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ELOHIM: alieni , oppure Dio ?

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    00 07/05/2017 18:12

    COSA SIGNIFICA IL TERMINE EBRAICO "ELHOIM" 




    Ormai da anni, migliaia di persone sostengono con entusiasmo le ipotesi del Sig. M.Biglino, che nei suoi libri, a partire da (lui afferma) accurate traduzioni dall’ebraico, ci assicura che la Bibbia non parlerebbe né di Dio né di questioni religiose, ma sarebbe il resoconto di antiche visite di “extraterrestri”. 
    Ma cosa ne pensano gli Ebrei di madrelingua delle sue traduzioni e, soprattutto, delle sue interpretazioni di termini come Elohim, Kavod, Ruach?

    Qui di seguito, alcuni interessanti passaggi tratti dal forum ebraico:

    http://consulenzaebraica.forumfree.it/

    Molto ragionevolmente, gli autori del forum invitano  “le persone che ascoltano e leggono Biglino di non ragionare con la sua testa, ma di ragionare con la loro testa e di porgli delle domande. La Bibbia non dice quello che lui vuol far credere. Noi siamo a disposizione in questo forum per ogni genere di consulenza”.

     

    Uno dei chiodi fissi dell’ipotesi di Biglino è il termine biblico Elohim (che è un plurale), spesso utilizzato per indicare la Divinità.  La sua ipotesi è che nella Bibbia non vi sia alcun “monoteismo” e che gli “elohim” null’altro sarebbero che una popolazione di colonizzatori alieni . Vediamo cosa ne pensano gli Ebrei di madrelingua:

    –  Il prof può far dire quello che gli piace al primo verso di Genesi se estrapolato dal suo contesto, ma poi… della grammatica che se ne fa? Il primo termine “בראשית” significa “nel principio di” e non semplicemente “nel principio”, questo termine si attacca sempre al successivo. Quindi abbiamo ” nel principio di creare” con “ברא” vocalizzato all’infinito. Il professore ha poi detto che il testo parli di Elohim al plurale. Una cosa che desta non poca meraviglia che un professore di ebraico non sappia distinguere un semplice plurale da un plurale di astrazione, che è un singolare a tutti gli effettiI verbi ad esso collegati sono infatti singolari ed “Elohim” non ha l’articolo determinativo ed è quindi un nome proprio essendo i nomi propri autodeterminati. Il singolare è “Eloha” di radice “alah”=comporre norme giuridiche. Quindi significa “Legislatore” che con il plurale di astrazione (“Elohim) diviene: Legislatore Supremo.
    Il termine “shemim” di cui parla il prof. non esiste, il termine rimane “shammaim” anch’esso plurale di astrazione, che significa “Cielo”. Il termine “
    רקיע” è di radice “רקע” da cui deriva anche il termine “קרקע” che significa “suolo”.
    Il professore dice che le sue deduzioni provengono dalla Bibbia, ma a me pare che sono solo frutto della sua fantasia o qualcos’altro. (…) Ma questo professore ha davvero tradotto la Bibbia delle edizioni paoline come egli stesso dichiara? Se tutti i traduttori sono come lui…

    Nei suoi libri, il Sig. Biglino sostiene che l’abitudine di bruciare i sacrifici, nella Bibbia, rimanderebbe all’esigenza di “compiacere” gli alieni elohim con un “profumo riposante” che farebbe ricordare loro la patria. Vediamo cosa ne pensano gli Ebrei di tale interpretazione:

    – L’annusare l’odore “riposante” (nichoach è intraducibile in italiano, più precisamente “l’odore del riposo”) nell’ebraico biblico è l’accettazione del riscatto per le trasgressioni involontarie; quando le trasgressioni divenivano volontarie o premeditate vi era il rifiuto totale di annusare quell’odore . Vedasi per esempio Levitico 26:31 (velo ‘ariach bereach nicoichakhem). Nichoach non è un aggettivo, è un sostantivo che indica il riposare della cenere, ovvero il ritorno alla polvere in un simbolismo che serve per ricordare la natura umana fatta di corpo materiale e composto di microelementi. La riduzione in cenere è una simulazione del ritorno in polvere ossia lo stato primordiale degli esseri viventi e quello post-morte.

    – L’atto dell’annusare toglie a D-o ogni materialità. Egli infatti non mangia le offerte, ma semplicemente li annusa, dato che bruciandoli viene loro tolta ogni materialità. Dato che vi sono passi biblici ove si mostra il rifiuto di annusare si tratta chiaramente di una metafora che vuole esprimere l’accettazione od il rifiuto dell’offerta. L’offerta viene accettata se la trasgressione è involontaria perché le trasgressioni involontarie sono la causa della degradazione del corpo umano materiale privo della sufficiente attenzione e adeguata saggezza. Il sacrificio animale aveva lo scopo di ricordare che il corpo umano e quello animale sono fatti dagli stessi elementi ed hanno le medesime attitudini, gli stessi istinti che però si distinguono da una vera volontà rappresentata dalla ragione, che è una caratteristica esclusiva dell’uomo.
    Il divenire spirito dopo la morte deriva proprio da questa concezione antica del ritorno alla polvere assimilata al vento che la porta via. In ebraico infatti vento e spirito sono espressi con il medesimo termine ruach da cui deriva reach. Il reach nichoach è il vento che sale con la cenere che successivamente si riposa, ossia torna allo stato di non vita e provoca soddisfazione nella divinità perché così facendo gli umani mostrano la buona volontà di intraprendere un cammino verso la perfezione ove si predilige la ragione agli istinti animali.

    Un altro “pezzo forte” dell’ipotesi bigliniana è l’interpretazione dell’ebraico Ruach (spirito) come “rombo” o “soffio” dei motori dellastronave aliena che porterebbe gli “elohim” sulla terra. Stiamo a vedere cosa ne pensano persone che l’ebraico lo parlano:

    – Nel libro “Il dio alieno della bibbia” a pag.37 abbiamo l’inizio del capitolo 2 intitolato in ebraico רוח (ruach) e in italiano: Lo “spirito”? Sono rimasto molto sorpreso nel leggere certe affermazioni di Biglino considerando che egli si identifica come un traduttore della Bibbia e dunque come chi la Bibbia dovrebbe conoscerla bene. Egli afferma che il termine ruach oltre ai normali significati di vento, respiro e aria in movimento indichi anche, in senso estensivo, “ciò che viaggia rapidamente nello spazio aereo”.
    Non c’è alcuna espressione biblica in cui è usato il termine ruach per designare un oggetto che viaggia rapidamente. Ma la cosa che più sorprende è che egli afferma che il termine ruach avrebbe acquistato il senso di “spirito” solo dopo il III secolo a.C. con la versione della LXX. Un senso, egli afferma, che probabilmente in origine non gli apparteneva.
    Nella Bibbia sono presenti tante espressioni in cui è usato il termine ruach per designare gli stati d’animo dell’uomo ed in modo figurativo questo termine è usato per indicare la forza vitale che fa vivere in particolare gli esseri umani. Sono tutti usi in cui questo temine acquista significati astratti perfettamente riconducibili al senso di “spirito” inteso nel mondo occidentale.
    (…) Riportiamo alcuni versi biblici ove il termine ruach è chiaramente usato in tal senso nel testo ebraico della Bibbia:
    In Esodo 28:3 abbiamo:”
    רוח חכמה” (ruach chokhmà=spirito di saggezza)
    In Gen 41:38 
    הנמצא כזה–איש, אשר רוח אלהים בו (hanimzà kazhe–ish asher ruac elohim bo=c’è qualcuno come questo che abbia ruach Elohim in lui)
    Num 27:18 
    איש, אשר-רוח בו (ish asher ruach bo= Individuo nel quale lo spirito è in lui)
    In Ecl 12:7 è usata una forma figurativa per designare la morte, lo spirito, inteso qui come forza vitale (o il respiro della vita) torna a D’o che l’ha dato: 
    והרוח תשוב, אל-האלהים אשר נתנה (weha ruach tashuv el haElohim)
    בידך, אפקיד רוחי (beyadechà afkid ruchì=nelle tue mani affido il mio spirito) salmo 31.6
    Prov 16:32 
    טוב ארך אפים, מגבור; ומשל ברוחו, מלכד עיר. Trad. Nuova Diodati: Chi è lento all’ira val più di un forte guerriero, e chi domina il suo spirito val più di chi espugna una città. Trad. Riveduta: Chi è lento all’ira val più del prode guerriero; chi padroneggia se stesso val più di chi espugna città.
    Salmo 34:19 karov h lenishberè lev weet dakè-ruach yoshi’a trad. Riveduta: 34:18 L’Eterno è vicino a quelli che hanno il cuor rotto, e salva quelli che hanno lo spirito contrito.
    Gioele 3:1 
    אשפוך את-רוחי על-כל-בשר (eshpokh et ruchì ‘al col basar) Trad. CEI: io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo
    1 re 21.5 
    מה-זה רוחך סרה (ma zhe ruchacha sarah=che è, il tuo spirito se ne andato? )

    Ancora sul significato di Elohim:

    – Afferma Biglino quanto segue: “Ma tutte le parole che circondano elohim sono al plurale”.
    Caro Biglino, qui è il caso di precisare numericamente che: Su 2600 ricorrenze del termine elohim, solo circa un centinaio ha parole al plurale Finora ho sperato che Biglino potesse essere in buonafede, ma a questo punto riesce davvero difficile credere che non sia in Malafede.

    http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=63890174

    Biglino nel suo Il libro che cambierà per sempre le vostre idee sulla Bibbia, ed. 2012, riporta addirittura un’immagine, a suo dire ritrovata in Sudan, che rappresenterebbe un’astronave aliena (la riportiamo a lato come presente sul libro di Biglino n.d.a.):
    A tal proposito, scrive un commentatore del forum:

    – Biglino scrive: «2150 a.C. Nel Medio Regno egizio (2160-1785 a.C.) viene edificato in Nubia (Sudan) il tempio minerario di Kush, che contiene una raffigurazione di una probabile navicella in volo e quella di un missile a terra con due individui rappresentati di fronte e non vestiti come gli Egizi (paiono avere un abito composto da un solo elemento che ricopre tutto il corpo). Si tratta di una immagine molto discussa che è stata comunque riprodotta nel lavoro precedente». – pp 227-228
    Avevo chiesto a Biglino come mai avesso deciso di pubblicare quell’immagine visto che è evidente che era una bufala, egli mi ha risposto: «L’illustrazione da lei citata è riportata in varie pubblicazione e da molti ritenuta vera: in ogni caso nel libro non la accredito, la pubblico citando una delle fonti.»
    Ma perché citare una fonte per poi non accreditarla? E’ ovvio che a Biglino non interessa l’affidabilità delle fonti l’importante è che esse tiranno acqua al suo mulino.

    Secondo Biglino, il termine “Kavod” (la gloria di Dio), rimanderebbe al concetto di “pesantezza” e quindi, concretamente, al “peso dell’ingombrante astronave aliena che avrebbe portato gli alieni sulla terra; ma Kavod, secondo gli Ebrei del forum, significherebbe tutt’altro:

    – Kavod : onore, gloria: “Col Hakavod” espressione usata per complimentarsi con qualcuno per il buon effetto e riuscita di una azione.
    Kaved: , pesante,  non ha la “vav”, come non hanno la vav:
    Koved peso
    kaved: fegato
    sempre stessa radice di Kaved
    E’ chiaro che da una radice KVD si sviluppino differenti vocalizzazioni e quindi diversi significati. Questo è un fenomeno costante dell’ebraico. (…) Biglino fa disquisizioni erudite sull’acqua calda. Se già dice K’vod (kevod) e non kavod vuol dire che non si rende conto della forma costrutta che è la modifica vocalica che il sostantivo subisce quando precede un altro sostantivo di cui precisa qualcosa. “Kevod ****” la gloria di D-O, mentre il sostantivo in assoluto è “Kavod”. Troppo comodo parlare a platee digiune e scrivere solo in blog dove non lo si può contestare. Vedremo che qualità ha e come parla e risponde alle domande di ebraico e in ebraico. Noi non contestiamo le sue teorie su alieni, marziani, veicoli spaziali ecc. Tutte le idee sono legittime. Ma dica che sono sue idee e basta. Non pretenda di dire che Ruah è un veicolo e Elohim è una moltitudine di divinità. Questo o è in malafede e quindi strumentale e finalizzato all’editoria o è ignoranza crassa in lingua ebraica.

    http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=63894022

    Chi volesse leggere le discussioni nella loro interezza, può cliccare su i link che abbiamo riportato nel testo. Chi volesse approfondire o chiedere delucidazioni maggiori può sempre utilizzare i contatti del forum.

    DISCUSSION

    31 Responses to “Gli EBREI rispondono a BIGLINO”

    1. Forse “nel principio di creare” potrebbe anche significare: “Nel principio di manifestò”. Così la Bibbia cambierebbe radicalmente permettendoci di osservare la Natura come “manifestazione” del “divenire” di un “quid” ancora inaccccessibile alla mente; Quid che nei secoli abbiamo chiamto DIO.

