, ogni altro scisma o rottura della comunione. Inoltre Cristo nella sua vita terrena ha avuto solo parole di Vangelo. Non si conosce nessuna parola di Cristo che non sia parola di Vangelo. Così deve essere di ogni cristiano: lui non può avere una parola di Vangelo e una di non Vangelo. I cristiani devono essere uomini di una sola parola: della sola parola di Vangelo. Per imitare Cristo in questa regola così semplice dovremo crescere come Lui in sapienza e grazia. È infatti lo Spirito Santo che cresce dentro di noi che a poco a poco ci libera da tutte le parole profane e da tutti i pensieri non di Dio, perché si abbia il solo pensiero di Dio nella mente e la sola parola di Dio nel cuore. Se non si cresce in santità, non si ha il pensiero di Dio nella mente e sulle labbra escono i pensieri del nostro cuore indurito, cattivo, pieno di peccati e di imperfezioni morali.

Unica vera interpretazione della Parola: la croce di Cristo. Unica comprensione del Vangelo: la croce di Cristo. Il cristiano è il libro di Cristo. Chi vuole sapere qual è l’unica vera interpretazione della Parola di Cristo sappia che essa è la croce di Cristo, come anche la croce di Cristo è l’unica vera comprensione del Vangelo. Il Vangelo si legge, si interpreta, si comprende dall’alto della croce. Ma cosa è la croce di Cristo? È il dono della sua vita al Padre in olocausto e in sacrificio per manifestare al mondo la sua gloria. Il cristiano inizia a salire sulla croce quando non lavora più per la sua gloria, ma per l’unica gloria per la quale vale proprio la pena lavorare: per la gloria del Padre nostro che è nei cieli. Lavorando per la gloria del Padre, iniziando a salire sulla croce, il cristiano inizia a divenire il libro di Cristo, il suo Vangelo vivente ed operante nella storia. Chiunque può vederlo e se vuole può iniziare a comprendere cosa è in verità il Vangelo. Se il cristiano non diviene il libro di Cristo, della sua croce, il mondo mai potrà sapere cosa sia in verità la croce di Cristo e mai potrà aderire ad essa, in un vero atto di conversione e di fede al Vangelo, che è fede nella croce, come dono della propria vita al Padre perché la sua gloria si manifesti e trionfi nel mondo.

Il battesimo ci fa vittima e olocausto di salvezza per il mondo intero. Il resto è senza significato. Il battesimo, inserendoci in Cristo, ci costituisce un solo corpo con Cristo. Il corpo di Cristo è il corpo dell’olocausto, dell’oblazione, del dono totale al Padre, per rendergli gloria, per manifestare che la nostra vita è interamente sua e a Lui bisogna che venga consegnata con la partecipazione libera della nostra volontà. Essere nel corpo di Cristo, essere un solo corpo, è anche essere un solo sacrificio, è divenire un solo olocausto: quello di Cristo in noi e il nostro in Lui, in quanto solo corpo. Questo significa anche ricevere il battesimo. Insegnare a compiere questo mistero di solo ed unico sacrificio, è il compito di chi nella Chiesa ha il ministero dell’annunzio. È un ministero però sovente assai trascurato. I risultati sono di una vita cristiana totalmente separata da Cristo. Se uno guarda il cristiano e poi guarda Cristo, guarda Cristo e il cristiano con un solo sguardo d’occhio, non dovrebbe notare alcuna differenza, anzi non dovrebbe poter discernere chi è Cristo e chi è il cristiano, dovrebbe vedere un solo corpo, un solo sacrificio, un solo olocausto, una sola offerta, una sola obbedienza, un solo dono d’amore a Dio Padre per la sua gloria e la redenzione dei fratelli. Se non vede questo, tutto il resto che vede è senza significato di salvezza, perché vede separatamente Cristo, ma non vede il corpo di Cristo come Cristo, vede un altro corpo e un altro Cristo.

