00 02/11/2018 18:27

[20]Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo,


C’è una differenza sostanziale tra la conoscenza di Dio che hanno i pagani e la conoscenza di Cristo che possiedono i cristiani.


Se la conoscenza differente genera anche una vita differente, perché per molti degli Efesini non si riscontra una reale differenza di vita?


Perché molti degli Efesini hanno una vita in tutto uguale a quella dei pagani che non conoscono Dio?


La prima cosa che Paolo ribadisce è questa: l’insegnamento che lui ha dato di Cristo è vero e santo. Il Cristo che lui ha annunziato e presentato loro, anzi reso presente attraverso la sua vita, è il vero Cristo di Dio, il vero Dio e la sua è la vera Parola della salvezza. Perché allora il vero Cristo non genera dei veri uomini, differenti per pensiero, per comportamento, per scelta di vita, per costumi esemplari, per totale governo di ogni loro passione dai pagani?


Non è sufficiente che venga annunziato e testimoniato il vero Cristo perché i costumi cambino, le vite cambino, i comportamenti e i pensieri cambino. Non è sufficiente imparare a conoscere Cristo secondo verità, perché un uomo sia diverso da un altro uomo e neanche basta essere immersi nella sua morte e nella sua risurrezione perché la condotta vuota di un tempo scompaia.


Cosa è allora che fa la differenza tra l’uomo cristiano e l’uomo pagano?


[21]se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù,


Mentre nel versetto precedente Paolo affermava il fatto di una conoscenza avvenuta, ora manifesta come realmente questa conoscenza si realizza nell’uomo.


La via della conoscenza di Cristo è l’ascolto di Lui. Per ascoltare Lui che parla al nostro spirito, dobbiamo proclamare la sua Parola. Noi diciamo la sua Parola secondo verità e Lui parla al nostro cuore secondo verità. Se noi non diciamo la sua Parola secondo verità, neanche Lui può parlare al nostro cuore secondo verità.


Occorre per questo che coloro che annunziano la Parola mettano ogni impegno a che per il loro ministero risuoni sempre vera la Parola di Cristo Gesù. Se questo non avviene non c’è vera conoscenza di Cristo. Ogni altra cosa per far conoscere Cristo è una via insana, vana, addirittura pericolosa, perché potrebbe e di fatto crea nella mente un falso Cristo.


Essere istruiti in Lui ha un significato di vera mistagogia. È la nostra introduzione nel suo mistero, nella sua vita.


Istruiti”, in questo contesto, non è più apprendere qualcosa della sua verità, del suo mistero. Istruire è essere formati di Lui, è assumere la sua vita in noi in modo che Lui prenda in sé la nostra vita e diventiamo una sola vita, in un solo corpo.


È questo stupendo mistero di unità che deve essere creato tra Cristo e noi e questo non può avvenire se non, ancora una volta, attraverso la Parola. Vivendo tutta la Parola di Cristo Gesù, Cristo prende dimora in noi e noi in Lui. C’è come una abitazione di Lui in noi e di noi in Lui. Quest’abitazione fa sì che si venga a creare una sola vita.


È questa sola vita l’istruzione che è richiesta al cristiano. Egli si deve lasciare istruire da Cristo, si deve lasciare formare in Lui, deve assumere la sua forma, il suo mistero, la sua vita, la sua missione, la sua obbedienza, la sua passione, la sua morte, la sua risurrezione.


Questa istruzione non può avvenire per un puro sentimento, né per pensiero e volontà umana, che decide cosa assumere di Cristo e cosa lasciare, cosa prendere e cosa trascurare.


Questa formazione di Cristo in noi ha una regola obbligata, un sentiero già tracciato; sentiero e regola sono la sua Parola. Non si conoscono altre vie perché Cristo possa essere formato in noi, se non attraverso la nostra formazione nella sua Parola, che deve tradursi in dimora di noi nella Parola e della Parola in noi e questo avviene quando facciamo della Parola di Cristo Gesù l’unica regola della nostra verità e della nostra vita.


Ecco perché Paolo tiene a precisare che l’istruzione del cristiano in Cristo avviene secondo la verità che è Gesù, ma la verità che è in Gesù è il suo mistero di morte e di risurrezione, è l’abitazione in Cristo di tutta la volontà del Padre.


