00 03/01/2018 18:34

Fredda accoglienza da parte del Delfino Charle Valois


Dopo la battaglia di Patay, molte città e piazzeforti minori, a partire da Janville, si arresero volontariamente all'esercito francese. Mentre l'armata reale rientrava, vittoriosa, ad Orléans, il sovrano indugiava, invece, a Sully-sur-Loire, probabilmente per evitare un incontro imbarazzante con Arturo III di Bretagna (Richemont)[41].


Giovanna e il Duca D'Alençon cavalcarono velocemente verso il Delfino, ottenendo, nonostante il recente ed eclatante successo, una fredda accoglienza. Il contrasto tra i colori della città in festa, che l'aveva già vista trionfante ed ora l'acclamava, e l'umore cupo, vitreo, della corte, dovettero creare un'aspra dissonanza nell'animo di Giovanna che, tuttavia, instancabile, non cessò di rassicurare ed esortare il gentile Delfino affinché si recasse a Reims[42].


Nei giorni seguenti, la Pulzella cavalcò a fianco del sovrano sino a Châteauneuf-sur-Loire, dove il 22 giugno si sarebbe tenuto consiglio su come proseguire la campagna militare. Qui ebbe luogo, nuovamente, il confronto tra coloro che consigliavano prudenza e attesa o al massimo, il consolidamento della posizione raggiunta. La maggioranza dei capitani, meno influenti presso la corte, ma che avevano sperimentato sul campo il formidabile potenziale di cui disponevano, premeva per la continuazione dell'offensiva. L'esercito non era solo forte di 12.000 armati, ma anche del loro entusiasmo e della loro lealtà, e, per la prima volta da lungo tempo, poteva contare anche sull'appoggio popolare, tanto che ogni giorno nuovi volontari venivano ad aggiungersi. Infine, le insistenze della Pulzella, impaziente e dominata dal pensiero ricorrente della Consacrazione, affinché l'esercito marciasse risolutamente su Reims, vennero accolte[43],[44].


Il 29 giugno 1429, presso Gien, l'esercito "della Consacrazione", comandato, almeno nominalmente, dal Delfino in persona, si mise in marcia in pieno territorio borgognone.[45]


Conquista di Troyes


Preceduto da una lettera di Giovanna, l'esercito giunse dinanzi a Troyes, dove il Delfino Charle VII Valois era stato estromesso dalla successione al trono. La guarnigione di inglesi e borgognoni di Troyes rifiutò di arrendersi e si dispose alla battaglia, inoltre viveri e rifornimenti scarseggiavano in campo francese.


Il consiglio dei capitani di guerra, riunitisi dinanzi al Delfino, sembrava propenso a interrompere la spedizione o, al limite, a raggiungere Reims lasciandosi alle spalle Troyes ancora in mano anglo-borgognona. Giovanna, al limite della pazienza, bussò alle porte del consiglio. Venne ricevuta con scetticismo. Dinanzi alle difficoltà che le furono prospettate, obiettò che la città sarebbe stata senz'alcun dubbio presa e chiedendo che le venissero concessi tre giorni di assedio, i capitani furono d'accordo. Senza porre tempo in mezzo, la Pulzella schierò l'esercito in assetto da battaglia, e portò la possente artiglieria francese a distanza di tiro delle mura, agitando il bianco stendardo gigliato al vento.


I cittadini di Troyes furono presi dal panico, come anche la guarnigione. Lo spiegamento di forze che Giovanna stava preparando era impressionante. In breve, vennero inviati messaggeri al campo francese. Troyes si arrendeva e riconosceva Carlo come proprio sovrano. Le truppe inglesi e borgognone ottennero un salvacondotto per poter lasciare la città con quanto avevano, persino con prigionieri francesi. Giovanna si oppose, chiese la loro liberazione, e re Carlo pagò il riscatto. Il 10 luglio Giovanna la Pulzella entrava a Troyes con la propria compagnia e, di lì a poche ore, Charle VII Valois faceva il suo ingresso trionfale nella città. Senza colpo ferire, l'ostacolo più grande che si frapponeva tra l'esercito e Reims era caduto[46].


Il 14 luglio l'esercito "della Consacrazione" riprese velocemente la strada per Reims. Si diresse dapprima verso Châlons-sur-Marne, ove gli venne incontro il Vescovo della città, accompagnato da una delegazione di cittadini, che fece atto di piena obbedienza a Carlo VII di Francia. Proseguirono verso Sept-Saulx, ove gli abitanti avevano costretto la guarnigione anglo-borgognona ad abbandonare la città[47].


Lungo la via, Giovanna ebbe la gioia d'incontrare alcuni abitanti del suo paese natale, Domrémy, che avevano affrontato un difficile viaggio per presenziare alla solenne Consacrazione del Re, così come una moltitudine di persone dalle più diverse parti di Francia, e di riabbracciare suo padre e sua madre, riconciliandosi con loro per quella partenza segreta verso Vaucouleurs di soli pochi mesi prima.


Reims si arrende senza combattere


Frattanto, il 16 luglio, il Delfino riceveva nel castello di Sept-Saulx una delegazione di borghesi di Reims che offrivano la totale obbedienza della città. Il giorno stesso l'esercito vi fece il suo ingresso e vennero iniziati i preparativi per la cerimonia della Consacrazione del Re a Reims[48].


