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PREGHIERA DI PAOLO


[14]Per questo, dico, io piego le ginocchia davanti al Padre,


Non basta offrire la sofferenza, o la tribolazione per gli altri, per essere in tutto simile a Cristo Gesù.


Cristo Gesù non solo si è offerto per la redenzione del mondo, ha anche innalzato a Dio una preghiera ininterrotta sia per i suoi apostoli che per ogni altro uomo. Cristo Gesù ha pregato anche per i suoi crocifissori, chiedendo per loro perdono, chiedendo al Padre di aprire le porte della misericordia anche a loro, scusandoli, dicendo che non sanno quello che fanno.


Chi si prega? Sempre il Padre celeste. Ogni preghiera deve avere Lui come suo soprannaturale Termine.


Nessuna preghiera può essere indirizzata a qualcun altro sulla terra e nel cielo considerandolo come soprannaturale Termine. Tutti gli altri (Angeli e Santi) possono e debbono essere pregati, ma sempre come termini intermedi, come mediatori della nostra preghiera, o come strumenti di essa, perché questa possa raggiungere con più efficacia il Padre nostro Celeste.


Come Dio è ultimo soprannaturale Termine della nostra preghiera, così Cristo Gesù è l’ultimo soprannaturale Termine di ogni altra mediazione. Tutti possono essere considerati mediatori della nostra preghiera, ma tra noi e Cristo, perché portino la nostra preghiera a Cristo, poi sarà Cristo a portarla al Padre nostro celeste.


È questa la legge della preghiera. Se altre leggi vengono proposte, queste altre leggi non sono vere, sono false, errate, non buone, non giuste.


Piegare le ginocchia è segno di adorazione. È tuttavia un segno esterno, che potrebbe cambiare nel corso dei secoli.


Se cambia il segno, non deve però mancare la nostra adorazione. Nell’adorazione si riconosce il Padre dei cieli come nostro unico Signore, nostro Creatore, nostro Padre, nostro tutto, cui è dovuta la nostra vita e la vita si dona in una obbedienza perfetta alla sua volontà.


Paolo in questo versetto si rivolge a Dio che è Padre, è Padre ed è anche Dio, è Padre ed è il Signore, per questo piega le ginocchia e si prostra in adorazione.


Paolo ci dona così un grande insegnamento, a noi che spesso dimentichiamo l’assoluta trascendenza di Dio e quasi quasi ne facciamo uno al pari di noi, con una familiarità che dimentica il mistero di Dio, lo abolisce, come se la religione cristiana fosse abolizione del mistero divino.


La nostra fede innalza nel mistero, ma non abbassa il mistero; eleva nel mistero, ma non lo distrugge, non lo abolisce, non lo vanifica, non lo rende nullo. Questo dovrebbe insegnarci di stare dinanzi a Dio con quella compostezza dell’anima, dello spirito e del corpo, che anche esteriormente manifesta e fa trasparire l’adorazione che è dovuta al suo Santissimo Nome.


Insegnare il rispetto di Dio, la sua trascendenza, la sua divinità, la sua Signoria su di noi, non toglie nulla alla sua Paternità, anzi la manifesta e la rivela nella sua vera essenza.


Se prima c’era un rigorismo esagerato, oggi c’è un lassismo altrettanto esagerato. La virtù vuole che non si esageri e non ci si rilassi. La virtù vuole che il figlio onori il Padre celeste e questo onore traspaia anche nelle forme esterne attraverso le quali egli manifesta e vive questa relazione di pietà filiale.


[15]dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome,


Dio è il Padre, fonte di tutto ciò che esiste nei cieli e sulla terra, del visibile e dell’invisibile, dello spirito e della materia, dell’anima e del corpo.


Dio è fonte per generazione e per creazione, ma tutto da Lui ha origine, prende nome.


Per generazione è fonte solo del Verbo della vita, del suo Figlio Unigenito. Solo Lui è dalla sua natura per generazione. Il Verbo è generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. Il Verbo è luce dalla luce del Padre, è Dio vero dal Dio vero che è il Padre.


Tutti gli altri esseri esistenti, dagli Angeli all’ultima particella infinitesimale, che è oltre l’atomo, compreso ogni essere vivente, è opera sua per creazione dal nulla.


Prima, da sempre, esisteva solo il Dio Trinità: Padre e Figlio e Spirito Santo.