       

      POSTED BY PAOLO BONACCHI | 22 DICEMBRE 2014, 07:14
    2. Tra Biglino e gli Ebrei, tutta l’esegesi va a farsi benedire in nome del soggettivistico “secondo me”.  A tanto ci ha portato il presunto “libero esame” di un tal monaco tedesco del XVI secolo. I fondamentalisti protestanti americani non protrebbero scrivere cose più alte! Comunque, neanche l’interpretazione, eccessivamente letteralista (la lettera, quindi la storicità, è senza dubbio la base ma poi ci sono gli altri livelli di comprensione: il morale, l’allegorico e, soprattutto, l’anagogico) dei rabbini ebrei, che contrastano Biglino, è accettabile acriticamente. Biglino dice che nella Bibbia non ci sarebbe “monoteismo”. Ed infatti il monoteismo si afferma, stando allo stesso Testo Sacro, solo un po’ alla volta tra gli ebrei ed esso convive sempre con la tentazione politeista contro la quale Javhé, per mezzo dei profeti, si scaglia di continuo, ammonendo il popolo “Non avrai altro Dio all’infuori di Me” (Primo Comandamento).

      Lo stesso Abramo era un politeista che solo a seguito della vocazione di Dio inizia a praticare, anche, il monoteismo, che pertanto si raffina solo gradualmente. “Elohim” pertanto è un plurale che ricorda il clima politeista circostante ma è già pregno del monoteismo che si va affermando, perché, come giustamente ricordato dagli ebrei, è un plurale astratto. Tuttavia gli ebrei non dicono quel che affermano i Padri della Chiesa, con piena legittimità testuale, ossia che il plurale di Elohim svela, già in nuce, un Monoteismo Trinitario, quello che poi con Cristo troverà definitiva rivelazione. Per quanto riguarda il Bereshit, “In Principio”, affermare, come fanno gli ebrei, che la traduzione letterale è “in principio di (creare)” è riduttivo rispetto al profondo significato rivelatorio, e perciò metafisico e teologico, di quell’espressione che deve essere collegata, per essere davvero compresa in pieno, al “In Principio era il Verbo” dell’incipit Giovanneo. Principio, dunque, come Essere, Fonte ontologica degli enti partecipati, come Zero metafisico che è oltre lo spazio-tempo e dal quale ha inizio ontologico il mondo (inizio ontologico e non temporale, perché, come già aveva capito sant’Agostino, il tempo in quanto creatura non esisteva prima dell’atto creativo metafisico, dell’atto del dono dell’essere alle creatura, compresa la creatura “tempo”).

      Sull’annusare quale dematerializzazione e quindi espressione della spiritualità di Dio lasciamo perdere quanto dicono gli ebrei, perché in realtà si tratta solo di un antropomorfismo, come altri nella Bibbia, che non implica affatto una immagine idolatrica del Divino ma soltanto che Dio è Persona Ineffabile, quindi allo stesso tempo apofatica e catafatica. Persona Ineffabile ossia non antropomorfica (è vero piuttosto il contrario, è l’uomo ad essere, solo per riflesso, teomorfo). Il ritorno alle ceneri post mortem, poi, non si può dire dell’anima spirituale ma solo di quella vegetativa. L'”io” umano, partecipato dallo Spirito di Dio, vive il suo destino, liberamente scelto dal soggetto, di salvezza, purgazione o perdizione eterna, in attesa della ricomposizione di tutto l’uomo, spirito, anima e corpo glorificato, per continuare nel godimento eterno o nella dannazione in unione integrale di essere. Per quanto il Ruach, quanto detto dagli ebrei è giusto. Infine i disegnini ufologici fanno pena e sembrano quelli di mio nipote di due anni. Se questi sono gli argomenti di Biglino è inutile allarmarsi. CI dispiace per quelli che lo prendono sul serio. Tra qualche anno, sarà un ricordo come tanti che lo hanno preceduto in tesi del genere o similari.

      Luigi Copertino


    [Modificato da Credente 09/05/2017 11:32]
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    Credente
    00 07/05/2017 18:18

    Ecco la soluzione al dilemma posto da Mauro Biglino,
    che induce i suoi ascoltatori e devoti fan a ricavare dalle Scritture una discrepanza che in realtà non esiste!

    Secondo il critico Biglino, il Libro della Genesi conterrebbe un “pasticcio” che non farebbe altro che mettere confusione sulla vera identità dei due alberi proibiti che Dio piantò nel Giardino dell’Eden. Secondo Biglino, Eva avrebbe mangiato il frutto dell’Albero della Vita piuttosto che il frutto dell’Albero della Conoscenza. Per rispondere a questa critica voglio prima sottoporre alla vostra attenzione i passaggi chiave del “nostro” (in realtà di Biglino) presunto dilemma. Ciò di cui ci interessa parlare, dunque, riguarda l’Albero della Vita e l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male. Vediamo più da vicino cos’ha da dirci la Bibbia senza ricorrere necessariamente a una traduzione letterale dell’ebraico:

    «Yahwéh Elohìm fece spuntare dal suolo ogni sorta d’alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l’Albero della Vita in mezzo al giardino e l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male» Gn 2:9

    Nel passaggio seguente, Elohìm permette all’Adàm di nutrirsi del frutto di ogni albero del Giardino…  «[…] ma dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai» (Gn 2:17).

    La storia prosegue e arriva il momento in cui Eva ha un colloquio privato con il famoso Nachash, cioè “colui che svela i segreti”. Eva sembra essere senza la compagnia del marito, altrimenti sarebbe stata subito invitata da lui ad allontanarsi da questo misterioso animale parlante che suscitava una certa influenza sulla donna. Approfittando dell’ingenuità e mentre il “serpente” cercava di stuzzicare la grande curiosità, o meglio “l’appetito” di Eva, la donna gli risponde: «[…] ma del frutto dell’Albero che è in mezzo al Giardino Elohìm ha detto: “Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete!”» (Gn3:3)

    Il Serpente continua imperterrito ad istigare Eva per tastare questo frutto, probabilmente aveva molta fretta perché da lontano vedeva arrivare suo marito. Sfruttando gli ultimi istanti che gli rimanevano, il “serpente” disse alla donna che se avesse mangiato di quel frutto i suoi occhi si sarebbero aperti e che sarebbe diventata come Elohìm; perciò Eva si lasciò convincere e veniamo a sapere che… «[…] la donna osservò che l’Albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l’Albero era desiderabile per acquisire Conoscenza […]» (Gn3:6)

    Adesso, una volta letti con attenzione questi passaggi, scopriamo che all’uomo non era permesso di nutrirsi del frutto dell’Albero della Conoscenza, frutto verso la quale Eva fu istigata a tastarne il sapore. Detto questo, ci è lecito porci almeno due domande:

    • Perché il serpente ha istigato Eva a mangiare il frutto dell’Albero della Conoscenza piuttosto che il frutto dell’Albero della Vita?
    • Cosa aveva di più l’Albero della Conoscenza rispetto all’Albero della Vita?

    Risponderemo a queste domande tra poco. In merito all’Albero della Vita leggiamo più avanti che se l’uomo avesse mangiato il frutto di quest’Albero avrebbe ottenuto l’immortalità (si legga l’articolo: L’Adam che perse l’immortalità); infatti, lo scrittore biblico fa una precisazione che riguarda proprio Dio:

    «E Yahwéh Elohìm disse: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, quanto alla Conoscenza del Bene e del Male. Facciamo attenzione che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’Albero della Vita, ne mangi e viva per sempre» Gn 3:22

    Alla luce di questa prima esposizione, ecco cosa dice Mauro Biglino in un suo libro oltre che nei video sopra riportati:

    Versetto 2,9: l’Albero della Vita viene piantato nel mezzo del giardino mentre l’Albero della conoscenza non risulta avere una collocazione precisa. Annotiamo che il primo albero è solo “della vita” e non anche “della morte”, mentre il secondo prevede un’unione inscindibile tra Bene e Male. Vita e Morte non sono quindi collegati perché l’uno esiste in assenza dell’altro mentre gli altri due elementi, Bene e Male, risultano essere inscindibili.

    Versetto 2,17: Yahwéh proibisce espressamente ed esclusivamente il consumo dei frutti dell’Albero della conoscenza del Bene e del Male. Visto che la proibizione non riguarda l’Albero della Vita – piantato nel mezzo – possiamo arguire che per l’Elohìm era più grave e pericoloso che gli [adàm] sperimentassero conoscenza piuttosto che la vita lunga o eterna?

    Versetti 3,1-2: Eva viene tentata dal serpente e gli risponde che la proibizione è riferita all’albero che si trova [betòch hagan], “nel mezzo del giardino”, ma noi sappiamo dal versetto 2,9 che si tratta dell’Albero della Vita e non di quello della Conoscenza.

    Versetto 3,6: Eva mangia il frutto dell’albero che sta “nel mezzo del giardino” e ne offre al suo compagno: i due mangiano quindi dell’Albero della Vita!

    Chi ha determinato la confusione? L’Elohìm, nel momento della proibizione? Il serpente, nel momento in cui tenta Eva? Eva stessa, che ha confuso gli alberi? Il redattore della prima stesura?

    Non lo sappiamo: il pasticcio testuale è evidente, ma noi abbandoniamo qui il tema perché le ipotesi di spiegazione possono essere varie […][1].

    Ebbene, dopo anni di dubbi sono giunto alla reale soluzione di questo falso dilemma. Biglino ha continuato il suo scritto esponendo diverse ipotesi sull’esistenza di questo “pasticcio”, sostenendo che potrebbe essere per motivazioni legate ad un errore di trasmissione dei copisti, oppure che l’albero presente al centro del giardino fosse in realtà uno solo e che poi venne “sdoppiato”, etc. etc.
    Posso dire fin da subito che il vero “pasticcio” non l’hanno commesso né i copisti, né Eva, né il serpente, né i Masoreti, né a maggior ragione Dio, ma Biglino in primis perché nonostante io sia convinto che egli conosca la soluzione a questo dilemma, la nasconde deliberatamente per le stesse motivazioni che un tempo spingevano me a rinnegare l’infallibilità della Bibbia: il semplice rifiuto spontaneo di considerare la Bibbia come Libro Sacro infallibile. E si tratta proprio di questo!
    La Bibbia, la Parola di Dio, non sbaglia mai ed è realmente infallibile; il mio lavoro serve a dimostrarlo con la massima genuinità e onestà.
    In verità, la Bibbia non suggerisce in nessun modo che l’Albero della Conoscenza non fosse «in mezzo» al Giardino. Quindi, asserire con estrema certezza che l’Albero della Conoscenza non era «in mezzo» al Giardino è alquanto presuntuoso e disonesto. Quando in Genesi 2:9 leggiamo «l’Albero della Vita in mezzo al Giardino e l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male», in realtà la parola ebraica «in mezzo» [betòch hagan] si riferisce ad entrambi gli alberi e non all’Albero della Vita solamente perché viene menzionato prima della parola «in mezzo». Per cui, «in mezzo» al Giardino c’erano tutti e due gli alberi, insieme.
    Tuttavia, perché sia Dio che il Serpente si preoccupavano di più dell’Albero della Conoscenza piuttosto che dell’Albero della Vita? Evidentemente il Serpente non era interessato all’Albero della Vita perché permettere all’uomo di «vivere per sempre» non era una grande preoccupazione per lui, piuttosto preferiva che «acquisisse conoscenza» o «consapevolezza» di un qualcosa di negativo e positivo che sicuramente avrebbe destato il dispiacere di Dio, almeno in quella circostanza. Come sappiamo, il Diavolo è un grande istigatore e provocatore, per cui quest’ultimo cercò di provocare Dio stesso servendosi della Sua Immagine riassunta nell’Adàm, l’uomo, letteralmente «il terrestre» o «il mescolato» [LU.LU] secondo i Sumeri.
    Adesso, a noi non interessa sapere cosa Dio non voleva che l’uomo «conoscesse» (argomento trattato in un mio lavoro), per cui, il Serpente non fece altro che istigare Eva su questo punto debole: convincerla a trasgredire il comandamento di Dio, mangiare «il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male», proprio come specificato in Genesi 2:7 e 2:17.
    Siccome sostengo la dottrina dell’infallibilità della Bibbia, se Dio ha espressamente ordinato all’uomo di non dover avere niente a che fare con l’Albero della Conoscenza, vuol dire che Genesi 3:3 si riferisce proprio all’Albero della Conoscenza – momentaneamente più importante dell’Albero della Vita – anche se non è espressamente scritto. Sicuramente Dio avrà riferito alla coppia di non «stendere la loro mano» verso il frutto dei due alberi, dimostrando tuttavia maggiore enfasi, interesse e preoccupazione proprio verso l’Albero della Conoscenza dato che l’Albero della Vita viene considerato solo l’ultimo giorno in cui Adamo ed Eva dovettero “fare i bagagli” e andarsene via da lì.
    Probabilmente, dato che Eva parlava a tu per tu con questo Serpente (che non era un serpente – vedi Dio è la Scienza), la donna avrà indicato con la mano che il frutto di quel preciso Albero tra i due lì presenti, considerato più importante, di cui non se ne rivela l’identità e che si trovava «in mezzo» al Giardino, non doveva essere “mangiato”.
    Per il serpente l’Albero della Vita non era di “vitale” importanza, ma lo diventò dopo per Dio perché nel momento in cui Elohìm invitò la coppia a lasciare il Giardino, Egli dice: «Facciamo attenzione che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’Albero della Vita, ne mangi e viva per sempre» Genesi 3:22

    Visto e considerato che Dio non può sbagliare né si contraddice, l’Albero della Conoscenza fu l’oggetto incriminato, e se Eva non lo menziona esplicitamente in Genesi 3:3 significa che lo dava per scontato. Non avrebbe avuto alcun senso collocare un corpo di guardia rappresentato dai Cherubini, all’ingresso dell’Eden, per sorvegliare la via che conduceva all’Albero della Vita se a quest’ora Adamo ed Eva avessero mangiato realmente da questo Albero. Ormai il danno era fatto: più che altro avremmo trovato scritto che i Cherubini avrebbero dovuto sbarrare la via che portasse presso l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, allora solo lì avremmo potuto chiaramente una contraddizione, confusione o “pasticcio”.
    Purtroppo la Bibbia non sempre offre informazioni precise e dettagliate; tuttavia, con un pizzico di lucidità, assenza di pregiudizio e predisposizione a lasciarsi guidare dai suggerimenti del buon senso, la soluzione al problema si materializza sotto ai nostri occhi e abbiamo così l’ennesima prova che la Bibbia, quindi Dio, non si contraddice mai!

