CREDENTI

COME ESSERE SANTI

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Credente
    00 27/05/2016 22:04

    8 MITI DA SFATARE SULLA SANTITA'

    di Ruth Baker

    Ricordo che un giorno mi sono svegliata e ho deciso di essere santa. Sembra ottimo, non è vero? Il problema è stato che non pensavo di poter essere abbastanza santa da me stessa. Ho quindi guardato alle persone attorno a me che io sentivo fossero sante e ho provato a essere come loro. Ovviamente è stato un disastro. Non sono riuscita a sopportare il fatto di non essere me stessa. Certo, è cosa buona e gradita lasciarsi ispirare dalle altre persone e di permettere a noi stessi di avvicinarci a Dio attraverso di loro. Ma quando iniziamo a perdere chi noi siamo, facciamo fatica a trovare Dio.

    Potremmo avere, in momenti diversi, alcune idee sbagliate sulla santità. Ecco alcuni miti sfatati sulla santità (ovviamente la lista non è esaustiva).

    1. La santità non è assenza di sentimenti

    1©Alex Akopyan/Flickr.com

    sentimenti possono essere negativi. L’odio, la pigrizia, la lussuria… Sappiamo che non è cosa buona vivere interamente guidati dai nostri sentimenti, o essere costantemente sotto il loro controllo. Ma da un altro lato trattarli esclusivamente come un percorso diretto verso il peccato è un passo sicuro verso una vita infranta interiormente. Diventare santi non significa puntare a non sentire nulla, a diventare intorpiditi. I sentimenti vanno accettati. Se sono buoni, c’è da celebrare. Se anche ci spingessero a peccare, andrebbero riconosciuti, per poi cercare le radici che li causano. Non dobbiamo limitarci a reprimerli e sotterrarli da qualche parte. In modo da poterli affrontare e, con l’aiuto e il sostegno di qualcuno, da poter cercare perdono e guarigione per come in passato abbiamo agito verso questi stessi sentimenti. Padre Ron Rolheiser, dei Missionari oblati di Maria Immacolata, lo spiega molto bene:

    “È facile confondere la depressione per la santità, il sentimentalismo per la pietà, la rigidità per l’ortodossia, il settarismo stretto per la lealtà, la repressione sessuale per l’integrità e la negazione della propria complessità per la stabilità… lo dico con compassione. Nessuno di noi è libero da queste lotte. Ma, detto questo, non dovremmo lasciarci ingannare dalla falsa santità. La depressione, il sentimentalismo, la paura, la chiusura, la rigidità e la repressione drenano energia. La vera santità, la pietà, l’ortodossia, la lealtà, l’integrità e la stabilità sono invece portatrici di energia. E non danno sensi di colpa, perché si è colmi di un’energia più vigorosa. La presenza della vera santità ti libera e ti fa stare bene nei confronti della tua umanità. La vera santità attira e irradia vita, non implora di ricoprire il ruolo del Buon Samaritano per allietare la coscienza”.

    Cliccando qui potete leggere il resto del suo ottimo articolo.

    Santità vuol dire essere integri e riconoscere tutto ciò che sentiamo e proviamo.


    2. La santità non vuol dire essere continuamente solenni e seri

    2©Paucal/flickr.com

    La santità non implica smettere di divertirsi o di godere delle meraviglie della vita. “Ho pensato che se Dio mi ha chiamato ad essere sacerdote, ha chiamato al sacerdozio ciò che io sono“, ha detto Padre John Muir nel suo ottimo video ‘Day in a Life of’, che lo ritrae mentre si concede la sua corsa mattutina, mentre ascolta la sua musica preferita in macchina e mentre ride e scherza con i suoi amici. I nostri passatempi e i nostri interessi diventano un problema soltanto se eclissano l’amicizia che abbiamo con Dio. Bisogna avere degli hobby, degli interessi, bisogna fare ciò che aggiunge colore e ricchezza alla vita. Aumentare le esperienze e ampliare la comprensione della vita vuol dire ampliare la comprensione che si ha di Dio.