Dal Padre, all’origine del tempo – quando, nessuno lo sa – per creazione, per la mediazione del Figlio, ogni altra cosa ha avuto origine.


La creazione implica la non esistenza della cosa. Prima c’è il nulla, o meglio non c’era nulla. C’era solo Dio e basta. Poi all’inizio del tempo le cose per creazione iniziarono ad esistere e tutto è per creazione ciò che è fuori di Dio.


Dio è Padre in senso lato, in quanto creatore. In quanto Creatore dal nulla ogni cosa viene da Lui. In tal senso: da Lui prende nome ogni paternità.


All’interno della creazione c’è però un regime nuovo che è dato dalla risurrezione di Cristo Gesù. Dopo che Cristo è morto ed è risuscitato, morto per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione, c’è una paternità nuova di Dio ed è la paternità per adozione, che diviene per noi figliolanza di adozione.


In Cristo, generati dallo Spirito Santo, diveniamo veri figli adottivi di Dio. Siamo figli nel Figlio per una generazione spirituale, che è anche inserimento nel corpo glorioso e spirituale di Cristo Signore.


Anche questa nuova paternità e figliolanza prende il nome dal Padre dei cieli. È per sua volontà che noi siamo generati come suoi figli ed è sempre per sua volontà che noi possiamo accedere al trono della grazia chiamandolo Padre, Abbà.


[16]perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore.


Paolo sa che tutto è dono di Dio. Sa anche che tutto bisogna chiedere a Lui.


Gesù nel Vangelo ci insegna che dobbiamo cercare prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia.


Cosa è il regno di Dio e la sua giustizia se non la conoscenza di Dio, del suo mistero, della sua volontà, perché in essi viviamo tutti i giorni della nostra vita?


Paolo chiede qualcosa di grande per gli Efesini. Chiede a Dio che voglia rafforzare potentemente con il suo Santo Spirito il loro uomo interiore.


Questo rafforzamento potente non deve avvenire per un giorno o per qualche ora, ma deve essere per sempre e deve compiersi secondo la ricchezza della sua gloria, cioè del suo amore, della sua misericordia, che è Cristo Gesù.


La gloria del Padre è Cristo. Il Padre deve, con la potenza dello Spirito Santo, rafforzare gli Efesini nel loro uomo interiore e l’uomo interiore è quello che è nato da acqua e da Spirito Santo ed è già inserito in Cristo.


Il Padre, sempre per opera dello Spirito Santo, deve rendere questo legame con Cristo indistruttibile, non solo a livello di essere, sia anche a livello operativo.


Il cristiano e Cristo devono essere potentemente un solo corpo, ma anche una sola vita, una sola missione, una sola opera di salvezza, una sola offerta, una sola crocifissione, una sola risurrezione, una sola abitazione nel cielo, oggi e sempre e per tutta l’eternità beata.


Paolo sa che la forza del cristiano è lo Spirito Santo; sa anche che la vita del cristiano è Cristo. Sa però che tutto è dalla volontà del Padre. È il Padre che deve operare attraverso il suo Santo Spirito il rafforzamento degli Efesini nell’uomo interiore ed è sempre il Padre che deve fare di Cristo e dei suoi discepoli una cosa sola a livello di essere e di operazione.


Se il Padre ogni giorno rafforza, vivifica, rende indistruttibile questo legame, gli Efesini produrranno frutti di vita eterna per se stessi e per il mondo intero, poiché con il loro vitale inserimento in Cristo e la potenza dello Spirito Santo che rinnova e fortifica il loro uomo interiore, l’opera di Cristo viene svolta secondo ogni esigenza di santità, il mondo vede la luce della verità e della grazia e mosso dallo Spirito che vive ed opera negli Efesini, accoglie la Parola ed entra nella vita.


La pastorale non è azione dell’uomo esteriore; è opera dell’uomo interiore, cioè dell’uomo nuovo, dell’uomo innestato in Cristo, che vive in Cristo, che compie l’opera di Cristo.


Paolo sa che l’uomo interiore non si fa una volta per tutte. Viene costituito nel battesimo, ma poi ha una vita che cresce e si sviluppa, ma anche che si arresta nella crescita e può anche morire.


Perché la vita nuova non muoia, ma cresca e produca frutti di salvezza, di vita eterna, di redenzione occorre che essa sia posta perennemente e potentemente in Cristo. Questo solo lo Spirito lo può fare, ma è solo Dio che lo può volere.