C’è pertanto un solo modo per istruirsi secondo verità: lasciarsi formare dalla verità che è in Cristo Gesù. Questa verità Gesù l’ha fatta Parola e ce l’ha comunicata nel suo Vangelo. Il Vangelo è l’unica via della nostra istruzione in Cristo, perché il Vangelo è la sola verità di Cristo, il suo solo mistero.


[22]per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici


La verità di Cristo in noi non ci trasforma per una sorta di efficacia sacramentale. Il sacramento crea l’uomo nuovo, porta la grazia nel cuore dell’uomo, dona lo Spirito Santo, ci fa dimora della Santissima Trinità, ci costituisce anche un solo corpo con Cristo, ci rende partecipe della natura divina. Tutto questo fa il sacramento.


Però il Sacramento da solo non è sufficiente a far sì che l’uomo viva tutta questa novità di vita, crescendo in essa fino alla perfetta realizzazione di Cristo in Lui.


Occorre per questo l’impegno della volontà dell’uomo. Questo impegno deve accompagnare ogni azione del cristiano, ogni suo pensiero, ogni suggestione della mente, ogni sentimento del suo cuore.


C’è una responsabilità dell’uomo che deve essere assunta pienamente e questa responsabilità consiste nel mettere la volontà perché venga raggiunto il fine nuovo che è venuto a crearsi nella sua carne il giorno in cui è divenuto credente e si è lasciato battezzare nella morte e nella risurrezione di Cristo Gesù.


La volontà è chiamata a deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima. Il che significa che bisogna abbandonare tutte quelle azioni peccaminose che erano giustificate da noi a causa della nostra non conoscenza di Dio.


Ora conosciamo Cristo, il vero uomo, l’uomo perfetto, sappiamo che ci dobbiamo fare ad immagine di Lui e quindi la prima regola per formarci di Lui è quella di deformarci dell’uomo vecchio con tutto ciò che l’uomo vecchio comporta nei pensieri e nelle opere, nei sentimenti e nelle omissioni.


Tutto ciò che è uomo vecchio – essenzialmente per uomo vecchio si intende un uomo che vive senza Dio, vive come se Dio non esistesse, vive nella completa assenza nella sua vita della Parola del Signore – deve essere deposto per sempre, in modo abituale, non saltuario, occasionalmente. L’uomo vecchio che bisogna abbandonare è quello che si corrompe dietro le passioni ingannatrici. Tutto ciò che è passione tradisce una vita vissuta lontano dalla conoscenza della vera Parola di Dio.


La passione non edifica l’uomo nuovo. Non salva neanche l’uomo vecchio. Uccide l’uomo nuovo che è nato nelle acque del battesimo e corrompe l’uomo vecchio, riducendolo a volte in una totale deformazione della sua essenza e della sua umanità.


Le passioni sono ingannatrici, perché mentre promettono gioia e felicità all’uomo, altro non seminano nella sua carne se non morte. Il frutto della passione è la morte.


Mentre essa promette vita, l’uomo vi crede e si lascia irretire, altro non fa che seminare morte attorno a sé. Questa è la realtà del cristiano che non pone seriamente la sua volontà per l’edificazione in Lui di Cristo, la fonte della vita dell’uomo nuovo, operato in lui dallo Spirito Santo.


Come si può constatare nella nostra fede due sono i soggetti agenti, sempre: sia nella redenzione che nella edificazione dell’uomo nuovo: Dio e l’uomo, la grazia e la volontà umana, lo Spirito Santo e l’impegno dell’uomo; il Vangelo e la sua accoglienza; la grazia e il suo sviluppo nel nostro cuore.


Se uno di questi due elementi manca, l’uomo nuovo non si sviluppa, anche se è nato, ben presto morirà; l’uomo vecchio trionferà anche nel cristiano e lo condurrà ad una sicura morte, morte nel tempo che si concretizzerà come morte eterna, nell’inferno, per sempre.


[23]e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente


Per costruire l’uomo nuovo occorre partire dalla mente. Il Vangelo parte dalla mente dell’uomo. Gli chiede di cambiare mente: questo è il significato della parola conversione, in greco: metanoia, oltre la mente.


Oltre la mente ha però un significato ben preciso: bisogna andare oltre ogni mente umana, se si vuole raggiungere ed entrare in possesso della verità di Cristo Gesù, verità dinamica e per nulla statica, verità che obbliga l’uomo a trascendersi sempre, ad abbandonare ciò che ha fatto ieri per entrare nella volontà di Dio che oggi ci viene comunicata attraverso il suo Santo Spirito.