Il 17 luglio 1429, dopo aver trascorso la notte in veglia di preghiera, Carlo VII fece il suo ingresso nella cattedrale, tra la folla festante, insieme agli "ostaggi" della Santa Ampolla, quattro cavalieri incaricati di scortare la reliquia che dai tempi di Clodoveo era utilizzata per consacrare ed incoronare il Re di Francia, pronunciò i giuramenti prescritti dinanzi all'officiante, l'arcivescovo Regnault de Chartres; da un lato, presenziavano sei "pari ecclesiastici", dall'altro, sei "pari laici", esponenti della nobiltà, tra i quali, in rappresentanza del fratellastro prigioniero, il Jean de Dunois (Bastardo d'Orléans)[49].


Dinanzi a tutti gli altri stendardi, a un passo dall'altare, era stato posizionato quello bianco-gigliato della Pulzella, e la stessa Giovanna assisteva alla cerimonia vicinissima al Re; infine, il sovrano, unto con il crisma, venne rivestito dei paramenti rituali e ricevette la corona, assumendo il nome di Carlo VII.[50]


Mentre i "pari laici" annunciavano al popolo la consacrazione e la festa s'iniziava per le vie della città, Giovanna si gettò dinanzi a Re Carlo VII, abbracciandogli le ginocchia, piangente, ed esclamò: «O gentile Re, ora è compiuto il volere di Dio, che voleva che vi conducessi a Reims per ricevere la Consacrazione, dimostrando che siete il vero re, e colui al quale il Regno di Francia deve appartenere»[51]


Eredità ideale di Giovanna d'Arco


Dopo quella giornata, che aveva rappresentato l'apice delle imprese e dei progetti di cui Giovanna si sentiva investita, la ragazza si sentì avvolgere da un'aura di sconforto che non l'abbandonerà più, sino al giorno della sua cattura. Dopo la gioia di aver visto consacrare il suo re, di aver incontrato molti suoi compaesani che l'avevano vista partire come una folle visionaria e che, dopo aver affrontato il lungo viaggio sino a Reims, la ritrovavano a reggere il proprio stendardo nella cattedrale dinanzi a quello di tutti gli altri nobili e capitani, dopo essersi riconciliata coi genitori che sempre si erano opposti alla sua partenza ed ora la guardavano meravigliati e commossi[52], Giovanna avvertiva che ormai il suo compito era terminato.


Giovanna confidò a Jean de Dunois, al suo fianco, che avrebbe lasciato volentieri le armi per tornare nella casa paterna[53], e che se avesse dovuto scegliere un luogo ove morire sarebbe stato tra i contadini che l'avevano seguita, semplici ed entusiasti, e che si sentiva schiacciata dal peso della missione di cui si era fatta carico e che le appariva oramai compiuta.[54]


In realtà, Giovanna lasciava un'eredità ideale e spirituale non da poco. In un mondo di violenze estreme e sopraffazioni assolute, aveva seguito i convincimenti Cattolici, e aveva dimostrato che era possibile riportare la pietà e la giustizia in un ambiente che le aveva dimenticate. Sia al suo arrivo ad Orléans, sia alla formazione dell'esercito "della Consacrazione", Giovanna aveva imposto ai combattenti di astenersi dal saccheggiare e taglieggiare le popolazioni, aveva proibito la consueta abitudine brutale di uccidere i nemici e i poveri prigionieri dai quali non si sarebbe potuto trarre riscatto, aveva cercato una "buona pace stabile" con i nemici sia inglesi sia borgognoni, senza stancarsi d'inviare loro lettere in cui li invitava a deporre le armi, implorandoli sulla base del semplice amore cristiano, aveva galvanizzato il popolo, unendo idealmente i più umili contadini ai nobili feudatari che ora si sentivano parte integrante di una sola nazione.[55]


L'eredità di Santa Giovanna d'Arco non andrà perduta con il suo supplizio. Ciò che in Giovanna era frutto della fede, del dialogo con le sue voci, continuerà a vivere negli ideali di un popolo: rese centrale l'idea di identità nazionale francese sino ai giorni nostri; il suo slancio verso una forma di guerra che, pur nella violenza, risparmiasse i civili e non fosse condotta da capitani di ventura, che spesso si tramutavano in briganti, ma da gentiluomini ufficiali della corona, porteranno sia alla formazione di un esercito nazionale professionale e permanente, oltre ai primi rudimenti del diritto di guerra nel mondo.


Questo avverrà soprattutto con la promulgazione da parte di Carlo VII dell'«Ordinanza d'Orléans» del 1439[56]), in cui si sanciva il diritto delle genti, uguale per tutti, d'essere rispettati nella propria vita e nei propri beni, il divieto di servirsi di bande di mercenari senza che questi non rispondessero direttamente alla corona, la responsabilità dei capitani per ogni danno arrecato alla popolazione civile. Con la stessa Ordinanza, emanata sotto la spinta di Jean de Dunois, uomo ammirato e temuto ma circondato da fama di originalità e fedeltà, sia per la sua devozione alla causa di Giovanna anche dopo la morte sul rogo, sia perché era tra i pochi capitani di guerra che riuscivano a limitare la violenza nel campo di battaglia, era finalmente istituito un unico regio esercito francese[57].