    Nota

    [1] Mauro Biglino, Il Dio alieno della Bibbia – dalla traduzione letterale dagli antichi codici ebraici (Torino: uno Editori): pp.317-318.

    dal blog:
    http://danielesalamone.altervista.org/linganno-di-mauro-biglino-sul-pasticcio-delleden/


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    Credente
    00 07/05/2017 18:41

    Da un’intervista rilasciata a “Mistery Hunters”, per gentile concessione


    Dice Simone Venturini


    Sono di Fano nelle Marche. Ho iniziato a studiare Teologia da quando avevo 19 anni e poi ho deciso di andare a Roma per approfondire gli Studi biblici al Pontificio Istituto Biblico, dove mi sono addottorato sui manoscritti di Qumran. Sono stato poi Direttore della Biblioteca della Pontificia Università Lateranense ed attualmente sono ricercatore all’Archivio Segreto Vaticano. Sono biblista, scrittore e docente di Esegesi biblica alla Pontificia Università della Santa Croce. Per quattro anni ho insegnato Ebraico biblico presso la stessa università.


    Parlaci della tua ultima fatica letteraria “I GRANDI MISTERI IRRISOLTI DELLA CHIESA”


    Si tratta della linea editoriale che ho già intrapreso con Il libro segreto di Gesù uscito nel 2011 e cioè di portare la Bibbia a tutta la gente, rispondendo alle domande più comuni che essa si pone. Ne I grandi misteri irrisolti della Chiesa faccio un passo in avanti: illustro i grandi enigmi della Chiesa cattolica a partire dalla Bibbia. Non gli scandali del vaticano, ma misteri quali gli esorcismi, le stimmate, la bilocazione, le profezie ed anche le “presunte” descrizioni di oggetti volanti non identificati nella Bibbia. Infine, parlo anche della fine dei tempi e della fine del mondo così come vengono descritte nel libro dell’Apocalisse.


    Quali sono (se esistono) i punti di contatto con le teorie di Mauro Biglino?


    Tra me e Biglino non c’è alcun punto di contatto se non il comune interesse per l’Antico Testamento in ebraico. Sono contento di questa domanda che mi permette di chiarire al lettore tante cose. Non voglio entrare qui in discussione con lui a trecentosessanta gradi, ma mi limito a fare delle osservazioni a quanto Biglino sostiene nel suo sito web personale .


    Egli dice che Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Fin qui nessun problema, visto che cita la Bibbia (Genesi 1,26). Dice però anche che quando si dice che gli elohìm crearono l’uomo a loro immagine, il termine ebraico usato corrisponde a ciò che chiamiamo DNA. A sostegno di questa ipotesi cita uno dei più famosi dizionari di Ebraico biblico, quello di Brown Driver Briggs a pag. 853 (si noti che l’autore non cita la pagina). In effetti qui troviamo la parola ebraica tsélem che significa principalmente “immagine scolpita”. Infatti, nei luoghi della Bibbia ebraica dove compare (cfr. per es. 1 Samuele 6,5) si riferisce a oggetti specifici, per esempio delle statuette.


    Il significato “cut off” da lui citato non significa “qualcosa che viene estratto”, bensì semplicemente “qualcosa di intagliato”, come appunto una statuetta. Ad onor del vero, Brown Driver Briggs non dice da nessuna parte “something cut off”. Infine, il significato “cut off” – che ripeto significa intagliato – è citato dagli autori del dizionario come una mera congettura tratta dalla lingua araba.


    Riguardo poi a elohìm, che egli considera un nome plurale, nulla da eccepire. Solo che Biglino si è dimenticato di fare i conti con i brani della Bibbia ebraica dove invece elohìm è inequivocabilmente un soggetto singolare ed è applicato a Dio stesso (cfr. per es. Deuteronomio 4,35.39; Isaia 45,18). In questo caso, però, non cita Brown Driver Briggs perché altrimenti la sua teoria sarebbe smentita.


    Queste semplici osservazioni – fatte da chi studia l’ebraico da una vita – smontano tutto la sua sofisticata teoria sull’origine dell’uomo.


    Qual è la “vera” funzione delle Religioni e quanto Queste influenzano il nostro modo di pensare?


    La vera funzione delle religioni è secondo me di guidar l’uomo ad una sempre maggiore consapevolezza di sé e e del proprio ruolo nel cosmo, ossia nella creazione ordinata da Dio. Le religioni influenzano necessariamente il nostro modo di pensare, tuttavia si tratta in genere di un’influenza positiva, soprattutto se pensiamo alle grandi religioni monoteistiche, cristianesimo e ebraismo in primis.


    Ufologia e Religione possono coesistere? E se sì, in quali aspetti?


    La Chiesa cattolica non ha mai negato – soprattutto ultimamente – l’esistenza di altri mondi creati da Dio, poiché lo dice anche la Bibbia (cfr. Ebrei 11). Se però parliamo di oggetti volanti non identificati la questione è assai diversa. Anche la Bibbia sembra parlarne, anche se a mio avviso si serve di immagini che però indicano realtà assai diverse, come ho scritto nel mio ultimo libro.


    Del resto di oggetti volanti non identificati è piena la Bibbia, ma non si tratta di astronavi aliene, bensì di fenomeni che attestano la comunicazione tra il nostro mondo e quello di Dio.


    Il Vaticano cela informazioni sulla presenza di una realtà extraterrestre tramandata nei testi sacri? Se sì, Perchè?


    Che io sappia il Vaticano non cela nulla. Per quanto riguarda i testi sacri, come ho detto, sembra che, ad una lettura superficiale, la Bibbia parli veramente di astronavi aliene (cfr. per es. Ezechiele 1). Tuttavia, l’esame approfondito che ho condotto nel mio ultimo libro a partire dall’originale ebraico smentisce che possa trattarsi di UFO come noi l’intendiamo oggi.


    In che modo si possono sensibilizzare le masse (soprattutto i praticanti religiosi) su argomenti “di confine” come questi?


    La gente ha estremo bisogno di conoscere la Bibbia e Dio in generale. Tuttavia, per una corretta informazione, va anzitutto sgombrato il campo da posizioni errate e totalmente fuorvianti, come quelle di Biglino. Ma anche altre posizioni non sono meno nefaste per la gente, come per esempio quelle di coloro che “selezionano” gli argomenti e le prove e raccontano così una storia solo parziale. Questo accade, per esempio, quando alcuni parlano di Gesù presentandolo semplicemente come uomo.


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    00 07/05/2017 19:18
    Con il nome di Elohim,  Dio si rivela per la prima volta nella Bibbia.

    Nel primo capitolo della Genesi lo ritroviamo per ben 32 volte nel ruolo del Creatore.

    La radice del nome Elohim arriva dalla parola "el", che significa forte o onnipotente ed è utilizzato 250 volte nella Bibbia per nominare Dio.

    Elohim

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
     
     
     
    Elohim in ebraico

    Ĕlōhīm (in ebraicoאֱלוֹהִים ,אלהים?ascolta[?·info]) è il nome in ebraico biblico della divinità[1] (Non è tradotto letteralmente come Dio, il termine Dio è stato utilizzato nelle traduzioni Italiane delle Bibbia non precisamente tradotte) e il titolo del dio di Israele nell'Antico Testamento[2]. Il termine è oggetto di controversie sulla sua interpretazione e anche sulla sua consistenza grammaticale: è da molti autori considerato un termine plurale[1].

    Il significato base del nome è "dio", "divinità", e se riferito a YHWH è inteso come il Dio unico di Israele[3]. L'uso alternativo di questo nome e del nome Yahweh nel Pentateuco ha consentito alla c.d. "teoria delle quattro fonti" di isolare due relati dei quali è dedotta la combinazione nella composizione dei cinque libri, e che appunto sono detti "fonte elohista" e "fonte yahwista"[2].

    ....

    Elohim ricorre frequentemente in tutti i testi tramandati della Torah. In alcuni casi (per esempio, Esodo 3:4: "...Elohim lo chiamò di mezzo al roveto e disse..."), ha funzione di nome singolare nella grammatica ebraica e generalmente si considera che denoti il Dio unico di Israele. In altri casi, elohim funziona come plurale comune della parola elohah e si riferisce alla nozione politeistica di divinità multiple (per esempio Esodo 20:3: "Non avrai altri dèi di fronte a me.").[26]

    La scelta della parola o parole per indicare Dio varia nella Bibbia ebraica (Tanakh). Secondo l'ipotesi documentale queste variazioni sono la prova di diversi testi di partenza: elohim è usato come nome di Dio nella fonte Elohista (E) e nella fonte Sacerdotale (P), mentre Yahweh è usato nella fonte Jahvista (J). La critica delle forme asserisce che la differenza dei nomi risulta potrebbe essere il risultato di origini geografiche; le fonti P ed E potrebbero provenire dal nord e J dal sud.[27] Ci potrebbe inoltre essere un punto teologico, affermato dalle fonti Elohista e Sacerdotale, che Dio non ha rivelato il suo nome, Yahweh, a nessuno prima del tempo di Mosè, sebbene alcuni studiosi affermino che la fonte Jahvista fosse a conoscenza dei libri profetici sin dai secoli VII e VIII a.E.V.
    ....

    In ebraico il suffisso -im indica principalmente un plurale maschile. Tuttavia con elohim la costruzione è grammaticalmente al singolare, (cioè regge un verbo o aggettivo singolari) quando si riferisce al Dio ebraico, ma grammaticalmente al plurale (cioè reggendo un verbo o aggettivo plurali) quando usato per divinità pagane (Salmi 96:5Salmi 97:7).[32] Il fenomeno è definito "plurale astratto concretizzato".

    ...
    Nella Bibbia ebraica elohim, quando significa Dio d'Israele, è di solito grammaticalmente al singolare. In Genesi1:26 abbiamo un connubio di entrambe le forme(singolare prima e plurale poi): "E Dio disse: 'Facciamo (plurale) l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza'."

    ...

    Esistono alcune eccezioni alla regola che elohim venga accordato al singolare quando ci si riferisce al Dio d'Israele, tra cui Genesi 20:13; 35:72 Samuele 7:23 e Salmi 58:11 e in particolare l'epiteto del "Dio vivente" (Deuteronomio 5:26 ecc.), che è costruito con l'aggettivo al plurale, elohim hayiym in ebraicoאלהים חיים?, ma regge comunque verbi al singolare. Nelle traduzioni della Septuaginta (LXX) e del Nuovo Testamentoelohim viene dato al singolare con il greco ὁ θεὸς anche in questi casi e le traduzioni moderne seguono l'esempio nel dare "Dio" al singolare. ...

    Marti Steussy nel suo Chalice Introduction to the Old Testamen annota: “Il primo versetto di Salmi 82: 'Dio si alza nel concilio divino'. Qui elohim ha un verbo al singolare e chiaramente si riferisce a Dio. Ma nel versetto 6 del Salmo, Dio dice agli altri membri del concilio, ‘Voi (plurale) siete elohim.' Qui elohim deve necessariamente significare dèi.”[54]

    Lo studioso biblico statunitense Mark Smith, riferendosi allo stesso salmo, nel suo God in Translation afferma: “Questo salmo presenta una scena di dèi che si riuniscono in un concilio divino... Elohim sta nel concilio di El. Tra gli elohim Egli pronuncia il Suo giudizio:...”[55]

    In Hulsean Lectures, H. M. Stephenson esamina l'argomentazione di Gesù in Giovanni 10:34-36 sul Salmo 82. (In risposta all'accusa di blasfemia Gesù rispose:) "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?" – "Allora qual è la forza di questa citazione 'Io ho detto: voi siete dèi'? È dal salmo di Asaf che inizia 'Elohim si alza nell'assemblea divina. Giudica in mezzo agli elohim.'"...