Non c’è alcuna possibilità per rinnovare la nostra mente, se non l’abbandono della nostra mente, per assumere la mente di Dio.


Ora la mente di Dio si assume solo attraverso una via: togliendo i nostri pensieri e mettendo i suoi. Ma i pensieri di Dio sono tutti contenuti nel suo Santo Vangelo. Rinnovare la nostra mente significa pertanto abbandonare le nostre parole e mettere al loro posto le parole di Dio, la Parola di Dio, Parola che lo Spirito Santo ci offre ogni giorno secondo la sua eterna verità: verità completa, perfetta, santa.


È questo un lavoro che mai finisce. Dura tutta una vita. Ogni giorno ci dobbiamo confrontare con la Parola di Gesù, esaminare quanto viviamo di essa, perché è il nostro inserimento vitale in essa, che attesta e rivela quanto in verità noi siamo rinnovati o ci siamo lasciati rinnovare nella nostra mente.


Finché la mente non sarà cambiata, l’uomo vecchio spadroneggerà sempre su di noi e ci trascinerà in una concupiscenza senza limiti, in un peccato che non conosce frontiere, in una avidità che mai si sazierà. È proprio questa la caratteristica del peccato: la sua insaziabilità.


La vita spirituale ha delle regole. Queste regole bisogna che vengano osservate. Una di queste regole è quella di nutrire quotidianamente la nostra mente di Parola del Signore. Solo così la nostra mente cambia, si rinnova, va oltre se stessa, abbandona se stessa e al suo posto viene messa la mente di Dio, che è purissima verità di amore e di salvezza eterna.


[24]e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera.


Messa nella nostra mente la mente di Dio, cambiati i nostri pensieri con quelli del Signore, contenuti nel suo Santo Vangelo, bisogna iniziare a rivestire l’uomo nuovo.


L’uomo nuovo è sì quello creato dallo Spirito Santo nel battesimo. Ma anche l’uomo nuovo, l’uomo vero, è Cristo Gesù.


Il cristiano è chiamato a rivestire l’uomo nuovo, rivestendo Cristo Gesù. Come avviene questa vestizione?


Prima di tutto viene qui manifestata la via attraverso cui è possibile fare l’uomo nuovo.


L’uomo nuovo lo fa il Signore. Lo fa per mezzo del suo Santo Spirito. Lo fa nel sacramento del battesimo mediante l’opera di mediazione della Chiesa.


Quest’uomo nuovo che dobbiamo rivestire è pura creazione, anzi pura nuova creazione. Non è opera nostra, è opera di Dio, non nasce dalla terra, discende dal cielo.


In questa nuova creazione l’uomo è fatto secondo Dio, nella giustizia e nella santità vera.


È creato secondo Dio, perché viene fatto secondo il disegno eterno che Dio ha sull’uomo e il disegno eterno è uno solo: fare ogni uomo ad immagine di Cristo Gesù, fare di ogni uomo un’immagine vivente del Figlio suo. Questa è la volontà eterna di Dio sull’uomo.


Quest’uomo nuovo è creato nella giustizia e santità vera. È reso partecipe della divina natura – è questa la santità vera –; è scritta nel suo cuore dallo Spirito Santo la legge, la volontà di Dio, che dovrà guidarlo per tutti i giorni della sua vita.


La legge, la giustizia, secondo la quale egli dovrà camminare è la volontà di Dio, sulla volontà di Dio lo muove e lo conduce lo Spirito del Signore, che è posto in lui, che si posa su di lui in modo stabile e permanente.


L’uomo nuovo è stato rivestito il giorno del battesimo. L’uomo nuovo Cristo Gesù deve essere rivestito ogni giorno e lo si riveste conformandoci a Lui, lasciandoci muovere dal suo Spirito perché si compia ogni Parola che Dio ha scritto per noi e vuole che noi la compiamo in ogni sua più piccola manifestazione di verità e di giustizia. C’è un’azione che è tutta posta nella volontà dell’uomo. Il risultato dipende dal suo impegno, dal suo quotidiano lavoro, dall’impegno che viene profuso in quest’opera tutta finalizzata a rivestire l’uomo nuovo.