La preghiera rende pietoso e misericordioso il Signore, che opera quanto richiesto dai suoi fedeli servitori che già, sempre per grazia di Dio, sono una cosa sola in e con Cristo Gesù.


[17]Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità,


Viene ora ulteriormente specificato cosa significa essere rafforzati potentemente nell’uomo interiore.


Questo rafforzamento è l’abitazione di Cristo in noi, nel nostro cuore. Abitazione di grazia, di verità, di santità. Abitazione di morte e di risurrezione, ma anche di ascensione gloriosa al cielo.


Cristo deve realizzare il suo mistero in ognuno di noi. Personalmente ognuno è chiamato a realizzare Cristo.


Perché possa essere realizzato, Cristo deve abitare nel nostro cuore. La sua dimora però deve essere viva e vitale e questo avviene solo nella fede.


La fede in questo versetto si riveste di un concetto assai particolare. Essa è prima di tutto scienza e conoscenza nello Spirito Santo che la verità del nostro essere è solo in Cristo. È in Lui il nostro compimento, la nostra realizzazione, il nostro presente, il nostro futuro, sia nel tempo, che nell’eternità.


Questa fede è preliminare ad ogni altra verità che possiamo conoscere su Cristo Gesù, sul Padre e sullo Spirito Santo.


Per questa fede che ci fa confessare che solo in Cristo è la vita dell’uomo, anzi che solo la vita di Cristo è la vera vita che dobbiamo realizzare in noi – le altre, tutte le altre forme di vita, non sono vita, bensì morte – i cristiani chiedono a Dio che Cristo abiti nel loro cuore. Vi abiti però con la ricchezza e la potenza del suo mistero.


Vi abiti per rendere il suo mistero il nostro mistero e quindi tutta la nostra vita deve essere trasformata in mistero di Cristo Gesù. Per questo Cristo deve abitare, ma per abitarvi deve essere chiamato, per essere chiamato abbiamo bisogno di quella fede preliminare che è scienza e sapienza dello Spirito Santo che ci ha già convinti che solo Lui è la nostra vita e che solo il suo mistero è il nostro mistero.


Cristo è la carità del Padre; del Padre è l’amore, la misericordia, la pietà; del Padre è il perdono. Del Padre è il dono di salvezza per l’umanità intera. Questo è nella sua essenza il mistero di Cristo. Radicati in Cristo, siamo radicati e fondati nella sua carità, in questo suo mistero d’amore. Il mistero dell’amore di Cristo è anche quello del Padre. C’è un solo mistero d’amore che è del Padre e del Figlio e si vive nella comunione dello Spirito Santo.


Paolo chiede a Dio che il cristiano possa essere interamente trasformato nel mistero d’amore di Cristo Gesù, che è manifestazione dell’amore del Padre, della sua carità eterna.


Perché chiede questo? Lo chiede perché solo se il cristiano diventa un solo mistero d’amore in Cristo e con Cristo, egli può trasformarsi ed essere fatto un dono della carità del Padre per la salvezza del mondo.


Se invece il cristiano rimane fuori di questo mistero, se il suo uomo interiore non è potentemente configurato a Cristo Gesù, la sua vita non diviene quella di Cristo e quella di Cristo non si fa sua vita. C’è una separazione tra la vita di Cristo e quella del cristiano, ma se c’è separazione, non c’è compimento della missione di Cristo e il mondo resta nel suo peccato e nella sua morte.


Paolo illuminato dallo Spirito Santo è penetrato nel cuore del mistero della salvezza. La salvezza è dono della carità del Padre, la carità del Padre è Cristo crocifisso, non solo. La carità del Padre è il corpo di Cristo crocifisso per il mondo intero.


Il cristiano è corpo di Cristo, ma potrebbe esserlo solo sacramentalmente, ma non vitalmente. Se lo è solo sacramentalmente, ma non vitalmente, egli è oggetto della carità del Padre, ma non è ancora diventato, né può diventare soggetto che trasmette e vive la carità del Padre a favore del mondo intero.


Per questo è necessario che lo Spirito Santo lo faccia una sola vita con Cristo, una sola carità, un solo movimento d’amore, una sola missione di salvezza, una sola crocifissione. Questo significa radicarlo nella carità di Cristo, fondarlo in essa. Questo intende Paolo quando prega, perché Cristo per la fede abiti nei loro cuori: che faccia di ognuno di loro una crocifissione di carità e di amore per la redenzione del mondo intero.