    ..............

     





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    00 08/05/2017 18:09
    Dalle considerazioni fatte dagli studiosi della materia e dagli stessi Ebrei, non si può quindi affermare come fanno alcuni, che Elhoim, si riferisca a degli alieni, ma che sia invece il Dio di Israele che si è autorivelato come l'UNICO, in tutta la storia del popolo ebraico che si è scelto tra tutti i popoli della terra per accompagnarlo con tanti segni, prodigi e profezie.
    Dunque la Parola del Vecchio Testamento è stata confermata dai tanti miracoli con cui Dio si è manifestato facendo conoscere di sè che Egli è il Dio Unico, Onnipotente, Onnisciente, Onnipresente, e che comunque si può servire di altri esseri creati di cui abbiamo diverse notizie nella Bibbia.
    Tali esseri, nel Vecchio Testamento, a volte vengono chiamati anch'essi col termine "elhoim", e che possono essere quelli che noi chiamiamo angeli o altri esseri appartenenti alle varie gerarchie angeliche, ma non vanno confusi con "elhoim" riferito al Dio Creatore di tutti gli esseri.
    La Bibbia fa spesso comprendere tale distinzione tra Dio e i cosiddetti "dei" quando lo definisce "il Dio degli dei" oppure il Signore dei signori, o anche il Re dei re.
    Un conto è essere il Sommo o Supremo Dio, Giudice, Signore e Re in senso assoluto, e un conto è dare tale titolo per deferenza ad un personaggio illustre che però è stato creato da Dio e da Lui dipende in tutto e per tutto.
    E' questo ciò che emerge anche dal nuovo Testamento, in cui troviamo però una più chiara esplicitazione del fatto che il Dio Unico ed assoluto del Vecchio Testamento è distinto in Tre Persone divine, e che il suo stesso vero Figlio e lo Spirito Santo sono venuti a manifestarci, per farci entrare in comunione con la divinità che il Vecchio Testamento chiamava "Elohim".

    Ecco quindi il senso profondo che un tale termine assume attraverso la pienezza della rivelazione venuta nel Nuovo Testamento. Per questo possiamo comprendere perchè "Elhoim" è un singolare-plurale, e il motivo per cui troviamo in Gen 1,26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, ...
    27 Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
    28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi,

    Per comprendere dunque qualcosa di "Elhoim" che ci ha creati a "loro immagine e somiglianza" dobbiamo imparare a considerare bene l'UOMO nella sua interezza di "maschio e femmina" creati da Dio per essere Loro immagine.

    E' meraviglioso considerare e costatare come sia reale la profonda unità che lega i due sessi, la loro complementarità fisica, psicologica e spirituale; questo è sotto i nostri occhi e non possiamo negarlo.
    La moglie e il marito congiunti insieme formano una inscindibile unità tanto che Gesù afferma: NON SONO PIU' DUE MA UNA SOLA CARNE (Marco 10,8)
    Ma andiamo ancora avanti e scopriamo qualcosa di ancora più meraviglioso!!!.
    Un nuovo e singolare miracolo si presenta quando le due persone unite in una sola carne, in comunione di amore danno origine ad una TERZA PERSONA, distinta dai due precedenti ma perfettamente unita ad esse nello stesso grembo della madre che lo ha concepita. Tre persone distinte, una sola carne, una stessa ed unica natura.
    Essi formano una assoluta unita': non unita' di carattere solo morale, o di semplice volontà. L'evidenza fisiologica mostra l'unita' corporea di questi tre esseri in se distinti.
    Ed essi sono, ricordiamolo, fatti ad IMMAGINE E SOMIGLIANZA DI DIO che noi appunto affermiamo essere un solo Dio, una sola natura divina, in tre Persone.
    Naturalmente la Trinità divina si trova su un piano spirituale mentre l'uomo si trova su un piano materiale ma queste semplici considerazioni servono a comprendere come sia possibile la perfetta e reale unità di tre persone distinte.
    In tal modo noi possiamo comprendere con la nostra ragione il senso del termine "Elhoim", che troviamo anche affiancato spesso al termine YHWH, che si traduce esclusivamente al singolare IO SONO COLUI CHE SONO".

    Allora in alcun modo siamo stati fatti da esseri alieni, che possono anche esistere ma se esistono sono esseri creati, ma Colui che ci ha fatti è Colui che ha creato ogni cosa ed è Uno, in Tre Persone, sussistente ed eterno.


    [Modificato da Credente 09/05/2017 12:55]
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    Credente
    00 14/05/2017 18:43
    Dopo queste doverose premesse chiarificatrici passiamo a controllare gli scritti di M.Biglino secondo una analisi tratta da 
    https://it.aleteia.org/2017/05/09/elohim-mauro-biglino-dio-alieno-critiche/:

    I capitoli 1-4 si concentrano sulla questione del termine “אֱלוֹהִים” [“Elohîm”]; i capitoli 5-6 entrano nel Nuovo Testamento e discutono le narrazioni sulla figura di Gesù; mentre gli ultimi capitoli (7-9) ambiscono a tirare le somme di tutte le considerazioni precedenti, appurando una buona volta se «quello che ci è stato detto sulla Bibbia è falso» o no. Chiaramente Biglino ritiene di sì, cioè che grossomodo tutte le credenze accumulate e trasmesse nei secoli mediante e riguardo ai testi biblici siano nient’altro che un sistema di controllo e di dominio delle coscienze. Invenzioni «costruite a tavolino – recita il sottotitolo del libro – per mantenere il potere».

    Non una tesi inedita, a ben pensare: da Marx in qua, una siffatta critica è stata rivolta a ogni religione, e in particolare al cristianesimo. Anche il bersaglio di Biglino, si parva licet…, è in prima e fondamentale istanza la tradizione cristiana (e cattolica in specie), ma ciò comporta infine un attacco a ogni credenza religiosa. Neppure Marx aveva inventato qualcosa di eccezionale, a dirla tutta: almeno da Cicerone in qua si ammette che nell’età classica le liturgie romane fossero meri instrumenta regni (strumenti di governo), e che nessuno dei ceti alti credesse davvero alle divinità. A chi non conosca le tesi di Biglino sembrerà forse strano, ma in effetti l’accostamento alla testimonianza ciceroniana parrebbe portare acqua al suo mulino, poiché è convinzione dell’autore che il “dio unico” di Israele altro non sia che uno dei tanti “dèi” discesi dal cielo chissà come e chissà quando, che le religioni tutte siano in sostanza un inganno ordito dagli alieni per assoggettare gli uomini e che vi sia sempre stato qualcuno “messo a parte” del segreto – qualcuno che avrebbe tratto maggior frutto dalle mistificazioni religiose – e Cicerone sarebbe un candidato meraviglioso da portare a supporto di questa tesi. Anzi, strano che non se ne trovi traccia, nelle pagine di Biglino…

    Ma forse il lettore ignaro dell’opera di Biglino sta rimanendo disorientato dall’eterogeneità degli argomenti chiamati in causa: filologia semitica, archeologia, letteratura classica, ufologia… No, non mi sono sbagliato: c’è davvero tutto questo nelle sue singolari tesi. Se aggiungiamo anche la critica di Feuerbach per cui le religioni tengono schiavi gli uomini con la paura della morte abbiamo davvero tutto. Salvo che Biglino ha (pure) il tic di ribadire che la Bibbia non promette a nessuno l’immortalità: questo però quando dimostra che “la Bibbia non è un libro sacro”, non quando rivela che “le religioni si fondano sulla paura della morte”. E pazienza se le argomentazioni confliggono insanabilmente tra loro: del resto è comprensibile, essendo “questo nuovo libro” «una corrente il cui flusso scorre con i pensieri che si richiamano gli uni con gli altri senza suddivisioni didascaliche». Il lettore è avvertito, bisogna darne atto.

    Così si può leggere nella stessa pagina (58), anzi in due paragrafi consecutivi, quanto segue:

    La sacralità e l’unicità di questo insieme di testi sono il frutto di una vera e propria imposizione che si è variamente sviluppata e concretizzata nei secoli con fini e obiettivi che nulla hanno a che vedere con la spiritualità e con la presunta purezza di un pensiero religioso distaccato e divinamente ispirato.

    E subito prima si aveva:

    […] è fondamentale evitare tutte quelle riflessioni che nella voluta e ricercata complessità tendono a nascondere l’evidenza di un testo che, nella sua disarmante semplicità, nulla ha mai avuto di sacro.

    Insomma, la Bibbia è il frutto di un complotto ordito a tavolino da un alieno particolarmente meschino (YHWH, nientemeno), ma leggendo questo stesso testo ingannatore con «ragionamenti semplici, chiari, coerenti» dovrebbe balzare agli occhi la matrice dell’inganno.

    Se non ci si stupisce di come si possano ritenere “semplici, chiari, coerenti” certi fantasiosi bizantinismi, c’è perlomeno da stupirsi della coriacea e plurimillenaria resistenza di un dolo tanto palese… sarà il trucco della lettera di Poe, chi lo sa!

    A proposito del richiamarsi di idee… sarà un caso ma scorrendo le pagine di questa innovativa esegesi ho riassaporato la memoria dei romanzi di Zecharia Sitchin e Peter Kolosimo. Davvero quasi le stesse trovate, in quei testi come in questo. E peccato che, anche qui, non ci siano citazioni a confermare l’esattezza della reminiscenza. Sarà che Biglino afferma di voler limitare la bibliografia al minimo indispensabile; sarà che certi genî arrivano per vie separate alle medesime verità (in fondo anche Newton e Leibniz scoprirono contemporaneamente, ma senza collaborare, il calcolo infinitesimale!); o sarà che anche alla Nasa tutti hanno letto Jules Verne e visto Fritz Lang, ma che nessuno ama mostrarsi debitore di romanzieri, quando ambisce a passare per “uomo di scienza” o “intellettuale”.

    Questo un po’ mi stupisce per quanto riguarda Biglino, perché ho recentemente scoperto che sulla “sua” storia degli Elohîm tale Riccardo Rontini produce un suggestivo fumetto.

    La si dirà una “Biblia Biglini pauperum”, che ha se non altro il pregio di illustrare plasticamente la profondità di un pensiero che nega l’esistenza di una divinità da cui innumerevoli persone attestano di essere state salvate, e afferma l’esistenza – per dirla col salmista – di «un dio che non può salvare».

    Dunque la questione di/degli Elohîm è fondamentale, dice Biglino. Anzi, più esattamente:

    Ho […] scelto di rispondere in modo circostanziato alla più importante delle contestazioni che l’esegesi giudaico-cristiana mi rivolge: quella relativa al termine Elohim, al suo essere plurale o singolare, al suo significare “Dio” oppure no.

    Come si comprende bene, questa infatti è la questione di fondo, tutte le altre non ne costituiscono che il corollario e rivestono un’importanza di gran lunga inferiore.

    È infatti fondamentale stabilire se la Bibbia parla del Dio unico oppure no.

    (p. 9)

    È un approccio che onestamente mi lascia senza parole: non perché mi impressioni la teoria in sé, che appare inconsistente a chiunque sia arrivato alla lezione numero 3 di ebraico biblico (e mano a mano che si procede con le lezioni appare sempre più inconsistente), ma perché Biglino le riconosce quest’importanza capitale, mentre tutto il suo procedere si fonda su asserti fragili quanto l’assurda pretesa di individuare un plurale laddove innumerevoli passi attestano per via verbale un soggetto singolare(e quindi un “plurale di astrazione”, tipico delle lingue semitiche… ma anche del greco, che per esempio chiama “il futuro” “τά μέλλοντα” [tá méllonta, le cose che stanno per essere]).

    Allora precisiamo preliminarmente che אֱל [“El”], tutte le sue forme – abbreviate, piene o derivate – non sono native della lingua ebraica, bensì sono comuni al semitico nord-occidentale e alle lingue di molti dei popoli che hanno abitato la zona. S’intendono così richiamati tutti quei piccoli regni di cui il medio oriente antico era pieno, e le sovranità cittadine, o città-stato, disseminate per il territorio: Mari, Ebla, Ugarit, Meghiddo e via dicendo.

    El” era certamente un nome comune semanticamente coesteso al nostro “dio” o “divinità”, “nume” o “lare”: nessuna delle sue forme indica un nome proprio, se non per derivazione di eccellenza, come quando s’intende “capo degli dèi”, “padre degli dèi” (e per “padre” non s’intende certo ciò che la dogmatica trinitaria cristiana avrebbe elaborato nei secoli).