La nuova vita si riceve in dono, bisogna però farla crescere e fruttificare. La crescita e la fruttificazione sono anch’esse dono di Dio, dipendono però dalla volontà dell’uomo, dal suo impegno, dal suo lavoro.


Non lo si dimentichi: Dio e l’uomo insieme per la redenzione, la giustificazione, la santificazione dell’uomo. Dio e l’uomo insieme per la redenzione, la giustificazione, la santificazione del mondo intero.


Dio c’è sempre con il suo dono di grazia e di verità, con il dono di Cristo e dello Spirito Santo. Sovente manca l’uomo, manca la sua volontà, il suo impegno, il suo costante lavoro.


È sempre a causa dell’uomo che l’opera della salvezza o viene impedita, o ritardata, o espletata male, o fallisce del tutto. Se un solo uomo si perde nel mondo, non è certo per mancanza di grazia da parte di Dio; si perde perché colui che è stato incaricato a portare la grazia e la verità, divenendo lui stesso grazia e verità per i suoi fratelli, è venuto meno in questo compito.


Lui che avrebbe dovuto presentarsi ai fratelli rivestito dell’uomo nuovo, trasformato in Cristo, l’Uomo nuovo, si è invece presentato da uomo vecchio, impedendo così alla grazia di poter agire efficacemente per la salvezza.


[25]Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri.


Come si costruisce concretamente l’uomo nuovo e come si vive da uomini nuovi?


Ci sono delle cose che rivelano se siamo nella verità o nella falsità, se abbiamo rivestito l’uomo nuovo, oppure agiamo ancora secondo l’uomo vecchio.


Il cristiano è uomo nuovo perché è passato dalle tenebre alla luce e dalla menzogna nella verità.


Cosa è la menzogna e cosa è la verità, dal momento che il cristiano deve bandire dalla sua vita la menzogna?


La menzogna è l’inganno perpetrato ai danni del fratello. Il fratello è da amare, rispettare, servire nel bene con la parola e con le opere.


Quando si causa un danno al fratello per mezzo di una parola falsa, non lo si ama, non lo si serve, non lo si aiuta nel suo farsi e divenire in tutto simile a Cristo Gesù.


Invece il prossimo è da aiutare servendolo con una parola sempre santa, che non solo gli indichi il cammino della vita, ma anche lo aiuti nelle cose umane, della terra, a realizzare se stesso secondo la volontà di Dio.


La menzogna deve essere bandita nelle relazioni tra cristiani non solo per motivi di ordine morale, ma anche di ordine teologico, anzi di ordine Cristologico. I cristiani in Cristo formano un solo corpo, in Cristo sono membra gli uni degli altri. Dire una menzogna al fratello, allontanarlo dalla verità, provocargli un danno morale, spirituale, materiale, non è un danno provocato a lui, a colui cui la menzogna viene proferita, il danno è provocato a tutto il corpo e di conseguenza anche colui che dice la menzogna, che inganna il suo prossimo, inganna se stesso, mente a se stesso, porta fuori della verità se stesso.


La menzogna, come ogni altro peccato che il cristiano commette contro gli altri, è un danno provocato direttamente a se stesso, in quanto corpo di Cristo e quindi membro di colui al quale il danno è stato arrecato.


In questo versetto ci sono però due obblighi. Oltre quello di bandire la menzogna, c’è l’altro che ci chiama a dire la verità al prossimo.


Cosa intende dirci Paolo richiamando questo obbligo? Vuole dirci una cosa assai semplice: il cristiano deve volere il bene del fratello, tutto il bene, il più grande bene. Ora non c’è bene se non nella verità. Non c’è carità se non nella verità. Non dire la verità al fratello è nascondergli la via della vita, la via del suo bene, la via della salvezza.


Come può uno amare il fratello, se gli nasconde la via della vita e della salvezza? Se non lo aiuta concretamente, almeno con la parola, a trovare la via della vita e della salvezza?


Quest’obbligo non è una piccola cosa. È una grande cosa. In questo obbligo è la vita dei fratelli. A volte basta una parola per salvarli e non la si dice loro. Siamo responsabili della loro non vita, della loro non riuscita, di ogni difficoltà nella quale si imbattono a causa di quest’obbligo non osservato.


