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20. PER UN PIATTO DI LENTICCHIE. Genesi 25
Il Signore Dio aveva stipulato un patto con Abramo. Quest'ultimo si impegnava a scegliere il Signore come suo unico Dio, e in cambio il Signore si impegnava a dargli il possesso della terra di Canaan e una discendenza numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare. Dopo Abramo, il patto valeva per suo figlio Isacco, e dopo di lui per il suo figlio primogenito, cioè Esaù. Ma il fratello gemello di Esaù, Giacobbe, voleva per sé i diritti del figlio primogenito. Un giorno Esaù tornò stanco e affamato dalla caccia, e trovò Gia­cobbe che aveva cucinato un piatto di lenticchie rosse. «Dalle a me, ché ho fame» disse Esaù a Giacobbe. E Giacobbe, pronto: «Cedimi in cambio la tua primogenitura». «Sto morendo di fame: a che cosa mi serve la primogenitura? Prenditela pure» gli rispose il fratello. «Giuramelo subito!» insistette Giacobbe. Esaù giurò, mangiò il piatto di lenticchie, poi si alzò e se ne andò. Egli dimostrò in questo modo di di­sprezzare le promesse del Signore Dio, e soltanto in seguito si rese conto di quanto aveva perduto agendo in modo così sciocco.






21. GIACOBBE INGANNA IL PADRE. Genesi 27
Esaù aveva ceduto i suoi diritti di primogenito a suo fratello Giacob­be. Ma perché la cosa avesse pieno valore, era necessaria la benedizio­ne del loro padre Isacco. Ora, Isacco non avrebbe mai concesso la benedizione a Giacob­be, perché il primogenito era Esaù, che era anche il suo figlio prediletto. Rebecca invece preferiva tra i suoi due figli Giacobbe, e gli suggerì il modo di ottenere con l'inganno la benedizione del padre. Accadde un giorno, quando Isac­co, ormai vecchio e quasi cieco, chiamò Esaù e gli disse: «Tu sei un cacciatore: esci a catturare della sel­vaggina, preparami un buon piatto e io ti benedirò prima di morire». Quando Esaù si fu allontanato per cercare la selvaggina, Rebecca chiamò il figlio Giacobbe e gli riferì le intenzioni di Isacco; poi aggiunse: «Portami subito due bei capretti del nostro gregge; io preparerò con essi un piatto gustoso per tuo padre, ed egli benedirà te». «Sai che mio fratello è molto pe­loso» osservò Giacobbe: «se mio padre mi tocca, si accorge che non sono Esaù, e invece di benedirmi mi maledirà!» Rispose Rebecca: «Tu fa' come ti dico». Poi con i due ca­pretti preparò un buon piatto, fece indossare a Giacobbe gli abiti di Esaù e avvolse le pelli dei capretti intorno al collo e alle braccia del fi­glio prediletto. Giacobbe si presentò al padre con la vivanda, e fingendo di essere Esaù gli chiese di benedirlo. «Hai fatto presto a trovare la sel­vaggina» osservò il vecchio Isacco; poi aggiunse: «Avvicinati e lasciati toccare; voglio sapere se sei proprio il mio figlio Esaù». Giacobbe si avvicinò; Isacco lo toccò, e disse: «La voce mi sembra quella di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù!» e gli dette la benedizione dei primogeniti.
 
22. ISACCO BENEDICE IL FIGLIO. Genesi 27
«Avvicinati e baciami, figlio mio!» Disse il vecchio Isacco. Giacobbe obbedì. Isacco aspirò l’odore dei suoi abiti, e gli diede la benedizione. Con essa il patto, stipulato dal Signore prima con Abramo e poi con Isacco, passava a Giacobbe. Disse Isacco: «Ecco: l’odore di mio figlio è come l’odore che sale da un campo fertile e ricco di frutti, un campo benedetto dal Signore. Il Signore ti concede la rugiada del cielo e abbondanza di frumento e di mosto. E tutti ti onorino e si inchinino davanti a te». 






