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Nel I secolo a.C. la cittadinanza romana venne estesa agli alleati Italici e l’Imperatore, con un editto, aveva il potere di concedere agli abitanti delle Province questo onore che comportava vari benefici economici e politici fra cui l’impedimento ad essere sottoposti, nei processi, a giurie non romane: tale privilegio rimase in vigore sino al 212 d.C. Entro tale data tutti gli abitanti dell'Impero che godevano della "cittadinanza romana" erano censiti e registrati negli archivi pubblici, nonché esposti per essere consultati da chiunque; inoltre ad ogni "cittadino romano" veniva rilasciato un apposito "Diploma di Cittadinanza Romana". L'importanza politica della "Cittadinanza Romana", durante i primi due secoli, è evidenziata dall'impegno che Cesare Augusto dedicò a questo ordinamento, facendo eseguire nell'Impero tre appositi censimenti per individuare con precisone gli abitanti aventi diritto (Res Gestae VIII). Durante il principato, i Diplomi di Cittadinanza Romana consistevano in due spesse lamine rettangolari di bronzo, di misura variabile (contenuta fra 15 per 20 cm), incernierate e chiuse con i sigilli imperiali di autenticità per impedirne la rottura a chiunque intendesse manomettere il documento. Nell'interno (intus) era inciso il nome dell'Imperatore che aveva emesso il decreto (e i titoli onorifici a lui conferiti dal Senato), quello dei Consoli in carica e l'anno di emissione;