Quest’obbligo stravolge tutte le nostre relazioni sociali. Queste relazioni il più delle volte sono fatte sulla menzogna, sull’inganno. Sempre però sono impostate sul nascondimento della verità.


La parola del cristiano è via di vita e di salvezza. Il cristiano può essere anche il più povero tra i più poveri, però potrebbe salvare il mondo se si decidesse ad avere sempre una parola di verità sulla sua bocca.


La verità è la ricchezza del cristiano e con essa può fare ricco il mondo. Dire la verità, dirla sempre, in ogni circostanza, impostare le nostre relazioni sulla verità, è il modo di Cristo di vivere la carità.


[26]Nell'ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira,


L’ira è la perdita del controllo delle nostre azioni. Parola e gestualità sfuggono alla nostra razionalità, alla volontà.


Nell’ira l’uomo non è più uomo, perché non è più nel governo di se stesso.


Paolo concepisce che uno possa adirarsi per dei motivi gravi, possa cioè alterare la sua voce e i suoi gesti, ma qual è il limite di questa alterazione?


Vengono qui poste due condizioni all’ira: la prima è che non si superi il limite oltre il quale c’è il peccato. Per questo occorre un serio dominio di sé, perché anche con la lingua non si dicano parole sconvenienti, disdicevoli per un cristiano.


Le parole sconvenienti vanno dall’ingiuria, dall’insulto (si pensi alla parola di Gesù che ci proibisce di chiamare stupido, stolto un nostro fratello), fino alla bestemmia, peccato gravissimo contro Dio.


I gesti a volte possono provocare gravi danni che vanno dalle lesioni alla persona fino ad infliggere la morte (o in modo diretto o in modo indiretto) con conseguenze che lasciano strascichi per tutta la vita.


La seconda condizione vuole che subito dopo l’alterazione si ritorni nella normalità dell’esistenza. Per questo chi si è lasciato prendere dall’ira, deve nel più breve tempo possibile ritornare nella sua pacatezza e serenità e ristabilire ogni contatto interrotto con i proprio fratelli.


La via ordinaria del cristiano è la pace, la serenità, la tranquillità nelle relazioni. Tutto il resto non è via secondo Dio. Se a causa della non ancora raggiunta perfezione si dovesse cadere in un qualche peccato, anche lieve, nelle relazioni, è giusto che si ripari al più presto e il più presto per Paolo è nella stessa giornata. Domani potrebbe essere tardi. Un altro giorno potrebbe divenire impossibile. Un altro ancora irreversibile.


[27]e non date occasione al diavolo.


Cosa è l’occasione data al diavolo? È quell’occasione propizia per la sua tentazione e quindi per la nostra caduta nel peccato.


Se si legge questa esortazione di Paolo alla luce di quanto ha detto finora: menzogna e ira, l’occasione che si dona al diavolo è questa: infrangere i rapporti della comunione che devono sempre regnare in seno all’unico corpo del Signore Gesù.


Se un fratello scopre che l’altro fratello lo inganna, non gli dice la verità, tiene nascoste cose necessarie per la sua vita, lo tiene lontano dalla fonte della vita, questo fratello che si sente ingannato perde la fiducia nel fratello che lo inganna. Qual è il risultato? Viene a crearsi nel corpo di Cristo una spaccatura, uno scisma, una divisione. Un fratello è contro l’altro fratello perché si sente defraudato in qualcosa da costui.


Se invece riguarda l’ira, si perde la fiducia nell’altro che si adira, perché non lo si giudica un uomo paziente, misericordioso, accogliente, benevolo, padrone di sé, libero dalle cose di questo mondo.


È vero che chi subisce il torto o della parola, o dell’ira dovrebbe essere superiore a queste cose. Ma anche che è superiore, anche se si trova impegnato in un cammino di perfezione, satana potrebbe approfittare per inoculare nel suo cuore un veleno di morte, un veleno di giudizio, di condanna, un veleno di rottura della comunione e di diffidenza perenne.


Sono proprio queste cose che turbano il buon andamento di una comunità.


Nessuno conosce l’astuzia di satana, così perfida e malvagia, da approfittare anche di una cosa anodina, senza importanza, minima, senza significato alcuno, per iniettare nel cuore il dubbio sull’altro, il giudizio sfavorevole, la condanna, la riprovazione. Queste sono cose tutte che rompono la comunione, perché creano nel cuore un pensiero contrario alla carità, all’amore, alla stima, alla fiducia.