[18]siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità,


Paolo sa che un cristiano che non comprende Cristo, sarà sempre una canna sbattuta dal vento.


Sa che un cristiano che non matura nella profondità della sua fede nel mistero di Cristo crocifisso, sarà esposto ad ogni tentazione.


Il primo venuto potrebbe tentarlo e lui con troppa facilità sarebbe in grado di abbandonare Cristo e di consegnarsi alla falsità e all’errore.


Se leggiamo la storia della Chiesa dobbiamo confessare che questo è vero. Per troppo tempo i cristiani sono stati abbandonati all’ignoranza, ad una conoscenza superficiale del mistero di Cristo, ad un rapporto sentimentale con Lui, ad una relazione non sufficientemente fondata sulla verità.


Qual è stato il risultato? Qual è tuttora il risultato? È sufficiente che qualcuno dica una parola di falsità, di menzogna, di errore su Cristo, ma con arte e con abilità satanica, che subito si abbandona la retta fede (anche se non formata) e ci si consegna alla falsità totale.


Come fare perché questo non avvenga? Come evitare la diserzione e il passaggio all’errore di molti cristiani, anche nelle sette e in altre religioni?


San Paolo suggerisce l’unica via giusta, quella cioè della conoscenza del mistero di Cristo Gesù.


Si tratta di iniziare seriamente la formazione del popolo di Dio, di introdurre i credenti nel mistero della salvezza.


Formazione e introduzione che devono avvenire su due livelli differenti, ma coessenziali, anzi necessari l’uno all’altro: della mente e del cuore, del pensiero e delle azioni, del dire e del fare, dell’idea e dell’opera.


Se l’opera non diviene la traduzione in atto dell’idea è un’opera falsa; se l’idea, però, non è il pensiero di Cristo che si traduce, anche se viene fatta l’opera, questa sicuramente non è l’opera di Dio.


Ora il cristianesimo vive male, per una ragione assai semplice. Manca il pensiero di Cristo nella mente del cristiano; a volte quando c’è, esso poi non viene tradotto in opera.


Cristo tradusse la verità in crocifissione, ma prima ancora la tradusse in assunzione del peccato dell’uomo per espiarlo nel suo corpo.


Senza formazione non c’è crescita nella verità e senza verità non c’è vita di fede. Senza vita di fede, tutte le fedi o credenze sono uguali. Passare dall’una all’altra diviene senza significato e lo si fa per una convenienza umana, che a volte è anche disumana, a motivo dell’abbandono della verità per immergersi nell’errore, propagandato come verità.


Altra verità che Paolo mette bene in evidenza è questa: i cristiani sono un popolo, una nazione santa, sono il corpo di Cristo. Insieme devono crescere nella conoscenza del mistero, insieme si devono aiutare in questa formazione, senza la quale il cristianesimo alla fine risulterà inadeguato, se non falso o erroneo nell’indicare delle vie di salvezza agli altri fratelli.


Crescere insieme nella verità oltre che esigenza derivante dall’essere una cosa sola in Cristo, è richiesto anche dal dovere di rendere testimonianza univoca a Cristo Gesù.


Cristo è uno, la verità è una, il popolo è uno, la testimonianza deve essere una, univoca, identica.


Senza formazione, senza introduzione del popolo di Dio nell’unico mistero, ognuno possiede una sua conoscenza, un suo personale modo di vedere Cristo e pertanto anche una personale testimonianza resa a Cristo, spesso in contraddizione e in opposizione con le altre.


Questa molteplicità di testimonianze equivoche, non vere, non esatte, perché non corrispondono alla verità del mistero, sono alla fine una non testimonianza a Cristo e spesso si trasformano in una contro testimonianza a motivo della lacerazione che operiamo nel mistero e di conseguenza nella verità. Chi le ascolta resta confuso, non sa cosa pensare, non è messo in condizione di scegliere l’unica verità, la sola che salva.


Negli Atti degli Apostoli è detto che Pietro lui solo parla, gli altri Apostoli sono presenti al suo discorso per rendere testimonianza alla sua verità.


Si dice una sola verità; questa viene testimoniata da molte persone, ma è sempre l’unica verità che si testimonia. Questa è la bellezza della nostra fede. È quella che viene comunemente chiamata: testimonianza corale.


Oggi proprio questa testimonianza è venuta meno. Ognuno è un detentore del suo Cristo, della sua verità, della sua pastorale, del suo discorso, dei suoi messaggi.