    Un caso analogo a quello dell’ebraico Elohîm è dato dall’accadico Ilanu, che è il plurale di Ilu ed è perfettamente equiparato al suo significato singolare di “dio” (mentre mai accade l’inverso, cioè l’uso plurale della forma singolare). Ora, questa è grammatica storica delle lingue derivanti dal semitico nord-occidentale: se con un nome dalla morfologia plurale si usano abitualmente voci verbali dalla morfologia singolare il filologo è tenuto a postulare che, per qualche motivo (di natura linguistica, non teologica né – tantomeno – ufologica), quel referente plurale abbia un contenuto singolare. Al grammatico spetta poi il ruolo, mediante la linguistica comparata, di cercare di stabilire come e perché si verifichino certe anomalie linguistiche (capitano anche in altre lingue, specialmente per nomi astratti, come ho ricordato con l’esempio del greco). Fino a questo punto, insomma, il teologo non è chiamato in causa. Ancora meno lo è l’ufologo. E siamo alla terza lezione di ebraico biblico.

    Ma dopo questa premessa – che è materia di filologia pura e di grammatica storica, dunque non soggetta a influssi di sorta – volgiamoci a vedere come Biglino argomenta la sua tesi. Vediamo anzitutto la vicenda dello sfortunato alieno precipitato sul pianeta Terra.

    Supponiamo che io colonizzatore (cioè Elohim biblico, theos greco,deus romano, ecc.) sia un materialista impenitente, non creda in nulla che non sia ciò che si sperimenta quotidianamente e abbia come scopo fondamentale, anzi unico, quello di passare il resto della mia vita in modo più agiato possibile. Per vivere al meglio gli anni che la biologia mi concede avverto la necessità di accumulare beni e dotazioni materiali: dovrò poterne disporre a mio piacimento […]. Per questo il mio scopo sarà quello di possedere molto e sapere di poterne disporre per sempre: le-’olam, direi biblicamente, cioè per un “lungo tempo”, almeno per tutta la durata della mia vita che, casualmente, è di gran lunga superiore a quella degli autoctoni che ho trovato sul pianeta e/o territorio nel quale sono giunto.

    Grazie a questa particolarità lascerò inoltre che gli abitanti del luogo credano che io sia eterno: se ne convincono da soli, perché le loro generazioni si susseguono mentre io permango.

    (34)

    continua
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    00 14/05/2017 18:44

    continuazione dal post precedente

    Così Biglino struttura la sua proposta: si parte con un “supponiamo” cui segue una liberissima ricostruzione di fantasia (e chi può obiettare qualcosa? ha detto “supponiamo”!). Ogni tanto si butta nel paragrafo qualche nozione di lessico biblico, più o meno corretta, come quella sull’espressione “le-’olam” (questa è corretta), e in quel caso – solo in quel caso! – si rimanda a una fonte autorevole (nella fattispecie si tratta del Dizionario di ebraico e di aramaico biblici, di Philippe Reymond e Albert Soggin, pubblicato dalla prestigiosa Società Biblica Britannica e Forestiera). Il lettore, che per il fatto stesso di essere un lettore di Biglino non è uno specialista, resta impressionato dallo scoprire una cosa che non sapeva e che discorda dalle sue (normalmente scarse) nozioni di cultura religiosa; e lo è tanto più se vede che la nozione viene confermata da una fonte esterna, indipendente e autorevole: l’effetto è che s’insinua o si consolida in lui il sospetto di essere effettivamente vittima della propria ignoranza. La cosa terribilmente ironica è che in effetti lo è, ma forse il suo sospetto lo spinge a guardare nella direzione sbagliata… Ma torniamo al nostro crudele YWHW, cioè a uno degliElohîm finiti sul nostro pianeta non-si-sa-come-non-si-sa-quando-non-si-sa-perché; torniamo a lui e alla sua dura fatica di tirare a campare la sua sporca quasi-eternità.

    […] Nell’immediatezza ho la necessità di trovare dei collaboratori, perché non posso fare tutto da solo e, in prospettiva futura, devo pensare di ridurre al minimo il numero dei possibili rivali […]. Per il primo obiettivo […] stabilirò dei rapporti privilegiati con un numero ridottissimo di individui accuratamente selezionati. […] Con pochi – pochissimi di loro – il rapporto sarà anche aperto, chiaro ed esplicito: conosceranno cioè la “verità” e condivideranno | i miei obiettivi, godendone i privilegi sia pure in misura ridotta rispetto alla mia. Questi li chiamerò “iniziati” e sono quelli che i racconti antichi conoscono come i re-sacerdoti: rappresentanti di vere e proprie caste dotate di quel potere che derivava loro dalla conoscenza reale dei fatti.

    (35-36 passim)

    Insomma, in pratica mentre il perfido YHWH circuiva Abramo (il credulone), l’astuto Melchidesech faceva da spalla all’alieno ingannatore. Pare (ma su questo punto Biglino non si sbilancia del tutto!) che tali collaborazionisti primordiali fossero

    in primis i discendenti diretti dei signori venuti dall’alto, i figli che derivavano dalle unioni sessuali che intercorrevano con i rappresentanti della specie umana: erano i sangue-misto cui si riferisce esplicitamente anche la Bibbia.

    (Ibid.)

    “Esplicitamente?”, pensa atterrito il lettore. “Anche la Bibbia?”! E mentre, per il sospetto di essere stato raggirato da millenni, già la rabbia gli ribolle dentro, trascura di porsi la semplice domanda di cui sopra? «Se questo libro è stato scritto per ingannarmi, come mai basta leggerlo per svelare l’inganno?».

    Domande da pivelli, pensa il sagace lettore di Biglino, ormai smaliziato e avviato sul sentiero dell’iniziazione: «Eppoi – osserva stupito dopo una morbosa consultazione del mai-prima-sfogliato Gen 6 – sulla Bibbia c’è scritto davvero, che gli angeli andavano a letto con le donne!». Dunque Biglino ha ragione. Dunque Melchisedech e gli altri re-sacerdoti erano collaborazionisti degli alieni e i cosiddetti patriarchi erano solo i primi di molti allocchi a credere a una fandonia cosmica (tanto male imbastita che basta leggerla una volta per scoprire il trucco). Le reminiscenze liceali di genetica, che potrebbero porre sensate obiezioni, sono ormai inattingibili… chissà se anche quelle fanno parte dell’inganno!

    Sfoglio e sfoglio in attesa degli argomenti decisivi a sostegno della tesi fondamentale, ossia: «Che cosa significa veramente Elohîm?». Niente, a un tratto leggo che quella di Dio sarebbe

    una costruzione fatta di idee che reggono se stesse in un circolo vizioso autoreferenziale.

    (38)

    continua


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    00 14/05/2017 18:46
    continuazione dal post precedente:

    Che strano: sono parole che esprimono egregiamente l’idea che vado facendomi delle tesi del loro autore… Cerco argomenti e trovo affermazioni così:

    Il mistero della fede, il mistero di Dio, sono concetti che i fedeli devono accettare perché i teologi sono stati costretti a inserirli. Ciò che hanno inventato è talmente incoerente e contraddittorio che deve necessariamente essere ricompreso nella categoria del mistero: non lo possono spiegare diversamente.

    (40)

    E la cosa deve suonare confortante all’ormai infuriato lettore, che scopre di non doversi neppure sentire ignorante (cosa che in effetti è), perché a quanto par di capire non ci sarebbe niente da comprendere, niente che possa rientrare in un pensiero logico. Ecco perché non ci aveva mai capito niente! Quanto a me, invece, che mi sforzo di mettere da parte i miei «due soldi d’elementari / e uno d’università», vorrei solo leggere un argomento a sostegno della fantasmagorica tesi sugli Elohîm alieni. E non ne trovo, perché Biglino divaga su Federico II di Svevia e su Gregorio IX (rivelandomi per giunta che i due erano in combutta: e io che ho perso tempo a studiare le due scomuniche – due – che il secondo inflisse al primo!), aggiungendo al tutto una spolverata di Lutero (più di tre secoli di distanza dai primi due… ma che vuoi che sia di fronte a un le-’olam!). A p. 50 si trova poi lo spot di un DVD di Biglino in cui si spiegherebbe «la vicenda di Saul che è illuminante ai fini della comprensione di chi erano i “buoni e giusti” per l’Elohim di Israele». Mi spiace ma non ho il cuore di comprare (anche) il DVD: sto ancora cercando la spiegazione promessa sulla faccenda di Elohîm. E non la trovo. Qui Biglino vanta gli «anni di traduzione dell’ebraico masoretico per le Edizioni San Paolo» (51), ma nel dare prova di queste doti il nostro sembra tanto modesto quanto invece pare schietto nel rivendicarle. La spiegazione non arriva.

    In compenso, segue un intero capitolo dedicato a gustose pericopi delle opere di Giuseppe Flavio: non si capisce in che modo debbano rispondere alla domanda su quella che Biglino aveva annunciato come “questione fondamentale”, visto che parlano di Noè e di Abramo, ma ce le prendiamo così come sono. In fondo al capitolo (pp. 70-71) una scheda riassume che, comunque, ruach è il rumore delle astronavi degli Elohîm e kavod è come chiamavano le astronavi. Ma per capirlo per bene, spiega Biglino, bisogna comprare i suoi libri. Gli altri.

    Fermi tutti, arrivano ben due capitoli dedicati alla grammatica.

    Biglino ribadisce quindi che gli Elohîm, i quali sono tanti, avevano assunto le funzioni di legislatorigovernatorigiudici; che avevano fatto gli adam; che ci si erano pure accoppiati (già che c’erano); che sono mortali proprio come gli adam (del povero Salmo 82, messo a puntello di queste “tesi”, parleremo meglio trattando Gesù). I due capitoli proseguono con una serie di frettolose e parziali citazioni di casi che, uno per uno, troverebbero tranquillamente semplici e lineari risposte filologiche. Ad esempio Biglino afferma che Elohîm non può essere un plurale tantumperché ci sono diversi testi in cui ricorre insieme con il nome al singolare: come se un esegeta biblico potesse stupirsi di imbattersi in ripetizioni, parallelismi e merismi. Ma il meglio è sempre che il Nostro affronta i testi antichi con le categorie (filosofiche o linguistiche) moderne, rivendica che i suoi anacronismi metodologici siano leciti, e infine (come riporterò tra un attimo) copre tutte le proprie incoerenze procedurali con dei sontuosi “beh, comunque sono cose difficili e la grammatica mica la rispettavano, questi”. Insomma, Biglino, la rispettavano o no?

    Gustosa anche l’obiezione per cui, quando si parla di Elohîm

    siamo in presenza […] di un individuo concreto che mangia, beve, si sporca, si lava, deve riposare […]… Una concretezza drammaticamente materiale; nulla a che vedere con l’astrattezza dei termini che l’esegesi teologica pone a confronto nel tentativo di giustificare la desinenza plurale.

    Non a caso infatti Umberto Cassuto (buon ultimo, ma non se ne trova traccia nella bibliografia di Biglino) osserva una differenza proprio in tal senso tra l’uso di YHWH e quello di Elohîm: il primo indicherebbe concretezza, il secondo astrazione. Non mancano i critici anche all’opera del Cassuto, che però vanta su Biglino il vantaggio incomparabile di partire dal testo e non da fantasiose ipotesi imbastite su silenzi irrimediabili.

    L’arrampicata sugli specchi prosegue con surreali accostamenti tra gli usi plurali di Elohîm (quanto ai verbi usati) e il nome šoftîm (giudici), per “spiegare” le figure teofaniche dell’ultima parte di Gen e di Es. Si tocca il massimo del surrealismo quando Biglino afferma che, sì, anche mitsraîmsignifica “gli egiziani” o, per astrazione, “l’Egitto”… ma lì è diverso. Perché? Perché Elohîm sarebbe più astratto, più evanescente.

    E infine Biglino sconfina nel Nuovo Testamento, sul quale però torneremo prossimamente. Qui resta un’altra cosa da osservare, circa le petizioni di principio del Nostro, e ce ne offre lo spunto proprio lui alla fine del capitolo IV:

    Se il termine Elohim fosse singolare la Bibbia sarebbe un testo assurdo, incoerente, confuso e pressoché incomprensibile. Se, per contro, si dovesse rivelare veritiera la mia ipotesi, secondo la quale Elohim indica una pluralità di individui, il testo sarebbe chiaramente intelligibile da tutti, senza necessità di intermediazioni e interpretazioni.

    (132)

    continua



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    00 14/05/2017 18:47

    continuazione dal post precedente

    La falsità della seconda affermazione risulta evidente non appena si considera che per 132 pagine (e per troppe altre ancora) Biglino afferma che non ci si può fidare di nessuno, nella lettura della Bibbia, per non usciredall’interpretazione che lui ne dà. Dunque un interprete è certamente necessario, ed è lui. In effetti però “intermediatore” è meglio di “interprete”: dubito che Biglino voglia veramente fondare una nuova religione (le religioni sono cose che noi adamîm gestiamo a prezzo di fatiche sovrumane, e le sue fantasticherie sugli Elohîm dovrebbero averglielo insegnato);innegabilmente, però, egli si pone come chi offre una nuova rivelazione. Forse del nulla, dal momento che Biglino sembra foriero di una Weltanschauung nichilista, ma Biglino si pone come un mediatore.