Paternità di natura, di adozione, morale, di creazione. Sulla paternità di Dio spesso si ha avuto occasione di parlare. È giusto che si ribadisca che ogni modalità nella paternità comporta una essenzialità totalmente differente. Spesso non si vuole cogliere la modalità, per non volere specificare l’essenza che soggiace; oppure spesso si nega una paternità, perché l’essenza verrebbe a contraddire tutto il nostro modo di pensare, di credere, di operare. Si pensi a quanti negano la paternità di natura, di generazione tra Cristo e il Padre. Le conseguenze sono di totale distruzione del mistero di Dio, del mistero di Cristo, del mistero dell’uomo. Riflettere sulle conseguenze di una negazione, o di una affermazione deve aiutarci a scoprire qual è il differente modo nostro di relazionarci con Dio e con i fratelli.

Se Dio muove me, se Dio muove l’altro, ognuno deve riconoscere nell’altro la mozione di Dio. Per Paolo all’origine di ogni movimento di grazia e di verità che avviene nel corpo di Cristo c’è il Padre dei cieli e l’opera dello Spirito Santo. Se tutto è dalla volontà di Dio, ogni cristiano è obbligato a discernere nell’altro ciò che Dio opera, perché quanto viene operato da Dio è per la sua crescita in sapienza, in grazia, in verità. Se omette questo discernimento, il rischio è uno solo: confondere ciò che viene dall’uomo con ciò che viene da Dio, rifiutare ciò che viene da Dio e che è fonte della sua crescita spirituale, per abbeverarsi a cisterne vuote, piene di fango, che non contengono acqua. O ci si nutre di Dio, o degli uomini. Non ci sono alternative. O facciamo nostro il pensiero di Dio, oppure quello degli uomini. Non ci sono alternative, né vie di fuga, o di neutralità. O siamo pienamente con Dio, o pienamente con gli uomini. Per essere con Dio dobbiamo volere discernere l’opera di Dio ovunque si manifesti, ovunque Dio è all’opera. Questa è la legge per la nostra crescita ordinata in grazia e in santità.

Risolvere prima di ogni cosa la crisi di fede. È fede l’adesione della nostra volontà alla parola del Vangelo, accolta come unica via della nostra realizzazione. Siamo e saremo nel tempo e nell’eternità, se siamo nel Vangelo; non saremo nel tempo e nell’eternità se ci poniamo fuori del Vangelo. Il Vangelo è l’unica legge della vita presente e futura. Poiché non siamo più in questa fede, è giusto che prima di ogni altra cosa risolviamo questa nostra crisi di fede. Se entriamo nel Vangelo, tutto prende significato, tutto acquisisce valore di verità, di santità, di giustizia, di salvezza. Se non entriamo nel Vangelo, quanto facciamo, indistintamente tutto, è opera vana, non serve né al nostro presente, né al nostro futuro, né alla nostra salvezza, né a quella dei nostri fratelli. Né sarà mai possibile risolvere le altre crisi, se non si risolve questa. Dalla fede tutto riceve nuova luce e più intensa verità; senza fede, tutto rimane nel buio, anche se ci affanniamo a dare una nuova faccia a ciò che operiamo; è facciata di sola ipocrisia, non di verità, non di grazia, non di giustizia, perché non siamo nel Vangelo, nella fede, nella parola di Dio.

Grazia e dono di Cristo. Educazione alla grazia. Grazia: momento della fruttificazione, momento della distribuzione. La nostra grazia è Cristo e sono i frutti che la sua presenza in noi genera e produce. Tutto in noi è frutto di Cristo, tutto è suo opera. Cristo opera ed agisce per mezzo del suo Santo Spirito, che invia in noi perché formi Lui, Cristo, nei nostri cuori, perché faccia sì che Lui, Cristo, fruttifichi ogni dono d’amore, di verità, di speranza. Bisogna, è urgente che si educhino i cristiani alla grazia. Tutto è grazia, tutto è dalla grazia, ma anche tutto è per grazia. Tutto è dono, è il dono d’amore di Dio per noi, in noi, con noi. Educare alla grazia deve avere anche un altro significato: ogni volta che Cristo viene dentro di noi, viene perché produca frutti di vita eterna. Ogni invocazione di Cristo in noi, ogni volta che lo riceviamo sacramentalmente, viene e lo riceviamo perché produca frutti di verità, di santità, di giustizia. Non solo per noi, ma per il mondo intero. Il cristiano, ogni volta che riceve Cristo, per preghiera o per sacramento, deve disporsi a produrre verità e giustizia sui suoi passi; l’altro coglie il frutto del cristiano, riceve, attraverso il suo frutto, l’albero che lo ha prodotto: Cristo Gesù, e se crede, se vuole, anche lui può entrare in questo mistero di grazia dal quale e nel quale è tutta la vita del mondo intero.

