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I paragrafi 206– 249 trovano corrispondenza in B. II, 5-38. Prima di recarsi a Roma per la conferma dell’imperatore al testamento del padre, Archelao dovette sedare una sommossa sorta a Gerusalemme, sommossa inquietante per il vasto malcontento: il popolo chiedeva a gran voce la punizione dei consiglieri di Erode per la condanna a morte dei maestri Giuda e Mattia (§§ 157,167); i disordini furono soffocati a stento con la forza. Altri disordini erano prevedibili: i primi furono stroncati da Varo, governatore della Siria; ma appena ritornò ad Antiochia scoppiarono altre sommosse. Prima che, a Roma, fosse risolta la questione di Archelao, l’imperatore aveva inviato nella Giudea un procuratore, Sabino, e nel giorno della Pentecoste una nuova sommossa si scatenò e tre bande attaccarono i soldati romani da nord del tempio, da sud e dal lato occidentale della Città, e i Romani giunsero al tempio solo dopo avere incendiato gli edifici. Ma i disordini si estesero ovunque: nella Galilea erano guidati da Giuda, figlio di Ezechia (XIV, 159,167), che con una compagnia di armati rese turbolenta tutta la regione; e la vicina Perea era percorsa dalle bande di Simone, già schiavo di Erode. Informato della situazione, Varo partì da Antiochia con due legioni, per portare ordine: iniziò dalla Galilea, risparmiò la Samaria, ove non vi erano sommosse, e fece perlustrare la Giudea, catturò i ribelli, crocifisse i più ostinati, perdonò alle masse del popolo (XVIII, 206-298).