La cosa paradossale è che ci si vuole ad ogni costo accordare sulla pratica pastorale, che deve essere a discrezione del Responsabile di una comunità, ma mai si è pensato di accordare i nostri cuori sulla verità, sull’unica verità e sull’unico mistero di Cristo Gesù. Questa è la dissonanza che nuoce alla fede, anzi la distrugge se in qualche cuore essa è nata ed è sul punto di crescere.


Di Cristo dobbiamo conoscere tutto e sotto ogni aspetto. Questo si intende per profondità, larghezza e altezza del mistero. Niente del mistero deve essere lasciato inesplorato. Tutto bisogna sondare e tutto bisogna che venga assunto dalla mente e dal cuore.


[19]e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.


Il mistero di Cristo è essenzialmente mistero d’amore. È un mistero che non conosce limiti, perché l’amore dell’uomo in Cristo è stato totalmente assunto dall’amore di Dio, dall’amore della Persona del Figlio di Dio.


Assunto dall’amore divino, l’amore umano è divenuto senza confini, neanche la morte l’ha potuto fermare. La morte che vince ogni cosa, dinanzi a Cristo si è dovuta arrendere, perché oggi Cristo continua ad amarci con il suo cuore umano, e ci ama anche nel suo corpo, con il suo corpo e il suo sangue, dato e sparso per noi, per la nostra redenzione eterna.


Paolo lo dice bene. L’amore di Cristo sorpassa ogni conoscenza. Quando la mente inizia a riflettere, a pensare, a meditare, ad argomentare e a dedurre sull’amore di Cristo Gesù, rimane senza parola e ogni cosa che dice su questo amore è sempre infinitamente poco, mentre ciò che rimane da dire è sempre finitamente assai.


Perché la conoscenza umana avverte il limite nel parlare dell’amore di Cristo Gesù? Perché da un lato abbiamo la creatura, dall’altro il Creatore, il Signore dell’uomo. Il Signore, il Creatore, per amare l’uomo si lascia crocifiggere dalla sua creatura.


Se fossimo in un rapporto di giustizia e di santità, di amicizia e di fratellanza, questa donazione della vita, si potrebbe anche in qualche modo comprendere, anche se rimane sempre incomprensibile il perché di questo gesto di Dio che si fa uomo per redimere l’uomo.


Chi dona la vita è il Santo, il Giusto, l’Innocente. La dona per l’empio, il nemico, il disobbediente, per colui che lo ha rinnegato, rifiutato, per colui che lo ha considerato un suo rivale, un invidioso. Gesù dona la vita per il suo carnefice, il suo uccisore, il suo traditore, il suo rinnegatore, colui che lo rifiuta, lo sputa, lo percuote, lo flagella, lo crocifigge, lo insulta, lo tenta.


Questo amore è al di là della conoscenza umana, perché è al di là della nostra mente. In questo amore più la mente si inabissa e più rimane ai margini, è come se lo sfiorasse appena.


A volte anche nei testi del Nuovo e dell’Antico Testamento questo amore viene descritto, ma il mistero rimane.


Paolo chiede a Dio che sia Lui a rivelarlo al nostro spirito, a metterlo nel nostro cuore, a informare di questo mistero tutta quanta la nostra vita.


Quando, per una particolare grazia, lo Spirito del Signore informa una vita dell’amore di Cristo, questa vita cambia, si trasforma, diviene un’altra vita. È questo il miracolo dello Spirito Santo, quando mette nel nostro cuore la conoscenza dell’amore di Cristo Gesù.


Quando questo amore è riversato nel nostro cuore, quando la nostra vita è stata informata di esso, quando la nostra mente è illuminata dal mistero di Gesù, avviene qualcosa di veramente inaudito: l’uomo si sente ricolmo, sazio, non cerca più niente, ha tutto, anche se gli rimane ancora di trasformare la sua vita nel mistero dell’amore di Cristo che è stato riversato nel suo seno.


Tutta la pienezza di Dio è nel mistero dell’amore di Cristo, chi è entra in questo mistero, entra in tutta la pienezza di Dio e trova la pace.