Il profeta: la voce viva di Dio di cui ha bisogno la Chiesa. Il ministero profetico straordinario, non quello direttamente battesimale, è essenziale alla Chiesa. Lo si è già detto. Per mezzo di esso conosciamo la volontà attuale di Dio, sappiamo cosa il Signore ci chiede, possiamo dirigere i nostri passi con sicurezza, sapendo ciò che è gradito al Signore. Il profeta è luce attuale di Dio; illumina la strada sulla quale incamminare la Chiesa perché vada incontro a Dio e ai fratelli secondo la più attuale verità del Vangelo. Il vero profeta è sempre frutto dell’opera dello Spirito Santo.

Grazia indiretta: da Dio, ai fratelli, per noi. Da Dio a noi per i fratelli. Essere dono per gli altri. Essere dal dono degli altri. La grazia di Dio: Cristo capo e corpo. Grazia sacramentale e volontà. Quando diciamo che la grazia di Dio si riversa su di noi, spesso omettiamo di aggiungere che non sempre la grazia viene direttamente. Spesso avviene indirettamente, attraverso i fratelli, costituiti da Dio dono della sua grazia per noi. I fratelli sono grazia di Dio per noi, ma anche noi grazia di Dio per i fratelli. Occorre allora educarci a vederci insieme un dono di grazia. Da questa educazione una vita nuova nascerà di sicuro nella Chiesa e nel mondo. Altra specificazione in ordine alla grazia è questa: bisogna accettare se stessi di essere dal dono di grazia degli altri. Questa è umiltà. Bisogna farsi dono di grazia per gli altri: questa è vera responsabilità di farsi santi. Infine si deve aggiungere che sia noi che gli altri siamo un solo corpo in Cristo, per far sì che ogni uomo diventi ciò che noi siamo: corpo del Signore Gesù. Per questo però non è più sufficiente la nostra grazia; questa è preparatoria all’altra grazia, quella che discende direttamente da Dio nei sacramenti della salvezza. Anche questa grazia però bisogna accogliere e attraverso la partecipazione della nostra volontà bisogna che si trasformi in un dono di Dio per il mondo intero. Nessun sacramento potrà mai fruttificare in noi i suoi frutti di vita eterna, se manca la partecipazione della nostra volontà, del nostro spirito, del nostro cuore, di tutto di noi.

Cristo è uno. Chi è Cristo. Da Cristo bisogna partire. In Cristo una sola conoscenza, una sola vita. Cristo e il nostro passato tutto da abbandonare. La nostra fede ci insegna con verità assoluta che Cristo è uno: nella divinità, nell’umanità, nell’opera, sulla terra, nel cielo, nella Chiesa, nel singolo cristiano, nella creazione, nella redenzione, nella santificazione. Se Cristo è uno: tutto si fa in Lui, tutto si fa per Lui, tutto si fa con Lui. Cristo è il culmine cui pervenire, ma anche l’inizio da cui partire. Si parte da Cristo per arrivare a Cristo; si arriva a Cristo per ripartire nuovamente da Cristo. Cristo è la fonte dei nostri pensieri, della nostra conoscenza, del nostro amore, della nostra verità, della nostra sapienza, della nostra speranza, del nostro vivere e del nostro morire, sulla terra e nel cielo tutto è Cristo per noi e per noi tutto è in Cristo. Con Cristo bisogna vivere una sola vita: la vita di Cristo in noi. La nostra vita deve essere quella di Cristo, quella di Cristo deve essere la nostra vita, perché con Lui siamo un solo corpo e quindi una sola vita. Nel corpo non possono esservi più vite: una nostra e una di Cristo. Una volta che si è in Cristo, tutto ciò che è prima di Lui bisogna considerarlo spazzatura, perché ha valore per noi solo Cristo e solo ciò che è in Cristo. Se quest’abbandono non c’è, se per noi ha valore qualcosa che è fuori di Cristo, o non ha valore tutto ciò che è in Cristo: la nostra conversione è vana, la nostra fede non vera, la nostra carità inesistente, la nostra speranza nulla, dal momento che speriamo che qualcosa fuori di Cristo possa avere un qualche valore per noi.

