00 01/11/2015 19:22
Una volta si presentò all'abate Arsenio il beato arcivescovo Teofilo (vescovo di Alessandria d'Egitto dal 385 al 412, n.d.a.) insieme a un magistrato, per chiedergli di ricevere da lui una parola.


Dopo un attimo di riflessione Arsenio rispose : <<Ma se ve la dico mi promettete che la metterete in pratica?>>.

Naturalmente entrambi risposero di si.

Allora Arsenio continuò: <<In qualunque luogo sentirete dire che c'è Arsenio, allontanatevi da lì! >>.


***  La battuta, a dir poco esilarante, dell'anziano, denota come, pur tra digiuni, veglie e altre severe penitenze, questi eremiti conservavano il buonumore, a testimonianza della serenità con cui affrontavano le loro fatiche ascetiche, che a loro volta non facevano che accrescere la loro pace interiore: e questo rimane un testindispensabile e rassicurante dell'autenticità di ogni sforzo ascetico portato avanti con discernimento e moderazione.
Se un percorso personale di crescita spirituale, che necessariamente richiede “sforzo”, (Luca 13,24) facesse però perdere o solo traballare la serenità interiore, vorrebbe dire che è un percorso che porta in una direzione sbagliata.


Il racconto, inoltre, dimostra la grande libertà interiore che l'ascesi conferiva a questi “prigionieri di Cristo”(Efesini 3,1; Filemone 1,1), che non provavano alcuna soggezione nei riguardi dell'autorità sia religiosa che civile, pur rispettandone i ruoli.

Sia davanti all'arcivescovo di Alessandria che dinanzi al magistrato, Arsenio non perde la libertà di espressione o “parresia”, com'è chiamata nel Nuovo Testamento.

Nessun segno di quel servilismo adulatorio, che oltre a degradare chi lo compie, essendo una meschina parodia della vera umiltà e ubbidienza, denigra nondimeno chi lo riceve perchè lo considera talmente ottuso e vanaglorioso da accettare quell'ipocrita sottomissione.

A tale proposito il papa Francesco ha detto:

La malattia di divinizzare i capi: è la malattia di coloro che corteggiano i Superiori, sperando di ottenere la loro benevolenza. Sono vittime del carrierismo e dell’opportunismo, onorano le persone e non Dio (cfr. Mt 23:8-12). Sono persone che vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare. Persone meschine, infelici e ispirate solo dal proprio fatale egoismo (cfr. Gal 5,16-25). Questa malattia potrebbe colpire anche i Superiori quando corteggiano alcuni loro collaboratori per ottenere la loro sottomissione, lealtà e dipendenza psicologica, ma il risultato finale è una vera complicità” (Discorso natalizio sui 15 mali della curia, n° 10; 22.12.2014).