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L'apostolo Paolo, per quanto riguarda la cittadinanza, essendo nato Tarso, era a tutti gli effetti cittadino di quella città: "Ma Paolo disse: «Io sono un Giudeo di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; e ti prego che tu mi permetta di parlare al popolo»". La sua conversazione col centurione romano che l'arrestò a Gerusalemme rivela che egli era un cittadino romano per nascita (Atti 22:22-29). Questa sua particolare condizione gli risparmiò molte bastonate perché il diritto romano proibiva di percuotere pubblicamente un cittadino di Roma, specie senza una prova o un regolare processo (Atti 16:37, 38; 22:22-29). In caso di controversie particolarmente difficili, i cittadini romani avevano il diritto di "appellarsi all'imperatore" ossia rivolgersi alla corte più alta dell'Impero. Quando l'apostolo Paolo, a Gerusalemme, si rese conto che non andava incontro a un regolare processo, rivendicò questo diritto, esclamando: "io mi appello a Cesare" (Atti 25:10-12; 26:30-32)