Dall’obbedienza alla conoscenza; dalla conoscenza all’obbedienza. Cristo l’uomo perfetto da realizzare in noi. Se Cristo è tutto per noi e tutto è per noi in Cristo; se fuori di Cristo nulla è più per noi, come possiamo raggiungere questa perfetta unità di vita con Cristo, sì da non potersi più distinguere la nostra vita da quella di Cristo? La via è assai semplice: si ama Cristo e quindi lo si conosce per mezzo della Parola. S’intende: non la parola ascoltata, o letta, ma la Parola fatta obbedienza. Nell’obbedienza cresce la nostra conoscenza di Cristo; nella conoscenza di Cristo che cresce c’è una forte volontà di più grande obbedienza. Si obbedisce per conoscere Cristo, si conosce Cristo per obbedire. Un solo atto di obbedienza matura in noi una più forte conoscenza di Cristo e una più forte conoscenza di Cristo matura ancora più forte obbedienza. Una cosa deve radicarsi nel cuore: Cristo è l’uomo perfetto, è l’unica perfezione da realizzare in noi. Se realizziamo Cristo, compiamo la nostra vita; se Cristo non viene realizzato la nostra vita cristiana è come un aborto, è stata concepita, ma non è stata portata alla luce della vita piena in Cristo Gesù. Perché realizziamo Cristo, dobbiamo conoscerlo; si conosce obbedendo; si obbedisce conoscendo Cristo. In questo processo spirituale di conoscenza e di obbedienza Cristo si forma in noi e noi raggiungiamo la perfezione cui ci ha chiamato il Signore prima della creazione del mondo.

Qual è la nostra vocazione? Fondare ogni cosa sulla Parola detta da Cristo. La parola torre e muro di bronzo contro gli errori. Vocazione è dare una direzione alla propria vita, una finalità, un senso, un significato, la cui decisione non è né nella nostra volontà, né nei nostri sentimenti, né nel nostro cuore, né nella nostra anima. Non è in noi, perché è in Dio, che è il Signore della nostra vita. La vocazione di un uomo è prima della sua creazione, prima della sua nascita, prima del suo stesso concepimento. Il Signore fin dall’eternità ci ha voluto per un fine, uno scopo. Questo fine, questo scopo è uno solo: realizzare Cristo nella nostra vita; divenire con Lui una sola cosa; in Lui, per Lui, con Lui lavorare con ministeri diversi, anche essi pensati da Dio per noi, alla edificazione del suo Regno di pace e di luce, di verità e di carità, sulla terra. Nessuno può vivere la vocazione particolare, il suo specifico ministero, se non vive la sua vocazione universale. La vocazione universale si vive in un solo modo: fondare la nostra esistenza, l’intera nostra esistenza sulla Parola detta da Gesù. Ogni Parola di Vangelo che mettiamo in pratica è una forza potente che scende nel nostro cuore e nella nostra volontà e ci orienta verso il compimento dell’altra vocazione: l’espletamento del ministero particolare anche questo voluto da Dio fin dall’eternità. L’una e l’altra vocazione: quella universale e quella particolare si vivono se la grazia di Dio è in noi, agisce in noi, è invocata costantemente su di noi. Senza grazia di Dio nulla è possibile; perché la grazia è l’anima dell’una e dell’altra vocazione. Infine chi vuole perseverare nella vocazione particolare deve crescere nella vocazione universale; se non cresce nella vocazione universale, a poco a poco tralascia il compimento anche della vocazione particolare. Chi vive di Parola del Signore, chi ogni giorno realizza Cristo in lui attraverso il compimento della Parola, è come se fosse avvolto da una tenda di luce, da un muro di fuoco, da una porta di bronzo, da una torre altissima contro ogni errore di falsità e di menzogna che attaccano la sua vita. Tutto è nella Parola ascoltata, vissuta, annunziata; tutto è nella santificazione che è la vita nostra nella Parola e la vita della Parola in noi.

