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4. IL CASO DEL “CHI SONO IO PER GIUDICARE UN OMOSESSUALE”?


Questo famoso caso è nato attraverso la frase “chi sono io per giudicare un omosessuale che cerca Dio?”pronunciata dal Papa durante una conversazione con i giornalisti nel 2013. I media l’hanno immediatamente estrapolata dal contesto e diffusa come inno al relativismo e anticipo di una presunta interruzione degli interventi pubblici su queste tematiche, i conservatori tradizionalisti ci sono cascati e hanno gridato allo scandalo.


Come abbiamo fatto notare, se si legge l’intera frase, Francesco ribadiva semplicemente i fondamenti del Catechismo cattolico: la posizione della Chiesa non è contro le persone, a giudicarle ci penserà Dio, ma giudica i comportamenti, semmai, e sopratutto sulle leggi che vorrebbero ridefinire il matrimonio a seguito di questi comportamenti. Lui stesso citava il Catechismo, ecco la frase integrale: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice: “non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società”». Forse non aveva previsto la strumentalizzazione mediatica, tanto che qualche settimana dopo ha affermato«non ho riconosciuto me stesso quando sul volo di ritorno da Rio de Janeiro ho risposto ai giornalisti che mi facevano le domande. Durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro ho detto che, se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quel che dice il Catechismo». E’ evidente che non è facile essere Papa e avere gli occhi del mondo addosso, sguardi pronti a manipolare ogni tuo intervento.


L’arcivescovo emerito di Pamplona, Fernando Sebastián Aguilar, nominato cardinale proprio da Papa Francesco, ha commentato il “Chi sono io per giudicare?”, spiegando: «Il papa accentua i gesti di rispetto e di stima a tutte le persone, ma non tradisce né modifica il magistero tradizionale della Chiesa. Una cosa è manifestare accoglienza e affetto a una persona omosessuale, un’altra è giustificare moralmente l’esercizio dell’omosessualità. A una persona posso dire che ha una deficienza, ma ciò non giustifica che io rinunci a stimarla e aiutarla. Credo che è questa la posizione del papa»