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30]E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione.


Quando si rattrista lo Spirito dentro un cristiano?


È assai facile saperlo: quando il cristiano agisce difformemente da ciò che è lo Spirito in sé.


Lo Spirito di Dio è: verità, sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, conoscenza, scienza, pietà, timore del Signore.


Lo Spirito di Dio è Spirito che dona la vita.


Lo Spirito di Dio è lo Spirito che deve formare Cristo nei nostri cuori.


Lo Spirito di Dio deve condurci verso la verità tutta intera.


Lo Spirito di Dio deve creare in noi il cuore nuovo, la mente nuova, l’anima nuova, i sentimenti nuovi. Tutto deve fare nuovo in noi. Questa è la sua opera.


Lo Spirito del Signore è comunione, unità, armonia, libertà.


Ogni qualvolta il cristiano agisce difformemente dall’essenza divina che è lo Spirito Santo, egli lo rattrista. Lo rattrista perché lo costringe all’inazione, o ad un’azione imperfetta.


Lui è dentro di noi per fare attraverso noi nuovo il mondo, nuovi i cuori, nuove le menti, nuove le anime, nuovi i sentimenti, nuovi i rapporti, nuove le comunità, nuove le relazioni, tutto egli deve fare nuovo, riempiendolo di verità e di carità e noi invece altro non facciamo che tutto vecchio: vecchi facciamo i cuori e le menti, vecchi facciamo i sentimenti, vecchie le anime e ogni altra cosa.


Facciamo tutto vecchio perché o lo lasciamo nel peccato, o contribuiamo a che il peccato si radica, come erba velenosa, nel cuore dei fratelli.


Lo Spirito non può gioire per questa nostra opera cattiva. Egli si rattrista. Potrebbe attraverso noi operare nel mondo santità e giustizia, mentre le nostre membra che sono a suo servizio per l’opera della salvezza, altro non fanno che operare iniquità.


È sempre un’opera di iniquità quella che non crea salvezza attorno a sé, anzi contribuisce a che l’uomo non solo rimanga nel peccato, ma anche a radicarsi ancora più profondamente in esso.


[31]Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità.


Paolo ci ha invitato a non usare mai una parola cattiva. Ora ci offre alcuni comportamenti, in cui necessariamente la parola non è buona.


Il cristiano non deve conoscere:


Asprezza: l’asprezza è il contrario della dolcezza, della mitezza, della calma interiore, della posatezza. L’asprezza dice violenza di parole e di fatti. Essa è non controllo delle nostre azioni. L’aspetto violento prende il posto all’affabilità che deve sempre governare il cristiano nei suoi rapporti con il mondo intero.


Il cristiano deve sempre controllare ogni suo comportamento; non solo, deve renderlo anche dolce e affabile. Quando questo avviene, egli è un perfetto imitatore di Cristo Gesù. Diviene un uomo che può parlare ai fratelli, può relazionarsi con loro, perché li tratta sempre come persone che hanno una loro dignità, che non può essere mai lesa, anche quando sono in contrasto con quanto noi diciamo, affermiamo, vogliamo.


L’asprezza non considera che “nessuno è nostro schiavo”. Tutti siamo soggetti a Dio e solo a lui bisogna rendere domani conto.


Sdegno: Lo sdegno è un sentimento forte di ripulsa contro i fratelli, dei quali non condividiamo il loro modo di agire.


Vorremmo una totale loro sottomissione alla nostra volontà. Questo non avviene e allora ci separiamo da loro, ci allontaniamo, li trattiamo come un corpo ostile, estraneo, nemico, come un corpo che ci dona fastidio.


Lo sdegno è il fastidio del nostro spirito per qualcosa che vorremmo fosse di nostro gradimento, mentre in realtà non lo è.


Anche nello sdegno dimentichiamo che noi non siamo i padroni dei fratelli. Noi siamo i loro servi. Siamo a loro servizio per il dono della verità e della grazia. Il resto non è più di nostra competenza.


Ira: L’asprezza e lo sdegno sono la porta dell’ira. Mentre con l’asprezza e lo sdegno l’uomo ha ancora il possesso delle sue azioni, con l’ira perde questo possesso.