La verità nella carità. La comunione è la vita del corpo. Cosa è la verità? La verità è la natura stessa di Dio. Dio è verità: sommo ed infinito bene. Questo sommo ed infinito bene è bene che si dona. Questa è la carità. È il bene che si dona, che si comunica, che si partecipa agli altri. Il dono è la natura stessa della carità, perché la carità è dono. Ma cosa dona Dio? Dona se stesso, comunica qualcosa di sé. Nella creazione ci ha partecipato la vita facendoci a sua immagine e somiglianza; nella redenzione ci ha donato se stesso in Cristo Gesù dall’alto della Croce. Il dono più grande di Dio per noi è Cristo Crocifisso, perché in Cristo Crocifisso è l’annientamento di Dio per amore. In Cristo Dio si lascia consumare totalmente dal suo amore per noi; in Cristo Dio non ha più nulla da poterci dare. Se Dio volesse amare di più l’uomo, non potrebbe, perché oltre la sua morte per amore, nulla può essere dato all’uomo. Inoltre in Cristo non solo è morto per noi, per noi anche è risorto per renderci partecipe di questa nuova vita. Infine nell’Eucaristia si è fatto cibo e bevanda di vita eterna, perché la nostra vita fosse tutta assimilata dalla sua e resa divina. Tutto l’essere di Dio è stato donato in Cristo. Questa è la carità. Si comprende allora che a partire da Dio non esiste carità se non nel dono del proprio essere, della propria vita ai fratelli. Le cose non sono la carità cristiana, sono la carità cristiana nel momento in cui diventano annientamento di noi per innalzare l’altro, si fanno nostra morte perché l’altro viva, diventano nostro abbassamento perché il fratello sia innalzato. Cristo è uno. Quanti fanno parte del suo corpo, nel suo corpo diventano una sola verità. Sono costituiti una sola natura di bene. Questo bene però deve divenire carità; la verità che si fa carità costruisce il cristiano ad immagine di Cristo, a somiglianza di Dio. Ora nel corpo di Cristo vige una sola legge: divenire olocausto d’amore, fino alla consumazione di sé, per la salvezza dei fratelli, perché anche i fratelli diventino veri, si facciano verità della stessa verità di Dio e di Cristo, e trasformino questa verità in carità. È l’unica legge che il cristiano deve conoscere: farsi verità in Cristo, trasformarsi in carità, in Cristo, alla maniera di Cristo.

La vanità della mente dei pagani. La parzialità nella verità fa parziale l’uomo. L’ignoranza di Dio costruisce un falso uomo. La vanità della mente dei pagani è una sola: costruire la propria esistenza sul niente veritativo. Il niente veritativo porta al niente dell’esistenza, a sciupare un’intera vita per il nulla nella storia e per la perdizione eterna nell’aldilà. L’uomo si nutre di verità, nella verità cresce, nella verità si fa. Più grande e più forte è un lui la verità e più la sua vita acquisisce consistenza, valore. La verità è la vita dell’uomo. Tanta è la verità in un uomo, tanta è la sua vita. La nostra vita è dalla verità di Dio. Al contrario più parziale è nell’uomo la verità e più parziale sarà la sua vita, fino a divenire non più vita, ma vera morte nella storia e nell’eternità. Dio è la verità. Ad immagine della verità di Dio siamo stati fatti. Veniamo per creazione dalla sua verità. Per sapere la nostra verità dobbiamo necessariamente conoscere la verità di Dio. Se Dio non è conosciuto, neanche l’uomo si conosce; se Dio è conosciuto falsamente, anche l’uomo si conosce falsamente, falsamente si realizza, falsamente vive e falsamente muore. Dove non c’è vera conoscenza di Dio c’è sicuramente un uomo falso ed è falso ogni uomo che non è vitalmente inserito nella verità di Dio.