    E la prima affermazione? È vera o falsa? L’onere della prova spetta all’accusa, non alla difesa: l’accusa ha prodotto testi truccati, domande faziose, inferenze indebite, approssimazioni e minimizzazioni ad libitum… non si vede a che titolo possa chiedere che sia la difesa a rispondere. La Bibbia è stata letta da decine di secoli senza che nessuno – tra quanti l’ebraico lo parlavano agevolmente (e prima dei masoreti!) – abbia mai provato imbarazzo su quando e come tradurre Elohîm cometheós (dio) e quando tradurlo come theói (dèi). Se venti secoli dopo un italiano che ha studiato ebraico a Torino vuole convincerci che gli ebrei alessandrini dell’intetestamento non capivano quello che leggevano o che volevano perpetuare un inganno portato sul nostro pianeta da alieni di cui non sarebbe rimasto un solo reperto extratestuale oggettivo… noi ci sentiamo liberi di seppellire costui con una sonora risata.

    Ma Biglino chiude il quarto capitolo con una sicumera contraddetta da quanto aveva scritto all’inizio del terzo, e la disposizione illogica delle parti (e dei modi) serve appunto per lasciare il lector simplex con un senso di fiducia nel “rivelatore” – senza omettere di indossare cautelativamente una foglia di fico da esibire ai meno sprovveduti tra i suoi lettori. Introducendo finalmente il primo dei capitoli dedicati alle questioni filologiche, il Nostro aveva infatti messo le mani avanti:

    Le diatribe filologiche condotte su un singolo termine molto spesso non determinano risultati assodati e condivisi: la cosa non ci deve stupire perché le disquisizioni e le speculazioni “chirurgiche” non hanno la possibilità di produrre i risultati sperati a causa delle inevitabili incertezze connaturate alla conoscenza delle lingue antiche e per l’impiego che di queste facevano gli autori stessi i quali, a differenza nostra, non si sentivano sempre e necessariamente legati alla rigidità delle regole grammaticali.

    (76)

    Che dire? Nel momento in cui Biglino deve mostrarsi più solido – giacché è quello che ha promesso nell’introduzione – sfiora l’ineffabile:

    […] il prof. Garbini […] rileva che i masoreti non hanno operato su base linguistica e grammaticale, non hanno quindi scritto tenendo conto di regole precostituite, ma hanno invece operato su basi e, soprattutto, con intenti prettamente ideologici e teologici.

    (Ibid.)

    Al solito: l’appello a un’autorità forte, esterna e indipendente (la quale perònon sta avallando la tesi: vorrei sentirlo, Giovanni Garbini, dire con le sue labbra che Elohîm non significa “dio”), il generico richiamo alla difficoltà della ricerca da condurre, il vaso di Pandora additato nei fantomatici “intenti prettamente ideologici e teologici”… e potremmo risparmiarci di sfogliare le pagine seguenti: Biglino non può documentare che Elohîm significa ciò che vorrebbe darci a intendere. Non può perché la sua è una pura invenzione fantascientifica, che imbastisce una trama di ipotesi non verificabili su un ordito di argumenta ex silentio. Niente di più lontano da qualunque criterio di esegesi rigorosa. D’altronde

    […] spesso queste regole non esistevano neppure: sono il frutto dell’elaborazione che i grammatici moderni hanno condotto a |posteriori e purtroppo talvolta anche sotto il condizionamento, più o meno consapevole, determinato dal substrato culturale teologico indissolubilmente connesso con il cosiddetto “libro sacro”.

    (76-77)

    Ecco qui: il testo biblico è una trappola diabolica ordita dagli alieni, e basta leggerlo per rendersene conto; però bisogna leggerlo in un modo diverso da come fanno tutti gli altri, perché gli altri sono caduti nella trappola dell’alieno. E però alla fine sarebbero i teologi a fare petizioni di principio!

     

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    00 12/03/2018 13:26
    BIBBIA E ALIENI(Salmo 82)
     “È vero che nella Bibbia c’è scritto che Dio muore come tutti gli uomini?”. La domanda mi è stata rivolta da un amico che l’aveva letta in un libro dove si parlava di alieni che avrebbero colonizzato la terra. La Bibbia avrebbe conservato il ricordo di queste presenze, interpretate come manifestazione di qualche divinità. Il Salmo 82 sarebbe una testimonianza evidente di come avvenimenti di un passato molto lontano siano stati letti in una prospettiva nuova che ne cambiava il significato.Ma è proprio così? Proviamo a leggere il Salmo in questione, possibilmente senza pregiudizi, facendone un’analisi linguistica e letterale, prendendolo per come si presenta, cioè come una composizione letteraria con caratteristiche specifiche.

    Ecco il testo del Salmo nella traduzione ufficiale della CEI
      
    Salmo. Di Asaf.    Dio presiede l’assemblea divina,    giudica in mezzo agli dèi:
    2  «Fino a quando emetterete sentenze ingiuste    e sosterrete la parte dei malvagi?3  Difendete il debole e l’orfano,    al povero e al misero fate giustizia!4  Salvate il debole e l’indigente,    liberatelo dalla mano dei malvagi!».
    5  Non capiscono, non vogliono intendere,    camminano nelle tenebre;    vacillano tutte le fondamenta della terra.
    6  Io ho detto: «Voi siete dèi,    siete tutti figli dell’Altissimo,7  ma certo morirete come ogni uomo,    cadrete come tutti i potenti».
    8  Àlzati, o Dio, a giudicare la terra,    perché a te appartengono tutte le genti!


    Nel Salmo si trova effettivamente l’affermazione che gli “Elohìm” (esseri divini) muoiono. È un dato evidente e incontestabile. La domanda da fare è: “Chi sono questi personaggi nel testo in questione?”.