L’uomo non si controlla più. Non controlla le parole, non controlla i suoi gesti, le sue opere.


Qualsiasi cosa fa, potrebbe divenire assai pericolosa, perché non ne misura più la gravità.


Molti a causa dell’ira hanno commesso orrendi misfatti.


Il cristiano invece deve possedere sempre il dominio di sé. Neanche una parola deve uscire dalla sua bocca, senza averne prima pesata la gravità. Dei gesti neanche si deve parlare. Nessun gesto è consentito al cristiano che non sia per il bene, anzi per un bene sempre più grande.


Clamore: è quel chiasso inutile, tutte quelle parole vane che vengono gridate attorno a noi. È quel vocio infernale attraverso il quale si vuole ottenere ragione, mentre in verità non si è nella giustizia secondo Dio.


Fare chiasso attorno a sé non è la via del cristiano. La via del cristiano è il silenzio, è la preghiera, è il totale affidamento a Dio della sua causa, è la mitezza e la semplicità del suo spirito.


La verità non sta nell’alzare la voce, nel gridare, nel fare rumore. La verità è nella parola che si dice e basta. La verità ha la forza di imporsi da se stessa. Da se stessa, per virtù dello Spirito Santo, penetra in un cuore e lo conquista.


E maldicenza: Mentre l’asprezza, lo sdegno, l’ira, il clamore riguardano il comportamento sbagliato. Il principio potrebbe essere anche santo, quello che si vuole difendere, mentre il metodo, la via, le scelte pratiche per la difesa non sono sante, nella maldicenza non è santo il principio.


Nella maldicenza c’è un male in sé che bisogna evitare. È il male è dire male degli altri.


Al cristiano non è consentito dire male di nessuno. Lui non è giudice di nessuno e nessuno deve cadere sotto la sua lingua.


Dire male è peccato grave. La maldicenza potrebbe raggiungere la calunnia e quando si arriva alla calunnia, c’è anche l’obbligo della riparazione.


Cosa impossibile da fare, perché le parole che escono dalla bocca, dal vento vengono sparse nell’intero universo.


Il cristiano deve mettere ogni attenzione al fine di evitare ogni parola di male contro il fratello, da quella quasi senza importanza all’altra molto più grave e dalle conseguenze incalcolabili.


La nostra società, che è società della parola, nella quale di tutto si parla, su tutti si sparla, deve sapere che con la parola si salva una persona e con la parola la si distrugge. Oggi i mezzi di comunicazione hanno un impatto devastante sulle folle. Per questo bisogna essere altamente saggi e prudenti prima di proferire una sola parola.


Oggi la maldicenza sembra essere divenuta uno stile di vita, un modo di essere, di relazionarsi, di comportarsi. Paolo invece ci avverte che la maldicenza deve essere bandita da noi.


La bocca del cristiano deve dire la verità, deve condurre alla verità, deve astenersi anche di altre parole buone che nel momento sono inutili, perché non c’è dall’altro lato una persona che sia disposta ad accoglierle.


Con ogni sorta di malignità: La maldicenza è dire male dell’altro. Si dice male perché l’altro ce lo consente, in quanto ciò che opera è male, o almeno da noi viene giudicato un male.


Nella malignità invece il male viene creato dal cuore. Lo si inventa e poi lo si attribuisce alla persona.


Nella malignità il cuore è cattivo, pensa e inventa cose cattive sugli altri, trasforma questa invenzione in parola, la proferisce, la dice dinanzi al mondo intero, provocando nei fratelli dei danni incalcolabili. Quando si arriva a questo è il segno che il nostro cuore è diventato di pietra, perché solo un cuore di pietra, non scalfito dalla grazia di Dio, vuole il male per i suoi fratelli, questo male lo pensa e lo dice, lo diffonde.


La malignità affonda le sue radici nel nostro cuore maligno. La malignità è di satana e trova la sua forza di penetrazione nelle menti solo per mezzo della menzogna. Ma tutta la malignità è menzogna, perché è desiderio di male contro i nostri fratelli.