È questo il segreto dei santi. Loro sono entrati nel mistero di Cristo e tutta la pienezza di Dio è entrata nel loro cuore. Il mondo per loro non esiste più, non può più esistere, perché il mondo appartiene al vuoto, Cristo invece è la pienezza. È possibile avere bisogno di ulteriori vuoti nel cuore, da attingere nel mondo, mentre in esso c’è tutta la pienezza di Dio che è l’amore di Cristo Gesù? È possibile attaccarsi e attardarsi per le cose del mondo, che sono il vuoto assoluto, mentre nel nostro cuore c’è tutto l’amore di Cristo, che è la pienezza divina, oltre la quale nulla più esiste che possa desiderare un uomo?


Il vuoto del cuore è vuoto di Cristo, vuoto del suo amore, vuoto della pienezza di Dio, vuoto di cielo, vuoto di conoscenza, vuoto di verità, vuoto di formazione, vuoto di informazione.


Questa è la reale situazione nella quale vive oggi il cristiano. Egli è cristiano, ma senza la pienezza di Dio, senza il mistero di Cristo, senza la forza dello Spirito Santo che lo spinge verso Cristo, verso Dio.


La responsabilità è di tutti coloro che non danno Cristo, non danno il mistero, non danno la verità, non danno la grazia e neanche danno la Parola, perché anche questa sovente è data male e trasformata, alterata, annullata.


Non dimentichiamo che la pienezza della conoscenza è solo dono dello Spirito. Essa non è frutto di studio, di riflessione, di meditazione. Queste cose sono ottime in sé, ma ci aiutano solo a sapere ciò che ancora non sappiamo del mistero di Cristo Gesù, ci aiutano a scoprire il nostro stato attuale nella conoscenza della Rivelazione.


Tutto si deve conoscere di Dio, ma tutto si conosce per rivelazione, per un dono soprannaturale, per una particolare grazia divina.


Questa è la verità. Non per nulla tutto quanto stiamo dicendo in queste pagine altro non è che un commento ad una preghiera di Paolo, ad una invocazione che dal suo cuore si innalza verso il cuore di Dio.


Se tutto avviene e si compie per rivelazione, è giusto che lo si chieda al Signore, ma che nessuno lo chieda se non ha anche il desiderio di divenire parte viva di questo mistero, crocifisso con Cristo crocifisso.


Il mistero è uno; se è uno a livello di mente, deve essere anche uno a livello di cuore; se è uno a livello di cuore, deve essere anche uno a livello di crocifissione. Se è uno a livello di crocifissione, sarà anche uno a livello di risurrezione e di ascensione gloriosa al cielo, al momento della risurrezione dei corpi.


Il mistero conosciuto, perché rivelato, deve essere anche compiuto e lo si compie sulla croce. Chiedere la conoscenza del mistero è chiedere di essere crocifissi come Cristo Gesù. È questo il compimento in noi del suo mistero ed è questo il compimento in Lui del nostro mistero.


[20]A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi,


Chi è Dio. Dio è infinitamente oltre l’uomo. È oltre la sua preghiera, oltre la sua mente, oltre la sua volontà, oltre il suo cuore.


Dio è divinamente e onnipotentemente oltre, l’infinito è la misura che ci separa da Dio.


Essendo Dio oltre il nostro cuore e la nostra mente, egli deve operare per noi secondo il suo cuore e la sua mente, non secondo il nostro cuore e la nostra mente. Sapendo Lui cosa è il meglio per noi, ad ogni nostra preghiera è il meglio che deve concederci, perché la nostra mente immagina, pensa il meglio, ma il nostro meglio non è mai il meglio di Dio. Il nostro meglio è pensato da noi, è desiderato da noi, ma ciò che noi pensiamo, ciò che noi vogliamo non è mai ciò che vuole e che pensa il Signore.


Per questo è giusto che nel confessare la superiorità dei desideri di Dio e dei suoi pensieri nei nostri riguardi, anche nell’invocare qualcosa da Lui, che è secondo noi giusto e santo, alla fine ci si abbandoni totalmente a Lui, ci si consegni a Lui, perché sia Lui a fare di noi ciò che è conforme ai suoi desideri e al suo disegno eterno secondo il quale da sempre ci ha pensato e anche voluto.


Su questo dovremmo essere un po’ più attenti quando ci mettiamo in preghiera di richiesta o di impetrazione di grazie particolari. Dobbiamo sempre lasciare alla sua sapienza eterna e al suo arcano consiglio che trasformi la nostra preghiera nel bene più grande per noi. Questo è il segreto della preghiera del cristiano. Lui può chiedere tutto, ma sopra ogni cosa deve lasciare alla sapienza divina di decidere qual è la cosa più santa e più giusta che realizzi il suo disegno di salvezza in Cristo Gesù Signore nostro.