    Che cosa sono i Salmi?Il Salmo 82 fa parte di un gruppo di scritti che presentano una caratteristica comune: sono delle preghiere indirizzate al Dio adorato dal popolo ebraico in situazioni concrete. Non possiamo prescindere da questo elemento. In questa prospettiva ci apre uno scenario inquietante, se cerchiamo di  capire la situazione che ha spinto un pio ebreo a pregare il suo Dio con espressioni così forti.Nella raccolta dei 150 Salmi non sono rare invocazioni a Dio perché intervenga a risolvere ingiustizie contro singole persone o contro il popolo. A volte la richiesta di aiuto si trasforma in autentica imprecazione. Quello che sorprende nel nostro caso, è la denuncia contro un’intera classe di soggetti che a quell’epoca dovevano rivestire incarichi molto importanti. I termini usati per indicare questi (ir)responsabili suggeriscono di vedere un’intenzione dissacratoria nella preghiera del salmista, che non si nasconde dietro l’anonimato ma viene chiamato per nome: Asaf.Ma come si giunge all’identificazione dei personaggi a cui si riferisce il Salmo? Nel testo ebraico sono chiamati “Elohìm” termine di forma plurale che comunemente viene usato per indicare gli esseri divini, cioè gli dèi rappresentati negli idoli. Però lo stesso termine definisce anche il Dio di Israele, come nel nostro Salmo al v. 1 e come in Genesi 1,1 e seguenti. Va notato però che quando si riferisce a Dio i verbi sono alla terza persona singolare.Il termine in se stesso non ha dunque un significato univoco. Nel Salmo 82 abbiamo però una descrizione dettagliata delle azioni attribuite a questi Elohìm nei versi da 2 a 4. Sono accusati di emettere sentenze inique per favorire i delinquenti a danno della povera gente e per ricavarne un vantaggio personale. Sembra però che si tratti di autorità che hanno il compito non solo di applicare le leggi ma anche di produrre leggi giuste  che dovrebbero garantire il benessere soprattutto dei più deboli.Nel Salmo ricorre quattro volte il verbo shaphat; due volte ha per soggetto Elohìm ed è usato alla terza persona singolare (vv. 1.8), due volte è al plurale riferito agli Elohìm (vv. 2.3). Il verbo in questione indica certamente la funzione esercitata dai giudici nei tribunali ma si estende anche a quello che noi chiamiamo potere legislativo o, più in generale, alla responsabilità di governare il popolo. Il libro deiGiudici attribuisce questo titolo ai capi delle rispettive tribù ai quali spettava anche il compito di guidare l’esercito. Il riferimento sarebbe dunque alle autorità che governavano lo stato in tutti i settori del potere, politico, giudiziario, economico, culturale, religioso.Dunque non è azzardato supporre che, all’interno del popolo ebraico i gestori di questo potere condividessero un’opinione comune a quei tempi quando il potere (in ogni sua manifestazione) era fatto derivare da un’investitura ricevuta dalla divinità. L’idea era radicata nelle popolazioni dell’Oriente ed è documentata ampiamente nell’antico Egitto dove il Faraone era considerato un essere divino e come tale era onorato e venerato. Qualcosa di analogo si verificava in Grecia come anche a Roma soprattutto in epoca imperiale. La Bibbia esprime la stessa idea quando presenta i capi del popolo come scelti da Dio, usando la terminologia dell’elezione divina. Forse era stato lo stesso potere che aveva inventato la teoria che non solo giustificava ma sacralizzava la gestione dell’autorità. Il passo a considerare i governanti degli esseri superiori ai comuni mortali era molto breve e terribilmente allettante.Con queste premesse era quasi inevitabile che i capi finissero per considerarsi onnipotenti potendo decidere della vita e della morte dei loro sudditi, potendo disporre dei beni materiali prodotti con fatica dal popolo, semplicemente con un decreto, con una firma che non costava niente. E per di più ricevevano onori tributati alla divinità, da parte di sudditi compiacenti e interessati, adulatori di mestiere, pronti a rinunciare alla propria dignità in cambio di qualche briciola che cadeva dalla tavola dei potenti.
    La “divisa” dei capiPer rendere evidente la distinzione tra capi e sudditi ed evitare spiacevoli equivoci era necessaria una “divisa”. La preziosità dei tessuti con cui erano confezionati gli abiti dipendeva dalla ricchezza accumulata dalla classe dirigente, ma non era ritenuta sufficiente per sottolineare la superiorità nei confronti della gente comune. Era necessario stabilire fogge di vestiti speciali riservate ai diversi livelli di autorità, inventare segni convenzionali per indicare le funzioni svolte e distinguere i gradi della gerarchia. Era cosa ovvia stabilire un protocollo di atteggiamenti da tenere nell’avvicinare i capi, nel rivolgere loro la parola. Inchini, prostrazioni, baci, formule studiate con cura da usare nelle diverse circostanze in cui i comuni mortali avevano il privilegio di essere ammessi alla presenza del potente di turno.La corte dei faraoni egiziani è forse quella che aveva il cerimoniale più ricco e complesso, o almeno è quella che conosciamo meglio grazie alle numerose rappresentazioni giunte fino a noi. L’ureo con il cobra in posizione di attacco doveva scoraggiare ogni malintenzionato nei confronti del sovrano che non doveva nemmeno essere guardato in volto. I numerosi figuranti che circondavano i re non erano soltanto una guardia del corpo ma erano una dimostrazione di potenza. Chi aveva la fortuna di appartenere alla corte si considerava un privilegiato e aveva tutto l’interesse a mantenere le distanze e sottolineare le differenze.Tutto questo insieme di rituali costituiva una liturgia che non era considerata “laica” nel senso che diamo noi a questo termine, bensì era vista come il prolungamento dell’atteggiamento che si doveva tenere di fronte alla divinità. 
    Potenti = prepotenti?Da potenti a prepotenti era il passaggio obbligato, denunciato apertamente da Samuele nel suo manifesto antimonarchico (1 Samuele 8,10-19). Il problema della gestione del potere è affrontato in modo radicale nel libro di Ezechiele. Nel capitolo 34 troviamo affermata l’idea della scelta dei capi compiuta da Dio, il che fa pensare ad un’origine divina del potere stesso. Ma il termine usato per indicare i capi è ricavato da una professione assolutamente terrena com’è quella del pastore. È vero che questa qualifica veniva attribuita anche alle varie divinità, e infatti nello stesso capitolo Ezechiele rivendica a Dio il ruolo di pastore.Il profeta denuncia i capi per la loro arroganza, per lo sfruttamento dei sudditi a proprio vantaggio, per la violenza del loro comportamento a danno dei più deboli. Non si tratta di desacralizzare il potere in se stesso ma di ricondurlo entro i suoi limiti naturali che sono quelli voluti da Dio, cioè il benessere di tutti.Le pagine della Bibbia che riferiscono giudizi ugualmente severi nei confronti di chi esercita il potere per il proprio interesse sono numerosissime. Pensiamo solo al caso di Davide che ordina ad un suo suddito di commettere un omicidio per nascondere il proprio adulterio (2 Samuele cap. 11-12) o per esempio al Salmo 94. Nel libro dei Proverbi si esalta la saggezza dei re fino a dichiarare che non sbagliano o addirittura che comunicano la vita, certamente in senso metaforico ma comunque con un’espressione ardita (16,10-15; 29,2a.4a.14) pronti però a condannare i governanti empi ed esosi (29,2b.4b.12.16). Il Qoèlet, con un’espressione disincantata, esorta a non meravigliarsi di un governo che «opprime i poveri e calpesta la giustizia e il diritto» (5,7). È la prassi normale, sembra voler dire. Nel Nuovo Testamento troviamo una continuità con l’Antico nella valutazione dei comportamenti delle classi dirigenti a partire dalla figura del re Erode soprattutto quando si riporta l’omicidio del Battista ordinato dal re per soddisfare un proprio capriccio. Gesù non è tenero con le autorità del suo tempo. Rispetta e difende il ruolo ma denuncia il modo con cui è applicato nella realtà, basta pensare ai contrasti con la dirigenza religiosa che sfocia con la sua condanna a morte.
    Il potere dà alla testaMa c’è un episodio non molto citato, che offre una fotografia impietosa dei disastri originati da un potere impazzito, dominato da un delirio di onnipotenza vissuta dal padre e trasmessa al figlio insieme a quelli che hanno avuto il privilegio (così pensavano!) di essere educati con lui a corte. Il padre si chiamava Salomone e il figlio Roboamo. Il Siracide condivide il giudizio tradizionale su Salomone: esprime ammirazione per alcuni aspetti del suo governo ma non nasconde la degenerazione nell’esercizio del potere fino a definirla follia (Siracide 47,12-20). Al contrario è totalmente negativa la valutazione del comportamento di Roboamo liquidato con un drastico «stoltezza del popolo e privo di senno» (47,23c).Che Salomone avesse motivo di montarsi la testa e di credersi superiore ai comuni mortali è fuori dubbio, stando a quanto è descritto ampiamente nei racconti biblici che però accennano anche quasi a malincuore agli aspetti negativi del suo governo. Nei confronti del figlio invece, la Bibbia totalmente negativa. Anche perché l’autore del racconto segue lo schema collaudato di usare le parole attribuite all’accusato che finisce così col condannare se stesso. È il metodo seguito da Natan per giudicare Davide (2 Samuele12,1-12), o anche da Isaia con la parabola della vigna (Isaia 5,3) e dallo stesso Gesù quando invita i suoi ascoltatori a riflettere e a giudicare il proprio comportamento. Nel caso di Roboamo le parole che gli sono attribuite dimostrano la sua convinzione (condivisa dai suoi amici “educati” con lui a corte) di essere superiore a tutti, compreso il padre ritenuto già il più saggio governante mai esistito. La boria del figlio del re supera ogni immaginazione: «Il mio mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. Ora, mio padre vi caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io vi castigherò con flagelli» (1 Re 12,10c-11).Però l’autore di questa cronaca non è indulgente nemmeno con gli anziani che suggeriscono al giovane re di fingersi condiscendente verso le richieste del popolo per poterlo poi sfruttare meglio: «Se oggi ti farai servo sottomettendoti a questo popolo, se li ascolterai e se dirai loro parole buone, essi ti saranno servi per sempre» (1 Re 12,7). Alla politica brutale dei giovani è contrapposta quella subdola degli esperti. Chiamarla diplomazia non cambia la sua natura che rimane sempre quella di uno strumento perverso del potere sotto qualsiasi forma si presenti.
    Chi sono gli Elohìm del Salmo 82?Penso che abbiamo raccolto elementi sufficienti per collocare il Salmo 82 nel contesto politico, culturale e religioso in cui è nato.Il termine Elohìm nel Salmo ha due significati diversi derivati non solo dalla persona indicata dai verbi: la terza persona singolare si riferisce a Dio (vv. 1.8) mentre la seconda e terza plurale riguardano un gruppo di uomini (vv. 2-4). Che si tratti di persone concrete è detto chiaramente quando si dichiara che moriranno come accade per tutti i loro simili (v. 7). La cultura di quei tempi, come abbiamo visto, attribuiva alle autorità le prerogative riconosciute agli dèi e i capi dei diversi popoli spesso ne approfittavano esigendo dai sudditi non solo onori non dovuti ma anche vantaggi materiali.L’autore del Salmo immagina una riunione di questi personaggi e dà la parola a Dio (v. 1) invitandolo a giudicare il comportamento di coloro che esercitavano il potere convinti di essere diversi dai sudditi e superiori a loro (vv. 2-4).La prima sorpresa è il cambiamento di quello che noi oggi chiamiamo “ordine del giorno”. Quella che doveva essere una riunione solenne di capi (l’avevano chiamata “assemblea divina”) si trasforma in una sessione di tribunale dove gli “onorevoli invitati” diventano gli “imputati”. Le accuse loro rivolte riguardano la gestione della giustizia a danno dei più deboli.Il v. 5 può essere considerato il perno su cui ruota il Salmo: si credono saggi, ma sono ignoranti. Si muovono nelle tenebre, non capiscono niente della vita. Potrebbe sembrare l’arringa della difesa che cerca attenuanti. In realtà l’ignoranza della legge, nei capi diventa un’aggravante. Gesù dirà degli equivalenti del suo tempo: sono guide cieche che portano alla rovina quelli che dipendono da loro (Matteo 15,14).A questo punto l’autore interviene con una constatazione personale mettendo quelli che pretendevano di essere al di sopra di tutti, di fronte alla realtà più sconvolgente nella sua ovvietà: moriranno come tutti i loro sudditi (vv. 6-7). Messa a conclusione del processo la frase acquista il valore di sentenza definitiva: è una condanna a morte.A leggere il testo ebraico, si è colpiti dal richiamo anche sonoro con un altro testo dove si parla di ‘adam (uomo) a cui è promesso che sarebbe diventato come elohìm (come Dio) mentre nel Salmo agli elohìm  (giudici) è annunciato che avranno la sorte come ‘adam(come uomo); alla promessa ‘al temutùn (non morirete) corrisponde nel Salmo la condanna severa: temutùn (morirete). Si tratta del capitolo terzo di Genesi dove si presenta la provocazione del serpente alla quale l’uomo non ha saputo resistere. Viene così presentato un capovolgimento totale della situazione: l’uomo vuole diventare come Dio allettato dall’illusione di essere immortale – gli uomini che si sono illusi di essere come Dio sono condannati a subire la triste sorte dei comuni mortali.È una satira feroce, dissacrante. In Genesi la fine della grande illusione porta la consapevolezza della propria nudità, ma permette ancora di vivere; nel Salmo si va oltre e si prospetta l’irreparabile. Non basterà la foglia di fico e nemmeno la tunica procurata da Dio a nascondere il fallimento della superbia dell’uomo, destinato a dissolversi nella corruzione del sepolcro.L’ultimo versetto forma una perfetta inclusione con il versetto iniziale. In 1 si descrive l’inizio di un processo che vede come imputati gli stessi giudici; in 8 si invoca il Giudice supremo perché emetta la sua sentenza che va oltre gli imputati presenti e coinvolge tutti i popoli della terra con i loro governanti.
    Anche l’autore era uno degli Elohìm!Un’ultima annotazione, utile per inquadrare meglio il nostro testo. Il Salmo è attribuito ad Asaf, presentato come autore di altre dodici composizioni della stessa collezione (Salmo 50; 73-83). Anche ad una lettura veloce di questi dodici Salmi si nota una certa continuità tematica poiché ritorna il tema della giustizia di Dio , anche se espressa con formule diverse. Asaf è presentato come capo dei cantori, incarico che si dice gli sia stato conferito dallo stesso Davide (1 Cronache 16,5.7).Vista l’importanza che veniva data al culto nel tempio e il ruolo di primo piano attribuito ai cantori, siamo autorizzati a pensare che Asaf appartenesse in qualche misura al gruppo dei capi religiosi, cioè a quelli che erano considerati Elohìm. Era dunque uno che conosceva dal di dentro il funzionamento dei centri di potere e la mentalità che guidava i comportamenti dei potenti. Dagli scritti che gli sono attribuiti risulta che doveva essere molto critico nei confronti dell’ambiente che si era creato intorno ad un’aristocrazia sempre più lontana dalla vita reale del popolo.Questa considerazione ci riporta alla domanda iniziale: chi erano gli elohìm destinati a morire, di cui parla la Bibbia? Erano esseri alieni colonizzatori degli uomini di cui hanno finito per condividere la sorte? Oppure erano uomini come tutti che si erano montati la testa credendosi superiori agli altri? Uno di loro, Asaf, ha avuto il coraggio di uscire dal coro degli adulatori e gridare, come il bambino della favola: “il re è nudo!”.Prendendo in prestito il titolo di un noto filmetto, snobbato dalla critica impegnata, potremmo concludere anche noi: “I capi, extra-terrestri?… poco extra e molto terrestri”.Giovanni Boggio

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    Credente
    00 14/06/2018 22:42
    per ulteriori approfondimenti vedere il seguente link:

    http://www.roccopoliti.it/?p=26437
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    Credente
    00 01/02/2019 11:00
    LO SPIRITO (RUÁCH) ERA UN'ASTRONAVE ?

    Secondo un presunto traduttore di ebraico il kevod/ruàch (lo Spirito Santo) rappresenta un determinato tipo di oggetto volante.
    Inoltre a detta di questo presunto traduttore: "il kevod/ruàch ti uccide se ti passa vicino".
    Secondo questo visionario, i Cherubini, sarebbero dei velivoli appartenenti agli Elohim, alcuni addirittura, forse, privi di pilota.
    Ora vediamo alcuni esempi nella Bibbia che dimostrano che i cherubini non erano macchine volanti, e sopratutto, la parola RUÁCH (SPIRITO), non significa affatto macchina volante, ma ha tutt'altro significato rispetto alle fantasie di questo PRESUNTO traduttore.

    Numeri 11:25-29
    "YHWH PRESE DELLO SPIRITO CHE ERA SU MOSÉ e LO MISE SUI SETTANTA ANZIANI; or quando LO SPIRITO SI POSÓ SU DI LORO. 26 Ma due uomini, l'uno chiamato Eldad e l'altro Medad, erano rimasti nell'accampamento; e LO SPIRITO SI POSÓ ANCHE SU DI LORO; essi erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda; ciò nonostante profetizzarono nell'accampamento. 27 Un ragazzo corse a riferire la cosa a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell'accampamento»...29 Ma Mosè gli rispose: «Oh, fossero tutti profeti nel popolo dell'Eterno, e volesse l'Eterno METTERE IL SUO SPIRITO SU DI LORO!».

    Qui vediamo che il ruách non puó essere un velivolo volante, peché Dio ha preso una parte del ruách che era su Mosé, e lo mise su altre 70 persone. Infatti leggiamo che
    "il ruach si POSO SU DI LORO", termine letterale del testo ebraico " אתה עוקב " " si posó" .
    Ora come possibile che un astronave si posava sopra queste persone? Badate bene che, qui il testo ebraico non dice "Ruách Merahhèfet” che significa "aleggiava" su di loro, termine che troviamo invece in Genesi 1:2 dove compare il termine:
    "Merahhèfet” ebraico " היה בטריפ" (aleggiava).
    Ma qui invece dice che lo Spirito (ruách) "SI POSÓ SU DI LORO".
    Ora se si sarebbe trattato di un disco volante che si posava su di loro, questi 70 anziani, non sarebbero morti schiacciati, dal Ruách? Non dice questo presunto traduttore che:
    "il kevod/ruàch ti uccide se ti passa vicino" ?.E come é possibile visto che leggiamo:
    "SI POSÓ SU DI LORO" (Numeri 11:25, 26) ?

    E come é possibile che il ruách fosse prima su Mosé? Infatti leggiamo che Dio prese una parte del ruách di Mose e lo diede ad altre 70 persone. Avviene dunque una spartizione di ruách.
    E ancora abbiamo l'esempio di Eliseo che chiese che gli fosse dato due terzi dello spirito (ruách) di Elia (2Re 2:9). E cosí avvenne, infatti leggiamo:
    «Lo spirito di Elia si è posato su Eliseo» (2Re 2:15)
    Se il ruách fosse stato un veivolo volante, come poteva 2 terzi del ruáh di Elia, "POSARSI SU Eliseo"?
    E ancora leggiamo, un altro episodio:
    Deuteronomio 34:9
    "Allora Giosuè, fu ripieno dello spirito di sapienza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui".
    Un episodio simile a questo lo trovate anche in Atti 19:6, dove il Ruách viene dato da Paolo ad altre persone mediante imposizione delle mani.
    Qui vediamo che mediante imposizione delle mani, Giosué FU RIPIENO DI RUÁCH DI SAPIENZA. Come poteva Mosé mediante l'imposizione delle mani RIEMPIRE Giosué di ruách? Cosa aveva nelle sue mani Mosé? Teneva forse nascosto nelle sue mani un disco volante? Vi immaginate Giosué ripieno di un disco volante, chiamato "ruách di sapienza"? Come faceva questo velivolo volante ad entrare dentro il corpo di Giosué e a riempirlo?