    “Corri, salta, divertiti quanto vuoi nel momento opportuno. Ma, per amor del cielo, non commettere peccato!” (Don Bosco, da S. Filippo Neri).

    Santità vuol dire vivere la vita in tutta la sua completezza.


  • OFFLINE
    Credente
    00 27/05/2016 22:05

    3. Santità non vuol dire pregare e digiunare oltre il limite della ragionevolezza


    3©Stefan Kunze/unsplash.com

    Bene, lasciatemi dire questa cosa come si deve! Certo, tutta la nostra vita può essere un’offerta a Dio, possiamo pregare mentre affrontiamo le nostre giornate ed essere con Dio in ogni momento. I venerdì e la Quaresima rappresentano anche un momento speciale per digiunare. È importante digiunare e vivere dei periodi di sobrietà, ci aiutano a concentrarci di più su Dio, a lasciare le distrazioni e a rallegrarci di più quando arriva il momento di celebrare. Ma la santità non è una gara a chi prega e digiuna di più. Dobbiamo vivere la nostra vita quotidiana e fare quelle cose che ci sono richieste (lavorare, studiare, prenderci cura della nostra famiglia…). Come detto da S. Teresa d’Avila, “Dio cammina tra le pentole e padelle”, non lo si può trovare soltanto spendendo ore in una cappella. Il Salmo 126:2 è un verso meraviglioso: “Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”.


    Sì, la fede richiedere certamente lavoro e perseveranza, ma c’è un significato anche nel riposo. È Dio che l’ha dato. Non ci chiede di affaticarci per ore con lo scopo di provare ad arrivare a un livello irraggiungibile di santità. Quello che ci chiede è di essere, di permettere a Lui di amarci e di trovare Lui in noi, e noi in Lui.


    La santità è vivere vite di equilibrio e coerenza. È camminare nell’amicizia di Dio.




    4. La santità non è giudicare le altre persone


    4
    ©Edu Lauton/StockSnap.io

    Il comandamento di “non giudicare” provoca molte polemiche. Il Signore ci sta forse dando carta bianca per permettere alle persone attorno a noi di fare tutto ciò che vogliono senza neanche un minimo controllo? Significa che non possiamo mai parlare contro le cose sbagliate, soprattutto se strettamente collegate ai comportamenti e alle azioni di un’altra persona? No. Ci devono essere dei momenti in cui correggiamo gli altri, in cui proviamo a istruire il prossimo, in cui gridiamo contro le ingiustizie e in cui prendiamo posizione contro le situazioni inique. Giudicare però è un’altra cosa. È l’atteggiamento che ci porta a dire “Ah, ma io non farei mai una cosa del genere!”. Come facciamo a saperlo? In altre circostanze, con un minor sostegno e con un’educazione diversa forse la faremmo, eccome! Non sappiamo mai quanto siamo deboli fino al momento in cui affrontiamo una tentazione, che a volte può giungere all’improvviso. La tentazione ci può sorprendere dalla sua totale indifferenza per quanto ci riteniamo buoni. Avendo questo in mente, la santità non è uno stato in cui non abbiamo difficoltà a sentirci migliori degli altri. Non è neanche un luogo in cui possiamo sbattere le nostre verità in faccia al prossimo senza alcuna compassione. Tutti soffriamo e abbiamo difficoltà. Dobbiamo tendere la mano al prossimo essendo genuinamente consapevoli dei nostri peccati e di ciò che il Signore ha fatto per noi.

    La santità è camminare a fianco agli altri, sapendo che stiamo tutti lottando per percorrere il sentiero che ci porta in cielo.