Su questo bisogna prestare la più grande attenzione. La vigilanza non è mai troppa. A volte anche una parola detta così, per semplicità, dona occasione al diavolo di portare nel nostro cuore dei sentimenti contrari verso il fratello. In questo caso, quando l’altro non c’entra per niente, perché siamo noi che non siamo sufficientemente formati, forti, liberi, chi ci può aiutare è senz’altro la preghiera innalzata immediatamente alla Vergine Maria, Madre della Redenzione.


Il suo aiuto è determinante, indispensabile, per vincere l’occasione data al diavolo di tentarci, attraverso una sola parola vana che è uscita dalla nostra bocca. Il suo aiuto ci toglie dall’occasione e ci riporta in un cammino assai normale, soggetto sempre alle insidie e alla tentazione del principe di questo mondo. Ma anche questo cammino ordinario si deve percorrere con l’aiuto della Vergine Maria. Lei è garanzia sicura di vittoria sul diavolo e i suoi angeli.


[28]Chi è avvezzo a rubare non rubi più, anzi si dia da fare lavorando onestamente con le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità.


Il furto è l’appropriazione di una cosa non nostra contro la volontà del padrone, che deve essere sempre esplicita, mai implicita. In morale è definito: “ablatio rei alienae invito domino”. L’asportazione della cosa degli altri senza la volontà del padrone.


Ciò che non è nostro, mai deve poter divenire nostro per nostra sola volontà. Può divenire nostro per volontà libera, mai costretta, mai raggirata, o ingannata, del padrone.


Le modalità del furto sono infinite. Esse vanno dalla invisibilità dell’azione, ad un’azione eclatante di paura, o di terrore, che può finire anche nello spargimento del sangue.


Non importa come avviene l’azione, importante è sapere che la cosa degli altri non ci appartiene, non può appartenerci, non ci apparterrà mai. La cosa è dell’altro è rimane sempre dell’altro. “Res clamat dominum”. Ogni cosa richiede e domanda il suo signore, il suo padrone.


Per quanto riguarda la gravità del peccato: il furto rimane sempre furto e va dal peccato veniale se la cosa asportata è di lieve entità, fino a raggiungere il peccato mortale in materia grave.


È giusto ricordare che il furto si ripara solo con la restituzione.


Al peccato del furto possono aggiungersi altri peccati. I comandamenti violati generalmente sono il quinto e il decimo.


Qui la gravità si misura in base all’azione commessa e quindi va giudicata caso per caso.


Il cristiano non può rubare, oltre che non deve. Non può per un fatto assai semplice: egli nella sua nuova costituzione, nella nuova rigenerazione, è l’uomo che dona, non l’uomo che prende. È l’uomo che dona tutto se stesso ai fratelli; è l’uomo che si fa sacrificio, oblazione, vittima d’amore per gli altri.


Il furto, più di ogni altro peccato, contraddice palesemente la sua nuova costituzione. Egli è l’uomo del dare, del dare se stesso, del consumare la sua vita per gli altri, dell’immolare se stesso per la salvezza del mondo. A questo è chiamato il cristiano. Per questo motivo egli non può rubare.


Inoltre c’è sempre per lui il comandamento delle origini: “ti guadagnerai il pane con il sudore di tua fronte”. Questo comandamento non è stato abolito, non sarà mai abolito.


Chi non mangia il proprio pane lavorando onestamente con le sue mani, commette un furto, prende ciò che non è suo, che non gli appartiene e così facendo contraddice in modo sostanziale il suo nuovo modo di essere in Cristo.


Paolo però vede anche il lavoro in funzione del corpo di Cristo. In questo corpo ci sono cellule che possono lavorare e cellule in necessità, che sono fisicamente impossibilitate a svolgere una qualsiasi attività.


Il cristiano è chiamato non solo a lavorare per sé, è anche invitato a lavorare per gli altri, a fare parte di quanto possiede alle altre membra del corpo di Cristo.


Ancora una volta siamo ricondotti alla nuova essenza che è stata creata in noi dallo Spirito nel santo battesimo. Siamo stati rigenerati, ma anche fatti e costituiti membra del corpo di Cristo.


Nel corpo di Cristo c’è una sola legge: quella della comunione e della solidarietà. Questa legge è reale, non ideale, di pura fantasia o di immaginazione. È legge che obbliga a sostenere chi è in difficoltà, nel bisogno, che versa in necessità.