    Poveri seguaci del birillo di turno, ma non vi rendete conto quanto siete ridicoli? Ma non vi rendete conto che il vostro presunto traduttore, non é nemmeno in grado di capire l'Italiano, figuratevi se sarebbe in grado di capire l'ebraico?

    Ma andiamo avanti vi faccio altri esempi:

    In una profezia che riguarda Gesú leggiamo a proposito del Ruách:

    Isaia 11,2

    "Su di lui (Gesú) SI POSERÁ LO SPIRITO (Ruách) DI YHWH,
    spirito di sapienza e di intelligenza,
    spirito di consiglio e di fortezza,
    spirito di conoscenza e di timore del Signore."

    Ancora una volta qui leggiamo che il Ruách si posa su di una persona.
    Questo si é adempiuto quando Gesú al momento del battesimo scese su di Lui LO SPIRITO SANTO IN FORMA CORPOREA DI UNA COLOMBA.

    Matteo 3,16
    "Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere in forma corporea di una colomba e venire su di lui."

    Come mai su di Gesú non scese un disco volante? Ma vediamo che scese lo Spirito Santo, che aveva la forma corporea di una colomba che si posó su di Lui (Isaia 11:2).
    Cosí, alla stessa maniera, sui 70 anziani non si poso sopra di loro un disco volante, ma era lo Spirito Santo di Dio (Numeri 11:25, 26).
    Quindi il Ruách non é un velivolo volante, ma é una persona, infatti la Bibbia dice che "Dio é Spirito" (Gv 4:24). E ancora: "io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona" (Atti 2:17)
    Essendo Dio Spirito puó "aleggiare" come una colomba, ma puó anche scendere sulle persone e posarsi sopra le persone, puó anche fare tante altre cose, ad esempio il Ruách puó creare la vita (Giobbe 33:4; Salmo 104:30), puó entrare nelle persone (Giobbe 32:18; Ez 2:2), riempire le persone (Atti 2:2-4), rende intelligenti (Giobbe 32:18), ecc.
    Il Ruách non é un velivolo volante, perché leggiamo anche:

    Giobbe 33:4 "Lo spirito di Dio mi ha creato"
    Salmi 104:30 "Tu mandi il tuo spirito, ed essi sono creati"
    Giobbe 34:14-15
    "Se Dio dovesse decidere di ritirare a sé il suo Spirito (Ruách) e il suo soffio, OGNI CARNE PERIREBBE ASSIEME, e l'uomo ritornerebbe in polvere."

    Quindi il Ruach mantiene anche in vita tutte le persone. Se Dio ritira il suo Ruách moriremmo tutti. Ecco che questo passo dimostra che non solo il Ruách ha creato la vita, ma mantiene anche in vita tutti noi.

    Il presunto traduttore di ebraico , vi prende solo in giro e lo fá per vendere libri che sono il frutto della sua fantasia.
    Nei seguenti versetti si legge che lo Spirito (ruách) investiva le persone, come i profeti che profetizzavano, e in alcune occasioni investí anche Saul e Davide (1Samuele 10:6-10; 1Sam 19:20, 23; 1Sam 16:13).
    Il Ruách investí Sansone che riuscí a squartare una belva a mani nude (Giudici 14:6).
    In altre occasioni invece il ruách era UN CATTIVO SPIRITO che investiva Saul, come si legge in 1Samuele 16:14-23, leggiamo anche che questo cattivo ruách permesso da Yhwh, era capace di possedere Saul. Quindi non si trattava di un velivolo volante, ma si trattava di un entitá, uno spirito diabolico come quelli che possedevano le persone ai giorni di Gesú, e che Gesú espelleva dalle persone, come si legge nei vangeli.

    1Samuele 18:10
    " un cattivo spirito (ruách), da parte di DIO, S'IMPOSSESSO DI SAUL che si comportava come un pazzo in mezzo alla casa".

    1Samuele 19:9
    "Ma un cattivo spirito (ruách) da parte dell'Eterno, S'IMPOSSESSO DI SAUL".

    Come poteva un disco volante investire un uomo? Come poteva un cattivo ruách IMPOSSESSARSI di Saul, tanto da spingere Saul ad uccidere Davide?
    Qui il testo ebraico ci parla di una vera possessione demonica, da parte di un cattivo spirito, che prendeva il controllo di Saul. Quindi si trattava di un cattivo spirito, come quelli che Gesú espelleva fuori dai corpi delle persone (Marco 9:20-27). Molti cattivi spiriti possedevano le persone, Gesú non cacciava fuori dai corpi dischi volanti ma scacciava via cattivi spiriti di demoni.

    Infine Leggi Ezechiele capitolo 1.
    Secondo il presunto traduttore, qui i cherubini erano macchine, e lo spirito (ruách) era un disco volante, che faceva muovere i 4 cherubini il carro di YHWH.
    I cherubini secondo il testo ebraico sono invece "creature viventi" ed "esseri viventi" (Ez 1:13, 14, 20, 21) E si legge nella Bibbia che adirittura si prostrano per adorare (Ap 4:7-11), hanno mani d'uomo e piedi (Ez 1:7, 8; , e con le mani sono in grado di toccare, e sono in grado anche di parlare come si legge chiaramente in Isaia 6:1-7, quindi non sono macchine volanti, le macchine non sono viventi, ne adorano, ne parlano tra di loro. Inoltre subito dopo si legge che lo Spirito entró dentro il corpo di Ezechiele che vide la visione. Leggiamo:
    "LO SPIRITO (Ruách) ENTRÓ IN ME" (Ezechiele 2:2).
    Qui vediamo che il ruách non puó essere un velivolo spaziale volante, perché Ezechiele dice: "IL RUÁCH ENTRO IN ME". Letteralemente in Ebraico: " הוא נכנס בי "
    Quindi se Ezechiele dice "il Ruách entró "IN ME" (letteralmente ENTRÓ DENTRO ME), questo significa che il Ruach non poteva essere un enorme astronave aliena.
    Qui la scrittura non si puó prestare a nessun'altra interpretazione. I cherubini sono esseri "VIVENTI" creati da Dio, mentre lo Spirito di Dio é capace di entrare nelle persone, o di posarsi sopra il loro capo, come infatti si legge in altri passi della Bibbia.
    Come abbiamo giá visto, il ruách "si posó" sopra i 70 anziani (Numeri 11:25, 26)
    Il Ruách si posó sopra il capo di Gesú, ed aveva la forma corporea di una colomba (Mat 3:16).
    Inoltre leggiamo che in un altra occasione, il Ruách RIEMPÍ UNA STANZA dove stavano riuniti 120 discepoli, e su tutti loro si poso lo Spirito Santo che aveva la forma di lingue di fuoco che si dividevano sopra le loro teste.

    Atti 2:2-4
    "E all'improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano. 3 E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. 4 Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi".

    E cosí alla stessa maniera il Ruach ENTRÓ DENTRO DI Ezechiele. (Ez 2:2)

    Potrei citarvi numerosi racconti e tante altre scritture, ma questo che ho giá scritto credo che basti, guardatevi dai venditori di fumo e da presunti traduttori.

    Giuseppe Longo
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    00 31/03/2019 22:16




    Cerco di commentare una vignetta che è stata proposta sul web a riguardo di una domanda che pone Biglino ad alcuni rappresentanti di varie chiese.
    Sempre ammesso che le espressioni attribuite ai vari personaggi siano state riportate fedelmente :
    1) Il rabbino dice: La Torah non fornisce alcuna prova dell'esistenza di Dio.
    ----- Infatti la Bibbia non si preoccupa di dimostrare l'esistenza di Dio perchè lo dà per scontato e offre una serie di interventi prodigiosi, non per attestarne l'esistenza ma solo per attestare che il Dio degli dei (Elhoim) è Colui che ha creato tutto e tutti. ed ha potere su ogni ordine di cose, più di ogni altro sedicente "dio" (prova indiretta quindi).
    Gesù inoltre si mostra come l'unico che conosce veramente il Padre, lo presenta, lo manifesta e lo dimostra con tutta la opera.

    2 e 3) Dice il Valdese: la Bibbia contiene contraddizioni e  aggiunge l'ortodosso che deve essere interpretata. ....
    Le contraddizioni ci sono per chi non conosce i significati, l'unitarietà e la complementarità da attribuire alle varie parti della Scrittura.
    QUindi si tratta di contraddizioni apparenti e hanno bisogno di trovare un concatenamento fra loro. La qual cosa la Scrittura non può fare da se stessa ma necessita di chi sia autorizzato, per divina elezione, di poterla decifrare correttamente. Ciò coincide con lo stesso soggetto che ha avuto il compito di curare la raccolta dei libri sacri che compongono la Scrittura, e di continuarne la conservazione attenta difendendola da ogni attacco e da ogni tentativo di manomissione .

    4) Quello che dice che non è stato Dio a creare l'uomo ma il contrario, probabilmente non è un cattolico ma un non credente, oppure è un cattolico che sta riportando la frase detta da un non credente ed attribuita a lui stesso. Oppure si spaccia per cattolico senza esserlo (ci sono molti "teologi" che credono molto ma solo a se stessi.
    Perchè tale assunto non appartiene alla fede cattolica.
    Pertanto la domanda che si pone Biglino nella vignetta, trova in tal modo le risposte adatte.

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    00 09/08/2020 19:56
    Un altro dei termini su cui si sofferma Biglino per la sua personale ricostruzione della traduzione, è quella resa in italiano con "creare" e che compare già nel primo versetto della Bibbia.
    Ecco cosa risponde a riguardo questo conoscitore della lingua ebraica, nel video qui sotto:

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    00 11/08/2020 12:36
    Considerazioni di Yuri Leverato sulle tesi di Biglino



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    00 22/04/2021 19:47
    OLAM עולם significa o non significa ETERNITA'?

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    00 22/04/2021 19:53
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    00 23/04/2021 12:02
    KABOD SIGNIFICA PESO O GLORIA ?

    Il termine dell'Antico Testamento che esprime il concetto di gloria è kabōd: tale termine implica l'idea di peso[1]. Il peso di un essere nell'esistenza definisce la sua importanza, il rispetto che ispira, la sua gloria. Per l'ebraico, a differenza del greco e delle lingue moderne, la storia non indica tanto la fama, quanto il valore reale, stimato dal suo peso.
    La gloria può provenire dalle ricchezze; in tal senso Abramo è detto "molto glorioso", perché possiede "bestiame, argento ed oro" (Gen 13,2).
    La gloria designa pure l'alta posizione sociale occupata da una persona, e l'autorità che essa le conferisce; così Giuseppe dice ai suoi fratelli: "Raccontate al padre mio tutta la gloria che io ho in Egitto" (Gen 45,13). Nello stesso senso Giobbe, rovinato ed umiliato, può esclamare: "Egli mi ha spogliato della mia gloria!" (Gb 19,9; 29,1-20).
    Con la potenza (Is 8,7; 16,14; 17,3-4; 21,16; Ger 48,18), la gloria implica la irradiazione; designa lo splendore della bellezza; così si parla della gloria delle vesti di Aronne (Es 28,2.40), della gloria del tempio (Ag 2,3.7.9) o di Gerusalemme (Is 62,2), della "gloria del Libano" (Is 35,1-2; 60,13).
    La gloria è, per eccellenza, l'appannaggio del re: con la sua ricchezza e la sua potenza essa dice lo splendore del suo regno (1Cr 29,28; 2Cr 17,5). Salomone riceve da Dio "ricchezza e gloria come nessuno tra i re" (1Re 3,9-14; cfr. 6,29). L'uomo, re nella creazione, è "coronato di gloria" da YHWH (Sal 8,6).

    L'opera della creazione manifesta la gloria di Dio. "La gloria di YHWH riempie tutta la terra" (Nm 14,21); tra i fenomeni naturali l'uragano è uno dei più espressivi della gloria (Sal 28[27],3-9; cfr. Sal 96[95],1-6).
    A livello storico, Dio manifesta la sua gloria con i suoi interventi meravigliosi, i suoi giudizi, i suoi "segni" (Nm 14,22). Il primo grande segno storico della gloria di Dio è il passaggio del Mar Rosso: "Gli Egiziani sapranno che io sono YHWH, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri" (Es 14,18); ugualmente la manna e le quaglie donate nel deserto: "Al mattino vedrete la gloria di YHWH" (Es 16,7). Il contesto è quello di Dio che viene in aiuto ai suoi; allora la gloria è quasi sinonimo di salvezza (Is 35,1-4; 44,23; cfr. Is 40,5; Lc 3,6). Il Dio dell'alleanza pone la sua gloria nel salvare e nel risollevare il suo popolo; la sua gloria è la sua potenza al servizio del suo amore e della sua fedeltà: "Quando YHWH ricostruirà Sion, lo si vedrà nella sua gloria" (Sal 101[100],17; cfr. Ez 39,21-29).