La differenza la fa la Trinità e il mistero dell’Incarnazione. Tra Cristianesimo e ogni altra religione la differenza la fa il mistero della Trinità e dell’Incarnazione, con tutte le altre molteplici verità che questi due misteri comportano nella vita dell’uomo. Se non si parte da questi due misteri, nulla si comprende di Dio e nulla dell’uomo, si vive nella falsità e per chi vive da falso, tutto diventa senza specificazione, tutto è indeterminato, perché la falsità è indeterminazione e non potrebbe essere altrimenti. Basta pensare a quanti si separano dalla verità della nostra fede: subito o distruggono il mistero della Santissima Trinità, o il mistero dell’Incarnazione. Quasi tutti hanno un mistero dell’incarnazione parziale, lacunoso, incompleto, vago, a volte inesistente. Se il mistero dell’incarnazione in ogni sua manifestazione, nel suo prolungamento che è la Chiesa, viene avvolto dalla falsità, l’uomo che vive in questa falsità è anche lui falso, perché solo il mistero dell’Incarnazione rimette l’uomo nella verità. La differenza di fede dice differenza di verità, ma anche la negazione di una verità di fede dice negazione di una verità sull’uomo. Chi nega l’incarnazione, nega la Trinità, nega anche il mistero dei sacramenti, della Chiesa e ogni altra verità intimamente connessa con il mistero. Così facendo lascia totalmente l’uomo nella sua falsità.

Natura di tenebra, pensieri di tenebra; pensieri di tenebra, natura di tenebra. La durezza del cuore rende impermeabili alla verità. Chi ha una natura di non verità, quindi di tenebra, possiede anche pensieri di tenebra; viceversa chi ha pensieri di tenebra, si è anche costruita una natura di tenebra. Pensieri e natura sono gli uni i frutti e l’altra l’albero. Quando la natura è di tenebra è necessario un vero miracolo perché un uomo si apra alla verità. Deve cambiare natura. Questo cambiamento di natura è detto cambiamento del cuore. Lo Spirito del Signore deve togliere dal nostro petto il cuore di pietra e al suo posto mettere un cuore di carne. Il cristiano per questo non solo deve pregare molto, deve anche offrire tutta intera la sua vita perché dal suo sacrificio la grazia di Cristo Gesù discenda nei cuori e li trasformi.

Il cristiano martello dello Spirito. Quando lo Spirito si rattrista. Il cristiano di fronte al mondo deve essere il martello dello Spirito Santo. Deve infrangere con la sua parola ogni muro di falsità, di ambiguità, di parzialità nella verità, di errore e di ogni altra menzogna che si è introdotta nel cuore dell’uomo che deturpa la sua natura e la rende sempre più di pietra. Purtroppo anche il cristiano sovente si lascia avvolgere dalla falsità, dall’errore. Quando questo avviene, egli altro non fa che combattere contro lo Spirito di verità con il quale è stato unto il giorno del Battesimo, rattristando lo Spirito. Il cristiano, che è tempio dello Spirito Santo, quindi tempio di verità e di santità, si trasforma in un tempio di menzogna, di falsità, di errore. Il mondo che dovrebbe vederlo come purissima luce di verità e di salvezza, lo vede invece come tenebra di errore e di perdizione. Questo cambiamento della natura di luce, operata in lui dalla grazia, in natura e corpo di tenebra, proprio del corpo che è il tempio dello Spirito Santo, altro non fa che rattristare lo Spirito. È rattristato perché costretto ad abbandonare il suo tempio per cederlo alla menzogna e alla falsità.