Essendo noi un solo corpo, la necessità è del corpo, non della singola cellula e chi lavora è sempre il corpo, non la singola cellula. Ora è dovere del corpo sovvenire alle necessità della singola cellula ed è dovere della singola cellula sovvenire alle necessità dell’intero corpo.


Questa è la legge che bisogna vivere all’interno del corpo del Signore, perché questa è la verità che governa tutto il corpo di Gesù.


È questa l’unica straordinaria potenza per la creazione di relazioni sante tra gli uomini. Se il cristiano non vive la sua nuova essenza, egli non può dirsi corpo di Cristo. È corpo di Cristo, ma cellula morta. La vita di Cristo non passa più attraverso di essa, non si ferma in essa e non raggiunge il mondo.


È questa la contraddizione cristiana che dobbiamo evitare, se vogliamo essere testimoni incisivi nella storia, tra gli uomini.


Un non credente che vede ogni giorno il cristiano calpestare la sua essenza, perché vive in una perenne contraddizione con essa, e la contraddizione è sempre di peccato, come potrà credere nel Signore Gesù?


Se colui che è suo testimone ne mostra una immagine falsa, chi potrà mostrare quella vera a colui che non crede?


Su questo bisogna riflettere. Noi oggi abbiamo tutto incentrato sulla carta la nostra verità.


La verità del cristiano non deve essere sulla carta, ma sulla carne; non deve essere su un testo di teologia, ma prima di tutto nella testa del cristiano e nel cuore, per essere nell’anima, nei sentimenti, in tutto il suo corpo. Finché la nostra verità sarà sulla carta, nessuna possibilità ci sarà mai di rendere vera testimonianza a Cristo Gesù.


La rivoluzione cristiana inizia quando si passa dalla carta alla carne e dal testo alla testa e quindi al cuore e allo stesso corpo, passando per ogni suo sentimento. La carne è la via della salvezza, la via della vita.


[29]Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano.


Il discepolo di Gesù deve possedere il perfetto controllo della sua bocca. Chi controlla la bocca controlla il cuore. Il cuore puro genera una bocca pura; la bocca pura è segno di un cuore puro.


Il cristiano deve imitare il suo Maestro anche nell’uso della lingua. La volontà di Gesù la conosciamo: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5,37).


Questo è stato detto a proposito del giuramento. C’è anche un’altra parola di Gesù che merita di essere ascoltata: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.


Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.


Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive.


Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato” (Mt 12, 30-37).


La parola di Gesù è verità. Cuore e parola sono intimamente connessi. La parola può distruggere un uomo. Ne basta a volte una sola.


C’è un comandamento che è posto a salvezza dell’uomo: l’ottavo: “Non dire falsa testimonianza”, nel quale sono contemplate tutte le altre parole che possono nuocere ai fratelli: calunnie, giudizi temerari, mormorazioni, pettegolezzi, dicerie ed altro.


Paolo raccoglie tutto in una espressione: “Parola cattiva”, e si intende ogni parola dell’uomo che arreca un danno al fratello, ogni parola inutile, vana, insensata, vuota, non pesata, non misurata, ambigua, a doppio senso, triviale, scurrile, grassa, zozza e via dicendo. È parola cattiva ogni parola che va oltre il sì e oltre il no, raccomandati, voluti da Cristo Gesù, specie se ferisce in qualche modo l’8° comandamento. Perché questo non accada non è la bocca che bisogna pulire, ma il cuore, perché è il cuore la sede di ogni parola che esce dalla nostra bocca.


San Giacomo dice addirittura che la sede della parola cattiva è la geenna del fuoco : “Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo, poiché tutti quanti manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo.


Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare!


Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.


Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. È dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev'essere così, fratelli miei!


Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce. Chi è saggio e accorto tra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere ispirate a saggia mitezza.


Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall'alto: è terrena, carnale, diabolica; poiché dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. La sapienza che viene dall'alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia.


Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace.


Da tutto il capitolo 2° che è stato riportato si può notare quanta attenzione è richiesta al discepolo di Gesù nell’uso della lingua. Questo a motivo del male che essa può generare in seno alla comunità degli uomini.


