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GESU’ COPIO’ GIOVANNI BATTISTA?


Esistono molte somiglianze tra il ministero di Gesù e quello del Battista, tali da indurre qualche studioso a sostenere che Gesù di Nazareth, di fatto, copiò l’insegnamento del suo ex-maestro e, per qualche ragione, ebbe soltanto più fortuna e popolarità.


Certamente non si può negare che all’inizio del suo ministero, Gesù proclama un messaggio escatologico che concerne la fine della storia così come Israele l’aveva conosciuta sino ad allora; invoca un cambiamento radicale di cuore e di vita, prospetta conseguenze temibili a chi non accoglie il messaggio, raduna attorno a sé dei discepoli con cui condivide la vita e li battezza con acqua, rivolge il suo ministero a Israele ma non ai pagani, è un ministero itinerante nel quale è incluso il celibato. Tutto ciò rispecchia la vita, la predicazione e la prassi di Giovanni Battista.


Tuttavia, immediatamente o qualche tempo dopo, Gesù introdusse notevoli ed inediti mutamentinella sua predicazione e prassi. Il biblista Meier ne fa un elenco: «Invece di esortare il popolo ad accorrere nel deserto per incontrarlo, è Gesù che prende l’iniziativa, girando la Galilea e la Giudea e trascorrendo del tempo sia in villaggi come Cafarnao sia in Gerusalemme. Il suo messaggio si trasforma in un annuncio molto più gioioso di offerta e di esperienza della salvezza nel presente, anche se non tralascia affatto di ricordare il compimento futuro, insieme ad una possibile futura rovina. Dietro di sé lascia abbondanti guarigioni, esorcismi e notizie di altri miracoli. La sua consapevole apertura ai “peccatori” suscita sconcerto e le sue idee su aspetti della legge mosaica scritta, delle tradizioni orali e del tempio di Gerusalemme lo coinvolgono in controversie e conflitti con vari gruppi influenti all’interno del giudaismo palestinese». Perciò, «vi fu un determinato discostarsi da alcune delle idee e pratiche di Giovanni, un indubbio commiato spirituale, ma l’idea di una rottura ostile e totale evocata da parole come defezione o apostasia manca di solide basi» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 170).


Un’altra grande novità introdotta da Gesù è la buona notizia della signoria regale di Dio, già potentemente all’opera nelle sue guarigioni e negli esorcismi che compie, così come nella sua accoglienza e nella sua amichevole condivisione della mensa estesa a peccatori e a esattori delle tasse. «Non v’è nessun indizio che Giovanni si prendesse la briga di ricercare questi ebrei marginali […], erano i giudei peccatori e pertanto marginali a recarsi dall’asceta e altrettanto marginale Giovanni, e non viceversa», mentre «Gesù cercava deliberatamente di raggiungere tutto Israele, sopratutto quei gruppi marginali come gli esattori delle tasse, prostitute e peccatori in generale» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 259). Inoltre, né Flavio Giuseppe, né le varie fonti sinottiche e neppure il quarto vangelo registrano qualche tradizione su un Giovanni taumaturgo che opera miracoli. Al contrario, una delle prime qualifiche con cui Flavio Giuseppe presenta Gesù è paradoxon ergon poietes(“operatore di fatti sorprendenti”): lo storico ebreo utilizza tale presentazione anche Eliseo, confermando il significato di miracoli operati da un profeta.


Lo stesso Gesù, rispondendo alla domanda di Giovanni Battista: “Sei tu colui che viene?”, «si focalizza su punti precisi per i quali il suo ministero diverge fortemente da quello di Giovanni e addirittura lo trascende» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 187). Ecco cosa afferma: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me» (Mt 11,2-6). Tale risposta (contenuta nella fonte precristiana Q) rivela una certa sicurezza da parte di Gesù, tanto che «osa insinuare che il suo nuovomodo di predicare ed agire interpella non soltanto Israele in generale, non soltanto i discepoli di Giovanni in particolare, ma addirittura lo stesso Giovanni. Se Gesù non è un apostata rispetto alla fede di Giovanni, non è neppure un semplice discepolo o successore di Giovanni, che porta fedelmente a termine il programma del maestro […]. La tradizione più primitiva di Q», prosegue il prof. Meier, «presenta un Gesù che vede se stesso come apportatore di una situazione escatologica qualitativamente differenteda quella proclamata o realizzata dal Battista» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, pp. 194, 229).


Il cambiamento radicale introdotto da Gesù, si potrebbe infine osservare, è che i suoi miracoli, la sua proclamazione della buona notizia ai poveri, la sua amicizia verso persone religiosamente emarginate «attestano e in una certa misura attuano l’avvento definitivo di Dio in potenza per salvare il suo popolo Israele: in altre parole, il regno di Dio. E’ questo nuovo stato di cose che Gesù chiede a Giovanni di accettare nella beatitudine espressa in Mt 11,6» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 230). Il cuore del messaggio di Gesù è il Regno di Dio –totalmente assente in Giovanni Battista- che entra nella storia per giudicare e salvare e lo fa -sempre secondo l’inedito annuncio di Gesù- mediante il ministero stesso di Gesù. Si potrebbe dire che con Gesù di Nazareth compare una pretesa divina fino all’ora sconosciuta. «Vi fu un mutamento nel messaggio fondamentale. Partendo dall’ardente accentuazione del Battista sul pentimento di fronte alla rovina imminente, Gesù, pur non abbandonando completamente l’esortazione e l’escatologia di Giovanni, spostò l’accento sulla gioia della salvezza che i pentiti potevano sperimentare proprio nel momento in cui accoglievano la proclamazione che Gesù faceva del regno di Dio in qualche modo già presente, ma tuttavia futuro»(J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 260).