È quanto avvenne nel Giardino dell’Eden. Satana, maligno e malvagio, disse male di Dio, mentendo ad Eva. Questa lo ascoltò e fu la rovina dell’umanità intera. La malignità ha il suo motore potente nell’invidia.


[32]Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.


Il cristiano non solo non deve fare il male, deve soprattutto operare il bene. Non dire male è solo l’inizio del cammino verso la realizzazione di Cristo in noi.


Una cosa che Paolo raccomanda è la benevolenza e la misericordia.


Nell’uomo mente e cuore devono essere una cosa sola: la mente deve volere il bene, il cuore deve attuarlo; la mente lo vede, il cuore lo realizza, lo compie. La mente lo discerne, il cuore lo pone in essere.


L’uomo è benevolo, solo quando si pone dinanzi ai suoi fratelli con un solo desiderio: il bene del fratello. Il cristiano non può volere altro per i suoi fratelli, se non il bene.


Il bene però deve volerlo sotto ogni aspetto e deve essere il bene di tutta la persona. L’altro deve essere visto solo come oggetto di bene. Questa è la benevolenza. Quando un cristiano raggiunge questa maturità, egli è sulla via dell’imitazione di Cristo Gesù.


Con la misericordia, il bene voluto, desiderato, bramato, si trasforma in opera, in impegno concreto.


Il misericordioso è colui che concretamente mostra l’amore ai fratelli e lo mostra compiendo opere di carità.


Uno è vero discepolo di Gesù se l’opera di carità la compie senza guardare in faccia a nessuno, anzi bisogna essere misericordiosi proprio nei confronti di coloro che nulla possono fare per noi.


Gesù ci insegna di essere misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro celeste e la misericordia del Padre è verso tutti, buoni e cattivi, cristiani e pagani, credenti e atei, religiosi e infedeli.


Solo alla sera della vita, presentandoci al suo cospetto, ci è chiesto di rendere ragione della carità che abbiamo vissuto, perché sarà la carità che ci aprirà le porte del regno dei cieli.


Un’opera grande di misericordia è il perdono dei fratelli, se in qualche cosa ci avessero offeso. Sul perdono bisogna dire due cose: esso è l’opera tipicamente cristiana. Il cristiano è colui che perdona tutto, indistintamente, senza guardare in faccia colui che lo ha offeso.


La seconda cosa è questa: se dobbiamo perdonare i fratelli come Cristo ha perdonato noi, o come il Padre ha perdonato noi in Cristo, se Cristo è il nostro modello e l’unica via del perdono nel mondo, allora bisogna aggiungere che perdonare gli altri è anche offrire la vita per gli altri perché Dio perdoni il loro peccato e conceda loro la grazia della salvezza eterna.


Senza una grazia particolare l’uomo difficilmente conosce il perdono. La carne non ha come legge il perdono, bensì la vendetta, il desiderio di giustizia e altro.


Senza l’inserimento in Cristo nella volontà di realizzare in tutto e per tutto la sua vita dentro di noi, diviene impossibile morire per l’altro, perché ottenga il perdono dei suoi peccati. Come Cristo si offre la vita per il perdono.


Questo è lo specifico cristiano e solo il cristiano che realizza tutto di Cristo nella sua vita raggiunge quest’altissima perfezione: dare la propria vita perché l’altro venga perdonato da Dio, dopo averlo noi perdonato e offerto la vita per il suo ritorno nella verità di Dio, nella sua grazia e nella sua benevolenza.


Se lo scopo del cristiano è quello di offrire la propria vita per il perdono dei fratelli, si comprende come ogni altro atto di misericordia è solo propedeutico a quest’ultimo atto supremo, ma anche come sia anticristiano comportarsi con sdegno, clamore, asprezza, ira, maldicenza, malignità.


È anticristiano perché la redenzione, la salvezza, la giustificazione, l’elevazione dell’altro nel mistero di Cristo Gesù passa attraverso il dono della nostra vita.


Si dona la vita fisica perché l’altro abbia una vita spirituale solida e intensa. Questo è il valore della vita del cristiano sulla terra: farne un sacrificio, un’oblazione, un’offerta sacra al Signore, perché sia cancellato il peccato del mondo e sia aperta la via della salvezza ad ogni uomo di buona volontà.