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PER MARE VERSO GERUSALEMME Atti 21
Paolo era di ritorno da uno dei suoi lunghi, faticosi e pericolosi viaggi missionari. Era diretto a Gerusalemme, dove contava di celebrare la festa di Pentecoste. Egli sapeva, e lo aveva manifestato ad alcuni discepoli, che si preparava per lui una serie di dure prove. I capi degli Ebrei si erano sempre opposti alla sua attività di apostolo di Gesù, e a Gerusalemme avrebbero cercato qualche altro modo per impedirgli di continuare a svolgere la sua missione. Quando la nave su cui viaggiava giunse a Tiro, egli approfittò della sosta prolungata per incontrare i Cristiani residenti in quella città. Anch'essi comprendevano che era molto pericoloso per lui recarsi a Gerusalemme, e lo esortavano a non farlo. Ma Paolo era irremovibile: considerava suo dovere andare, anche se questo avesse comportato dare la vita, come Gesù. Perciò, venuta l'ora della partenza, i Cristiani di Tiro, con mogli e figli, accompagnarono Paolo fino alla nave. Inginocchiati sulla spiaggia, pregarono insieme con lui, poi lo salutarono affettuosamente ed egli, tornato a bordo della nave, partì.
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UNA PAROLA DI GESU’ Atti 20
I Vangeli, che narrano la vita e le opere di Gesù, non dicono tutto di lui, ma soltanto quello che ciascun evangelista riteneva più importante riferire e raccontare. Un giorno, in uno dei suoi discorsi, l'apostolo Paolo raccontò una frase di Gesù che non è scritta nei Vangeli. Egli stava esortando i suoi ascolta tori ad essere pieni di amore verso il prossimo, aiutando specialmente i più bisognosi, e aggiunse:«Ricordiamoci delle parole del Signore Gesù che disse: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere ».
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LA PROFEZIA DI AGABO Atti 21
La nave su cui Paolo viaggiava, diretto a Gerusalemme, attraccò nel porto di Cesarea, e Paolo e i suoi compagni, prima di proseguire per la città santa, andarono a trovare Filippo, uno dei sette primi collaboratori degli apostoli. Erano presso di lui da alcuni giorni, quando giunse dalla regione di Gerusalemme un profeta di nome Agabo. Entrato in casa di Filippo, egli prese la cintura di Paolo, si legò con essa mani e piedi, poi disse: «Questo annuncia lo Spirito Santo: l'uomo cui appartiene questa cintura sarà legato in questo modo dagli Ebrei di Gerusalemme e sarà consegnato ai pagani». Al vedere e all'udire quelle cose, i compagni di viaggio di Paolo, Filippo e tutti gli altri amici, piangendo, esortarono l'apostolo a cambiare programma, e non andare più a Gerusalemme. Ma Paolo rispose: «Perché fate così? Se continuate a piangere, mi spezzate il cuore. Io sono pronto non soltanto ad essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme, per amore del Signore Gesù». E difatti, alcuni giorni dopo, completati i preparativi, Paolo proseguì il viaggio per Gerusalemme.
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PAOLO ARRESTATO A GERUSALEMME Atti 21
Dopo tanti viaggi Paolo ritornò a Gerusalemme, dove i fratelli di fede, i Cristiani, lo accolsero festosamente. Per prima cosa Paolo andò a salutare l'apostolo Giacomo di Alfeo, che dopo la partenza di Pietro era il capo della comunità cristiana della città. Quindi Paolo andò nel tempio. Ma qui lo videro alcuni Ebrei non Cristiani originari dell'Asia Minore, i quali lo afferrarono e si misero a gridare: «Uomini d'Israele, aiuto! Questo è l'uomo che va insegnando a tutti e dovunque una dottrina contraria alla nostra fede!» Tutta la città fu in subbuglio, e molti accorsero. Preso Paolo, lo trascinarono fuori del tempio, e stavano già cercando di ucciderlo quando giunsero i soldati romani. Alla vista dei soldati, gli Ebrei smisero di picchiare Paolo. Il capo del drappello lo arrestò, e chiese ai presenti di che cosa fosse colpevole. Ma non riuscì a capire nulla, perché parlavano tutti insieme, dicendo cose diverse tra loro. Allora decise di trasferirlo nella fortezza per interrogarlo con calma. E per salvarlo dalla violenza della folla i soldati dovettero portarlo sulle spalle. Una gran massa di popolo infatti veniva dietro e gridava: «A morte! »
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LA DIFESA DI PAOLO Atti 22
Mentre. lo stavano portando nella fortezza, Paolo chiese al comandante romano di potere parlare alla folla. «Tu parli greco?» gli disse il comandante, e gli diede il permesso. Paolo disse in ebraico alla folla: «Fratelli, ascoltate la mia difesa. Sono un ebreo, nato a Tarso ma cresciuto ed educato a Gerusalemme. Con molto fervore dapprima ho perseguitato i seguaci di Gesù, ma poi egli stesso mi ha parlato sulla via di Damasco». E proseguì narrando la sua conversione. Ma la folla degli Ebrei continuava a dire «A morte!»
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PAOLO CONFORTATO DA GESU’ Atti 22-23
La difesa di Paolo davanti al suo stesso popolo di Gerusalemme non gli era valsa a nulla. La folla gridava che era un traditore e che doveva essere messo a morte. I soldati romani condussero Paolo nella fortezza, dove lo legarono per frustarlo. Paolo però disse: «La legge romana proibisce di frustare un cittadino romano, e io lo sono!» A queste parole il comandante delle guardie ebbe paura, perché erano previsti gravi castighi per chi maltrattava un cittadino romano. Così decise di far giudicare Paolo dal supremo tribunale degli Ebrei. Davanti al tribunale degli Ebrei sorse ben presto una grande disputa su come giudicare Paolo: c'era chi non trovava in lui nulla di male, e chi lo voleva mettere a morte. Il contrasto si fece tanto vivace, che il comandante temette per la vita di Paolo e decise di metterlo al sicuro. Mandò i soldati a prenderlo, e lo riportò nella fortezza dove gli Ebrei non potevano entrare. Quella notte, in cella, Paolo ebbe una visione di Gesù che gli disse: «Fatti coraggio! Tu ti sei dichiarato pubblicamente mio discepolo qui a Gerusalemme. E necessario che tu faccia altrettanto anche a Roma!»