La potenza che già opera in noi, è prima di tutto la sua grazia, ma è anche lo Spirito santo. È Lui la forza del credente in Cristo, la sua energia, il suo dinamismo, la sua mozione, ma anche la sua illuminazione e la sua preghiera.


Lo Spirito deve far sgorgare la nostra preghiera in accordo e in comunione con i pensieri e la volontà di Dio; poiché questo non sempre è possibile a motivo del nostro poco essere nello Spirito del Signore, è giusto che almeno si lasci a Dio di decidere il meglio per noi e secondo questa decisione agire nei nostri riguardi. Anche questa è via di santificazione.


Tuttavia dobbiamo in questo caso chiedere la grazia al Signore di accogliere sempre la sua volontà e secondo questa volontà partecipare al compimento del mistero di Cristo nel nostro cuore e nella nostra vita.


[21]a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.


A Dio non si innalza solo una preghiera di richiesta; Dio non si implora soltanto perché ci venga in aiuto, anche se l’aiuto è il fine più nobile da dare alla nostra vita: realizzarla pienamente, in tutto, secondo il mistero di Cristo Gesù.


Lo si prega prima di tutto per glorificarlo e lo si glorifica riconoscendolo Signore, Creatore e Redentore della nostra vita; lo si glorifica attribuendo a Lui ogni opera, ogni azione, ogni pensiero di bene che viene elaborato dalla nostra mente. Tutto è da Dio.


Dio è il Signore. Dio è l’autore di ogni bene che si vive sulla terra. Dio è il redentore dell’uomo. Dio è il suo Salvatore. Tutto questo lo ha compiuto in Cristo Gesù, nel suo mistero di amore, che è anche mistero di amore crocifisso e risorto.


L’opera di Dio deve risplendere nella Chiesa e in Cristo; deve risplendere in tutta la sua luminosità.


Come Cristo, anche la Chiesa, che è il corpo di Cristo, è la gloria di Dio in mezzo a noi, perché è la sua opera di santità che deve generare santità nel mondo.


Dicendo Paolo che a Dio deve essere la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli, vuole intendere prima di tutto che c’è un solo mistero attraverso cui tutta la gloria del Padre si manifesta: questo mistero è Cristo, questo mistero è Cristo nel suo corpo.


Cristo e la Chiesa sono un unico mistero. Da quest’unico mistero, che è la gloria di Dio, perché è la sua opra, deve salire a Lui la gloria.


Può salire ad una sola condizione: che la Chiesa senta la responsabilità di essere un solo mistero in Cristo e lo realizzi alla stessa maniera di Cristo Gesù, facendosi obbediente a Dio fino alla morte e alla morte di croce in ognuno dei suoi figli.


La gloria che da Cristo sale al Padre è la sua obbedienza, il compimento della sua volontà. Così Cristo ha glorificato il Padre. La Chiesa glorifica il Padre alla stessa maniera di Cristo, se fa tutta la volontà del Padre, se offre se stessa in ognuno dei suoi membri come sacrificio e olocausto di salvezza e di redenzione per il mondo intero.


Altre vie perché dalla Chiesa si innalzi la gloria a Dio non se ne conoscono, non ci sono, perché non esistono. Inventarle sarebbe un lavorare invano e un consumare inutilmente le nostre energie spirituali.


Questa gloria non deve innalzarsi per un giorno, ma per tutti i giorni. Finché sole e luna brilleranno nel cielo la Chiesa dovrà essere lo strumento sulla terra per l’innalzamento a Dio di ogni gloria.


La Chiesa esiste per obbedire al Padre in una obbedienza in tutto simile a quella di Cristo Gesù.


L’amen sigilla la preghiera, donandole certezza, fermezza, solidità e stabilità. È come se la nostra preghiera, con l’amen, fosse resa invincibilmente forte e sicura.


L’amen è il sigillo, la firma della nostra fede, del nostro amore, di ogni nostra convinzione.


Chi dice l’amen deve avere nel cuore una sola certezza: è così. Basta. Ma anche: così avverrà, ne sono certo, sono convinto e lo credo per l’azione dello Spirito Santo dentro di me.


L’amen diviene così l’impegno della nostra vita a realizzare quanto è stato detto nella preghiera.