Insensibili, dissoluti, impuri, avidi, insaziabili. Gesù è venuto perché l’uomo non sia così. Deformarci dell’uomo vecchio per formarci dell’uomo nuovo. Passioni ingannatrici. Perdonare come Cristo. La natura, così come essa si è fatta, a causa del suo peccato, produce ogni sorta di frutti cattivi. Sono questi frutti le opere della carne. Gesù è venuto perché l’uomo cambi la sua natura, cambi se stesso, cambiando il suo cuore, la sua mente, la sua volontà, la sua anima. Tutto deve cambiare nel cuore per mezzo della grazia di Cristo Gesù. Con il peccato ci deformiamo nuovamente dell’uomo nuovo per formare in noi l’uomo vecchio; con il pentimento, la grazia, l’ascolto della Parola, nuovamente deformiamo l’uomo vecchio e ricostruiamo in noi l’uomo nuovo. Se questo uomo nuovo non prende potentemente possesso in noi, non cresce fino ad eliminare completamente l’uomo vecchio, l’uomo vecchio è sempre portato a seguire le sue passioni ingannatrici, le passioni della sua vecchia natura, che lo conducono di peccato in peccato e di concupiscenza in concupiscenza. Il segno che stiamo costruendo in noi l’uomo nuovo è dato dalla grande capacità di perdono. Chi sa perdonare come Cristo attesta al mondo intero che in lui sta nascendo l’uomo nuovo; chi invece ancora non sa perdonare, rivela ai fratelli che ancora il vecchio uomo ha una grande preponderanza in lui. Con la grazia, invocata con insistenza, senza interruzione, chiedendo al Signore che ci plasmi di grazia e di verità, allo stesso modo che ha plasmato Adamo con la polvere del suolo e poi spiri in noi il suo Santo Spirito di verità e di carità, noi saremo sicuri di poter costruire in noi l’uomo nuovo, in tutto simile all’Uomo nuovo Cristo Gesù.

Conoscenza per mistagogia. Per mezzo della Parola. Cristo è per noi l’unico punto di riferimento della nostra novità. Se agiamo come Lui siamo nuovi, se non agiamo come Lui siamo invece nella nostra vecchia natura. Per agire come Cristo bisogna conoscerlo. Ora Cristo si conosce attraverso due vie: per mezzo della Parola del Vangelo, che si ascolta, si medita, si studia, si analizza, con la quale giorno per giorno ci si confronta, ma anche per mezzo di un’altra via ancora più eccellente, superiore a quella della Parola. Cristo si conosce attraverso la via della mistagogia, attraverso cioè l’immissione nostra nel suo mistero per opera dello Spirito santo, fino a divenire con Lui un solo mistero di morte e di risurrezione, per una obbedienza perfetta al Padre dei cieli. Questa conoscenza diretta è dei mistici e dei santi. Essa è opera dello Spirito del Signore nella loro anima e nel loro cuore. Allo Spirito dobbiamo rivolgerci, chiedendo che ci faccia non solo conoscere Cristo secondo verità, ma anche che ci faccia mistero nel suo mistero, vita della sua vita, nella sua vita. Questa preghiera bisogna elevarla ogni giorno, perché è da questa grazia che nasce l’uomo nuovo.

I due soggetti della salvezza. L’uomo nuovo opera la redenzione. I soggetti della salvezza sono insieme Dio e l’uomo; sono il Dio-Uomo. Questi due soggetti per il mistero dell’unione ipostatica sono mirabilmente uno solo: è il Dio-Uomo, Cristo Gesù Signore nostro. Non due soggetti, ma un unico soggetto, che è insieme Dio e Uomo, vero Dio e vero Uomo, nella sola persona del vero e purissimo Dio che è il Verbo della vita. Senza Dio e senza Uomo non c’è redenzione. Come allora l’uomo che non è Dio, non è in Dio, può operare la salvezza, la redenzione dei suoi fratelli? La risposta è una sola: attraverso il battesimo viene inserito nel corpo di Cristo e partecipa della legge che avvolge il corpo di Cristo. La salvezza non la opera più come persona singola, distaccata da Dio e da Cristo, la opera come corpo di Cristo. È Cristo, l’Uomo-Dio che opera la salvezza, ma la opera attraverso il cristiano che è il suo corpo e quindi il cristiano che vuole operare la salvezza, deve operarla nella verità e nella santità del corpo di Cristo. La verità del cristiano è il suo essere nuova creatura, la carità del cristiano è l’offerta di se stesso come nuova creatura per la redenzione del mondo. Se il cristiano non diviene nuovo, non è nella verità; nella falsità non si può offrire salvezza, perché il corpo di Cristo è verità. Ma anche senza carità non si può operare salvezza, perché la salvezza è il dono di noi stessi a Cristo, perché Egli ci consegni al Padre in sacrificio e olocausto di obbedienza per la redenzione del mondo.