    LEGGI ANCHE: L’importanza di non giudicare


    5. La santità non è provare a essere qualcuno che ammiriamo

    5©aleph.oto/flickr.com

    Questo è un po’ più complesso del semplice dire “sii te stesso”. E se pensassi che quel “te stesso” non è abbastanza santo? Certo, è necessario e fantastico avere dei modelli, delle persone a cui guardare, qualcuno che ci dia consigli. Il problema sorge quando cambiamo modo di essere stravolgendo la nostra personalità. Se sei una persone di natura gregaria ed energetica, non provare a essere in silenzio perché qualcun altro – che tu pensi sia una persona santa – agisce in quel modo. Se invece sei tu quello silenzioso e pacato, non pensare di dover necessariamente condividere la tua fede in modo urlato e focoso. Dio ha bisogno di tutti i tipi di personalità, e non è ostacolato né dal nostro modo di essere, né dalle nostre lotte. Dopotutto è stato Lui ad averci creati in questo modo. È difficile risalire alla fonte di questa citazione (e se qualcuno sa chi ha detto queste parole, può scriverlo nei commenti), ma resta comunque una grande frase: “Quando andrai in cielo Dio non ti chiederà perché non sei stato di più come Madre Teresa. Ti chiederà perché non sei stato di più come te stesso”.

    La santità è essere davvero te stesso.


  • OFFLINE
    Credente
    00 27/05/2016 22:07

    6. La santità non vuol dire essere spinti dalla paura


    5©Åse Bjøntegård Oftedal/unsplash

    Un altro approccio morboso alla santità è di pensare “devo essere buono, altrimenti mi accadrà qualcosa di brutto”. In questo approccio non vi è vita, né gioia. Trovare motivazione nella paura potrebbe funzionare, ma non ci porta alla libertà. Essere buoni non dovrebbe essere il nostro unico obiettivo. Dovremmo mirare a migliorare la nostra relazione con Colui che è la bontà stessa, ad aggrapparci a Dio, a combattere i nostri dubbi, e a porci tutte le domande che abbiamo. Quando è la paura a spingerci ad agire rettamente nei confronti di Dio, anche ogni nostra interazione con chi ci circonda è intrisa di paura. Questo soffoca l’amore.


    Padre Stephen Wang spiega perfettamente la differenza tra avere paura di Dio e avere un sano “timore di Dio” in questaomelia.


    La santità è confidare che Dio ha la tua vita nelle Sue mani.




    LEGGI ANCHE: Le tue decisioni sono dettate dalla paura o dall’amore?




    7. La santità non è semplice


    7©Andy Beales/unsplash.com

    Ovviamente, persino quando si ha una buona comprensione di ciò che la santità è o non è, resta un qualcosa di non semplice. Nulla di valore lo è mai stato. Non si può ottenere in un giorno. È una maratona che dura tutta la vita, non è uno scatto. La santità richiede che noi abbandoniamo la nostra comfort zone e che iniziamo una battaglia che potremmo continuare a perdere per molto tempo. Forse la parte più difficile della santità è continuare sempre e comunque a rialzarci e ad ammettere che non possiamo fare tutto da soli. Dopo che l’Apostolo Pietro ha scritto sul resistere al Diavolo e alla tentazione, ha scritto: “E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi”. Quindi, “abbiate pazienza con tutte le cose, ma soprattutto siate pazienti con voi stessi”. (S. Francesco di Sales)

    La santità è un viaggio di una vita verso la tua destinazione. Questo significa che potresti cadere, ma anche che puoi decidere di iniziare di nuovo.




    8. La santità non significa nascondere i tuoi errori per sembrare perfetto


    8©Agberto Guimaraes/unsplash.com

    A volte guardo gli altri e penso: “Sono così santi! Resterebbero scioccati se sapessero tutto di me?” La verità è che non esiste gerarchia nella santità. Provare a nascondere i propri errori probabilmente richiede più tempo, impegno ed energia che semplicemente alzare le mani, dire che non siamo perfetti e che abbiamo bisogno della grazia di Dio e del sostegno delle altre persone. Ecco perché è così importante costruire un mondo in cui siamo tutti consapevoli di avere bisogno di Dio e del perdono reciproco. Perché questo porta alla compassione, e in un’atmosfera di compassione possiamo essere sinceri su noi stessi e cercare guarigione. Sul serio. Sostenetevi l’uno con l’altro. Sii gentili e comprensivi nelle debolezze altrui. Se qualcuno si apre e ti mostra le proprie ferite, le proprie cicatrici e i fallimenti che ha attraversato, non calpestare queste cose. Sii misericordioso come lo è il Tuo padre nei cieli.

    La santità è essere reali ed autentici.