 
23. L’INGANNO SCOPERTO. Genesi 27-28
Aiutato dalla madre Rebecca, Gia­cobbe aveva ingannato il padre: fa­cendosi passare per il fratello Esaù, si era fatto dare la benedizione ri­servata ai primogeniti, quella benedizione che portava con sé l'amici­zia del Signore Dio. Quando Esaù, che era uscito a caccia come il padre gli aveva chie­sto, tornò a casa, con la selvaggina catturata preparò una vivanda e la portò al vecchio Isacco. Questi, che era ormai quasi cieco, gli chiese: «Chi sei tu?» «Sono il tuo figlio pri­mogenito» rispose Esaù. «Chi era dunque colui che si è presentato prima di te» riprese Isacco «e che io ho già benedetto?» L'inganno fu così scoperto. Esaù si adirò molto e disse: «Quando no­stra madre sarà morta, ucciderò mio fratello!» Rebecca si preoccupò di questa minaccia; chiamò Giacob­be e gli disse: «Fuggi, fino a quando tuo fratello non si sarà calmato. Va' per qualche tempo a Carran, da mio fratello Labano. Diremo a tuo padre che vai dai nostri parenti a cercarti una sposa». Il vecchio Isacco fu d'accordo: come aveva fatto lui stesso, così Giacobbe non doveva prendere moglie tra le donne di Canaan.
 
24. UNA SCALA FRA TERRA E CIELO. Genesi 28
Giacobbe era in fuga da suo fratello Esaù, al quale aveva carpito con l'inganno la benedizione del primo­genito e quindi le promesse di Dio. Esaù era molto adirato con lui; chis­sà se almeno il Signore aveva per­donato il suo inganno? Una sera si coricò per terra a dor­mire, usando una pietra come guanciale. Addormentatosi, vide in sogno una scala che dalla terra rag­giungeva il cielo, e gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. E il Signore stesso gli si fece davanti e gli disse: «Io sono il Signore, Dio di Abramo e Dio di Isacco, io ti darò una discendenza numerosa come le stelle del cielo e ad essa darò la ter­ra sulla quale tu stai. Ti proteggerò dovunque andrai, e ti farò tornare in questo paese». Giacobbe si svegliò tutto pieno di timore dicendo tra sé: «Il Signore è in questo luogo, e io non lo sapevo! Questa è la casa di Dio, questa è la porta del cielo». Giacobbe prese allora la pietra che gli era servita da guanciale, la drizzò come una stele, la rese sacra versandovi sopra dell'olio e chiamò quel luogo Betel, nome che signifi­ca "casa di Dio". Poi fece voto di rimanere sempre fedele a Dio.




 
25. GIACOBBE INGANNATO. Genesi 29
Labano, zio di Giacobbe, aveva due figlie: Lia, la maggiore, e Rachele. Giacobbe chiese a Labano quest’ultima in sposa e Labano acconsentì a patto che prima Giacobbe lavorasse per lui sette anni. Ma al termine Labano, invece, gli dette Lia, dicendo: «Da noi non si usa che la figlia minore vada sposa prima della maggiore. Se vuoi anche Rachele, lavora per me altri sette anni». A quei tempi era lecito che un uomo avesse diverse mogli. Così Giacobbe lavorò per Rachele altri sette anni, perché l’amava molto. 





 
 
26. PACE TRA I FRATELLI. Genesi 32-33
Giacobbe rimase presso lo zio La­bano quattordici anni, durante i quali aveva lavorato per lui ma anche per sé, ed era divenuto molto ricco in bestiame di varia specie. Decise allora di tornare nella terra di Canaan, che Dio aveva promes­so di dare alla sua discendenza; rac­colse le mogli, i figli e tutte le sue proprietà, e partì. Lungo il cammino fu preso però da grande timore a motivo di suo fratello Esaù, che egli aveva ingan­nato e del quale temeva la vendet­ta. Allora gli mandò in dono duecento capre e venti capri, duecento pecore e venti montoni, trenta cammelle con i loro piccoli, quaranta giovenche e dieci torelli, venti asine e dieci asini. Il giorno dopo egli vide venire verso di lui Esaù con quattrocento uomini: non sapeva se suo fratello aveva gradito il suo dono, e con timore si prostrò sette volte fino a terra davanti a lui, per dimostrargli il massimo rispetto. Ma Esaù gli corse incontro, lo abbracciò e lo baciò, ed entrambi si misero a piangere dalla commozione. Giacobbe gli presentò poi le sue mogli e i suoi figli, e quindi riprese­ro ciascuno il proprio cammino.