Metanoia: oltre, sempre oltre: mente, ieri, uomini, cose, istituzioni, ritualità. Quando si parla di metanoia, si intende una cosa sola, in verità assai semplice da capire. È metanoia l’abbandono totale della nostra mente. L’uomo non pensa più con i suoi pensieri, bensì con i pensieri di Dio. Così deve avvenire anche con il suo cuore: non deve amare con il suo cuore, ma con il cuore di Cristo, che è il cuore di Dio. Quando si inizia a pensare secondo Dio si è infinitamente oltre tutto ciò che è dell’uomo, della terra, della storia, delle tradizioni, del passato; oltre tutto ciò che potrebbe essere prevedibile o pensabile. Tutto questo non interessa più all’uomo. All’uomo interessa una cosa sola: cosa pensa il Signore, cosa desidera il Signore, cosa vuole il Signore, cosa ama il Signore. La metanoia richiede la totale libertà dalla propria mente; libertà compresa però come abbandono della mente, perché solo Dio deve regnare in essa. Chi vive di metanoia è libero da persone, da luoghi, da istituzioni, da ritualità, da formalità, da convenienze, da tutto ciò che è frutto e pensiero della mente. Ciò che la mente ha pensato, pensa e penserà deve essere oggetto di libertà. Tutto invece ciò che Dio vuole deve essere oggetto di amore e di desiderio, perché lo si realizzi in pienezza di verità e di carità.

Dare occasione al diavolo. Si dona occasione al diavolo, quando ci si mette nella condizione di essere tentati, quando ci si mette nella tentazione, poiché si ci lascia conquistare dalle occasioni prossime di peccato. Il cristiano deve vigilare sulla sua condotta al fine di esercitare la prudenza cui lo chiama il suo Signore e Maestro. Ma la prudenza è dono attuale dello Spirito Santo, a Lui bisogna chiederla, se si vuole evitare ogni tentazione. Il cristiano deve capire che se sfida il pericolo, in esso di certo cadrà e che se maneggia la pece, di certo si imbratta, si sporca. Così è di colui che si mette nell’occasione di peccare. Egli altro non fa che invitare il diavolo a tentarlo. La sua caduta è certa, immediata, irreparabile.

Il cristiano è uomo che dona. Verità di carta, verità di carne. Dalla carta alla carne. Chi è il cristiano? È uno chiamato a consegnarsi totalmente a Dio, a darsi totalmente a Dio. Datosi e consegnatosi a Dio, è Dio poi che lo dona al mondo per la sua salvezza. Cristo che viene in questo mondo si consegna interamente al Padre: “Ecco io vengo, o Padre, per fare la tua volontà”. Così anche si consegna la Vergine Maria, Madre della Redenzione: “Ecco la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola”. La consegna è a Dio. Poi Dio secondo i disegni imperscrutabili della sua volontà ci dona interamente all’uomo perché gli diamo a nostra volta Cristo, la verità, lo Spirito Santo; gli diamo noi stessi per aiutarlo a ritrovare se stesso, ritrovando Dio, la sua verità, la sua carità, la sua misericordia. Il cristiano deve dare all’uomo la verità e la grazia. Non deve dare però una verità e una carità di carta. Deve dare se stesso, divenuto verità e carità in Cristo Gesù. La verità di carta non attrae, non salva, non redime; la verità di carne attira, salva, conquista i cuori, li converte, li porta a Dio. Per questo è necessario che il passaggio dalla verità di carta alla verità di carne avvenga prima nel nostro cuore, perché solo nella misura in cui avviene nel nostro cuore avverrà, sempre con la grazia di Cristo, nel cuore dei fratelli, inciderà profondamente nella loro vita, perché la libererà dalla falsità e la immetterà in una verità e carità sempre più grandi.