Ma già l’Antico Testamento (Sir 28,13-26) aveva messo in guardia gli uomini dall’uso della lingua:


Maledici il delatore e l'uomo di doppia lingua, perché fa perire molti che vivono in pace. Una lingua malèdica ha sconvolto molti, li ha scacciati di nazione in nazione; ha demolito forti città e ha rovinato casati potenti. Una lingua malèdica ha fatto ripudiare donne eccellenti, privandole del frutto delle loro fatiche. Chi le presta attenzione non trova pace, dalla sua dimora scompare la serenità.


Un colpo di frusta produce lividure, ma un colpo di lingua rompe le ossa. Molti sono caduti a fil di spada, ma non quanti sono periti per colpa della lingua.


Beato chi se ne guarda, chi non è esposto al suo furore, chi non ha trascinato il suo giogo e non è stato legato con le sue catene. Il suo giogo è un giogo di ferro; le sue catene catene di bronzo. Spaventosa è la morte che procura, in confronto è preferibile la tomba.


Essa non ha potere sugli uomini pii, questi non bruceranno alla sua fiamma. Quanti abbandonano il Signore in essa cadranno, fra costoro divamperà senza spegnersi. Si avventerà contro di loro come un leone e come una pantera ne farà scempio.


Ecco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa, lega in un sacchetto l'argento e l'oro, ma controlla anche le tue parole pesandole e chiudi con porte e catenaccio la bocca. Stà attento a non sbagliare a causa della lingua, perché tu non cada davanti a chi ti insidia”.


Sia l’Antico che il Nuovo Testamento vedono la straordinaria capacità di distruzione che possiede la parola dell’uomo. L’uso della lingua per il male è vietato al cristiano in tutto. Questa è la regola. Altre regole non esistono.


È pertanto “parola cattiva” ogni parola che genera un danno al fratello, anche lieve, anche se è di scandalo dei piccoli, anche se è un turbamento del suo spirito a causa di una nostra parola, che per noi potrebbe essere parola innocente, gli altri potrebbero anche giudicarla male.


La prudenza nell’uso della lingua deve essere piena, totale. Per questo è necessario chiedere allo Spirito Santo che metta sulle nostre labbra sempre una parola buona, saggia, clemente, sobria, vera, opportuna, creatrice di verità e di pace nel cuore dell’altro.


Un Sacerdote, che è bocca di Cristo Gesù, è obbligato in ragione della sua configurazione a Cristo, a parlare in tutto come Cristo, ma per questo gli è necessario anche il cuore di Lui.


Paolo dona anche lui una regola circa l’uso della parola. Bisogna che ogni nostra parola sia una parola di edificazione, una parola di salvezza, una parola che porti verità e pace nei cuori.


Chi deve essere edificato nei cuori è Cristo Gesù. La nostra parola è di edificazione se è una parola di Dio, proferita in Cristo Gesù, con l’assistenza quotidiana dello Spirito Santo.


Tuttavia bisogna possedere nel cuore una certezza: il cristiano è responsabile di ogni sua parola che non ha contribuito a edificare Cristo nei cuori dei suoi fratelli, che non ha operato per un radicamento della verità, che non ha operato il rinnovamento di un cuore.


La parola del cristiano deve essere creatrice al pari di quella di Dio. Cosa deve creare la parola del cristiano? Essa deve creare nuovi i cuori, le menti, gli spiriti. Deve aiutare ogni uomo a pensare e a volere secondo Dio e per questo è necessario che dalla sua bocca escano solo parole di verità, di giustizia, di pace, di misericordia, di scusa, di perdono, parole di santità, di amore, di comprensione, di sano discernimento. Queste sono le parole buone che fanno bene al cuore e alla mente di chi ascolta.


Ma Gesù ci dice che il santo avrà una parola santa, mentre il cattivo avrà una parola cattiva. La parola è la misura della santità di un uomo.


Se dobbiamo operare un giudizio di verità sul cuore dell’uomo del nostro tempo, dobbiamo dire che è frivolo, sporco, lussurioso, mendace, di parte, incapace di verità e di carità.


Immerso soprattutto nelle cose della terra, senza alcuna capacità di elevarsi verso il cielo. Quello dell’uomo odierno è un cuore che non vede Dio, quindi un cuore non puro. Se il suo cuore non è puro, neanche le sue parole saranno pure.


Le parole è evidente che non sono pure, manifestano e rivelano pertanto un cuore anch’esso impuro.